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Scuole e pedagogie teatrali al tempo del Fascismo

La scuola continua: l’episodio del Teatro Sperimentale dei Guf

Il teatro di Via Laura sorge a nuova vita

Gli anni ’30 del Novecento, decennio centrale della dittatura fascista, furono contrassegnati, specie nella loro prima metà, da un denso accumularsi di iniziative, di piccole e grandi innovazioni, volte ad inquadrare tutti gli ambiti della vita quotidiana, pubblica e privata: dall’inaugurazione di nuove istituzioni alla creazione o modifica di molte consuetudini sociali, alle grandi riforme strutturali del regime. Il Bel Paese, in quegli anni, cambiò faccia e la portata di questa operosità del regime fu tale da trovarne tracce e conseguenze ben oltre la fine del fascismo; più in generale, fu un periodo in cui la dittatura stessa toccò l’apice del consenso e della sua vita politica, raggiungendo così anche la massima capacità di fascistizzazione dell’intero sistema nazionale. Terminati gli anni Venti, trascorso un decennio dalla nascita del partito, il Fascismo era riuscito a sbarazzarsi di ogni minaccia esterna ed interna alla sua esistenza e ad instaurare il suo regime di stampo totalitario. Firmando nel 1929 i Patti Lateranensi, considerati ultimo atto di questo percorso, iniziò una fase diversa, da molti storici considerata come il periodo del consenso, che caratterizzò i primi anni ’30 fino alla guerra d’Abissi- nia. Il mondo culturale fece largamente parte del progetto di riforma del regime, non solo come mezzo di propaganda per veicolare i concetti dell’ideologia fascista, ma come organizzatore di pensiero e della vita sociale di molte fette della popolazione. Questa sorta di iniziative, importanti già a partire dagli anni Venti – del ’24 è la nascita dell’Istituto Luce e del ’27 l’Eiar (ma l’Uri era statale dal ’23) –, ebbero un’ulteriore sviluppo e proliferazione nel decennio successivo, con l’obbiettivo di coprire ogni aspetto della vita intellettuale104; per quel che riguarda il settore teatro, questa scia di riforme – citando solo gli episodi maggiori – può trovare dei simbolici inizi nell’inaugurazione dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico a Siracusa (1925) o nell’attuazione dei Carri di Tespi (1929) o, ancora, nella nascita della Corporazione dello spettacolo (1930), ma raggiunse la piena intensità intorno a metà degli anni Trenta, con interventi che spaziarono dalla creazione del Ministero per la Stampa e Propaganda (1934) – di cui farà parte la Direzione Generale dello Spettacolo (nata nel 1936) – al Convegno Volta sul Teatro drammatico (1934), dalla fondazione della Regia Accademia d’Arte

104 o agevole un resoconto dettagliato: si tenga

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Drammatica (1935) al cambio di inizio dell’anno teatrale (1936), dalla cristallizzazione del regime delle sovvenzioni (seconda metà anni ’30)105 fino ad uno degli ultimi episodi, ormai in pieno conflitto mondiale, con la fondazione dell’Ente Teatrale Italiano (1942). I margini delle manovre andarono veramente a toccare pressoché ogni aspetto della vita teatrale italiana, inclusi i fenomeni dilettanteschi irreggimentati dall’Ond e, già dalla sola lettura di tale “lista”, ci si può rendere conto degli effetti di lunga durata che queste istituzioni ebbero anche sulla vita teatrale della prima Repubblica. All’interno di questo agglomerato di iniziative, il XIII anno del regime (’34-’35) fu particolarmente significativo: nell’arco di poco più di dodici mesi si ebbe la nascita, a Firenze, nello stesso teatrino di via Laura abitato in passato da Luigi Rasi, del Teatro Sperimentale dei Guf – tra l’estate e l’autunno del 1934 – e l’inaugurazione della Regia Accademia d’Arte Drammatica a Roma, avvenuta il 5 ottobre 1935, due istituzioni che rivestono, in questa sede d’analisi, un ruolo particolare, quasi di assi cardinali per le vicende di cui ci si andrà ad occupare, capostipiti di due mondi teatrali che avranno un ruolo pri- mario fino al teatro del secondo dopoguerra.

Per il Teatro gufino, avvenimento genitore, fu un dibattito tenutosi all’interno della prima edizione dei Littoriali della Cultura e dell’Arte, che si svolsero a Firenze tra il 22 ed il 27 aprile 1934. La manifestazione fu un esperimento, nato dalle menti di Bottai e Pavolini sulla scia dei Littoriali dello Sport, che, oltre ad avere lo scopo di fascistizzare la gioventù universitaria, voleva soprattutto far emergere i futuri componenti della classe dirigente fascista106. Oltre a ciò, i Littoriali cultural- artistici si inseriscono poi in quella scia di manifestazioni – i saggi ginnici della gioventù, le parate militari, le pompose celebrazioni all’aperto – con cui il regime cercò di attuare quel piano di fasci- stizzazione totalitaria della vita del paese, volto a mantenere «le masse in uno stato di mobilitazione emotiva permanente attraverso riti e cerimonie collettive»107, per lo sviluppo e consolidamento del

105 Le iniziative volte a definire un piano di sovvenzioni statali alle compagnie drammatiche, in realtà, ebbero già inizio nei enti. Il periodo preso in esame fu segnato, invece, da una politica marcatamente fascista volta a istituzionalizzare, centralizzare e burocratizzare il sistema teatrale italiano. Per approfondire cfr. almeno G. Pedullà, Il teatro italiano nel tempo del fascismo, cit., e C. Meldolesi,

¸ in E. Garbero Zorzi, S. Romagnoli (a cura di), Scene e figure del teatro italiano, Bologna, Il mulino, 1985, pp. 301-321, ora, parzialmente, anche in C. Meldolesi, I fondamenti del teatro italiano. La gene- razione dei registi [1984], Roma, Bulzoni, 2008, pp. 23-36 ed E. Scarpellini, Organizzazione teatrale e politica del teatro

, Milano, Edizioni universitarie di Lettere Economia Diritto (coll. «Il Filarete» - Pubblicazioni della Facoltà di Lettere e Filosofia), 2004 (ed. riveduta e aggiornata). Per una visione maggiormente focalizzata sugli aspetti legislativi cfr. A. Di Lascio, S. Ortolani, Istituzioni di diritto e legislazione dello spettacolo dal 1860 al 2

nello spettacolo, Milano, Franco Angeli, 2010, in particolare le pp. 63-70. In merito al panorama di studi sul teatro fascista, ero monografico dal titolo Fan- tasmi e fascismo, al cui interno è pubblicato il dossier Teatri nel fascismo. Sette storie utili, curato da M. Schino, R. Di Tizio, D. Legge, S. Marenzi, A. Scappa.

106 Per approfondire le vicende dei Littoriali della Cultura e U. Alfassio Grimaldi, M. Addis Saba, Cultura , Milano, Feltrinelli, 1983 e G. Lazzari, I Littoriali della l fascismo, Napoli, Liguori editore, 1979.

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suo consenso108. All’interno del programma della sei giorni, vi fu anche un evento teatrale d’ecce- zione: con lo spettacolo 18 BL, spettacolo di massa per la massa, si assistette al debutto (fallimentare) del Teatro dei Ventimila, invocato a gran voce da Mussolini nel ’33 a Roma, davanti alla platea della Siae, come rimedio alla crisi del teatro109. I Littoriali erano composti da due tronconi principali: una parte, quella dei cosiddetti convegni, era riservata ad una serie di dibattiti su materie scientifiche ed umanistiche – dalla dottrina politica alla critica teatrale –, mentre una seconda parte riguardava il coté artistico della manifestazione, raggruppando i concorsi – che, a loro volta, andavano dalle monografie saggistiche, alle arti visive fino alle composizioni poetiche e le esecuzioni artistiche, tra cui musica e cinema. Venendo ai fatti riguardanti lo Sperimentale, il terzo giorno della manifestazione, all’interno del dibattito del convegno di critica teatrale, Pietro Ingrao, afferente al Guf romano, avanzò un’ipotesi capace di suscitare da subito simpatie ed entusiasmi: creare un teatro universitario dei giovani, in seno, naturalmente, all’egida dei Guf. A manifestazione conclusa, sulle pagine de «Il Ventuno», rivi- sta degli universitari veneziani, Ingrao rincalzava così:

Necessita, in luogo di rappresentazioni precarie, provvisorie, improvvisate, un organismo saldo, libero da vincoli commerciali, che con azione costante, intensa, vivifichi le gore morte delle nostre scene, svegli le quinte rattrappite e polverose, ed immetta soprattutto nuova linfa di teatranti giovani, al momento attuale tagliati fuori completamente e senza scampo da quella che è la vita o l’agonia e vi piace del teatro italiano.

Per questa azione vivificatrice e rinnovatrice l’autore di queste note ha chiesto, al convegno di critica teatrale ai Littoriali, che il G.U.F. s’assumesse l’iniziativa della costi- tuzione d’un teatro Sperimentale Rivoluzionario.

[…] Teatro sperimentale significherebbe teatro di giovani e per i giovani. In Roma ad esem- pio vi sono migliaia di giovani che s’interessano e bruciano per un nuovo teatro. Li porte- remo a questo nostro sperimentale […].

Nel già citato convegno di critica teatrale ai Littoriali, il Console Poli rispondeva alla proposta avanzata dal sottoscritto ed accettata unanimemente dai partecipanti, incarican- dolo insieme con un gruppo di camerati romani di preparare un progetto schematico di sperimentale dei G.U.F. Ora si spera e si vuole da noi che gli Universitari, che s’interessano di teatro, portino idee, suggerimenti, e contribuiscano quanto più è possibile alla creazione

108 Tra queste forme cerimoniali si possono ricordare anche i sabati fascisti e, in particolare, i sabati teatrali, in cui masse di lavoratori e studenti si recavano a teatro godendo di forti sconti e omaggi per gli spettacoli in programma (non a caso nati nel 1936).

109 storico,

è riportato anche in J. T. Schnapp, Staging Fascism: 18 BL and The Theater of Masses for Masses, Stanford, Stanford Uni- versity Press, 1996, trad. it., , Milano, Garzanti, 1996, p. 48. Per approfondire lo spettacolo 18 BL e, in generale, alcune riflessioni sul teatro di massa sorte in quegli anni, si rimanda al medesimo volume appena citato.

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di un organismo vivo e fresco, che forse significherebbe una tappa nel rinnovamento sce- nico d’oggi110.

Pressoché negli stessi giorni, a rincarare la dose, accorse in aiuto un articolo di d’Amico – che, a Firenze, sedeva tra le fila dei commissari –, il quale puntava a rilanciare in toto l’idea dei Teatri Universitari chiedendosi perché, sulla scorta di esempi americani e francesi,

il G.U.F., che nei passati giorni ha promosso a Firenze sì baldi dibattiti sul Teatro e sui suoi problemi, non si assumerebbe, in Italia, iniziative teatrali del genere? Quante sono, fra mag- giori e minori, le università italiane? È purtroppo vero che, fra tante, nemmeno una possiede una cattedra di Storia del Teatro: ma di Letteratura drammatica vi si studia tuttavia qualche cosa, nei rispettivi corsi di Letterature antiche e moderne; in qualcuna si studia anche Storia della Musica, e i relativi corsi sono accompagnati da saggi ed esecuzioni musicali. E allora perché, accanto alla sua biblioteca, ai suoi laboratori, eccetera, l’università non dovrebbe avere il suo teatrino – col suo piccolo laboratorio scenotecnico, coi mezzi almeno essenziali per elementari esperimenti di regia, insomma con le sue possibilità di mettere in scena, non foss’altro a compimento degli studi ordinari, quelle opere antiche e nuove che per la scena furono in origine, scritte?111

La manovra, da subito ben accolta, venne definitivamente accettata e prese avvio già nell’estate del 1934; il solerte segretario del Guf di Firenze, Ricciardo Ricciardi Pollini, forte del sostegno ufficiale del Partito, poté felicemente scrivere al console Poli, a riguardo dell’ubicazione del futuro sperimen- tale:

Caro Poli,

dopo lunghe trattative sono riuscito finalmente ad ottenere dalla R. Accademia dei Fidenti di Firenze la cessione gratuita del Teatro e i locali annessi.

Ecco dunque costituito il Teatro Sperimentale del G.U.F. Fiorentino, che attende, dopo il periodo di prova che tu vorrai, divenire Nazionale.

[…] Il nostro programma comprenderà rappresentazioni dei lavori nuovi dei fascisti uni- versitari di ogni parte d’Italia, concerti, convegni, proiezioni di film educativi ed interes- santi politicamente.

[…] La nostra attività dovrebbe cominciare a Novembre per terminare a primavera.

110 P. Ingrao, Invito per un teatro sperimentale dei G.U.F., «Il Ventuno», III, 1934, n. 4-5 (aprile-maggio). 111 co, Teatri Universitari, «Scenario», III, 1934, n. 5 (maggio), pp. 236-

Id., Cronache 1914/1955, vol. IV, Tomo I, 1934- Novecento, 2004, pp. 110-112.

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Camerati di buona volontà che tu già conosci, Venturini, Tempestini, Gatteschi, Salerno, si sono già messi al lavoro, ed ho fiducia che tutto andrà nel migliore dei modi112.

La neonata istituzione, ottenendo i locali dei Fidenti, riuscì dunque ad ereditare e ad innestarsi in quell’agglomerato di storia che fu la Scuola di Recitazione di Via Laura, saldamente difesa dai filo- drammatici nell’interregno 1924-1934. E proprio la scelta fiorentina, anziché romana, desta qualche curiosità; pur non essendo la ricca Milano, capitale “teatrale” per numero di rappresentazioni, o la centralissima Roma, urbe accentratrice di ogni emanazione statale, il capoluogo toscano riuscì a strap- pare questa piccola conquista: evidentemente era ancora in grado di esercitare un suo ruolo nel mondo teatrale, forse proprio per il glorioso passato di Rasi o forse proprio per i precedenti contatti con i Guf fiorentini. Ciò potrebbe in parte spiegare l’interessamento per i locali di Via Laura, ma non si può prescindere dal tener conto anche di fattori maggiormente politici. Potrebbe aver pesato, ad esempio, per una decisione che ebbe comunque anche un valore simbolico, il ruolo che Firenze da sempre ebbe all’interno del Fascismo, già dalle prime ore; ma soprattutto, fatto senza dubbio più rilevante, po- trebbe aver influito il ruolo giocato da Alessandro Pavolini, già “amico” dei Fidenti – nella lettera del ’27 di Flavia Farini figurava tra i nuovi soci – e ora, deputato a Roma, in piena fase di ascesa verso le vette del regime. La direzione del partito dunque avvallò la sede fiorentina, che riuscì così a man- tenere un ruolo di guida nel settore per tutta la sua esistenza.

Essendo un organismo dipendente dal Pnf, il Teatro Sperimentale dei Guf fu dotato di Consi- glio Direttivo e Consiglio Esecutivo, con membri politici ed istituzionali, e sostenuto sia da contributi ministeriali che dal partito stesso. Forte, quindi, la presenza politica all’interno dell’organismo: da un opuscolo, redatto, purtroppo, solo qualche anno dopo la nascita, si può ricavare qualche notizia circa la struttura politica dell’organismo: nel Consiglio Direttivo sedevano il Segretario del Partito (presi- dente), il Direttore Generale per il Teatro (vice presidente), il presidente della Confederazione Pro- fessionisti e Artisti, il vice presidente della Corporazione dello spettacolo, il Presidente della R. Ac- cademia d’Arte Drammatica113; il Consiglio Esecutivo era invece composto dal Vice Segretario dei

112Lettera dattiloscritta di Ricciardo Ricciardi Pollini al Console G. Poli del 6 luglio 1934, ACS, Partito Nazionale Fascista, Direttorio Generale, Segreteria Guf, b.12, fsc.

113 Tali notizie sono riportate sia nel volume di Carcano, che analizza i profili e le opere dei vincitori dei Littoriali del Teatro dal 1935 al 1939, sia in un opuscolo informativo dello Sperimentale conservato a Roma, senza data ma verosimilmente stam- pato ad inizio della s - Teatro di giovani, Roma, Edizioni Italiane, 1939, pp. 121-122; s.a., Opuscolo illustrativo del Teatro Sperimentale

la data di pubblicazione di entrambi i documenti non deve stupire la presenza nel Consiglio Direttivo del Presidente della i-

mentale e, il secondo, ancor più tardi primo

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Guf (presidente), il Segretario Federale di Firenze (vice presidente), Segretario del Guf di Firenze e altri quattro segretari di Guf, a rotazione annuale. Alla guida effettiva dell’istituto venne posta un’élite di esponenti già noti al partito; fra quelli citati nella lettera a Poli, fu Giorgio Venturini, classe 1906, ad assumere la direzione dello Sperimentale per tutta la sua esistenza; Venturini, dopo aver comin- ciato ad emergere nel panorama teatrale fiorentino – negli anni precedenti aveva curato alcune regie coadiuvato alle scene da Maurizio Tempestini114, uno degli altri “camerati di buona volontà” –, aveva partecipato, la primavera passata, all’esperimento di 18 BL nella triplice veste di ideatore del soggetto, redattore del copione e curatore delle scene; anche la carriera “politica” giustificava la sua nomina: era stato infatti Vice Segretario del Guf fiorentino dal 1934 al 1936 e successe alla direzione del «Bargello» ad Alessandro Pavolini. E dalla stessa cerchia dei collaboratori di 18 BL, sempre dal gruppo degli scrittori115, arrivò anche la nomina dell’altra carica di prestigio dello Sperimentale: alla direzione della Scuola di Recitazione, ereditata dai Fidenti ed annessa al Teatro gufino, venne posto Raffaello Melani.

A ridosso del Natale 1934, sul palco di Via Laura, dopo una serie di lavori di ristrutturazione dei locali ad opera dei giovani universitari, venne finalmente inaugurato il Teatro Sperimentale dei Guf, con l’allestimento de La donna del poeta di Corrado Pavolini, debuttato la sera del 20 dicem- bre116. Lo Sperimentale mantenne quel carattere multiforme che aveva contraddistinto la gestione filodrammatica, prodigandosi in diverse iniziative parallele alla semplice programmazione spettaco- lare. Nell’autunno ’35 ebbe luogo un ciclo di appuntamenti sulla storia del teatro – curato da Silvio d’Amico, poi pubblicato presso l’editore Bompiani con prefazione di Pirandello – che andava dall’in- tervento di Paolo Toschi su Il Teatro del Medioevo a quello dello stesso d’Amico su La Commedia

dell’Arte, fino alla conferenza di Alessandro Pavolini, esemplarmente titolata Per un Teatro di do- mani117. Una delle attività maggiormente impegnative dal punto di vista logistico e organizzativo, nonché una delle più rilevanti a livello nazionale, fu l’organizzazione dei Littoriali del Teatro, un

114 Si tratta di La Principessa senza cuore (1933) e La storia del soldatino piccino-picciò (1934), entrambi scritti e diretti da Venturini; cfr. la voce Tempestini Maurizio, consultabi http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi- bin/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=52190 (ultima consultazione in data 01/11/2017). J. T. Schnapp, oltre ai due già citati, ricorda anche Le nozze di Rosetta (1932); cfr. J. T. Schnapp, 18 BL, cit., p. 211.

115 Oltre ai due citati, fecero parte del gruppo che si occupò della stesura del soggetto Luigi Bonelli, Sandro De Feo, Gherardo Gherardi, Nicola Lisi, Alessandro Pavolini e Corrado Sofia. Il copione fu poi steso da De Feo, Lisi, Melani, Sofia e Venturini 18 BL, cit., pp. 198-199.

116 del Teatro, il lavoro di Corrado Pavolini,

fratello del celebre gerarca, Alessandro entrambi i fratelli erano in ottimi rapporti con Venturini; potrebbe essere infatti una per ingraziarsi da subito le simpatie del regime.

117 Altri nomi dei partecipanti furono Cesare Padovani o Emilio Bodrero; ma anche negli anni seguire si ebbero occasioni per alcune conferenze, come quella di Bragaglia su Autori e registi Opu- scolo illustrativo del Teatro Sperimentale, cit..

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concorso per opere sceniche nato come costola dei Littoriali della Cultura e dell’Arte e attivo dal 1935 al 1941. In generale, tale vocazione alla nuova drammaturgia, permeava gran parte della vita del teatrino: era infatti attiva una commissione permanente di lettura che aveva il compito di vagliare ed individuare le migliori opere dei nuovi drammaturghi. Infine, a completamento della parte teatrale, che prevedeva anche alcuni laboratori di scenografia e costume, venne anche attivata una sezione cinematografica, che curava rassegne e proiezioni.

La scuola dell’avvocato Melani

Uno degli aspetti che qui risulta di più immediato interesse è rappresentato dalla prosecuzione della Scuola di Recitazione; oltre alla continuità “geografica”, con la nomina di Melani, il Pnf cercò, forse, di stabilire anche un’ulteriore connessione con la vecchia palestra di Rasi. Una foto del 1910, in cui i due direttori siedono amabilmente ad un caffè fiorentino, testimonia infatti una vicinanza, o quanto meno la conoscenza, tra Melani e Rasi, tale da suggellare, in parte, una ereditarietà nel man- dato del primo118. L’“avvocato” prescelto dalla direzione gufina fece la conoscenza del comico ra- vennate grazie alla sua estrazione sociale, frutto dell’impero creato dal padre a Montecatini Terme, che divenne uno dei luoghi di villeggiatura di figure intellettuali di spicco quali Verdi, Leoncavallo, Martini e pure Menotti e Garibaldi. Ma Melani, nel suo curriculum, poteva fregiarsi anche di trascorsi teatrali in qualità di drammaturgo: debuttò nel 1908 al teatro Balbo di Torino con Terra dei frati e, nel primo dopoguerra, continuò la sua produzione drammaturgica con il dramma sacro Santa Cele-

stina del 1928, carta che gli valse, probabilmente, la chiamata nelle fila degli autori di 18 BL119. Ma Melani fu anche traduttore di Lope de Vega e di molti autori francesi, tra cui Racine, nonché studioso devoto di Giraud ed estimatore del lato poetico di Benelli, da lui rappresentato da Tignola. E vestì pure, occasionalmente, i panni del regista quando curò la rappresentazione di On ne badine pas avec

l’amour di De Musset per la compagnia Capodaglio-Giorda; interessante, specie per l’accostamento

regia-pedagogia, è la testimonianza che dà la stessa attrice in merito a quei giorni di prova:

Furono giornate di intenso lavoro. In lui vidi manifestarsi un vero Maestro di reci- tazione. […] Naturalmente la nostra interpretazione, per l’abitudine che avevamo ad un repertorio affatto diverso, stentava ad entrare nel clima di poesia nel quale ci voleva con- durre. Ma, piano piano, riuscì ad ottenere, dimostrandoci egli stesso praticamente la via giusta, una recitazione soddisfacente120.

118 La fotografia è riprodotta in A. Damerini, P.E. Poesio (a cura di), Il Maestro di Via Laura, cit., p. 15. 119 Cfr. J. T. Schnapp, 18 BL, cit., p. 208.

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