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Scale di equivalenza

Nel documento La misura della povertà (pagine 36-40)

2. Misurare la povertà

2.4 Scale di equivalenza

Nella maggior parte delle indagini, l’unità di riferimento scelta per l’analisi è la famiglia. In questi studi sorge un problema nel momento in cui si deve confrontare la variabile riguardante il benessere economico, sia essa il reddito o il consumo, di nuclei familiari di ampiezza e composizione diversa. Tali caratteristiche, infatti, incidono sulle quantità delle variabili economiche perché, anche se, generalmente, al crescere del numero dei componenti, il reddito complessivo, o la spesa per i consumi, tende ad aumentare, non è corretto affermare che di conseguenza aumenta anche il benessere della famiglia, in quanto, molto probabilmente, saranno maggiori anche le esigenze familiari. Allo stesso tempo però non è neanche corretto dividere semplicemente l’ammontare del reddito, o del consumo, per il numero di membri della famiglia data la presenza di economie di scala che si creano nelle famiglie più numerose e per le quali la spesa di molti beni e servizi, come il riscaldamento ed il trasporto, tende a crescere in misura meno che proporzionale rispetto alla dimensione della famiglia. In pratica, quindi, non è detto che, per godere dello stesso livello di benessere, una famiglia di due persone debba possedere un reddito doppio rispetto a quello che occorre ad un individuo che vive da solo, o che una coppia con un bambino abbia bisogno di risorse tre volte maggiori rispetto, sempre, a quelle necessarie ad una famiglia unipersonale. Quindi per rendere confrontabili i redditi di nuclei familiari eterogenei, per ampiezza e composizione, si utilizzano le scale di equivalenza. Una scala di equivalenza è un vettore di coefficienti che, utilizzati come divisori dei redditi corrispondenti, rendono tali redditi “equivalenti”; questi coefficienti sono quindi in grado di indicare quante risorse, in più o in meno, sono necessarie ad una famiglia, con determinate caratteristiche, per godere dello stesso tenore di vita della famiglia presa come standard di riferimento, ossia, generalmente ma non obbligatoriamente, quella formata da una sola persona.

Baldini e Toso (2004) definiscono una scala di equivalenza come “il rapporto tra il costo sostenuto da una famiglia, con certe caratteristiche demografiche, per raggiungere un certo tenore di vita e il costo sostenuto da una famiglia «di riferimento» per raggiungere lo stesso livello di benessere”.

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In letteratura esistono vari modi per costruire una scala di equivalenza e la scelta di quale procedimento adottare è tutt’altro che banale. Nelle analisi della povertà e negli studi della distribuzione del reddito, o del consumo, infatti, l’utilizzo di una certa scala con determinati coefficienti rispetto ad un’altra, anche se con coefficienti leggermente diversi, può portare a risultati sostanzialmente diversi. La molteplicità dei metodi può essere riassunta nella classificazione di 5 tipologie di scale di equivalenza:

- Scale econometriche: fondate sulla teoria microeconomica del consumatore e costruite sulla base del comportamento di consumo osservato. A sua volta questa tipologia di scala può essere suddivisa in 3 categorie differenti a seconda dell’utilizzo che le famiglie fanno della loro spesa per i consumi. Due famiglie di diversa composizione, infatti, presentano lo stesso tenore di vita se:

utilizzano la stessa quota di spesa totale nell’acquisto di generi alimentari (Scala di Engel (1895));

spendono lo stesso importo nell’acquisto di beni consumati tipicamente dagli adulti (Scala di Rothbarth (Baldini e Toso, 2004));

con le loro spese raggiungono il medesimo livello di utilità sulla base di una specifica funzione di utilità, definita precedentemente. - Scale soggettive: questo tipo di scale si ricavano dalle risposte fornite da

un insieme di individui, ai quali viene chiesto di specificare il livello di soddisfazione per il reddito disponibile nella loro famiglia e, d’altro canto, i livelli di reddito necessari ad una famiglia simile alla loro, per godere di un tenore di vita basso, medio, alto.

- Scale ricavate da minimi nutrizionali: basate su specifici panieri di beni e servizi, costruiti per ogni tipo di famiglia e tali da fornire, a quest’ultime, lo stesso livello di benessere. La definizione di queste scale è, ovviamente, un’operazione arbitraria a causa dell’assenza di un metodo oggettivo per l’identificazione dei beni e dei servizi essenziali; l’arbitrarietà aumenta ancor di più quando si studiano livelli di benessere

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medio–alti e devono quindi essere inclusi nel paniere anche beni non essenziali.

- Scale pragmatiche: prevedono che il reddito totale familiare venga moltiplicato per un fattore di conversione che tenga conto della numerosità dei membri della famiglia e della loro età.

- Scale implicite nei programmi di assistenza sociale: sono costruite sulla base della differenziazione delle misure di sostegno economico a seconda della tipologia familiare. Generalmente, queste scale vengono adottate dagli enti pubblici per stabilire quali famiglie abbiano diritto ad accedere a particolari servizi sociali o a tariffe più o meno agevolate per l’erogazione degli stessi. In Italia, la scala di equivalenza di questo tipo è l’ISEE.

Data l’assenza di una scala di equivalenza universale, molti studiosi creano per le proprie indagini scale di equivalenza adeguate per il paese oggetto di studio. Nel seguito si descrivono le scale di equivalenza adottate dall’Istat per la stima della povertà in Italia, ossia la scala Carbonaro (1985), e la scala OECD2 (1982) (Organisation for Economic Co-operation and Development) utilizzata dall’Eurostat.

In Italia, nel 1984, è stata adottata per la prima volta dalla Commissione d’indagine per l’esclusione sociale e lo è tuttora dall’Istat la scala di equivalenza proposta da Carbonaro (1985). Questa scala è basata sulla cosiddetta “legge di Engel” (1895), secondo la quale due famiglie, di diversa composizione, godono dello stesso tenore di vita se destinano la stessa quota di spesa totale per l’acquisto di generi alimentari.

L’economista tedesco Engel (1895), osservando i dati relativi ai consumi delle famiglie, constatò che la proporzione di spesa destinata ai generi alimentari seguiva due andamenti: da un lato la spesa, a parità di composizione familiare, si riduceva all’aumentare del reddito, dall’altro, a parità di reddito, aumentava al crescere del numero di componenti del nucleo familiare. Secondo Engel, quindi,

2E’ stata creata nel 1982 dall’OECD, organizzazione internazionale, formata da 34 paesi, i cui obiettivi

principali sono di sostenere la crescita economica, aumentare l’occupazione, innalzare il tenore di vita, mantenere la stabilità finanziaria, assistere lo sviluppo delle economie dei paesi non membri e contribuire alla crescita del commercio internazionale. Grazie alle attività svolte dall’OECD, i paesi membri hanno, inoltre, la possibilità di confrontare le diverse esperienze, cercare una risposta a problemi comuni e coordinare le politiche nazionali ed internazionali.

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per determinare un coefficiente, tale da garantire ad un nucleo familiare lo stesso livello di benessere di una famiglia di riferimento, è sufficiente calcolare il rapporto dei redditi delle due famiglie. Questo metodo, anche se molto vantaggioso per la semplicità del calcolo, è stato criticato da Baldini e Toso (2004) per il fatto che, in paesi in cui viene rispettato un regime di fecondità controllata, è probabile che una coppia pianifichi la composizione familiare da raggiungere e che quindi, dato che i genitori “desiderano” spendere di più per i consumi dei figli, non tutto l’aumento della quota della spesa in generi alimentari rappresenti un peggioramento del tenore di vita.

Nella scala di equivalenza “Carbonaro”, i coefficienti stabiliti per rendere equivalenti i redditi sono stati creati basandosi unicamente sul numero di componenti di una famiglia. L’idea di base di questa scala è quella di assegnare ad ogni componente della famiglia, oltre il primo, un peso decrescente in virtù delle economie di scala, sopra descritte. La scala associa, infatti, ad ogni composizione familiare (l’ultima classe è definita per famiglie composte da 7 o più persone) un determinato coefficiente di equivalenza, il quale esprime di quanto dovrebbe cambiare la spesa complessiva di una certa famiglia affinché, al variare di un solo componente, il rapporto tra spesa in generi alimentari e spesa totale rimanga costante. I coefficienti di questa scala sono stati proposti in due versioni: nella prima, come famiglia di riferimento viene scelta una famiglia costituita da una persona, mentre nella seconda viene adottato un nucleo familiare formato da due persone. Numero di componenti Famiglia di 1 componente Famiglia di 2 componenti 1 1 0,559 2 1,669 1 3 2,229 1,335 4 2,725 1,632 5 3,180 1,905 6 3,589 2,150 7 o più 4,008 2,401

Tabella 2.1: Coefficienti della scala di equivalenza “Carbonaro” con famiglia di riferimento sia di 1 componente sia di 2 persone. Fonte: Carbonaro G. (1985), Note sulle scale di equivalenza, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma

La scala Carbonaro presenta il difetto di assegnare lo stesso peso (pari a 2,40 nel caso in cui la famiglia di riferimento sia quella formata da due componenti) sia ad una famiglia costituita da 7 persone, sia ad una composta da più di 7

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componenti. Questo problema si rileva soprattutto quando la scala è applicata per zone, come ad esempio Napoli, dove sono presenti numerose famiglie di grandi dimensioni.

La scala denominata OECD (1982), utilizzata dall’Eurostat, tiene conto nella determinazione dei coefficienti di equivalenza, oltre che al numero dei componenti di una famiglia, anche della loro distribuzione per età. La scala OECD prevede l’assegnazione di un valore pari a 1 al primo adulto della famiglia, a 0,7 ai restanti membri adulti e a 0,5 ai membri di età inferiore a 14 anni. Con questa metodologia, viene assegnato un peso maggiore ai membri adulti, oltre il primo, e per questo motivo sembra essere sembra più adatta per i paesi in via di sviluppo, nei quali sono assenti le economie di scala e tutta la spesa per i consumi è destinata alla sopravvivenza fisica.

E’ stata proposta da Haagenars (1994) un’altra versione di questa scala, chiamata OECD-modificata, i cui coefficienti di equivalenza attribuiscono un valore pari a 1 al primo adulto della famiglia, a 0,5 ai restanti membri adulti e a 0,3 ad ogni individuo con età inferiore a 14 anni.

Nel documento La misura della povertà (pagine 36-40)