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3. Oltre la ‘forma’

3.1 Schemi geometrici generativi e principi di composizione

strutturare l’immagine, causa ultima della rappresentazione e insieme effetto della sua applicazione.

Come è possibile dunque cercare ordine all’interno di una realtà dis-ordinata? La domanda apre subito un’altra que- stione, in quanto non resta che domandarsi cosa sia il disor- dine e soprattutto come sia stato possibile per l’artista rappresentarlo.

A guidarci nella risposta, sono ancora le riflessioni di Rudolf Arnheim. Stando alle parole di Wolfgang Kohler, nella de- finizione riportata dal critico tedesco nel suo Saggio, «il di- sordine non è l’assenza di qualsiasi ordine, ma piuttosto lo scontrarsi di ordini privi di mutuo rapporto».5Esattamente

quanto accade nell’Icnografia piranesiana. L’applicazione dell’idea liviana è riprodotta dall’artista nella Pianta del Campo attraverso la rappresentazione dello scontro casuale di una moltitudine di impianti architettonici, disposti in ap- parenza senza alcun nesso e in maniera del tutto indipen- dente gli uni dagli altri, così da ingombrare, appunto, lo spazio urbano, più che adornarlo. Non è dunque la man- canza di ordine a spiegare la creazione piranesiana, quanto piuttosto la compresenza di ordini tra loro privi di relazione, il cui impatto appare come il risultato di un “processo dina- mico” cristallizzato dalla volontà dell’artista all’interno della raffigurazione in un determinato momento e caratterizzato da un elevato livello di entropia, cioè di quella grandezza fisica che nella termodinamica «è definita come la misura quantitativa del grado di disordine di un sistema».6

Il problema sostanziale per questo tipo di analisi consiste al- lora nel comprendere quali siano i singoli ordini che hanno generano il disordine complessivo della Pianta. Si tratta cioè di riconoscere le singole entità all’interno della composi- zione generale, capire se esiste una legge, una regola geo- metrica che le ha determinate e che permetta di individuarle come tali.

Estrapolare dal ricco repertorio formale dell’Icnografia al- cuni elementi, seppur in modo non casuale ma determinato dalla volontà di illustrare i criteri compositivi più significa- Analizzare l’Icnografia piranesiana attraverso la geometria,

ossia mediante lo strumento d’indagine codificato per mezzo del quale si è espletata la ‘forma’ e in generale le forme con- tenute nell’immagine, significa utilizzare lo stesso ‘linguag- gio’ impiegato per la sua esecuzione, vale a dire usufruire di una chiave d’accesso privilegiata per la com-prensione di un ‘testo’ grafico. La messa in atto di questa operazione cri- tica, tuttavia, richiede un passaggio preliminare di fonda- mentale importanza, ben espresso nella citazione dalle parole di Arnheim. Ovvero la necessità razionale di indivi- duare un criterio, un ordine, che - nello specifico - possa in qualche modo guidare l’osservazione dell’opera in esame, al fine di permetterne la “decifrazione”, o di verificare al- meno se sia possibile «coglierne la struttura». 2

Già ad un primo sguardo però, l’immagine del Campo Mar- zio che Piranesi presenta per mezzo della ricostruzione pla- nimetrica dell’impianto antico (fig. 23), rifugge da qualsivoglia criterio tassonomico. A ben vedere, ciò che l’ar- tista aveva concepito in questa occasione appare a tutti gli effetti come la messa in scena per eccellenza del topos li- viano, l’immagine «di una città più ingombra che divisa or- dinatamente».3 Un’idea suggerita da una fonte letteraria

antica, più volte ripresa nel tempo da storici e archeologi, a cui il nostro sembra dar credito solo a seguito dello studio della Forma Urbis: «quindi è, che da sì manchevole infranto alterato Monum.to altro più non si rilieva, se non che Roma in que’ tempi fosse una Città piantata senza ordine, e da su- perbi magnifici Edificj piuttosto ingombrata, che adorna».4

L’assenza di ordine sembrerebbe porsi pertanto nei confronti della composizione come l’unico principio secondo il quale

tivi applicati nei principali impianti del Campo Marzio, nulla aggiungerebbe tuttavia a quanto è stato già detto dall’unica analisi grafica condotta fin ora sull’opera, nello studio ese- guito da Vincenzo Fasolo (fig. 111).107 Ha più senso semmai

riconoscere come entità da analizzare dal punto di vista geo- metrico e compositivo, ciascun complesso antico presentato dall’artista all’interno della planimetria, e attribuire ad ognuno di questi impianti il carattere di ‘microsistema’, di realtà cioè definita da una serie di ‘elementi’ più o meno coerenti (frutto di una serie di operazioni interne), e appar- tenente a sua volta ad un ‘macrosistema’ generale rappre- sentato nello specifico dall’Icnografia.

Attraverso l’elaborazione grafica della planimetria del Campo (fig. 112) si è scelto di identificare i singoli ‘micro- sistemi’ mediante un “contorno”, solo in qualche caso coin- cidente con il perimetro del ‘microsistema’ stesso, soprattutto nei casi in cui quest’ultimo corrisponde esatta- mente ad un ‘elemento isolato’. Come si può verificare os- servando la figura, all’interno del ‘macrosistema’, sono stati riconosciuti più di ottanta ‘microsistemi’, dalle caratteristi- che formali e dimensionali specifiche, ed è particolarmente significativo notare come ciascuna entità sia connotata da uno o due assi di simmetria orientati secondo direzioni e in- clinazioni quasi sempre differenti tra un complesso e l’altro. Di questi ‘microsistemi’ sono stati analizzati circa trenta casi, dei quali - per economia di trattazione – si è deciso di riportarne in questa sede solo una parte.

Per meglio spiegare il criterio di indagine con cui si è scelto di analizzare da un punto di vista geometrico l’Icnografia, prendiamo come esempio uno degli schemi compositivi in- dividuati da Fasolo, ed in particolare il caso delle Turres ex- pugnanda (in alto al centro nella fig. 111). L’analisi che lo studioso presenta, mostra chiaramente come la composi- zione si basi sulla figura geometrica del pentagono iscritto all’interno del cerchio di costruzione. Dallo schema si nota tra l’altro come in corrispondenza dei vertici principali del poligono, l’artista scelga di inserire una serie di circonfe- renze minori, allo scopo di ottenere lungo il perimetro della figura, l’enucleazione di cinque ambienti circolari contrap- posti ai cinque maggiori contenuti al suo interno. Quello che non è del tutto chiaro invece è la modalità con cui la struttura si dispone come componente rispetto all’insieme di cui fa parte, ovvero il complesso delle Esercitationes militares (n. 15 fig. 112, part. fig. 113). Ad un primo sguardo in effetti

l’‘elemento’ analizzato da Fasolo potrebbe dirsi semplice- mente specchiato rispetto ad un asse di simmetria centrale. Tuttavia, andando ad indagare la geometria sottesa all’in- terno del ‘microsistema’, si nota come il centro di ciascuna delle due Torri pentagonali si disponga esattamente su un vertice di un pentagono maggiore (fig. 114). Il nuovo poli- gono definisce tra l’altro la posizione del terzo elemento della composizione, l’ambiente caratterizzato da due cerchi concentrici, attraverso il quale passa l’asse di simmetria principale. Il tema del pentagono riecheggia ancora all’in- terno delle due Torri, in quanto descrive - attraverso l’incli- nazione dettata dai restanti vertici del decagono in cui è iscritto il poligono minore - la disposizione dei cinque cerchi interni, tangenti ai più piccoli posti lungo il perimetro della struttura. Pur non rientrando nella costruzione geometrica del pentagono maggiore, il rettangolo alla base della com- posizione, approssimabile ad un diapason diatessaron (con i lati in rapporto armonico 3:8; dissimulato nella composi- zione dalla suddivisione dei setti murari), può essere consi- derato anch’esso come un ‘elemento’ del medesimo ‘microsistema’, poiché rientra nella logica compositiva dell’insieme. E’ infatti lungo il suo lato inferiore, in corri- spondenza dell’intersezione con l’asse di simmetria (di poco traslato rispetto a quello del rettangolo), che si trova il centro dell’arco di circonferenza, in prossimità del Gradus, che conclude la “forma” generale del sistema (cfr. figg. 113- 114).

L’esempio analizzato, oltre a chiarire le ragioni per cui la ri- cerca dei singoli ordini debba essere fatta a nostro avviso necessariamente attraverso la determinazione delle geome- trie dei ‘microsistemi’ e non soltanto quelle degli ‘elementi’ di cui i microsistemi sono composti, ci aiuta a introdurre un altro importante aspetto del metodo progettuale piranesiano. A valle del lavoro di analisi grafica si scopre infatti come le regole di associazione schematica degli elementi siano il frutto di variazioni formali sul ‘tema del pentagono’, ‘del quadrato’ o ‘del triangolo’, ovvero di figure geometriche re- golari, rispettivamente combinate con i poligoni dai lati mul- tipli: il ‘decagono’, l’‘ottagono’ e l’‘esagono-ennagono’. ‘Combinazioni’ di base, a cui si aggiungono spesso ‘acco- stamenti’, ‘sovrapposizioni’ e ‘contaminazioni’ tra i diversi temi. Operazioni progettuali sempre più disinibite, che al- lontanano il metodo piranesiano dai criteri di composizione classica, dando luogo - nei casi estremi – all’elaborazione

114/ Analisi geometrica del microsistema 15 - Esercitationes militares 113/ Particolare dell’Icnografia – Esercitationes militares

di geometrie complesse, interessate perlopiù dall’impiego di poligoni meno frequenti, quali l’ettagono o lo stesso en- nagono.

I riferimenti antologici che sostanziano l’ideazione di questo tipo di impianti architettonici vanno cercati nella tradizione tardo-rinascimentale, manierista e barocca, nonché in quella categorie di opere ricostruttive d’invenzione, ben indicate dalla letteratura critica, nelle figure di Pirro Ligorio e di Gio- van Battista Montano.

La scelta di utilizzare ad esempio la pianta pentagonale per un edificio destinato alle ‘esercitazioni dei soldati’, manife- sta già il carattere rinascimentale di questo genere di im- pianto, solitamente impiegato nelle architetture militari cinquecentesche. Ma è piuttosto evidente come, nella com- posizione piranesiana, il modello di partenza venga inten- zionalmente tradito dall’impostazione planimetrica delle Turres (fig. 113), la cui conformazione disattende il carattere rigido e compatto delle strutture difensive in uso nel XVI secolo. Carattere ancora presente invece in un disegno di ri- costruzione eseguito da Montano raffigurante un inverosi- mile edificio sepolcrale romano, dove la combinazione ‘decagono-pentagono’ è applicata - in maniera ordinaria e

piuttosto elementare - per definire rispettivamente la spazia- lità interna della sala centrale e la forma complessiva del- l’impianto architettonico (fig. 115).8 A questi esempi

Piranesi deve aver aggiunto, attraverso un procedimento di ‘ibridazione’ 9tipologica (ossia mediante una ‘contamina-

zione’ tra tipi edilizi differenti), la complessità plastica degli impianti centrici poliabsidati, connnotati da una caratteriz- zazione del perimetro esterno sulla base dell’articolazione spaziale interna.

Tali aspetti sono evidenti in un’altra ipotesi di ricostruzione di un edificio antico, il cosiddetto Tempio di Venere a Baia, nella rappresentazione della pianta del Trulo di Baia ad opera di Giuliano da Sangallo (fig. 116).10In questa circo-

stanza, il gioco degli ambienti circolari è ottenuto dalla com- binazione tra gli assi principali e quelli diagonali del quadrato e dell’ottagono (fig. 115), e non sull’associazione tra pentagono e decagono, come avviene invece nella com- posizione piranesiana, ma l’analogia è comunque possibile perché resta invariato il principio di composizione tra i due poligoni corrispondenti.

Oltre al sistema delle Esercitationes, un altro impianto del- l’Icnografia basato in parte sul ‘tema del pentagono’, è il

115/ tomba romana non identificata disegnata da Montano 116/ pianta del Trulo di Baia, riferibile al cosiddetto Tempio di Venere a Baia di Giuliano da Sangallo – analisi grafica

complesso degli Horti Lucilliani (n. 32 fig. 112 – part. fig. 117), dove la combinazione tra pentagono e decagono è ri- proposta dall’architetto veneziano in maniera più evidente rispetto al caso precedente. A differenza delle Turres expu- gnanda, infatti, Piranesi sceglie adesso di definire la dispo- sizione degli ambienti circolari che descrivono l’impianto della struttura architettonica a destra della composizione, su cinque vertici di un decagono (fig. 118 - A). Mentre la va- riazione dimensionale tra i tre ambienti principali (l’Atrium Minervae e i due emicicli porticati speculari rispetto all’asse di simmetria della figura) e i due minori (connotati da una doppia rampa di scale disposta sui tre quarti della circonfe- renza), rende subito leggibile il pentagono inscritto all’in- terno del poligono maggiore.

Questa soluzione progettuale con ogni probabilità deve es- sere scaturita dall’osservazione di un altro tempio, disegnato dallo stesso Montano e inserito tra le piante di edifici antichi rappresentate nei disegni di ricostruzione presenti all’interno del primo volume Scielta di vari tempietti antichi…, e pub- blicato a Roma nel 1624 da Giovanni Battista Soria. Come per la pianta di Sangallo, lo schema geometrico generativo dell’impianto si basa ancora sulla combinazione tra quadrato e ottagono (fig. 119), ma il risultato formale della costru- zione non differisce di molto rispetto alla disposizione pla- nimetrica dell’elemento A, appartenente al complesso degli Horti Lucilliani (fig. 117). Osservando il disegno secente- sco, è facile intuire come anche in questo caso la ricostru- zione del tempio antico proponga tre ambienti circolari principali, con centro sui vertici di un quadrato, e due ovoli minori, disposti sui vertici dell’ottagono che inscrive la fi- gura minore, in corrispondenza degli assi diagonali;12nel

luogo in cui Piranesi sceglie piuttosto di inserire i due corpi scala lungo i settori di cerchio (cfr. fig. 118). L’articolazione diviene qui presto eterogenea rispetto alla soluzione monta- niana. Allo spazio centrico, l’architetto veneziano sostituisce il Vestibulum, un’ampio portico d’ingresso, costituito da un rettangolo di sesta minore (con i lati in rapporto armonico 5:8), nei cui vertici superiori si impostano i centri delle cir- conferenze minori dei succitati collegamenti verticali. Al di là di questi, sempre lungo gli assi diagonali del decagono, in maniera speculare rispetto all’asse di simmetria principale della composizione, si sviluppano altri due settori della fab- brica (due rettangoli biquadrati, diapason, con rapporto ar- monico 1:2), caratterizzati all’interno dalla presenza di

ambienti circolari, denominati Oeci, in parte sovrapposti, i cui centri si trovano disposti sui vertici di un ulteriore deca- gono, di cui non resta altro che la determinazione di questa disposizione (fig. 118). Il confronto tra gli Oeci e un piccolo edificio sepolcrale romano disegnato da Montano, dimostra invece come anche in questa circostanza, l’architetto mila- nese non abbia utilizzato il tema del ‘pentagono’, quanto quello del ‘quadrato’, sia per inscrivere l’impianto della cu- pola centrale, che per determinare la posizione delle quattro absidi semicircolari (fig. 120).13 Se paragonato ai riferimenti

secenteschi, il livello di astrazione e la complessità raggiunta da Piranesi in questo microsistema restano comunque estremi. Non è un caso infatti se il complesso degli Horti Lucilliani è stato considerato la massima espressione di un genere di architettura definita «mechanica», il prodotto di una serie di processi di gemmazione di strutture a emiciclo che assomigliano appunto agli ingranaggi di una mac- china.14Lo stesso passaggio tra le due strutture principali del

sistema (fig. 118 - A e B) sembra suggerire un movimento in atto. Attraverso una leggera rotazione del secondo asse di simmetria, inclinato di appena 9° rispetto all’asse della strut- tura basata sullo schema del pentagono, l’architetto inserisce il secondo elemento degli Horti, sfruttando come perno di rotazione il centro della circonferenza che descrive il portico sinistro (fig. 118 – A). Questo punto appartiene contempo- raneamente ai due elementi disponendosi allo stesso tempo su un vertice del pentagono sopra descritto e su un vertice dell’esagono che struttura l’elemento posto a sinistra nel complesso (fig. 118 - A e B). Il poligono di base è impiegato adesso esclusivamente per determinare la collocazione spa- ziale degli altri due caposaldi della nuova composizione, il tempio circolare dell’Aula (il cui centro è posto sul vertice superiore dell’esagono) e il Teatrum, (sul vertice in alto a destra) con il perimetro esterno della cavea speculare per di- mensione e conformazione alla parte retrostante dell’emici- clo porticato. È in questa scelta che Piranesi raggiunge il massimo livello di monumentalità: il principio di simmetria viene ribadito con insistenza e insieme rigorosamente disat- teso. Quasi che le due soluzioni possano entrare in risonanza nella mente di chi è intento ad attraversare con lo sguardo questi estremi contrapposti. Ad un portico in effetti nell’im- pianto si sostituisce un teatro. Ma se l’osservatore si trovasse idealmente a vedere la scena dalla terrazza semicircolare posta in basso nella figura (raggiungibile attraverso una sca-

118/ Analisi geometrica del microsistema 32 – Horti Lucilliani 117/ Particolare dell’Icnografia – Horti Lucilliani

linata principale frontale e due scale lungo il perimetro esterno), non riuscirebbe a cogliere alcuna differenza tra i prospetti dei due elementi, e il suo sguardo non potrebbe che esaltare l’assialità classicista della composizione, coronata sullo sfondo dal tempio circolare e del retrostante impianto templare (oltre l’Atrium) con ali simmetriche. L’emozione che si avverte nell’immaginare questa ‘mancata veduta’ è tale, che resta grande il desiderio di trovarla almeno in schizzo tra le carte perse del maestro veneziano!

A sottolineare la stretta relazione tra la terrazza e questi due elementi è lo schema geometrico dell’ettagono sotteso alla composizione, del tutto indipendente dal resto del microsi- stema (fig. 118 – B).

La ricerca delle fonti cartografiche svela presto il grado di invenzione della ricostruzione piranesiana, rivelando l’abi- lità creativa del maestro veneziano. Il confronto tra la rap- presentazione di quest’area nella Pianta Bufalini (fig. 121) e nell’Icnografia del Campo dimostra come la reintegra- zione degli Horti Lucilliani sia avvenuta a partire da picco- lissime tracce antiche.15Derivano ad esempio da questi resti

la forma e la posizione dell’Aula, che nella carta cinquecen- tesca è indicata come Templum Solis, parte dell’Oeci, ma soprattutto la conformazione del Porticus, posto da Piranesi in prossimità del Gradus e corrispondente nella carta Bufa- lini ad una struttura simile all’estremità di un Circo ed in particolare alla porzione terminale di questo tipo edilizio ca- ratterizzata da due torri e dalla presenza di quell’elemento leggermente curvato che ospitava i carceres, ovvero i box per i carri. Se ciò fosse credibile – ammessa l’esistenza del dislivello e la diversa conformazione interna di quest’ultimo elemento che non presenta una suddivisione in celle bensì è connotato dalla presenza di un setto centrale che struttura il portico (cfr. figg. 117 e 121) – Piranesi avrebbe operato an- cora una volta per mezzo di un ‘montaggio tipologico’, ap- plicato mediante un processo di ‘sovrapposizione’. L’architetto è in grado così di definire una nuova forma - quella ‘lenticolare’ - inusuale e innovativa, semplicemente combinando un pezzo di circo e una porzione circolare di teatro, o di ciò che di quest’impianto rimane nel suddetto Gradus (figg. 117-118 A e fig. 122).

Un altro ‘microsistema’ del Campo Marzio basato princi- palmente sul ‘tema del pentagono’, è il complesso di Horti Sallustiani. Dell’impianto abbiamo già discusso in prece- denza, in occasione dei riferimenti alla Forma Urbis, avendo

119/ tempio disegnato da Montano – analisi grafica

di questi poligoni regolari tiene insieme – nel centro delle rispettive circonferenze – l’impianto circolare dell’Athe- neum (sul vertice superiore),16 due delle quattro fontane mo-

numentali dette Salientes (sui vertici estremi) e il fianco superiore del Circo Apollinaris (coincidente con la base della figura geometrica).

Raro esempio quest’ultimo della relazione tra microsistemi differenti, solitamente indipendenti per posizione e orienta- mento all’interno del ‘macrosistema’, cioè dell’Icnografia (fig. 112 n. 35 e 50). I due pentagoni minori, speculari ri- spetto all’asse di simmetria principale che struttura l’intero impianto, stabiliscono poi la posizione dei Salientes all’in- terno di ciascun Porticus, del quale tra l’altro definiscono l’altezza, avendo un lato del pentagono e il vertice opposto coincidenti rispettivamente con il perimetro superiore del rettangolo e con il punto medio della relativa base (fig. 123). L’ultimo schema pentagonale che determina la composi- zione, è impiegato invece per individuare la collocazione dei due Coenacula rispetto al resto del sistema,17(ed in par-

ticolare ad un’altra struttura circolare, la Piscina cum sa- liente), ma anche per individuare l’estensione longitudinale dei Conditorium (fig. 66 e 123, in alto al centro), attraverso l’intersezione di due lati dello stesso pentagono con il peri- metro esterno degli Horti Sallustiani. In questa parte del complesso, Piranesi sceglie di inserire la pianta di un edifi- cio antico ricavata ancora dal ricco repertorio di disegni di Montano18(fig. 124 e fig. 125 in basso a dx, in arancio).19

Particolare significativo perché, oltre ad avvalorare l’ipotesi di un’influenza diretta dell’architetto milanese sul vene- ziano, rappresenta una nuova applicazione di quel principio