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Segue: inadempimento della penale e applicabilità dell’art 1224, co 2,

Nel documento Le Clasuole penali nel diritto del lavoro (pagine 120-124)

Un discorso a parte deve essere fatto, invece, con riferimento agli interessi dovuti sulla somma concordata a titolo di penale, cui sopra si è accennato. Sebbene infatti si escluda la risarcibilità del maggior danno

edil., 1984, I, 242; Cass. civ., 11 giugno 1981, n. 3789, in Mass. giur. it., 1981. Nello stesso senso, cfr. Lodo arbitrale, 20 settembre 1993, in Riv. giur. sarda, 1994, 437.

169 S.M

da svalutazione monetaria, si ammette la possibilità, per il creditore che abbia costituito in mora il debitore in ordine al pagamento dell’ammontare della penale, di ottenere su detto ammontare gli interessi previsti dall’art. 1224 cod. civ. per l’eventuale ritardo nell’esecuzione del pagamento stesso. Occorre invero distinguere l’inadempimento della prestazione principale per il quale può essere stabilita dai contraenti appunto una prestazione accessoria ai sensi dell’art. 1382 cod. civ. dall’inadempimento invece di quest’ultima. In tal caso, il creditore avrà diritto di conseguire gli interessi sul capitale convenuto, che saranno inevitabilmente moratori essendo diretti a compensare il fatto dell’inadempimento e non la svalutazione monetaria, anche «a prescindere dall’espressa previsione delle parti della c.d. risarcibilità del danno ulteriore» (170).

170 S.M

AZZARESE,op. ult. cit., 386. In giurisprudenza, cfr. sul punto Cass. civ., Sez. lavoro, 24 giugno 1987, n.5583, cit., secondo cui: «La penale di cui all'art. 1382 c. c., e cioè la prestazione che uno dei contraenti si è obbligato ad eseguire in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento dell'obbligazione principale, costituisce oggetto di un debito non di valore ma di valuta; pertanto, ove a sua volta tale prestazione non sia eseguita o sia eseguita in ritardo, per essa sono dovuti, ricorrendone le rispettive specifiche condizioni, gli interessi moratori e l'eventuale ulteriore risarcimento del danno maggiore di cui all'art. 1224 c. c., a ciò non ostando l'effetto, proprio della clausola penale, di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore (ai sensi dell'art. 1382, ultima parte del 1° comma, c. c.), atteso che la penale, pur essendo obbligazione accessoria, ha una sua autonoma identità quale obbligazione pecuniaria, mentre la prevista limitazione del risarcimento attiene all'inadempimento o al ritardo nell'adempimento dell'obbligazione principale (come l'accordo circa la risarcibilità del danno ulteriore)». Più di recente, cfr. Cass. civ., Sez. Un., 10 aprile 1995, n. 4126, cit., secondo cui: «La clausola penale (art. 1382 c.c.) ha lo scopo di limitare il risarcimento alla prestazione pattuita e, qualora questa consista nell'obbligazione di pagare una somma di denaro predeterminata, il relativo

Capitolo Terzo

LE FONTI

1. Il codice civile

La prima fonte della clausola penale è indubbiamente il nostro codice civile che, agli articoli 1382 e seguenti, ne definisce i caratteri peculiari.

Si è già detto (171), a riguardo, come nel disegnare lo schema della clausola penale il codice lasci all’autonomia negoziale dei soggetti contraenti il massimo grado di libertà nella scelta della prestazione che ne dovrà formare l’oggetto.

Ad essi, infatti, è affidata prima di tutto la determinazione della prestazione principale oggetto del contratto, che l’obbligazione penale mira a rafforzare; solo in un secondo momento, logicamente successivo al primo, i contraenti individueranno la sanzione più adatta al caso concreto stabilendo se proteggere l’interesse del creditore dal solo inadempimento oppure anche dal ritardo nell’adempimento o da entrambe le ipotesi. Ma, evidentemente, tutto ciò è possibile proprio in quanto è lo schema codicistico che lo consente.

debito è "di valuta" - non già "di valore" -, non incidendo su di esso la svalutazione monetaria sopravvenuta, salva l'applicabilità, ove ne ricorrano le condizioni, dell'art. 1224 comma 2 c.c.».

In altri casi, invece, come accade nelle penali di fonte legale, le parti non godono di alcuna autonomia, non potendo influenzare i requisiti dell’indennità né sotto il profilo del contenuto, né sotto quello della fattispecie legittimante l’applicazione della misura sanzionatoria, a ciò provvedendo la legge stessa. Qui, in effetti, è sempre la fonte eteronoma a delineare i diversi aspetti della penale, generalmente inoltre sempre di tipo pecuniario, mentre alle parti del rapporto non rimane altro che adire il giudice competente per l’accertamento del diritto alla sua corresponsione.

Va da sé che solo nello schema codicistico l’ordinamento giuridico raggiunge, pertanto, il massimo grado di effettività della norma sostanziale dal momento che solo qui l’individuazione dell’obbligazione penale è rimessa al regolamento negoziale invece che ad altra fonte eteronoma.

È pur vero che, al di là del contenuto, ben poco è poi affidato ai contraenti dal momento che gli effetti della clausola penale sono stabiliti dalla norma stessa. Il ricordato art. 1382 dispone infatti che in presenza della pattuizione accessoria il risarcimento del danno conseguente all’inadempimento o al ritardo nell’adempimento è limitato alla prestazione concordata, quando non sia convenuta la risarcibilità del maggior danno; ma, come si è più volte accennato, mentre l’obbligazione penale prescinde dalla prova di qualsivoglia effetto dannoso in capo al creditore della prestazione principale rimasta ineseguita o eseguita solo parzialmente, in deroga alla disciplina generale di cui agli artt. 1223 e seguenti del codice civile, il maggior danno viceversa vi ricade in pieno e deve perciò essere ritualmente allegato e provato dal creditore interessato alla sua riparazione. Si può peraltro osservare come la previsione codicistica rischi di rimanere una mera petizione di principio tutte le volte in cui l’obbligazione penale,

lungi da preoccupazioni reintegratorie del patrimonio del creditore, assolva ad uno scopo non meramente risarcitorio e, nel contempo, abbia natura non pecuniaria. Di certo, come si è detto, non è mai questo il caso delle penali di fonte legale, specialmente quelle che ritroviamo nella materia del lavoro. Queste ultime, infatti, in primo luogo intervengono nell’ambito di un rapporto tendenzialmente squilibrato, in ragione della storica debolezza socio economica del lavoratore, ed è perciò naturale che la principale funzione cui adempiono sia di tutelarne (rectius, risarcirlo per) la (perduta) capacità reddituale ogni qualvolta la condotta della parte datoriale, estinguendo il rapporto, la comprometta. In secondo luogo, quando l’obiettivo sia di sanzionare la violazione del dovere di condotta imposto ad un soggetto, il legislatore ha mostrato di intervenire con misure affatto differenti dalle predette indennità, come le ricordate sanzioni civili e amministrative che accompagnano le norma, il cui ammontare è devoluto non a caso in favore di un soggetto terzo rispetto al rapporto, oppure con la ben nota tecnica penale ingiunzionale.

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