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FORMA E CONTENUTI DEL BEST SELLER

III.1 La scrittura equilibrata dei due romanz

Nel capitolo precedente si è accennato al fatto che i due romanzi abbiano molte delle componenti che li avvicinano alla tradizione; una di queste è lo stile di scrittura, privo di sperimentazioni linguistiche e virtuosismi. Per molti intellettuali dell’epoca il fatto che fossero stati pubblicati dei romanzi con questo tipo di scrittura era un dato negativo, in quanto erano gli ennesimi esempi di una narrativa che nulla aveva da proporre di nuovo. Fu questa la ragione del rifiuto del Gattopardo da parte di Vittorini, il quale pur essendo un valentissimo critico cercava, per le opere da pubblicare nella sua collana, narrativa con una scrittura meno legata al passato. Il fatto che non ci fossero delle novità stilistiche e che i due scrittori presentassero nei loro romanzi una scrittura piana fu una scelta consapevole, la quale risponde all’esigenza fondamentale di farsi capire dal lettore. Nonostante il loro obiettivo non fosse il pubblico delle grandi masse, essi non volevano lasciare margini di oscurità nel messaggio dei loro libri, perciò scelsero un tipo di prosa che questo pubblico poteva comprendere.

Nella biografia illustrata precedentemente si è visto come Bassani, nei primi anni in cui iniziò a scrivere, si dedicò alla poesia; i suoi modelli poetici in quegli anni erano Montale,

Ungaretti e l’ermetismo della loro scrittura influenzò molto il modo di esprimersi del giovane ferrarese.1 Tuttavia ad un certo punto egli capì di dover cambiare la sua scrittura nel momento in cui si ritrovò a scrivere delle sceneggiature per il cinema negli anni ’50. La conferma la ritroviamo nelle parole di un’intervista: «il fatto che Manzoni sia andato a risciacquare i suoi panni in Arno ha per me un grande significato, in senso nazionale. E poi vi è uno sforzo nell’ordine della popolarità, come per me c’è stato lo sforzo di non essere più ermetico, di dire tutto, di essere credibile».2 In altre parole, come Manzoni per poter raggiungere il più largo numero di lettori italiani ha voluto togliere al suo romanzo la veste lombarda delle prime edizioni, Bassani per la stessa ragione ha deciso di rimuovere la patina ermetica dalla sua scrittura. Bassani, nell’arco della sua carriera di scrittore, lavorò continuamente su quanto già scritto, fino a raccogliere tutta la sua narrativa nella versione definitiva ne Il romanzo di Ferrara pubblicato nel 1980. Quindi, il lavoro di riscrittura del ferrarese va interpretato alla luce di una impressione permanente dello scrittore di non riuscire mai a trasmettere compiutamente il proprio messaggio.

Per quanto riguarda Tomasi di Lampedusa, non è possibile fare un confronto di questo tipo, in quanto ebbe una carriera artistica troppo breve per riscrivere le proprie opere. Tuttavia un dato certo è che nell’arco dei tre anni che impiegò per comporre il suo

Gattopardo in totale lavorò a tre versioni e l’ultima del 1957, dalla quale è stata ricavata

l’edizione corrente, probabilmente non sarebbe nemmeno stata quella definitiva se l’autore fosse rimasto ancora in vita. Quindi anche in questo caso si è di fronte a un lavoro di riscrittura, tuttavia, in fase di stesura, ciò non sorprende e non si potrà mai sapere se Lampedusa di fronte alle sue opere si sarebbe comportato in modo analogo a Bassani;

1 R.COTRONEO, Cronologia, cit., p. LXXIV: «Scrivendo non mi impegnavo solitamente a “tirar fuori” tutto quello che avevo dentro, convinto come ero che ciò che avevo o credevo di avere, dentro, non poteva, e quindi non doveva, essere tirato fuori».

tuttavia con quest’ultimo egli condivideva «quel costante desiderio di chiarezza, di dire tutto senza lasciare adito ad alcun dubbio, che domina il Gattopardo».3

Oltre a dare peso alla limpidezza formale i due scrittori riuscirono anche a non rinunciare alla qualità del testo; la lettura non era appesantita da artifici retorici come accadeva in molta della prosa letteraria del primo Novecento. In sostanza non ci sono degli scarti evidenti dalla lingua media. Una citazione efficace è quella di Vittorio Coletti quando per definire la lingua de Il Giardino dei Finzi-Contini sostiene che «non finge di non essere scritta e non teme di sembrare parlata».4 Questa definizione è sicuramente estendibile anche per quanto concerne il Gattopardo. La prosa equilibrata, elegante e allo stesso tempo leggera – che accoglie con disinvoltura sia elementi lessicali colti che colloquiali – consentiva di soddisfare allo stesso tempo il pubblico appartenente al circuito letterario e quel pubblico che, pur non avendo gli stessi mezzi culturali dei letterati, voleva leggere “il libro di cui tutti parlano”, che non appartenesse all’ambito paraletterario. In sostanza la pubblicazione di questi libri permise a persone esterne al circuito letterario di leggere il libro che in quel momento stava al centro dell’attenzione degli uomini di cultura; fu questo il motivo per cui ci fu un alto numero di tirature.

Va tenuto conto, per quanto riguarda l’aumento generale del pubblico dei romanzi, delle riforme statali degli anni ’50; in particolar modo la riforma dell’istruzione la quale aveva incrementato notevolmente l’alfabetizzazione della popolazione italiana. Per la prima volta dall’Unità d’Italia l’italiano era la prima lingua del popolo; le persone in grado di leggere e di comunicare disinvoltamente in lingua italiana – non più solo in dialetto – erano molte di più; inoltre sul finire degli anni ’50 il benessere generale era aumentato, di conseguenza le famiglie avevano a disposizione più soldi per acquistare beni che non fossero

3 S.SALVESTRONI, Tomasi di Lampedusa, cit., p. 19.

di prima necessità rispetto agli anni passati, quindi, c’erano molti potenziali compratori di libri.5