• Non ci sono risultati.

Potenziale di bio-metanizzazione: analisi della sansa d’oliva in mini-impianto di digestione anaerobica

4.5. La sansa d’oliva

Nelle regioni mediterranee è diffusa, da migliaia di anni, la tradizione della coltivazione degli ulivi e dell’estrazione dell’olio d’oliva. Oggi circa 10 milioni di ettari di terreno in tutto il mondo sono coltivati con 900 milioni di ulivi, di questi circa il 98% si trova nell’area mediterranea (Sesli e Yegenoglu, 2009). L’Unione Europea, tra il 2007 e il 2013, ha contribuito in media al 71,9% della produzione mondiale totale di olio d’oliva, mentre l’Italia ha contribuito al 22,2% della produzione europea con una media di 455,8 migliaia di tonnellate prodotte annualmente e rappresenta il secondo produttore europeo dopo la Spagna (International Olive Oil Council, 2013). L’Italia è anche il secondo paese esportatore, dopo la Spagna, con 402000 tonnellate di olio esportate nel 2011. Le principali regioni produttrici sono nell’ordine: Puglia, Calabria e Sicilia; il Lazio si colloca al quinto posto di questa classifica con 17337 tonnellate di olio d’oliva prodotte nel 2011 (ISMEA, 2012). Secondo l’ISTAT, nel 2010, nella Regione Lazio sono state prodotte 1797650 tonnellate di olive da olio. La Provincia di Viterbo contribuisce a quest’ultimo dato per un 29,97% con 538650 t di olive da olio (ISTAT).

La lavorazione di questi enormi quantitativi di olive nei frantoi per l’estrazione dell’olio determina la produzione di grandi quantitativi di sansa.

La sansa costituisce un rifiuto che può essere sfruttato a scopi energetici. La sansa, dato l’elevato rapporto C/N (superiore al 34%) dovuto alla presenza del nocciolino ed il buon potere calorifico, può essere utilizzata in processi di conversione termochimica che però necessitano di una preliminare essiccazione della risorsa che tuttavia, dato l’elevatissimo contenuto di umidità (superiore al 46% per tutti i campioni da noi analizzati) della sansa, determina costi e impiego elevato di energia sotto forma di calore.

Un’altra possibilità di utilizzo energetico della sansa potrebbe essere la digestione anaerobica per la produzione di biogas. Per questo sono stati utilizzati campioni di sansa in codigestione con altri substrati per effettuare prove di biometanizzazione in laboratorio.

101 4.5.1. Processi di estrazione dell’olio d’oliva e sottoprodotti

L’estrazione dell’olio d’oliva può essere effettuata attraverso processi discontinui (pressatura) o continui (centrifugazione), Figura 4.5. In alcune di queste fasi viene utilizzata acqua per favorire la spremitura. Dopo la fase di frangitura delle olive, la pasta risultante viene miscelata e ammorbidita durante la fase di gramolatura per aumentare la percentuale di olio disponibile e favorire la separazione dell’olio dalla fase acquosa. La pressatura discontinua rappresenta il metodo di spremitura delle olive più antico e più diffuso. L’invenzione della pressa idraulica rappresentò una rivoluzione per questo settore e per gli antichi frantoi. Queste presse vengono ancora usate nei frantoi tradizionali. Dopo la frangitura, la pasta di olive viene sparsa sui dischi impilati e poi posizionata nella pressa. I dischi sono tradizionalmente fatti in fibre di canapa e cocco, ma ora sono fatte di fibra sintetica per una più facile pulizia e manutenzione. La pressione viene applicata sui dischi per compattare la fase solida della pasta d’oliva e per far percolare la fase liquida (olio e acque di vegetazione). Vengono aggiunti piccoli quantitativi di acqua per separare più facilmente la fase oleosa dalle altre fasi. Il processo di estrazione per pressione produce come sottoprodotto la sansa, una sostanza solida costituita da polpa di olive, pelle, nocciolino e acqua. Tramite la fase di decantazione si separa l’olio d’oliva dalle acque di vegetazione.

Figura 4.5. Processi di produzione dell’olio d’oliva (Dermeche et al., 2013).

Questi metodi di estrazione sono caratterizzati da bassi costi e semplicità tecnica. Inoltre, data la poca aggiunta di acqua, questi sistemi producono bassi quantitativi di acque di vegetazione (40-60 l ogni 100 kg di olive) (Dermeche et al., 2013). Gli svantaggi sono specialmente legati alla discontinuità del processo e agli elevati costi di manodopera. Le acque di vegetazione di questi frantoi hanno però un elevato COD se comparati con altri tipologie di

102

di estrazione dell’olio d’oliva, nei maggiori paesi produttori sono ancora in funzione molti frantoi tradizionali, in Italia se ne contano circa 5000 (Niaounakis M. e Halvadakis C.P., 2006).

I processi di estrazione dell’olio d’oliva di tipo continui separano le fasi per centrifugazione. Si basano sulla differenza di densità tra i vari componenti della pasta di olive. Possono operare a 2 fasi o a 3 fasi. Nel caso delle 3 fasi si aggiunge acqua calda allo step di centrifugazione (da 1,25 a 1,75 volte maggiore rispetto al caso dei sistemi a pressione), ciò produce una maggiore quantità di acque di vegetazione (80-100 litri ogni 100 kg di olive) (Alburquerque et al., 2004). I sistemi a tre fasi generano tre frazioni: la sansa e un liquido costituito da olio e acque di vegetazione. I vantaggi di questi sistemi sono legati essenzialmente alla completa automazione, ad una migliore qualità dell’olio, e alla necessità di spazi minori; mentre gli svantaggi sono essenzialmente un maggiore quantitativo di acqua e consumi energetici, una maggiore frazione di acque di vegetazione in uscita e costi di installazione maggiori (Roig et al, 2006). I sistemi a tre fasi sono tuttavia i più ampiamente utilizzati, specialmente nei paesi che producono grandissimi quantitativi di olive in tempi molto brevi. Negli ultimi anni i sistemi a tre fasi si sono diffusi anche in Italia. Per minimizzare il volume di acque di vegetazione e ridurre il lavaggio dei fenoli, sono stati sviluppati i sistemi di estrazione continua a due fasi. Usando questi sistemi la pasta di olive viene separata in due fasi: l’olio d’oliva e la sansa bagnata. La sansa bagnata generata da questi sistemi è un sottoprodotto semisolido, una combinazione di sansa ed acque di vegetazione. Questa può essere riutilizzata per un’ulteriore estrazione di olio; infatti ci sono due tipi di olio di sansa: un olio estratto usando solventi tradizionali, un olio attenuto attraverso una estrazione fisica o seconda centrifugazione. I sistemi a 2 fasi vengono definiti come ecologici a causa della forte riduzione nel consumo di acqua. Comunque il residuo risultante, costituito da fase liquida e solida, pari a circa 10 litri ogni 100 kg di olive, è difficile da gestire in quanto il carico inquinante è molto concentrato. Negli ultimi 10 anni questi sistemi sono diventati i sistemi principali in Spagna, dove rappresentano circa il 90% del totale (Dermeche et al, 2013).

Oggi la sansa e le acque di vegetazione rappresentano un grande problema per i frantoi in quanto costituiscono un rifiuto. Il problema della sansa si è fatto più forte negli ultimi anni in seguito alla chiusura di molti sansifici.

Spesso la sansa viene utilizzata in centrali a biomasse dato l’elevato potere calorifico, tuttavia questo tipo di impiego non sempre può essere considerato pienamente conveniente a causa della procedura di essiccazione preliminare a cui deve essere sottoposta la sansa stessa. Affinché lo sia, è opportuno che la sansa in uscita dal frantoio abbia un’umidità massima del 40%. Raramente si è sotto questi valori, soprattutto nel caso dei processi a due stadi.

103 La sansa può essere utilizzata anche per produrre compost da usare come ammendante agricolo, tuttavia l’uso tal quale è sconsigliabile a causa del pH acido, della presenza di polifenoli e delle sostanze grasse che limitano le potenzialità del compost.

Un interessante possibile impiego della sansa è l’utilizzo negli impianti di digestione anaerobica.