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3 SISTEMA DI VALUTAZIONE IDROMORFOLOGICA ANALISI E MONITORAGGIO DEI CORSI D’ACQUA

3.3 Scale spazio-temporal

Il Sistema si avvale di scale sia spaziali, sia temporali. A proposito delle scale spaziali il Sistema considera una condizione di suddivisione gerarchica (hierarchical nested approach). Le unità spaziali sono illustrate nella Figura 4.1, le dimensioni sono decrescenti e sono descritte di seguito (Rinaldiet al., 2014):

1) Bacino idrografico. Si intende la parte di territorio il cui deflusso idrico superficiale è incanalato verso una fissata sezione di chiusura del bacino di un corso d'acqua.

2) Unità fisiografica e segmento. Le Unità fisiografiche sono superfici con caratteristiche morfologico - fisiografiche omogenee all’interno del bacino (area montuosa, collinare, pianura intermontana, bassa pianura, ecc). Il segmento raffigura un “macrotratto” di una certa omogeneità, definito dai limiti dell’unità fisiografica cui esso appartiene e da altre forti variazioni idrologiche come, ad esempio, affluenti di dimensioni parecchio rilevanti e discontinuità evidenti di confinamento.

3) Tratto. E’ la divisione fondamentale di un corso d’acqua, l’unità elementare dove svolgere le valutazioni e le attività di telerilevamento e analisi G.I.S. La divisione in tratti (reaches) avviene in considerazione del grado di confinamento, del tipo morfologico riscontrato, delle discontinuità idrologiche, degli elementi antropici rilevanti, ecc.

4) Unità morfologica. Ogni tratto ha una propria morfologia individuata dall’associazione di una tipologia di forme, rapporti altimetrici reciproci e forma della sezione. Per rappresentare l’associazione delle unità presenti in un tratto, si può fa riferimento a un sottotratto campione. Per gli alvei a canale singolo si assume una lunghezza compresa tra 10 e 20 volte la larghezza; per gli alvei a canali intrecciati la lunghezza dovrà essere comparabile con la stessa larghezza, non superiore ai 500 metri. 5) Unità idraulica e unità sedimentaria. In ogni unità morfologica, si

possono rilevare parti con proprietà idrauliche e tipologia di substrato di una certa omogeneità. Sono unità spaziali di dimensioni limitate ma abbastanza dinamiche, che definiscono caratteristiche e habitat fisici. L’unità morfologica corrisponde con il mesohabitat, le unità idrauliche e sedimentarie identificano i microhabitat.

Riguardo alle scale temporali di analisi, occorre precisare come possono subire delle variazioni sugli aspetti e sulle scale spaziali osservate, oltre che riguardo agli obiettivi prestabiliti nella ricerca. Le scale temporali considerate in bibliografia sono riportate di seguito (Rinaldi et al. 2014):

 Scala geologica (104÷106 anni): nel lungo periodo le caratteristiche

geologiche e fisiografiche del bacino e lo sviluppo del reticolo idrografico sono raffigurati da questa scala. Elementi caratterizzanti sono gli spostamenti planimetrici con la realizzazione di paleo alvei e variazioni verticali con la realizzazione di terrazzi fluviali.

 Scala storica (102÷103 anni): adatta per conoscere la morfologia

naturale dei corsi d’acqua, le tipologie di sistemazione fluviale e gli interventi antropici. È possibile osservare a questa scala la formazione di piane alluvionali ed alvei pensili, conseguenza delle sedimentazioni.

 Media scala temporale (ultimi 100÷150 anni): individua la conformazione attuale dei corsi d’acqua ed è adoperata per le modificazioni di carattere morfologico - planimetriche (es. alveo ristretto o allargato) o altimetriche (es. alveo inciso o aggradato). Il suo maggiore interesse riguarda le analisi applicative, talvolta definita scala gestionale.

Si distinguono al suo interno delle ulteriori scale:

 Scala ultimi 10÷15 anni: è utile per osservare le tendenze attuali, come l’alveo in incisione, in sedimentazione o in equilibrio dinamico (Shields et al., 2003). Questo arco temporale è adoperato nella valutazione dell’Indice di dinamica morfologica del sistema IDRAIM per gli indicatori “morfologie e processi” e “artificialità”.

 Scala annuale: non è adoperata per l’osservazione delle forme e dell’evoluzione dei corsi d’acqua, può essere utile per l’analisi delle caratteristiche granulometriche o vegetazionali locali, riguardo agli eventi dell’ultima stagione. Non è utile per determinare le trasformazioni

dell’alveo in seguito a processi di modellamento da parte delle portate, per le cui osservazioni occorrono tempi di ritorno di circa 3 anni.

Le correlazioni tra scale temporali per la spiegazione di forme e processi e le unità spaziali all’interno delle quali sono eseguite le interpretazioni sono raffigurate nello schema di massima di Figura 3.2.

Figura 3.2 - Rapporti tra scale temporali e scale unità spaziali di indagine

(Rinaldi et al., 2014).

In esso si osserva come il bacino e le unità fisiografiche sono interessate prioritariamente dalla scala geologica; il tratto e il sito sono riferibili alla media scala temporale (ultimi 10÷15 anni) che permette di comprendere le tendenze attuali delle variazioni morfologiche. Bisogna osservare come l’evoluzione morfologica anche alla scala storica e le unità sedimentarie rimangono vincolate dai processi evolutivi degli ultimi 10÷15 anni. Esse possono sentire gli effetti degli eventi di piena più recenti, in

questo caso si può considerare la scala annuale. Un'altra considerazione associata alle scale spazio-temporali di osservazione concerne l’ampiezza della regione fluviale, in termini di sezione trasversale al corso d’acqua, dove compiere le osservazioni geomorfologiche. Tale fascia è valutata sotto gli aspetti ecologici, funzionale e idromorfologico e dovrà fondarsi sulla scelta dello spazio dove avvengono i processi di funzionamento del sistema fluviale.

Dall’integrazione del criterio idraulico, riguardante le aree inondabili, con il criterio geomorfologico sono determinati i limiti della regione fluviale, con l’individuazione della fascia di mobilità laterale. Riguardo alla

continuità idraulica laterale si ritiene importante riferirsi quantomeno alle

aree inondabili con Tr=200 anni, che può diventare necessaria per l’identificazione di forme fluviali nella pianura, in parte disconnesse ma ciclicamente riattivabili. Le zone con piene e tempi di ritorno relativamente alti sono strette per l’esistenza di argini a poca distanza dal corso d’acqua e/o a causa della forte incisione dell’alveo, è opportuno prendere in considerazione l’intera pianura alluvionale, identificabile nelle “Alluvioni attuali” o nelle Alluvioni più recenti non terrazzate.

La mobilità laterale dell’alveo consente di individuare la cosiddetta

fascia di mobilità funzionale o fascia erodibile, paragonabile allo spazio

fruibile per gli spostamenti laterali dell’alveo che il corso d’acqua può potenzialmente rioccupare, osservando la dinamica passata e futura (Malavoi et al., 2010; Rinaldi et al., 2014). La fascia ha un’estensione funzione della scala temporale di riferimento nella ricostruzione delle modificazioni passate e aumenta proporzionalmente alla scala temporale. L’intervallo temporale è quello degli ultimi 100 anni, in ambienti molto antropizzati come in Italia è abbastanza indicativo l’intervallo di cinquanta anni (Baruffi et al., 2005; Rinaldi et al., 2006; Rinaldi e Simoncini, 2006).