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CAPITOLO IV: Giorni di guerra: un incontro tra mappe e critica comissiana

4.1 Natura e paesaggio: l’estraniamento dal conflitto

4.1.3 Uno scorcio di geografia urbana

Quanto emerso dal grafico relativo alle categorie geografiche sopra riportato (figura

24) ci offre l’occasione per un approfondimento sulla geografia urbana di Giorni di guerra; riprendendo ciò che dimostrava l’istogramma (figura 6) relativo ai toponimi più

frequenti nelle opere del Meridiano analizzate, si ricorderà che erano presenti ben quattro nomi di città: Treviso, che risultava il nome di luogo più nominato, e a seguire rispettivamente Firenze, Udine e Gorizia. Questi dati non si pongono in contraddizione rispetto a quanto finora affermato riguardo alla prevalenza delle categorie geografiche legate alla natura nell’opera comissiana, in quanto, in primo luogo in quel contesto le città erano state considerate comprendendo nelle loro occorrenze anche le menzioni a parti di esse e dunque di riferimenti urbani e vie; in secondo luogo bisogna considerare che nel complesso le città nominate dall’autore sono poche e ripetute più volte, mentre, per quel che riguarda le due categorie maggiori, c’è una vasta gamma di toponimi a loro afferenti, e ciascuno di essi è ripetuto poche volte.

Appurato il fatto che in Giorni di guerra ci sia una evidente predilezione per l’elemento naturale e per le zone poco urbanizzate, si possono notare anche grandi cura e precisione nella descrizione di due centri urbani di una certa rilevanza, gli unici luoghi in cui gli elementi urbani compaiono in modo significativo: Firenze e Treviso.

Per quanto riguarda la prima, i punti rappresentati nella figura 29, tutti della categoria degli elementi urbani a eccezione del fiume Arno, indicano da un lato edifici cittadini (la stazione ferroviaria, il consolato tedesco e quello austriaco), dall’altro punti caratteristici della città: Piazza dell’Unità, il Ponte della Carraia e l’Arno, lungo il quale si trovano quasi tutti i punti. Molto particolare è la descrizione che l’autore dà di Piazza dell’Unità (peraltro unico punto connotato da emozioni positive), la forma della quale viene messa in relazione alla colonna dell’esercito che la attraversa: si nota ancora una volta lo sguardo attento di Comisso sullo spazio circostante e la tendenza a metterlo in relazione con le persone che lo esperiscono.

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Il nostro passo risuonava pesante e ritmico. Nessuno parlava. Nell’attraversare diagonalmente il quadrato di piazza dell’Unità, ebbi piacevole la sensazione del rapporto geometrico che la nostra linea diritta stabiliva in quell’area295.

295 G. Comisso, Giorni di guerra, in G. Comisso, op. cit., p. 329.

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Poiché si è constatato che a ogni toponimo fiorentino l’autore affianca una precisa connotazione emotiva, si è optato per la creazione di una mood map della città, al fine di poter ampliare la nostra riflessione. La maggior parte dei richiami a Firenze e ai suoi luoghi deriva dal capitolo 1915, quando Comisso, arruolatosi come volontario, trascorse qui i mesi precedenti l’inizio del conflitto. Questa circostanza gli diede la possibilità di conoscere la città, soprattutto nei giorni festivi quando aveva la possibilità di esplorarla e di andare a trovare lo zio, veterano di guerra.

Nonostante l’esperienza bellica nel complesso sia descritta in Giorni di guerra come festosa e divertente, in questa mood map, tuttavia, le emozioni prevalenti sono negative, indicano uno stato d’animo tendente alla tristezza, all’ansia e alla noia, quest’ultima intesa come sensazione di sentirsi occupato in un’attività contraria alla propria inclinazione, tale da apparire inutile e vana. Dunque, il primo impatto con il duro ambiente militare, che comportava una rigida suddivisione delle giornate e l’obbligo di seguire la disciplina e gli impegni quotidiani, anche nei giorni festivi, non assecondò il bisogno di libertà e di autonomia rispetto ai vincoli imposti dall’esterno, per sfuggire i quali Comisso aveva preso la decisione di arruolarsi. Tuttavia, questa condizione di subordinazione successivamente si attenuò e l’autore, che nel corso della guerra accrebbe progressivamente il suo status, poté al contrario diventare colui che impartiva ordini ai propri sottoposti, riservando per sé gli agi che la vita al fronte consentiva.

Il fatto, però, che nel testo Firenze, intesa come città nel suo complesso, sia menzionata in correlazione con una sensazione di serenità di trovarsi in quel luogo, suggerisce la coesistenza di uno stato d’animo positivo dell’autore, fin dall’inizio della sua esperienza nell’esercito. Una lettera spedita ai genitori durante il periodo di permanenza nel capoluogo toscano, datata al 31 dicembre 1914, conferma il ragionamento derivato dall’osservazione della mood map della città:

Miei carissimi. Firenze è una bellissima e magnifica città e io ne sono già innamorato e affezionato. Che in caserma mi trattino come vogliono, mi diano pane e acqua anche per tutti i giorni! A me basta essere a Firenze e potere fare una passeggiata alle Cascine, poi ritornare per il Lungarno e svoltare per piazza della Signoria. Queste sono cose che ricompensano per tutto il pane senza sale e anche per qualunque altra cosa di peggio che possa capitare296.

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Un altro elemento significativo è infine il colore blu del pallino riferito all’Arno, unico elemento naturale della città ricordato da Comisso; se da una parte il fiume sarà l’unico luogo fiorentino oggetto dei ricordi dell’autore durante il periodo passato al fronte297, dall’altra esso suscitò una sensazione d’ansia a Comisso. Ciò si discosta dalla consuetudine dello scrittore di collegare gli elementi naturali a emozioni piacevoli, così che conferma la presenza di una nota malinconica nella descrizione di Firenze e del periodo immediatamente precedente al raggiungimento del fronte.

Treviso298 non appare definita da molti toponimi precisi, che indichino parti significative della città. Al confronto con Firenze, risulta molto meno connotata spazialmente: questo aspetto è giustificabile tenendo conto del fatto che durante gli anni di guerra Comisso passò un brevissimo periodo nella città natale, di gran lunga inferiore a quello trascorso nelle altre città analizzate. Inoltre la carta (figura 30) raffigura anche il territorio a nord della città di Treviso, definita dalla cerchia di mura, così che sia visibile anche l’ippodromo trevigiano, senza la cui menzione la trattazione risulterebbe incompleta.

La propria abitazione, collocata in via Fiumicelli299 come spiegato nel capitolo precedente, per l’autore assume naturalmente un valore affettivo forte, che nel libro non manca di mettere in evidenza, e risulta essere l’unico luogo davvero significativo per lui. Inoltre, il ritorno a casa e il conseguente ritrovamento degli effetti personali propri e dei genitori genera in Comisso una sorta di attaccamento alla “roba”, che si può considerare

297 Ivi, p. 393.

298 Per quanto riguarda Treviso non viene proposta una mood map in quanto essa mostrerebbe solo pochi luoghi tra quelli menzionati dall’autore, non essendo stato espresso un numero consistente di emozioni in relazione ad essi.

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tipico della classe sociale borghese alla quale apparteneva300. Anche le lettere di quel periodo ai genitori confermano tale tendenza, come afferma Luigi Urettini301.

Gli altri luoghi della città ricordati dall’autore non sembrano essere così importanti nella sua “geografia affettiva”. La stazione ferroviaria, il caffè dei notabili situato nei pressi della propria casa, Porta San Tomaso e l’ippodromo302 costituiscono dei siti rilevanti solo nel contesto bellico del ritorno a casa, non rappresentano dei luoghi significativi per Comisso da un punto di vista personale, magari collegato a una dimensione rievocativa dell’infanzia o della vita precedente al conflitto. Al contrario, i luoghi che più assumono un ruolo di questo genere sono quelli della provincia trevigiana, ossia la zona di Onigo e quella del Montello, la rievocazione dei quali appare molto più sentita rispetto a quella dei siti cittadini. Anche in questo possiamo rilevare una notevole preferenza dell’autore per i luoghi che si trovano al di fuori delle zone più urbanizzate.

Non mancano comunque delle porzioni di testo in cui l’autore manifesta apprezzamento per la propria città natale, che tuttavia considera nel suo insieme senza focalizzarsi su qualche sua parte in particolare.

Preso dal sentimento di non rivedere forse più la mia città, andai a camminare per le strade deserte inebriandomi a guardare l’aspetto strano di tutte le case con le imposte chiuse in pieno giorno. […] Lungo al fiume gli alberi avevano assunto nelle ultime foglie un colore giallo intenso che illuminava

300 G. Comisso, Giorni di guerra, in G. Comisso, op. cit., p. 436: “In casa mia vi erano oggetti di un certo valore, preoccupato che gli austriaci potessero avanzare cercai di nasconderli il meglio possibile. Con il mio attendente e con quello del mio comandante di compagnia si cominciò a imballare le stoviglie e stivarle in grandi casse. Tutto feci trasportare in una camera poco recondita della casa. Materassi, coperte, quadri e specchi accumulai e accatastai in questa camera. […] Allora decisi di far murare la porta. […] Fui felice di aver messo in salvo quella roba”.

301 L. Urettini, Giovanni Comisso. Un provinciale in fuga, p. 28: “Il tema dominante le lettere di questo periodo è però la ‘roba’ e la salvaguardia della casa di Treviso abbandonata precipitosamente dai genitori, quando gli austriaci erano arrivati al Piave. Comisso, con il comando della sua divisione, si stabilisce proprio in città. Subito si preoccupa di mettere in salvo gli oggetti di casa e ne fornisce meticolosamente conto ai suoi”.

302 L’ippodromo ad esempio viene ricordato dall’autore solo in quanto luogo di fucilazione di alcuni soldati che avevano saccheggiato delle case abbandonate (cfr. G. Comisso, Giorni di guerra, in G. Comisso, op.

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la bruma. La mia città deserta appariva a momenti di una bellezza che mai avrei potuto immaginare303.

Data la grande attenzione per gli elementi naturali, è curioso che Comisso menzioni mai mediante il toponimo il fiume che attraversa la propria città natale, ovvero il Sile. L’unico riferimento ad esso presente nell’opera si trova nel brano riportato sopra, dove viene nominato semplicemente “fiume” e costituisce una parte del paesaggio autunnale cittadino che lo scrittore si ferma ad ammirare.

140 Figura 30. Mappa della città di Treviso

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