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IL SEGNO DEMONICO NELLA REPUBBLICA

Repubblica 496c.

Τὸ δ' ἡμέτερον οὐκ ἄξιον λέγειν, τὸ δαιμόνιον σημεῖον·ἢ γάρ πού τινι ἄλλῳ ἢ οὐδενὶ τῶν ἔμπροσθεν γέγονεν.

Non vale la pena di parlare del mio impedimento, il segno demonico; in realtà non è capitato che a qualcun altro, se non a nessuno dei nostri predecessori.119

Socrate sta parlando con Adimanto, e descrive la “natura filosofica”, appartenente a quei pochi uomini che hanno trascurato la politica per diversi motivi, scegliendo di dedicarsi alla filosofia; nel passo immediatamente precedente a quello appena

118 S. FONTANA, op.cit. pp.139-40.

riportato (496 a-c), Socrate dice che, tra quelli che hanno aderito alla filosofia alcuni lo hanno fatto perché colpiti dall'esilio, o perché nati con una grande mente in una piccola città che disprezza l'attività politica, oppure poiché, essendo di buona origine, hanno disprezzato un'altra arte e sono giunti alla filosofia; infine, alcuni lo hanno fatto perché colpiti da una malattia che è di impedimento alla vita politica. Socrate invece, come specifica nel passo sopra riportato, è stato ostacolato dal δαιμόνιον, che qui è usato come aggettivo di σημεῖον.

Torna quindi il carattere ostativo del segno demonico, che tiene Socrate lontano dalla vita politica, come già visto nell'Apologia (31c); ma ciò che è più significativo in questo passo della Repubblica è l'interrogativo che fa sorgere, se il segno demonico sia un'esperienza unica, che appartiene solo a Socrate, o se sia condivisa anche da altri uomini.

Secondo Destrée120, il testo di questo passo non autorizza a credere che il segno

demonico appartenga solo a Socrate, tutt'altro: se fosse così, Socrate non avrebbe usato l'aggettivo possessivo alla prima persona plurale (“nostro”) in riferimento al δαιμόνιον σημεῖον e, inoltre, non avrebbe mostrato l'esitazione evidente nelle sue parole, quando dice che il segno non si è mai manifestato a un'altra persona, se non a qualcuno in passato.

Destrée anticipa le possibili obiezioni affermando che è possibile trovare in greco l'uso di un verbo alla forma plurale che però ha significato singolare e che si riferisce a un singolo individuo, e gli esempi non mancano in altri dialoghi platonici; però, in

R.496c c'è un aggettivo possessivo al plurale (ἡμέτερον), e se in greco i verbi al

plurale possono avere significato singolare, questo non accade con gli aggettivi e i pronomi: se Socrate usa l'aggettivo “nostro” in riferimento al segno demonico, lo fa perché pensa che non appartenga soltanto a lui.

Inoltre, poche righe sopra, a 496b7, Socrate aveva usato lo stesso aggettivo in riferimento a Teage, definito “il nostro amico”, e sicuramente il plurale includeva Socrate e il suo interlocutore Adimanto, se non addirittura il circolo socratico: anche il “nostro” di 496c potrebbe dunque avere questo significato, perché sarebbe strano che Platone avesse cambiato significato a ἡμέτερον nel giro di così poche righe. In base a questi indizi testuali, Destrée ritiene che l'uso del singolare al posto del plurale nella traduzione (“il mio segno demonico” invece di “il nostro segno

120 P. DESTRÉE, The Daimonion and the Philosophical Mission-Should the Divine Sign Remain

demonico”) sia un errore, dovuto alla supposizione dei traduttori che il segno demonico appartenga al solo Socrate, quando invece non esistono nel passo ragioni filologiche per una simile interpretazione.

È vero che Platone non usa mai espressioni del tipo “il mio segno demonico”, e probabilmente non lo fa perché non vuole che il lettore confonda il δαιμόνιον di Socrate con il tradizionale δαίμων; se si ammette questa spiegazione, accettata anche da Destrée, bisogna chiedersi se la differenza tra il δαιμόνιον e il δαίμων tradizionale stia nel fatto che il δαίμων è un'entità personale, che ogni persona possiede, mentre il δαιμόνιον è “qualcosa”che contraddistingue soltanto Socrate.

Bisogna ammettere che Platone non dice mai che un segno demonico come quello di Socrate si sia manifestato anche ad altre persone, però non dice nemmeno che esso appartenga soltanto a Socrate e, in base all'analisi di Destrée, non lo dice certo in

R.496c.

La conclusione dello studioso è che la differenza tra il tradizionale δαίμων e il δαιμόνιον stia nel fatto che il primo è un guardiano personale, o anche il destino, che è diverso per ogni essere umano, mentre il δαιμόνιον (σημεῖον) è un segnale che proviene dal dio e che è comune a tutti gli esseri umani, il quale ha una funzione specifica in relazione a ogni attività che gli uomini debbano praticare. Quindi, non solo Socrate riceve il segnale demonico.

Sulla stessa linea si pone la Weiss121: la missione di Socrate, finché consiste

nell'avvicinare qualcuno alla giustizia e alla filosofia, non è destinata soltanto a Socrate. Benché Socrate suggerisca frequentemente che la sua missione è unica, che è stata affidata a lui nello specifico dal dio come dono per Atene, questo non significa che la sua condotta di vita non possa essere imitata da altri.

Socrate è l'unico uomo che compie la missione del dio in modo preciso e appassionato, dedicandosi ad essa con devozione e sforzi senza precedenti, ma la sua attività può essere intrapresa anche da altri, e infatti, quando viene ucciso, gli ateniesi si ritrovano senza i benefici che ricavavano da Socrate, ma solo finché il dio, interessandosi alla città di Atene, non manderà un altro benefattore a rimpiazzarlo (Ap. 31A2-7); inoltre, Socrate stesso riconosce che in futuro potranno esserci altri uomini buoni (Grg. 526a).

Quindi, se la missione di Socrate e la sua saggezza non appartengono

121 R. WEISS, For Whom the Daimonion Tolls, in P. DESTRÉE- N. D. SMITH, «Apeiron» XXXVIII:2 (2005), pp.92-96.

necessariamente a lui solo, la Weiss deduce che nemmeno il segno demonico apparterrà soltanto a Socrate: sebbene ci siano pochi uomini, o non ce ne siano affatto, che condividano la sapienza di Socrate e intraprendano la sua stessa attività con pari impegno, e che possiedano un segno demonico, non è però escluso che, in linea di principio, ci possano o ci debbano essere.

Nel passo della Repubblica che stiamo analizzando, Socrate parla del ristretto gruppo di persone che si dedicano alla vera filosofia, cioè lui stesso e, forse, qualcuno prima di lui che sia stato visitato dal δαιμόνιον; nel passo immediatamente successivo, dice che “i pochi che sono membri di questa piccola categoria hanno provato come dolce e beata sia questa possessione” : secondo la Weiss, “i pochi” ai quali si sta riferendo Socrate non sono tutti coloro che si sono accostati alla filosofia (e di cui Socrate ha appena parlato, dividendoli in categorie in base ai motivi che li hanno spinti a dedicarsi alla vita filosofica e non a quella politica), ma solo quelli di cui Socrate ha parlato nel passo che stiamo analizzando, e cioè Socrate stesso e i pochi o nessuno del passato che hanno ricevuto l'impedimento del δαιμόνιον.

Di conseguenza, la “possessione” che costoro hanno sperimentato, non è la filosofia, bensì il δαιμόνιον: esso è teoricamente presente anche per altri che non siano Socrate; pochi, però, si sono sentiti mettere in guardia da esso quando imponeva di non entrare in politica, e quindi molti si sono accostati a questo tipo di vita.

A mio parere, per quanto le argomentazioni di Destrée e della Weiss possano risultare suggestive e contengano spunti di riflessione, il segno demonico viene presentato da Socrate come appartenente esclusivamente a lui stesso: se è vero che in R.496c egli ammette la possibilità che il segno demonico si sia forse manifestato a qualcuno dei predecessori, lo fa come per smentire il fatto, per dire che non gli sembra un'ipotesi credibile. Del resto, è proprio il carattere di unicità appartenente alla sua esperienza del segno demonico che gli fa dichiarare il proprio caso poco degno di trattazione (οὐκ ἄξιον λέγειν)122: non è importante che Socrate indichi il segno demonico tra le

motivazioni che spingono gli uomini ad abbandonare la vita politica e a dedicarsi alla filosofia; non è necessario parlarne proprio perché esso appartiene soltanto a Socrate e probabilmente a nessuno dei predecessori.

Come asserito giustamente da Timotin123, nell'elenco delle condizioni esterne che

hanno favorito l'adozione della filosofia in seguito al rifiuto della politica, il segno

122 S. FONTANA, op.cit. pp.140-141. 123 S.TIMOTIN, op.cit. pp.55-56.

demonico è messo all'ultimo posto, come un caso particolare, che merita appena di essere nominato a causa del suo campo di applicazione molto limitato.

Ciò che comunque appare chiaro da questo passo, è che l'allontanamento dalla vita politica è dipeso dall'impedimento del δαιμόνιον: il segno demonico è legato alla scelta del βίος filosofico, da cui discende di conseguenza il concetto dell'origine divina di tale tipo di vita124.

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