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TERZA PARTE

STAGE 7 Stendere il report

- Renderlo pubblico rispetto alla comunità di pratica ed alla comunità scientifica

Elemento investigativo comune ed imprescindibile è riscontrabile nel dispositivo della triangolazione, che ha consentito di rispondere alla caratteristica di meticciamento

raccogliere i dati analizzarli formulare un'interpre- tazione elaborare una teoria

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conferita alla scelta metodologica operata ai fini di rendere la ricerca il più possibile profonda e confrontabile.

Nel corso del progetto sono state attuate le varie forme di triangolazione previste da Denzin (1970):

Triangolazione dei dati, che sono stati raccolti in contesti, tempi e da attori differenti. Infatti si è scelto di rilevare tracce sia precedenti, sia contemporanee, sia successive all’azione, prodotte da insegnanti e da studenti, direttamente in classe e nei contesti di co-esplicitazione.

Triangolazione dei metodi, in quanto sono state usate più tecniche e strumenti di raccolta, verbali scritte ed orali, audio e video, tramite interviste, memoriali, riprese.

Triangolazione dei ricercatori: le ricercatrici che hanno partecipato alla raccolta e all’analisi dei dati nonché alla formazione sono tre ed hanno analizzato le evidenze secondo prospettive differenti, ispirandosi all’approccio proprio dell’Analisi Plurale (Altet, 2012). Le diverse expertise possedute dalle ricercatrici, le quali hanno compiuto la propria indagine partendo da riferimenti relativi alla teoria dell’azione didattica, alla didattica disciplinare della Geostoria, alla didattica professionale hanno inoltre consentito anche la triangolazione delle teorie (Denzin & Lincoln, 1994).

Inoltre, essendo stato focalizzato un percorso di tipo longitudinale diacronico ed uno comparativo sincronico in stretta relazione l’uno con l’altro, si può affermare di essere riusciti ad ottenere una triangolazione degli spazi e dei tempi (Kimchi, Polinka, & Stevenson, 1991), ovvero una multiple triangulation (Denzin, 1970; Woods & Catanzaro, 1988), necessaria agli studi di caso per incrementare la validità, la forza ed il potenziale educativo e contemporaneamente per diminuire l’impatto dei pregiudizi e della soggettività del singolo piano di investigazione e invece proporre punti di vista multipli (Thurmond, 2001).

Nel caso in questione, in cui si cerca di comprendere quali siano gli effetti di un percorso di formazione/ricerca originale su un gruppo di docenti sperimentatori, al fine anche di ipotizzare modellizzazioni da mettere a sistema per l’immediato futuro, lo studio di caso è efficace nel descrivere gli effetti, visibili e nascosti, in contesti reali, di interventi specifici e di studiare in quali situazioni e a quali specifiche condizioni determinate trasformazioni avvengono o non avvengono (Trinchero, 2004).

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8.4 Il protocollo di analisi

Per poter cogliere elementi profondi del pensiero degli insegnanti coinvolti è stato messo a punto un protocollo di tecniche e di strumenti, che prevede una serie di sequenze di analisi complessa ricorsivamente ripetute. Come è consueto nella ricerca di tipo qualitativo il momento della raccolta dei dati e quello dell’analisi in alcuni casi sono di difficile separazione (Merriam, 2001): anche le verbalizzazioni prodotte in sede di co- analisi dei dati diventano, nel ripercorrimento spiraliforme per giungere ai nodi più profondi del pensiero sotteso all’azione, preziose evidenze e tracce alle quali applicare lo sguardo dell’indagine.

Il protocollo ha previsto una giustapposizione di strumenti differenti declinati nel tempo lungo del processo di osservazione e co-esplicitazione, utilizzati sia nella fase pre- attiva di progettazione e preparazione della lezione, sia nella fase attiva di azione, sia nella fase post-attiva di metacognizione e riflessione (Lenoir, 2014).

Dal punto di vista teorico il repertorio è stato costruito a partire dalle tecniche proprie della Didattica Professionale, selezionate e strutturate in base alla natura dell’impianto di ricerca e alla necessità di studiare l’azione in collaborazione con tutti gli attori coinvolti, nel corso del suo svolgimento. Il protocollo è così costituito:

8.4.1 Intervista di esplicitazione

Basata sulla tecnica descritta da Vermersch (1991), è un tipo di interazione verbale che aiuta la verbalizzazione e l’emersione dei ragionamenti posti in essere, degli scopi realmente perseguiti, dei saperi teorici effettivamente utilizzati e dei preconcetti sottesi. Il soggetto non è lasciato libero di esprimere tutto ciò che vuole ma viene guidato dall’intervistatore sulla base di un obiettivo specifico precedentemente dichiarato.

È costruita attorno alla tecnica del rilancio (domande, riformulazioni, silenzi) destinati a facilitare e accompagnare la verbalizzazione di un particolare campo di esperienza (Vermersch, 2005) e si configura come semi-strutturata, per permettere da un lato il riferimento continuo all’obiettivo di indagine ed al compito osservato, dall’altro la libertà da parte dell’insegnante di soffermarsi ed approfondire aspetti dell’azione ritenuti significativi. Gli scopi dell’intervista, che ne hanno guidato la semistrutturazione, sono stati i seguenti:

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- Comprendere gli obiettivi assegnati al compito e quelli effettivamente perseguiti dal docente

- Esplicitare i saperi teorici utilizzati

- Rendere evidenti i teoremi in atto, i preconcetti e le rappresentazioni implicati nell’azione

Tale modalità è stato utilizzata per due delle tappe del processo:

a) intervista introduttiva, utilizzata come ice-breaker dell’intero processo, in termini di familiarizzazione tra i soggetti implicati e tra il soggetto intervistato e le modalità del percorso.

Nel corso di questa intervista si è tentato di far emergere il pensiero e gli schemi consueti dell’insegnante rispetto all’orizzonte globale dell’indagine, che per il primo anno era l’azione, mentre per il secondo ed il terzo la trasposizione e la mediazione didattica. L’intervista introduttiva aveva come traccia oggettiva su cui compiere il processo di esplicitazione la progettazione annuale elaborata dal docente per la disciplina Geostoria. Di essa si è cercato di far emergere la complessità ed in particolare di rendere espliciti: gli aspetti di competenza che il docente intendeva mobilitare nel corso dell’anno scolastico; gli obiettivi cognitivi fissati; le operazioni cognitive previste per gli alunni sul sapere geostorico; i nodi concettuali ed epistemologici organizzatori della progettazione; i mediatori e materiali ipotizzati.

b) intervista sulla progettazione. Ogni videoripresa in classe è stata preceduta da un’intervista, condotta con il supporto dei materiali preparati dal docente o di schemi più o meno strutturati relativi alla progettazione della lezione. Attraverso rilanci e riformulazioni si accompagnava la verbalizzazione del particolare campo di esperienza legato alla predisposizione del dispositivo (Vermersch, 2005), cercando di far esplicitare gli obiettivi, le scelte compiute in termini epistemologici e metodologici, le previsioni rispetto allo sviluppo dell’azione.

La progettazione della lezione è stata considerata come cellula micro della progettazione complessiva, di cui evidenziare aspetto/i di competenza centrale nella sequenza didattica; struttura del compito allestito e fasi previste; materiali didattizzati predisposti; attese dell’insegnante rispetto al comportamento ed alla reazione degli alunni ed in termini più globali di apprendimento.

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8.4.2 Videoripresa in classe.

La videoripresa è stata effettuata da una delle ricercatrici durante le lezioni di Geostoria, concordando i tempi con l’insegnante. La durata del video è allineata a quella della lezione e le riprese a disposizione sono di tempo variabile, tra 1 e 2 ore.

All’interno di tale situazione vengono poi isolate delle sequenze, costituite da episodi, eventi che vengono definiti da Altet (2003, p. 68), come unità di senso che presentano un’apertura, una fase intermedia ed una chiusura, organizzati attorno ad una interazione tra docente ed alunni. Altet declina gli episodi in base alla tipologia di comunicazione messa in atto in:

- episodi induttori, in cui l’insegnante introduce, guida e chiude il ragionamento, tipici di un processo di tipo persuasivo. L’insegnante è in posizione dominante e la funzione adattiva è svolta dagli alunni. Si inquadrano in un sistema di apprendimento di tipo ricettivo, che genera operazioni ricettive e informative, di memorizzazione, di raccolta di informazioni.

- Episodi mediatori, in cui gli scambi sono multipli e ricorsivi e vi è una sostanziale simmetria tra il docente, che prende in carico i contributi degli alunni e gli alunni stessi. È un sistema di apprendimento basato sull’ascolto e sullo scambio, che produce operazioni sia informative che produttive.

- Episodi adattivi, ovvero regolatori, centrati sull’alunno e spesso personalizzati. Gli scambi comunicativi sono improntati alla comprensione ed all’adattamento del docente al discente e si basano su un sistema di apprendimento costruttivo e ricostruttivo.

Per cogliere meglio le interazioni docenti-discenti sono state poste in azione due telecamere, una fissa, che riprendesse tutta l’aula per tutto il tempo previsto, una mobile, utilizzata per focalizzare su alcuni aspetti ritenuti importanti dalla ricercatrice o per offrire una doppia visione in momenti topici. La presenza in classe di una delle ricercatrici in veste di operatrice video non può risultare ininfluente nel contesto e nell’analisi:

- A volte le insegnanti, soprattutto a partire dalla seconda annualità, quando il rapporto di fiducia e di collaborazione è diventato più stretto, le si rivolgono in azione (Vero? Hai visto? vuoi riprendere più da vicino questo [artefatto, prodotto degli alunni, ecc.]? Che cosa penserà?).

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- La ricercatrice immersa nel contesto coglie elementi che non risultano evidenti nel video e nel momento dell’analisi porta un contributo differente rispetto alle ricercatrici che non sono entrate in aula.

- La cooperazione tra teorici e pratici diventa più profonda e più stretta: si condividono momenti esperienziali quindi si costruisce una sorta di background comune sulla pratica.

8.4.3 Intervista semistrutturata agli studenti.

Dopo la videoregistrazione, per consentire la triangolazione dei dati, sono stati intervistati alcuni alunni, selezionati su base volontaria, rispetto alla lezione appena svolta. In questo caso le domande poste erano strutturate su indicatori che ripercorressero le concettualizzazioni emerse dalla precedente intervista con l’insegnante, per capire se l’intenzionalità del docente fosse stata recepita dai bambini. Per condurre l’intervista si è tenuto conto degli aspetti di competenza socializzati con gli insegnanti nelle interviste introduttive ed indicizzati dal docente in osservabili relativi al processo di apprendimento:

Osservabili rispetto alle competenze Contenuto della domanda

Sapere implicato nel compito Cosa hai imparato?

Su quale argomento era la lezione? Struttura del compito Rispetto dei tempi di esecuzione

Chiarezza delle consegne Prodotto realizzato Metacognizione Era facile/difficile?

Livello di comprensione/consapevolezza Problemi incontrati

Chiarezza delle fasi Ripercorrimento dell’agito Consonanza con le intenzioni

dell’insegnante Perché l’insegnante ha fatto/scelto…? Utilità dei materiali Erano facili/difficili da comprendere/utilizzare

Interesse nell’approccio Confronti interni tra materiali

8.4.4 Analisi delle evidenze.

I dati raccolti sono stati analizzati prima separatamente dalle tre componenti del team di ricerca, quindi confrontati. Per l’analisi non è stata seguita una tassonomia di indicatori rigidi, come avviene in molti casi di videoanalisi di matrice anglosassone (Santagata, 2012) ma si sono tenuti come traccia gli elementi sostanziali da osservare nel

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processo di insegnamento-apprendimento indicati da Vinatier & Altet (2008) per l’analisi di pratica:

- Il sapere, l’oggetto di apprendimento ed il rapporto dell’insegnante con il sapere; - Le interazioni tra i vari soggetti;

- Le dinamiche proprie del processo; - La gestione del gruppo;

- Il rapporto tra l’intervento dell’insegnante e la reazione degli alunni in termini di costruzione del sapere;

- Il clima di classe.

A partire da questi punti, si è cercato di analizzare la co-azione privilegiando il punto di vista dell’insegnamento, individuando elementi presenti o assenti che caratterizzano la funzione didattica. L’elaborazione di ciò che l’insegnante fa o regola in azione è stata effettuata cercando di evitare il giudizio ed eliminando le categorie di positivo e negativo: la pratica non è buona o cattiva, ma significativa rispetto alle focalizzazioni assegnate all’osservazione delle singole sequenze.

L’atteggiamento non giudicante è stato il centro di riferimento etico sia nel contratto implicito-esplicito stipulato con i docenti coinvolti, sia nel lavoro compiuto dalle ricercatrici.

Inoltre il confronto tra le tre ricercatrici è stato ispirato alle modalità dell’Analyse Plurielle (Altet, 2012), per cogliere e far cogliere successivamente nell’incontro con gli insegnanti la multidimensionalità della pratica didattica e contestualmente per rispettare il principio della triangolazione.

8.4.5 Colloquio di co-esplicitazione

Successivamente all’individuazione di sequenze ed episodi ritenuti significativi nel processo di insegnamento-apprendimento, tra ricercatrici ed insegnanti si è svolto un incontro - colloquio per concettualizzare la situazione didattica in maniera condivisa sulle tracce oggettive. Il colloquio non si è configurato come una vera intervista anche se sono state mutuate dalle tecniche di intervista per la decifrazione di senso proposte da Faingold (2011) alcune delle chiavi che hanno permesso di focalizzare l’osservazione sull’agire del soggetto coinvolto. La co-esplicitazione è stata infatti strutturata in due parti, una prima descrizione degli elementi presenti nella traccia osservata, un ripercorrimento