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CAPITOLO 5

IL PRIMO MANDATO DELLA RICERCA: LA TRASPOSIZIONE DIDATTICA PER IL CURRICOLO DI GEOSTORIA

Il primo esito assegnato al percorso di ricerca/formazione consiste in una riflessione e ridefinizione dell’idea di curricolo verticale applicato alla disciplina Geostoria, che abbia rilevanze tanto in termini teorici quanto in termini di pratiche scolastiche.

È possibile ripensare al curricolo come ad uno strumento che offra al docente un framework di tipo epistemologico/didattico che lo sostenga e lo orienti nei processi di progettazione attivati nell’esercizio delle pratiche professionali richieste?

A partire da tale interrogativo è stato possibile confrontarsi con i docenti in ricerca per avviare un percorso di condivisione, progettazione ed analisi tra pari che ha previsto le seguenti tappe:

- Analisi dell’esistente

- Progettazione e sperimentazione - Feedback

- Riprogettazione

Le evidenze raccolte hanno consentito la strutturazione di uno strumento – cornice entro cui si è sviluppata la costruzione del curricolo per competenze all’interno delle scuole coinvolte.

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5.1 Una nuova idea di curricolo: da artefatto a processo

La complessità dei contesti scolastici contemporanei richiede un nuovo significato da attribuire al curricolo, a partire dalla definizione che ne viene data dalla Indicazioni: «Il curricolo d’istituto è espressione della libertà di insegnamento e dell’autonomia scolastica e allo stesso tempo, esplicita le scelte della comunità scolastica e l’identità dell’istituto. La costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione scolastica.

A partire dal curricolo d’istituto i docenti individuano le esperienze di apprendimento più efficaci, le scelte didattiche più significative, le strategie più idonee, con attenzione all’integrazione tra discipline ed alla loro possibile aggregazione in aree» (IN 2012, p. 17).

Tale definizione ci permette di riconsiderare il concetto di curricolo identificandone quelle che potrebbero essere le sue caratteristiche essenziali in termini di innovazione e di sua identificazione come sapere-strumento (Altet, 2008), ovvero come un referente teorico che può aiutare a contestualizzare e orientare la progettazione e a far convergere su di essa l’orizzonte della ricerca e quello della pratica (si veda cap. 1).

Quali sono dunque le caratteristiche del curricolo inteso in tale modo, da tenere in conto nel momento in cui si tenta di ristrutturarne il senso e di renderlo coerente rispetto alla struttura ed al tessuto di una disciplina di riferimento?

Il primo elemento è la devoluzione al docente di tutte le fasi della trasposizione didattica (Chevallard, 1991), in quanto il docente, inteso sia come singolo che come comunità professionale, si appropria delle scelte didattiche a partire dall’orizzonte teorico di riferimento nel prendere in considerazione il sapere esperto da sottoporre a trasposizione. È il docente che sceglie la linea interpretativa di riferimento per costruire il curricolo, è il docente che seleziona i contenuti e dunque struttura il canone (Olivieri, 2001), è il docente che fissa, all’interno della finalità generale della disciplina insegnata, le modalità con cui organizzare e allestire le unità di sapere facendo riferimento ai nuclei fondanti ed agli orizzonti di competenza precedentemente individuati.

Di fatto il docente viene investito della responsabilità di scelta (Martinand, 2001) nei confronti dei suoi studenti, una scelta che travalica le questioni didattiche per collocarsi anche su piani pedagogici, sociali, politici.

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La devoluzione al docente di ogni aspetto progettuale inerente il funzionamento sia pedagogico-didattico che organizzativo del sistema scolastico ribadisce il passaggio dalla scuola del programma alla scuola delle indicazioni. Non più un prescritto rigido cheli docente deve applicare limitandosi a decidere il «come» ma non avendo alcun potere sul «cosa», ma delle linee guida, individuate appunto dalle Indicazioni Nazionali, che nell’universo delle trasposizioni esterne esistenti rappresentano un quadro di riferimento generale, che da un lato garantisce la centralità democratica ed egualitaria della scuola pubblica, la quale deve offrire pari opportunità e pari basi di offerta formativa a tutti gli studenti, ma dall’altro risignifica il concetto di libertà di insegnamento portandolo non solo sul come ma anche sul cosa, sul merito oltre che sul metodo.

La seconda caratteristica del curricolo è la situazione: il curricolo, essendo espressione dell’identità dell’istituto di riferimento, funziona «qui» ed «ora». Ha variabili dipendenti dallo spazio e dal tempo in quanto si connota sulla base delle necessità, dei vincoli, delle risorse espresse dalla comunità scolastica e dai suoi attori: alunni, docenti, dirigenti e dal territorio di riferimento.

La terza caratteristica del curricolo, legata al suo essere situato, è la mobilità: non si può più parlare di un riferimento rigido ed uguale a se stesso nel tempo. Il curricolo va rivisto, sottoposto a manutenzione (Castoldi, 2013) in seguito al processo di riflessione continua su di esso che il docente opera sia in azione che dopo l’azione.

Infine la connotazione principale di un curricolo così inteso è la generatività, che può essere letta in termini di autopoiesi: esso si modifica e si evolve in base alle interazioni che mette in atto con l’ambiente (Rossi, 2011) e produce nuovo sapere e nuovi artefatti relativi a tale sapere. La progettazione creativa sia dei macropercorsi che delle microattività quotidiane, intesa come scaffolding (Laurillard, 2014) per lo sviluppo delle competenze degli studenti è a sua volta sostenuta, orientata, organizzata dal framework concettuale del curricolo.

In questo modo il curricolo diventa il luogo in cui si può esprimere la competenza professionale del docente (Magnoler, 2012), o almeno quella dimensione di competenza afferente l’ambito della cultura disciplinare, didattica e pedagogica indicata come prioritaria nel piano nazionale di formazione dei docenti 2016-201919

. In esso infatti il docente ritrova:

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- i nodi epistemologici fondanti che danno conto della struttura della disciplina e dunque ne sostengono la didattizzazione;

- le macro competenze alla cui mobilitazione deve tendere per rendere lo studente consapevole e padrone della propria formazione storica, declinate in aspetti di competenze osservabili in azione e collegate anch’esse alla struttura epistemologica della disciplina;

- gli operatori cognitivi essenziali attraverso i quali allestire il compito e prevedere le operazioni che gli studenti dovranno compiere sul sapere disciplinare.

Tali aspetti riguardano l’insegnamento agito è la messa in atto della trasposizione didattica. Tuttavia il curricolo è contemporaneamente anche il luogo entro cui esercitare il proprio essere in ricerca, lo spazio della riflessione e dell’autoformazione, che dà le coordinate necessarie per orientarsi nella complessità della disciplina esperta, fornendo le basi teoriche per costruire le proprie competenze e la propria padronanza della disciplina in questione. In questo senso il curricolo fornisce:

- linee di interpretazione storiografica (teorica) rispetto ai saperi propri della disciplina;

- spazi di approfondimento relativi a temi e problemi che si presentano come significativi nella contemporaneità;

- possibilità di incontro con la dimensione accademica del sapere, articolata in momenti di reale confronto che le «politiche» della Nuova Alleanza prevedono tra scuola ed università e di scambio messo in atto nel processo di alternanza tra teoria e pratica di cui la strutturazione del curricolo è uno dei risultati evidenti e concreti.

5.2 Le teorie del curricolo

Come si colloca tale concezione di curricolo come luogo di riflessione, presa di decisioni e incontro tra teoria e pratica, all’interno dei significati attribuiti al curricolo nei sistemi e nelle organizzazioni scolastiche?

La prima utilizzazione di tale termine in letteratura risale al 1918, in ambito statunitense, ad opera di Franklin Bobbitt, docente di amministrazione dei processi formativi presso l’università di Chicago. Bobbitt, alla luce delle accelerazioni che il nuovo

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secolo (il Novecento) stava imprimendo all’evoluzione della società, auspicava un nuovo modello educativo che fosse adeguato alla contemporaneità. Il termine curriculum viene introdotto in un senso molto letterale, come cursus studiorum previsto dalle istituzioni per i giovani, improntato ad una giusta medietà tra studi scientifici e studi storico-sociali (Bobbitt, 1918). Tale senso assegnato alla parola sarà quello prevalente per gran parte del Novecento in ambito internazionale. In contesti più recenti Joannard distingue invece due logiche differenti che connotano l’idea di curricolo nel mondo anglosassone ed in quello franco-europeo. Il primo ambito lega il curricolo alla funzionalità degli apprendimenti e lo considera un «piano d’azione didattico, più ampio di un programma di studi, che si situa a monte di tale programma, precisandone le finalità ma senza limitarlo, specificando gli orientamenti da dare alle attività di insegnamento e di apprendimento, fornendo indicazioni relative alla valutazione, al materiale didattico, ai manuali scolastici, governando le scelte pedagogiche e linguistiche, organizzando la formazione degli insegnanti» (Joannert, 2011, p. 135).

In una prospettiva influenzata dal pragmatismo tale idea di curricolo è strettamente connessa alla società ed alla politica vigente, è sicuramente in sviluppo perché si adatta alle esigenze educative storicamente contestualizzate di un determinato paese.

Al contrario la concezione francofona del curricolo, simile a quella rilevabile nella maggior parte dell’Europa, propone una visione legata «alla programmazione dei contenuti di insegnamento nel corso della scolarità» (Reuter, Cohen-Azria, Daunay, Delacambre, Lahanier-Router, 2007). In questo senso il curricolo ingloba l’idea di programma di insegnamento in una dimensione gerarchica e si presta ad essere scomposto in livelli. Keeves (1992), a proposito di tale logica, identifica tre diversi livelli: il curricolo prescritto, il curricolo insegnato ed il curricolo appreso dagli studenti, implicitamente accennando ad una necessità traspositiva che un curricolo rigido ed improntato a modelli razionalisti, il quale fissa a priori codificazioni di saperi da insegnare, porta con sé.

In questo senso è possibile rilevare i diversi piani di distanza tra i livelli indicati e notare come quello della reificazione operata dal docente possa allinearsi con l’ipotesi della nuova concettualizzazione di curricolo cui si faceva cenno in avvio di capitolo. Infatti la sua costruzione è improntata a criteri di unicità, di apertura a diversi attori del

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processo formativo (gli alunni, in primis), di adattabilità al contesto, di univocità, di coerenza interna ed esterna (Joannert, Ettayebi & Defise, 2009).

Spostando l’attenzione dall’ambito internazionale a quello nazionale, possiamo cogliere nell’ontologia del curricolo una dimensione di ecletticità rispetto ai significati ad esso attribuiti, legati a teorie della scuola differenti ma anche alle concezioni elaborate all’interno del sapere di comunità.

Paparella (2009, p. 144) individua, in prospettiva sia diacronica che sincronica, cinque diversi modelli a cui si possa far riferimento nel cercare di definire cosa sia il curricolo nel sistema scolastico italiano, riassunti nella seguente tabella:

Appare abbastanza evidente come nei contesti contemporanei, alla luce del progetto educativo che emerge dal testo delle Indicazioni, oggi si possa portare a sintesi l’idea di curricolo in una sovrastruttura che inglobi e metta a sistema i significati precedentemente elencati.

In questo senso risulta ancora attuale la definizione espressa da Baldacci, che ritiene il curricolo «un punto di vista pedagogico, alla stregua di una prospettiva teorica e metodologica per pensare e organizzare la formazione scolastica. Come dispositivo di questo genere il curricolo dispone di una propria euristica, ravvisabile nella dialettizzazione delle antinomie formative che definiscono il suo orizzonte prospettico, a