• Non ci sono risultati.

Saper comunicare emotivamente

Fabio Caon

5 Alcune abilità relazionali strategiche per una competenza comunicativa interculturale

5.5 Saper comunicare emotivamente

La competenza comunicativa interculturale non necessita solo di risor-se cognitive ‘razionali’ (quali ad erisor-sempio la consapevolezza del proprio sguardo relativo, ecc.) ma deve costantemente contemperarle con risorse emotive che vadano, anche in questo caso, nella direzione dell’altro ma anche del proprio io: riconoscere le proprie emozioni, dare loro un nome, auscultarle cercandone eventualmente i legami più o meno consapevo-li con il proprio vissuto è un processo fondamentale per gestirle e per poterle utilizzare come uno strumento dialettico costruttivo. Marianella Sclavi (2003, p. 125), a tal riguardo, porta un esempio che riteniamo interessante: «Se il rancore verso un interlocutore non viene visto come

112 Caon. Dalla cultura e civiltà straniera alla comunicazione interculturale

un impulso ad attaccarlo, ma come un avvertimento che tale impulso è in atto, allora questa emozione non è più mia nemica, ma mia alleata nella regolazione del mio comportamento».

Dunque, nella nostra prospettiva, occorre osservare le emozioni (nell’ac-cezione che abbiamo dato in questa sede) e poi dialogare con loro quasi potessimo portarle fuori di noi e interrogarle sul come e, ancor più, sul perché agiscono in quella situazione.

Allo stesso modo, il contatto con l’altro deve necessariamente tenere conto delle sue emozioni che possono essere filtrate dalle stesse ragioni personali e culturali summenzionate.

Utili per un decentramento funzionale alla comprensione è la comuni-cazione emotiva che prevede la capacità di decentrarsi attraverso due concetti:

a. l’empatia, ovvero la capacità di partecipare attivamente allo stato emozionale dell’interlocutore riconoscendo la ‘qualità’ del suo vis-suto emotivo. Anche grazie agli studi sui neuroni specchio, l’idea che sta alla base dell’empatia è la nostra possibilità di ‘riconoscere’ emotivamente il vissuto degli altri, trovando connessioni indirette con la nostra storia e l’elaborazione emozionale del nostro vissu-to. Tale capacità di ‘immedesimazione’ nell’altro – seppur con una intensità diversa, in quanto l’esperienza a cui si fa riferimento per empatizzare è differente – può favorire un contatto emotivo con l’altro, come se noi lo sentissimo, oltre che capirlo (per approfon-dimenti, cfr. Boella 2006);

b. l’exotopia ovvero la capacità di riconoscersi diversi dagli altri e di riconoscere la loro diversità. Sclavi (2003, p. 172), aprendo una sorta di gerarchia valoriale tra i due concetti, la definisce con que-ste parole: «una tensione dialogica in cui l’empatia gioca un ruolo transitorio e minore, dominata invece dal continuo ricostituire l’al-tro come portatore di una prospettiva autonoma, altrettanto sen-sata della nostra e non riducibile alla nostra« e continua (p. 174): «nell’empatia il ricercatore isola e decontestualizza alcuni tratti della esperienza dell’altro per comprenderla in base alla propria esperienza, quindi mantenendo valido il proprio contesto. Finge di mettersi nelle scarpe dell’altro, ma in realtà, all’ultimo momento, mette l’altro nelle proprie scarpe. Nell’exotopia invece la ricerca inizia quando il ricercatore, avendo cercato di mettersi nelle scarpe dell’altro, si accorge che non gli vanno bene. Ma per accorgersi bisogna ‘esporsi’ (…)».

L’exotopia può rappresentare, a nostro avviso, una tappa preliminare per un’empatia più consapevole: un’ulteriore avvicinamento a quella ‘giusta distanza’ che abbiamo già definito nel capitolo precedente.

Le lingue in Italia, le lingue in Europa: dove siamo, dove andiamo, pp. 95-116

Caon. Dalla cultura e civiltà straniera alla comunicazione interculturale 113

5.6 Saper negoziare i significati

La summenzionata disponibilità ad ‘esporsi’, propria della sfera emoti-va, unita alla consapevolezza razionale della propria ‘relatività’ possono favorire quel processo di spiazzamento che viene definito transitività co-gnitiva.

La transitività cognitiva crea una sorta di ‘permeabilità’ relazionale e comunicativa, una disponibilità ad accogliere l’altro e a valutare se cosa egli ‘propone’ possa essere accolto e integrato nel nostro sistema cogni-tivo o se, invece, sia da accettare parzialmente o da rifiutare (vedi ancora la dicotomia tra cultura e civiltà).

Le abilità che abbiamo qui presentato possono aiutare a sviluppare quel saper negoziare i significati che riteniamo essere il punto d’arrivo di questa parte del modello.

Sulla scia di Wenger (2006, p. 54) secondo cui «un significato è sempre il prodotto della sua negoziazione […], non esiste né in noi, né nel mondo ma in quella relazione dinamica che è il vivere nel mondo», riteniamo che il saper negoziare i significati muova dall’idea che l’attribuzione dei significati ai comportamenti (connotati culturalmente e, di conseguenza con alta probabilità differenti nelle manifestazioni), sia da cercare nella co-costruizione di un discorso comune che espliciti il più possibile que-gli impliciti culturali che spesso creano problemi comunicativi in ambito interculturale.

Interessante, a questo proposito, il concetto di creolizzazione che Ar-mando Gnisci (2001) rielabora partendo dallo scrittore caraibico fran-cofono Édouard Glissant. Tale concetto integra l’idea generica di ‘me-ticciamento’ o di ‘ibridazione’ aggiungendo un aspetto creativo proprio dell’incontro: come le lingue creole sono lingue pidgin (cioè frutto dell’in-contro di parlanti lingue diverse) nativizzate, la creolizzazione introduce un’idea di creatività e di imprevedibilità propria di quello che la comuni-cazione è sempre: una costruzione di significati originali tra persone che interpretano delle culture.

Un ulteriore punto di arrivo per noi è rappresentato dalla proposta del concetto di ‘cultura di appartenenza’ da intendersi come categoria di fondo della quale prendere piena coscienza e sulla quale costruire poi le relazioni. La cultura d’appartenenza è una costruzione soggettiva, un’autopercezione del proprio originale modo di vivere e reinterpretare norme, valori e abitudini di una società.

Essa non è descrivibile in maniera definita e conclusa poiché ognuno di noi costruisce la propria appartenenza nell’intersoggettività, nella re-lazione con gli altri ed è innanzitutto espressione delle conoscenze che assimila e delle esperienze che fa.

Accorgersi di noi stessi mentre comunichiamo con gli altri, dei nostri paradigmi che diamo spesso per scontati (e spesso per aprioristicamente

114 Caon. Dalla cultura e civiltà straniera alla comunicazione interculturale

giusti o come gli unici possibili) è il primo grande obiettivo per poter darci una possibilità di scelta che altrimenti, restando staticamente nella no-stra cornice culturale, non potremmo avere: come afferma Umberto Eco, «riflettere sui nostri parametri significa anche decidere che siamo pronti a tollerare tutto, ma che certe cose sono per noi intollerabili».

La grande possibilità che ci offre la comunicazione interculturale è, quindi, quella di guardare meglio gli altri grazie ad uno sguardo più at-tento ma, prima ancora, di guardare meglio noi stessi attraverso gli altri, potendo disporre di angolazioni plurali e inaspettate, valorizzando il mag-gior potenziale di differenze rappresentate da lingue e linguaggi diversi.

Bibliografia

2

Balboni, P.E. (1999). Parole comuni, culture diverse: Guida alla comuni-cazione interculturale. Venezia: Marsilio.

Balboni, P.E. (2002). «Conflitti di cultura/civiltà in una classe inter/mul-ticulturale». In: Atti del convegno Anils di Cagliari. Cagliari: CUEC. Balboni, P.E. (2007). La comunicazione interculturale. Venezia: Marsilio. Balboni, P.E.; Caon, F. (2014). A performance-oriented Model of Inter-cultural Communicative Competence [online]. Disponibile all’indiriz-zo https://iris.unive.it/retrieve/handle/10278/42489/31208/A%20 Performance-oriented%20Model%20of%20IIC.pdf (2016-03-11).

Balboni, P.E.; Caon, F. (2015). La comunicazione interculturale. Venezia: Marsilio.

Boella, L. (2006). Sentire l’altro: Conoscere e praticare l’empatia. Milano: Cortina.

Brislin, R.W.; Yoshida, T. (1994). Intercultural Communication Training: An Introduction. Thousand Oaks: Sage.

Byram, M. (1997). Teaching and Assessing Intercultural Communicative Competence. London: Multilingual Matters.

Byram, M.S. (2008). From Foreign Language Education to Education for Intercultural Citizenship: Essays and Reflection. Clevedon: Multilin-gual Matters.

Byram, M.S.; Phipps A. (eds.) (2007). Languages for Intercultural Com-munication and Education. Clevendon: Multilingual Matters.

Caon, F. (a cura di) (2008). Tra lingue e culture. Milano: Bruno Mondadori-Pearson.

2 In questa sede presentiamo esclusivamente i testi citati nel saggio. Per un’ampia biblio-grafia di riferimento, consultare Balboni, Caon 2015.

Le lingue in Italia, le lingue in Europa: dove siamo, dove andiamo, pp. 95-116

Caon. Dalla cultura e civiltà straniera alla comunicazione interculturale 115

Caon, F. (2014). «Cultura e civiltà nella didattica delle lingue: Una tra-dizione omogenea, una prospettiva tripartita (parte seconda)». SeLM (Scuola e Lingue Moderne), 53 (1-2).

Caon F. (2013). «Cultura e civiltà nella didattica delle lingue: Una tra-dizione omogenea, una prospettiva tripartita (parte prima)». SeLM (Scuola e Lingue Moderne), 52 (4-6).

Cargile, A.C.; Gilks, H. (1996). «Intercultural Communication Training: Review, Critique, and a New Theoretical Framework». In: Burleson, B. (ed.), Communication yearbookd, 19. Thousand Oaks: Sage.

Castiglioni, I. (2005). La comunicazione interculturale, competenze e pra-tiche. Roma: Carocci.

Deardorff, D.K. (2006). «The Identification and Assessment of Interculn-tural Competence as a Student» [online]. Journal of Studies in

Interna-tional Education, 10. Disponibile all’indirizzo http://repository.lib.

ncsu.edu/ir/bitstream/1840.16/5733/1/etd.pdf.

Deardorff, D.K. (2011). «Assessing Intercultural Competence». New Diw -rections for Institutional Research, 149.

Dervin, F. (2010). «Assessing Intercultural Competence in Language Lee-arning and Teaching: A Critical Review of Current Efforts» [online]. In: Dervin, S.-S. (ed.), New Approaches to Assessment in Higher Education. Berna: Peter Lang. Disponibile all’indirizzo http://users.utu.fi/fre-der/Assessing%20intercultural%20competence%20in%20Language%20 Learning%20and%20Teaching.pdf.

Fantini, A.E. (2000). «A Central Concern: Developing Intercultural Como-petence; Adapted from the 1994 Report by the Intercultural Commu-nicative Competence Task Force» [online]. Brattleboro: Brattleboro University. Disponibile all’indirizzo http://www.adam-europe.eu/ prj/2935/prd/8/1/develop-I-com.pdf.

Giddens, A. (2000). Il mondo che cambia: Come la globalizzazione ridise-gna la nostra vita. Boloridise-gna: il Mulino.

Gnisci, A. (2001). Una storia diversa. Roma: Meltemi.

Humphrey, D. (2002). «Intercultural Communication: A Teaching and Learning Framework» [online]. In: Database of Ilas. Centre for Lann-guages: Linguistics and Area Studies of the University of Southamp-ton. Disponibile all’indirizzo https://www.llas.ac.uk/resources/ paper/1303#toc_2.

Lange, D.L.; Paige, R.M. (a cura di) (2003). Culture as the Core: Perspec-tives on Culture in Second Language Learning. Greenwich: Information Age.

Lo Duca, M.G.; Marigo, L. (2002). «Elementi culturali (e interculturali) nell’insegnamento dell’italiano lingua seconda». In: Miltenburg, A.F.M. (a cura di), Incontri di sguardi: Saperi e pratiche dell’intercultura. Pa-dova: Unipress.

116 Caon. Dalla cultura e civiltà straniera alla comunicazione interculturale

Mantegazza, R. (2006). Manuale di pedagogia interculturale: Tracce, pra-tiche e polipra-tiche per l’educazione alla differenza. Milano: FrancoAngeli. Melandri, E. (a cura di) (2009). «Ricerca esplorativa e conoscitiva sulla

figura del Mediatore culturale in ambito nazionale e comunitario». Dossier di ricerca, giugno.

Nanni, A.; Curci, S. (2005). Buone pratiche per fare intercultura. Bologna: EMI.

Oudenhoven, J.P.; Van der Zee, K.I. (2002). «Predicting Multicultural Effectiveness of International Students: The Multicultural Personality Questionnaire». International Journal of Intercultural Relations, 6. Pavan, E. (2003). «La cultura e la civiltà italiane e il loro insegnamento

in una prospettiva interculturale». In: Dolci, Celentin (a cura di), La formazione di base del docente di italiano a stranieri. Roma: Bonacci. Pavan, E. (2004). «Dalla ‘civiltà’ all’‘interculturalità’». In: Serragiotto,

G. (a cura di), Le lingue straniere nella scuola: nuovi percorsi, nuovi ambienti, nuovi docenti. Torino: UTET Libreria.

Pinto Minerva, F. (2002). L’intercultura. Bari: Laterza.

Sclavi, M. (2003). Arte di ascoltare e mondi possibili. Milano: Bruno Mon-dadori.

Sclavi, M. (2005). «Ascolto attivo e seconda modernità». Rivista di Psi-cologia Analitica, n.s., 71 (19).

Wenger, E. (2006). Comunità di pratica: Apprendimento, significato e iden-tità. Milano: Cortina.

Zuanelli, E. (1983). Plurilinguismo, lingue materne, educazione plurilin-gue. Venezia: ITE.