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Tabella 10. Le scelte di finanziamento nei settori. Anno Short term debt issuance Long term debt issuance Total issuance Equity issuance Market leverage 2004 0,00% 0,00% 0,00% 0,00% 38,18% 2005 3,74% 1,08% 4,83% 4,35% 36,56%

Finance & Real Estate 14,25% -5,59% 8,65% 21,28% 39,68%

Manufacturing 0,80% 0,02% 0,82% 2,24% 31,28%

Mining 7,61% 4,25% 11,86% 11,71% 29,42%

Retail Trade 3,69% 12,52% 16,21% 6,26% 51,05%

Services 2,38% 1,86% 4,24% 0,39% 39,19%

Transportation & Public Utilities 3,89% -1,22% 2,67% -0,13% 40,39%

2006 5,87% 5,18% 11,05% 6,31% 34,11%

Finance & Real Estate 20,63% 9,61% 30,24% -9,59% 38,35%

Manufacturing 5,14% 2,24% 7,38% 8,18% 29,72%

Mining 7,93% 3,51% 11,44% 15,64% 25,26%

Retail Trade 4,75% 1,34% 6,10% 5,77% 42,55%

Services 4,41% 7,07% 11,48% 4,17% 35,46%

Transportation & Public Utilities 1,53% 9,84% 11,36% 5,03% 40,32%

2007 6,56% 6,94% 13,64% 14,49% 37,04%

Finance & Real Estate 2,22% -5,14% -2,91% 89,76% 39,24%

Manufacturing 6,52% 8,29% 14,81% 6,25% 31,24%

Mining 7,29% 3,01% 10,30% 12,65% 24,82%

Retail Trade 11,28% 2,26% 13,54% 6,14% 43,21%

Services 5,54% 15,41% 20,95% 6,48% 34,82%

2008 1,00% 3,59% 4,57% -3,88% 40,68%

Finance & Real Estate 18,69% 23,38% 42,07% -1,01% 45,84%

Manufacturing -0,35% 5,92% 5,57% -5,59% 36,98%

Mining 2,85% -0,59% 2,26% 11,81% 23,68%

Retail Trade 1,21% -0,28% 0,93% -7,95% 54,70%

Services -1,96% -0,37% -2,32% -2,51% 39,53%

Transportation & Public Utilities -3,58% -2,21% -5,53% -11,39% 49,88%

2009 0,63% 1,13% 1,76% 6,35% 42,08%

Finance & Real Estate 16,89% -9,31% 7,58% 5,99% 46,39%

Manufacturing -1,69% 1,47% -0,22% 4,18% 39,31%

Mining -0,88% 7,79% 6,91% 20,52% 28,01%

Retail Trade -2,19% -3,12% -5,32% 4,06% 47,85%

Services 0,55% -2,04% -1,50% 5,84% 38,33%

Transportation & Public Utilities -0,23% 4,98% 4,75% 1,84% 55,30%

2010 2,69% -0,25% 2,44% 7,53% 38,71%

Finance & Real Estate 9,42% 0,75% 10,17% 5,56% 40,80%

Manufacturing 2,76% -2,16% 0,60% 5,77% 36,93%

Mining 4,47% 5,54% 10,00% 12,10% 26,76%

Retail Trade 0,16% -2,41% -2,25% 5,80% 41,80%

Services 2,85% 2,13% 4,98% 10,46% 34,42%

Transportation & Public Utilities -0,64% -2,42% -3,06% 6,58% 50,22%

2011 2,51% 2,76% 5,26% 4,18% 39,20%

Finance & Real Estate 4,75% 3,59% 8,34% 6,55% 42,08%

Manufacturing 4,38% 1,45% 5,83% 4,73% 35,17%

Mining 3,77% 4,66% 8,43% 7,98% 27,72%

Retail Trade -3,12% 3,66% 0,53% 4,50% 43,48%

Services 1,97% 5,81% 7,77% 2,00% 36,56%

Transportation & Public Utilities 0,52% 0,55% 1,07% 1,40% 52,03%

2012 1,51% 3,16% 4,67% 4,02% 38,86%

Finance & Real Estate 6,36% 11,40% 17,76% 11,89% 42,89%

Manufacturing 0,43% 2,92% 3,35% 1,81% 34,35%

Mining 0,69% 2,80% 3,48% 6,67% 30,38%

Retail Trade 0,53% 0,40% 0,93% 2,64% 43,35%

Services 2,11% 1,92% 4,03% 2,02% 33,63%

Transportation & Public Utilities 1,65% 2,56% 4,21% 4,78% 52,06%

§3.4.7. Le scelte di finanziamento e il costo degli strumenti.

Huang e Ritter (Huang e Ritter, 2009) individuano una relazione diretta tra enterprise

risk premium e quantità d’equity emessa o ritirata dalle organizzazioni commerciali.

Questo ha spinto a confrontare le decisioni di finanziamento con il weighted average

cost of capital (WACC) e il rendimento sul capitale proprio, per verificare l’esistenza di

legami simili.

Il grafico 8 evidenzia come gli importi raccolti, sia di debito sia di equity, abbiano fluttuato sostanzialmente nel corso degli anni. Il costo medio ponderato del capitale è invece distinto da un trend relativamente stabile, così come l’equity return.

Equity e debt issuance oscillano, infatti, in un intervallo ampio compreso

approssimativamente tra -5% e 15%. Le altre due variabili invece non scendono mai sotto il 5% e il campo di variabilità è molto più ridotto.

L’osservazione delle misure a livello aggregato, presentata nella tabella 11, risalta la relazione inversa tra net debt issuance e WACC. La crescita del primo termine determina, infatti, generalmente una riduzione nel secondo e viceversa.

Questo legame è visibile in particolare nel periodo 2008-2011. L’andamento convesso assunto dalla curva delle emissioni di debito è, infatti, contrapposto con quello a campana del costo medio ponderato del capitale.

L’innesto di shareholders funds e il contemporaneo ritiro di passività finanziarie hanno perciò contribuito alla maggiore remunerazione pretesa sul coefficiente.

Non si esclude tuttavia che l’abbassamento del grado contabile di leva finanziaria, avvenuto tra il 2008 e il 2010, abbia favorito la discesa del WACC dopo questo triennio. In accordo con la teoria del trade off, infatti, il termine raggiunge il punto di minimo nel livello ottimale d’indebitamento, superato il quale inizia a salire.

La situazione di congiuntura economica e l’elevata rigidità che contraddistingueva il campione nei primi anni può quindi spiegare l’andamento osservato.

L’orizzonte temporale precedente (2004-2007) è, al contrario, distinto da una crescita in tutte le variabili.

L’intensità della correlazione negativa, tra costo medio ponderato del capitale ed emissioni di debito, pare quindi leggermente inferiore. Si deve però considerare l’immissione di capitale di rischio e la remunerazione pretesa sullo stesso.

Un altro fattore incisivo, che rientra nell’espressione per il calcolo del WACC, è la tassazione. Si ricorda il calo diffuso delle aliquote fiscali durante questi anni. Il fenomeno, ceteris paribus, riduce l’entità degli tax shields.

Si nota anche una crescita media annua di 0.5 punti percentuali nell’equity return tra il 2007 e il 2009. Questa si contrappone al netto stacco, di quasi due unità, che ha distinto il 2010.

In accordo con quanto rilevato da Huang e Ritter (Huang e Ritter, 2009), sembra che il costo dell’equity condizioni l’importo aggregato delle nuove emissioni.

Se, infatti, si confronta l'ammontare emesso nel 2007 (6%) con quello del 2010 (2%) emerge il ruolo dell’incremento percentuale nel costo del fattore (2%). L’evento è quindi indubbiamente idoneo a ridurre le somme complessivamente raccolte.

Si pone l’accento sul fatto che, se anche questa forma di finanziamento si rileva “più costosa”, potrebbe comunque essere obbligato il suo utilizzo. Questo è quanto emerge analizzando quant’accaduto nel biennio 2009-2010: l’elevato ritorno negli shareholders

funds non ha, infatti, impedito emissioni medie del 7%.

Focalizzando l'esame sul comportamento settoriale (tabella 12) si osserva che le compagnie, maggiormente propense all’espansione con capitale di rischio, appartengano al campo dell’estrazione (mining). Queste, infatti, ricorrono allo strumento indipendentemente dal ritorno sull’equity. La variabile influenza però la consistenza delle emissioni.

Nel primo anno oggetto di studio (2005) emerge un decremento generale nel costo medio ponderato del capitale, calo di circa un punto percentuale. Nelle aziende retail questo è dovuto soprattutto alla considerevole debt issuance (16.2%). Lo stesso ragionamento può farsi per quelle dedite al trasporto e alle public utilities. Queste non solo imitano le prime società citate, ma riducono anche il peso degli azionisti nel lato destro dello Stato Patrimoniale.

Le diverse compagnie possono inoltre beneficiare dell’abbassamento nell’equity return, l’elemento contribuisce a spiegare il minor weighted average cost of capital dell’esercizio.

Si osserva come le mining companies non seguano l’andamento generalmente registrato. Queste, infatti, soffrono di una maggiore remunerazione complessivamente richiesta (+1.5%), non contrastata dalla raccolta di debito comunque presente.

Il costo medio ponderato del capitale del settore mining mantiene il trend crescente anche nell’anno successivo (2006). Il maggior saggio sull’equity (+0.5%) non impedisce una variazione positiva nel capitale di rischio di approssimativamente il 4%. Si rimarca però che il costo dei mezzi propri è positivamente legato al grado d’indebitamento, come dimostrato da Modigliani e Miller (Modigliani e Miller, 1958). Non stupisce quindi che le scelte di financial structure del periodo precedente si ripercuotano in quello successivo. Spicca, infatti, un ulteriore aumento negli equity

return settoriali. La conseguenza diretta di quest’avvenimento è la preferenza delle

società per il finanziamento tramite prestiti. Questo contribuisce a limitare la crescita generale nel weighted average cost of capital.

La stessa argomentazione regge nel 2007. Sebbene, infatti, la consistente emissione avvenuta nel settore finance e real estate contribuisca ad alzare il livello medio delle

equity issuance, un’analisi più dettagliata mostra che la stessa è mediamente la metà di

quella di debito. Questa proporzione è particolarmente evidente nei settori

manufacturing, retail e utilities (rispettivamente 6% e 13%). Si osserva inoltre come nel

ramo dei servizi e public utilities il gap sia ancora più consistente: 21% contro 6.5%. Si ricorda anche che in quest’esercizio l’aliquota fiscale effettiva è stata inferiore agli anni precedenti. L’insieme dei fattori spiega quindi l’aumento nel costo medio ponderato del capitale anche in quest’orizzonte temporale.

Il 2008 è l’anno in cui il saggio sull’equity ha definitivamente superato il 10% medio in tutti i settori. Non si è, infatti, più tornati sui rendimenti antecedenti.

Il livello elevato del tasso giustifica la contrazione negli shareholders funds nella generalità delle attività. L’eccezione è rappresentata sempre dalle mining companies.

Queste, come si è prima anticipato, non hanno mai rinunciato allo strumento per tutto l’intervallo esaminato.

Raccolte di debito superiori al 10%, come avvenuto nel 2007, non sono sostenibili nel lungo termine. Si ritiene inoltre che la consistenza raggiunta dalle stesse, spieghi la quasi assenza di nuove passività in quest’esercizio.

L’effetto della diminuzione negli shareholders funds è comunque rilevante, il costo medio ponderato del capitale inverte la tendenza degli anni precedenti con una leggera decrescita. L’avvenimento occorre, nello specifico, in 2/3 del campione. Sono escluse, infatti, i settori mining e transportation. L’aumento del coefficiente è comunque scarsamente espressivo, di solo lo 0.1%.

L’elevato grado di leva finanziaria e la generale situazione di congiuntura economica, caratteristici del biennio 2009-2010, giustificano i massimi livelli raggiunti sia dal costo dell’equity, sia dal weighted average cost of capital.

Una strategia valida per limitare la remunerazione pretesa sul capitale di rischio è la riduzione del livello d’indebitamento. Questo può concretarsi in due modi alternativi ma egualmente efficienti: il ritiro del debito o l’immissione di mezzi propri.

Le compagnie possono comunque solo parzialmente controbilanciare, con le scelte di

capital structure, le avversità esterne.

Si rileva comunque che 1/2 dei settori (retail, services e manufacturing) hanno sfruttato entrambe le possibilità. La restante metà ha invece preferito un inserimento più consistente di capitale di rischio.

Le imprese retail rimarcano comunque la differenza più netta. È, infatti, diminuito il peso del debito di cinque punti percentuali e invece, aumentato quello degli

shareholders funds per la stessa quantità.

Si assiste comunque a uno spinto ricorso all’equity, la necessità dell’operazione rende il rendimento chiesto sullo stesso (superiore in tutti i rami d’attività rispetto l’esercizio precedente), solo in parte idoneo a confinarne l’intensità.

L’abbassamento del livello d’indebitamento contribuisce a limitare (parzialmente) la crescita dell’equity return e contemporaneamente a ridurre l’impatto nel costo medio

ponderato del capitale. Quest’ultimo fattore, infatti, registra un lieve calo in 5/6 del campione.

Il 2010 rappresenta invece un anno piuttosto esclusivo. I complessi economici, infatti, persistono generalmente con le decisioni di financial structure suesposte.

Le attività del manufacturing, services e retail accrescono la raccolta di strumenti azionari. L’incremento è di circa un punto percentuale rispetto il 2009. Lo stesso fanno le compagnie dei services e quelle del trasporto (transportation e public utilities), in queste tuttavia la quantità è duplicata.

La misura del debito è inoltre notevolmente ridotta: l’emissione media totale del 2% è, infatti, influenzata dalla peculiare scelta delle mining companies. Queste hanno incrementato del 10% l’ammontare di debito sul valore degli assets nel 2009.

Il weighted average cost of capital rileva comunque il massimo valore storico. Il fenomeno è fortemente influenzato dal rendimento chiesto sull’equity, più che dalla scarsa raccolta di passività finanziarie ed è, verosimilmente, frutto della generale situazione d’incertezza presente nel mercato finanziario.

Le decisioni, adottate dal management nel biennio, mostrano comunque i loro risultati positivi negli ultimi due anni analizzati.

Nel 2011, infatti, diminuisce il saggio sui mezzi propri (mediamente di tre punti percentuali) e il risultato è coerente con la proposizione II di Modigliani e Miller (Modigliani e Miller, 1958). Le imprese hanno, infatti, abbassato il grado di leva finanziaria.

Quest’avvenimento favorisce un nuovo ricorso al capitale di debito. Si assiste, infatti, a una ripresa di questa forma di finanziamento in tutti i settori. Le imprese del real estate,

mining e services superano anche la soglia del 7.5%.

Si nota che la raccolta di passività finanziarie torna generalmente maggiore di quella di

equity. Il ricorso a quest’ultimo strumento non si è però interrotto. Il management

persiste, infatti, nell’espansione degli shareholders funds, seppur con un livello mediamente inferiore agli anni precedenti. Il fenomeno è verosimilmente favorito dal “basso” costo dell’equity, in accordo con Huang e Ritter (Huang e Ritter, 2009).

Il nuovo ricorso al debito e il minor rendimento nei mezzi propri contribuiscono a ridurre il costo medio ponderato del capitale in tutti i settori ed esso ritorna (approssimativamente) allo standard del 2007.

L’ultimo esercizio esaminato (2012) evidenzia ancora un calo generale nel weighted

average cost of capital.

Il valore minimo distingue le compagnie del trasporto e public utilities (5.5%). Si ricorda inoltre come l’anno considerato è caratterizzato sia dal basso saggio di rimborso dei prestiti, sia dall’aumento nell’aliquota di tassazione effettiva. Entrambi i fattori spiegano il declino del termine.

Nel 2012 non si registra in alcuna attività il ritiro né di debito né di capitale di rischio: la

net debt issuance e quella di equity si mantengono comunque sotto quelle degli esercizi

precedenti.

Si osserva quindi, per la prima volta, una certa stazionarietà nel comportamento del campione. Essa è probabilmente giustificata dall’atteggiamento prudente, anche considerata l’intensa attività dei periodi prima discussi.

Tabella 11. Le decisioni di finanziamento e il costo medio ponderato del capitale.

Anno Wacc Cost of equity Total debt issuance Equity issuance

2004 7,37% 9,13% 0% 0% 2005 7,13% 8,95% 4,83% 4,35% 2006 7,72% 9,02% 11,05% 6,31% 2007 8,29% 10,23% 13,64% 14,49% 2008 8,01% 10,71% 4,57% -3,88% 2009 7,92% 11,01% 1,76% 6,35% 2010 10,35% 15,13% 2,44% 7,53% 2011 8,30% 11,89% 5,26% 4,18% 2012 7,50% 11,12% 4,67% 4,02% Media 8,07% 10,84% 5,25% 4,78%

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