4. L’esercizio dei poteri nella codatorialità
4.2. Segue: e nella codatorialità rimediale
L’esercizio dei poteri datoriali gioca un ruolo vieppiù importante all’interno della cd. codatorialità rimediale. La casistica giurisprudenziale, infatti, non prescinde mai dall’individuazione di un esercizio ripartito dei poteri76. E, come visto, anche la dottrina “codatorialista” più avanzata, pur
valorizzando elementi ulteriori, quale quello dell’interesse di gruppo soddisfatto77, ne sostiene l’indispensabilità78. Invero, come si è già detto,
l’adibizione della prestazione all’interesse comune al gruppo di imprese assolve la duplice funzione di individuare i lavoratori impiegati esclusivamente per una sola impresa da quelli impiegati a beneficio del
74 M. G. GRECO, Il rapporto di lavoro…, cit., 246.
75 Detta “retrocessione” allo schema binario è peraltro condivisa anche da quella parte di
dottrina che in caso di codatorialità ritiene integrata una novazione oggettiva di cui alla precedente, M. BIASI, Dal divieto di interposizione..., cit., 144, ove fa riferimento alla
retrocessione allo «schema binario classico» in vari casi, quali, ad esempio, lo scioglimento della rete, il termine del distacco, nonché vizi originari del contratto.
76 V. Cap. II, § 2.1. 77 V. Cap. II, § 2.3.
156 gruppo, nonché di compensare le lacune derivanti dall’affievolimento dell’eterodirezione nei mutati contesti produttivi, constituendo, in tal senso, un indice di etero-organizzazione della prestazione. Ma è l’esercizio ripartito e plurale dei poteri datoriali – soprattutto del poter di conformazione della prestazione lavorativa79 – a rappresentare l’asse di rotazione della
codatorialità nei gruppi di imprese.
Diversamente dalla fattispecie legale – in cui il suddetto esercizio ripartito viene espressamente previsto e disciplinato, anche istituendo organismi a ciò dedicati –, nell’ambito dei gruppi di imprese tale condivisione è priva di qualsivoglia formalizzazione e, principalmente, conseguenza di rapporti autoritativi tra società madre e controllate. Si tratta, dunque, di far emergere un utilizzo cd. promiscuo della prestazione lavorativa, finalizzato al soddisfacimento dell’interesse di gruppo, attraverso la verifica in concreto di un esercizio ripartito dei poteri di direzione ed organizzazione da parte di altre imprese, ulteriori rispetto al datore contrattuale. E detto esercizio plurale, come dimostra la giurisprudenza in materia, non deve necessariamente concretizzarsi in modo pervasivo lungo tutta la durata della prestazione lavorativa, né, tantomeno, deve avvenire in modo contemporaneo tra tutte le imprese del gruppo coinvolte80. È sufficiente, infatti, che in modo non
occasionale la holding, o altra società, si ingerisca nella scelta di un’impresa del gruppo, di destinare la prestazione lavorativa, di cui quest’ultima è formalmente titolare, anche a favore di altre imprese del gruppo81 o, ancora,
di trasferirne82, sanzionarne83, licenziarne84 un lavoratore.
Inoltre, teorie più recenti tendono ad estendere l’indagine sull’esercizio condiviso del potere di conformazione, prospettandone
79 Di questo avviso G..DE SIMONE, I gruppi di imprese…, cit., 1528-1529; E.RAIMONDI,
Rapporto di lavoro…, cit., 146.
80 Nello stesso senso M. G. GRECO, Il rapporto di lavoro…, cit., 231. 81
82 83 84
157 un’individuazione aggiornata alle modificazioni delle organizzazioni produttive e, da ultimo, conforme alla centralità dell’elemento dell’etero- organizzazione come emerge dall’art. 2, d. lgs. n. 81/2015. In altre parole, posto che l’esercizio del potere direttivo pare sempre più declinarsi in direttive generali e programmatiche, risulterebbe possibile «identificare il datore di lavoro in colui che impartisce direttive non soltanto più sul “come” e quando eseguire la prestazione di lavoro, ma anche in chi determina il “cosa” produrre ed in quanto tempo»85. Si assiste così ad un allargamento
della fattispecie lavoro subordinato, coerente alle mutate modalità di organizzazione del lavoro. E detta interpretazione sembra confermata dal contenuto dell’art. 2, d. lgs. n. 81/201586, con il quale si riconduce nell’alveo
della subordinazione le collaborazioni coordinate e continuative, allorquando le «modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro»87.
Tale lettura funzionale della subordinazione determina un ampliamento delle circostanze nelle quali è desumibile il riconoscimento della contitolarità dei rapporti di lavoro in seno ai gruppi di imprese, in particolare nei confronti delle capogruppo88. Sono molteplici, invero, gli atti
con i quali la holding, pur non impartendo ordini specifici e continuativi sulle prestazioni lavorative svolte presso le società controllate, incide «sugli assetti organizzativi dell’impresa operativa» e contribuisce (quantomeno)
85 E. RAIMONDI, Rapporto di lavoro…, cit., 148.
86 In tale senso, v. A. PERULLI, Un Jobs Act per il lavoro autonomo: verso una nuova
disciplina della dipen- denza economica?, in Dir. rel. ind., 2015, 119. Sulle modifiche introdotte dall’art. 2, d. lgs. n. 81/2015, cfr. il n. 2/2016 di Variaz. temi dir. lav., interamente dedicato al tema, nonché i riferimenti dottrinari ivi presenti.
87 Sul punto si v. altresì la Circolare del Ministero del Lavoro del 1° febbraio 2016.
88 Sulla nozione funzionale di subordinazione si v. L. NOGLER, The Concept of
«Subordination» in European and Comparative Law, Trento: Quaderni di Scienze Giuridiche, University of Trento, 2009, passim. Dello stesso Autore, di recente, Mono e multi-datorialità…, cit., 645 ss., nel quale rileva che detta nozione funzionale è stata a tutti gli effetti accolta anche dal legislatore all’art. 2, d. lgs. n. 81/2015, avallando definitivamente la tesi per cui il datore di lavoro è colui che è titolare dei poteri di etero-«organizzazione e direzione». Sottolinea, infine, che tale nozione funzionale è, altresì, accolta in Francia, in Spagna ed in Germania.
158 indirettamente a determinare le modalità di esecuzione delle prestazioni stesse89. Se così fosse, si potrebbe ravvisare, ad esempio, una situazione di
codatorialità laddove la capogruppo indichi alle controllate modi, tempi e caratteristiche per la realizzazione dei prodotti e, più in generale, laddove l’esercizio del potere organizzativo della capogruppo incida direttamente sull’esercizio del potere di conformazione della prestazione lavorativa presso la società controllata. Tale lettura estensiva, condivisibile tanto alla luce dei poteri di direzione e coordinamento riconosciuti ex art. 2497 c.c. alla capogruppo, quanto con riferimento alle moderne modalità di organizzazione della produzione, potrebbe, tuttavia, comportare limitati effetti pratici, poste le evidenti difficoltà probatorie in capo ai lavoratori circa gli elementi da cui dimostrare la catena di comando sopra rappresentata. Ma la strada tracciata appare corretta e inoltre coerente all’impostazione dottrinale maggioritaria che richiede di distinguere piuttosto che confondere, individuando «di volta in volta, i poteri attribuiti ed esercitati dalle imprese di gruppo, per imputare loro le rispettive responsabilità»90.
Da ultimo, trattandosi di una condivisione dei poteri fattuale e priva di regolazione, è stato posto il problema di un possibile esercizio disarmonico degli stessi da parte dei codatori, in particolare di quello direttivo. Sul punto si sono confrontate impostazioni differenti. Da un lato, parte della dottrina ha argomentato sulla base del criterio della priorità temporale, sostenendo che il lavoratore è tenuto a rispettare l’ordine impartito per primo, così ponendosi al riparo da qualsivoglia conseguenza disciplinare relativa al mancato adempimento degli ordini successivi e discordanti91. Dall’altro lato, si è di
recente obiettato che detta soluzione pare sì in grado di fornire certezze
89 E. RAIMONDI, Rapporto di lavoro…, cit., 148.
90 G. DE SIMONE, I confini dell’impresa…, cit., 278. Nello stesso senso v. M. G.GRECO, Il
rapporto di lavoro…, cit., 222; E. RAIMONDI, Rapporto di lavoro…, cit., 141-142; A. NICCOLAI, Le prospettive della codatorialità, in O. MAZZOTTA (a cura di), Lavoro ed
esigenze dell’impresa fra diritto sostanziale e processo dopo il jobs act, Giappichelli, Torino, 169; L.NOGLER, Mono e multi-datorialità…, cit., 644 ss.
159 giuridiche sul fronte della gestione dei rapporti in codatorialità, ma oblitera completamente il dato rilevante in diritto. Quest’ultimo è rappresentato dal fatto che nei rapporti pluridatoriali nei gruppi di imprese il lavoratore è vincolato contrattualmente a un solo datore di lavoro e «non si vede come nel caso di direttive contrastanti il lavoratore possa disattendere quelle che provengono dal datore al quale è legato da vincoli contrattuali ed eseguire quelle che arrivano da un soggetto terzo»92. Questa osservazione coglie nel
segno delle contraddizioni esistenti tra riconduzione giuridica del rapporto di lavoro all’effettivo contesto organizzativo in cui si svolge la prestazione, ed elementi giuridici preesistenti, comunque ineludibili a fronte di un riconoscimento esclusivamente ex post dell’effettiva e corretta (co)imputazione del rapporto di lavoro.
5. La dilatazione degli obblighi di diligenza e fedeltà nelle ipotesi di