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2.2 La codifica della posizione

2.2.1 Selezione della fetta

Il primo passo per la determinazione della porzione anatomica da rappresentare è la selezione della fetta. Questa avviene tramite l’applicazione di un gradiente a ciò preposto, che a seconda delle necessità diagnostiche sarà orientato concordemente a uno dei tre assi. La direzione del gradiente (X, Y o Z ) determina quindi l’orientamento della fetta mentre la sua intensità (funzione dell’ampiezza dell banda nel dominio del tempo dell’impulso sinc che lo genera) ampiezza ne determina lo spessore. Mantenendo il sistema di riferimento precedentemente descritto (capitolo 1) e utilizzato per i campi esterni B0 e B1, avremo che il gradiente Gz sarà responsabile di un campo che risulterà

sovrapposto a B0, da cui dipende la selezione della fetta, volume di tessuto di cui

l’immagine è rappresentativa, ortogonale all’asse testa-piedi del paziente (asse Z).

Se si prende in considerazione tale direzione, congruente con l’asse delle radio frequenze per la detezione del segnale di ampiezza variabile, vi sarà il contributo del campo costante B0 sommato a quello del campo di gradiente Gz. Ciò significa che a causa della presenza di

Gz il campo a cui è sottoposto una fetta di tessuto, cambia dalla fetta precedente e da

quella successiva. Questo ovviamente incide sulla pulsazione di Larmor modificandone il valore, permettendo quindi di discriminare la fetta, come viene esplicitato nella seguente equazione.

ωz1 = ϒ· [B0 + Gz · Z1] (2.1)

La frequenza di Larmor (fZ1=ωZ1/2π) della fetta selezionata sarà quindi influenzata dalla

presenza del gradiente, che rimarrà costante nello spazio per tutto lo spessore della fetta, denominata F1 in figura 2.1. Solamente gli spin appartenenti a F1 saranno soggetti al

43 fornire alcun contributo alla formazione dell’immagine, in quanto continueranno a precedere caoticamente perché soggetti esclusivamente al campo statico. Se si estendesse tale trattazione anche alle altre due direzioni (X e Y) risulterebbe che a causa della presenza dei tre gradienti, ogni protone risuonerebbe ad una sola frequenza, funzione della sua esatta posizione nello spazio. L’immagine MR grezza non è altro infatti che una mappatura di fasi dei protoni coinvolti, sottoposti ad un preciso campo magnetico, di valore differente in ogni punto.

Figura 2.1. Nella figura viene rappresentato l’individuazione dello strato tomografico. lungo l’asse Z, asse testa-piedi del paziente, viene individuata la quota z1 dello strato F1 ove è presente l’intensità del campo

44 Lo spessore della fetta selezionata è funzione invece di due parametri: l’intensità del gradiente Gz e la banda passante dell’impulso RF eccitante. Un impulso selettivo in

frequenza è caratterizzato da una frequenza centrale e da una stretta banda di frequenze (tipicamente 1-16 kHz) ad essa adiacenti. Quando un impulso del genere è inviato in presenza del gradiente di selezione della slice, una regione limitata del tessuto raggiunge la condizione di risonanza e assorbe l’energia in RF. Mentre la durata dell’applicazione dell’impulso e la sua ampiezza determinano la rotazione del protone (90°-180°), la frequenza centrale dell’impulso determina il punto esatto d’eccitazione durante la presenza del gradiente di selezione delle fette. Cambiando quindi, la frequenza centrale è possibile raggiungere diverse posizioni all’interno della stessa fetta. Lo spessore della slice è determinato dall’ampiezza del gradiente per la selezione della fetta, Gz, e dall’ampiezza

della banda dell’impulso RF, come esplicitato dall’equazione 2.2.

Δω = ϒ·Δ (Gx · Spessore) (2.2)

Generalmente Δω è fisso, mentre lo spessore della slice può essere modificato attraverso Gz. Lo spessore della sezione è determinato dall’altezza (o ripidità) del gradiente e

dall’ampiezza della banda RF di eccitazione. Questo procedimento viene chiamato

“eccitazione selettiva”. Attualmente vengono adottati spessori di sezione che variano dai

2,5 ai 10 mm. In RM, se si diminuisce lo spessore di sezione, diviene minore il numero di protoni che è possibile porre in risonanza con conseguente diminuzione del rapporto segnale/rumore (S/R). Il legame esistente tra lo spessore delle fette ottenute e Gz è mostrato in figura 2.2: fette più sottili richiedono Gz di ampiezze maggiori, a parità di

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Figura 2.2 Per un noto intervallo di frequenze incluse nell’impulso RF, lo spessore della fetta desiderato è determinato attraverso l’ampiezza del gradiente di selezione della fetta Gz. Proprio in virtù di questa

relazione l’interfaccia utente della macchina permette di variare lo spessore della slice.

La risoluzione spaziale è direttamente proporzionale all’intensità e al tempo di salita del gradiente: è così possibile definire meglio le zone adiacenti, dotandole di frequenze di precessione diverse e rendendole facilmente individuabili. L’orientamento del gradiente deve sempre essere perpendicolare alla superfice della slice, in questo modo ogni protone in essa contenuto è sottoposto allo stesso campo magnetico totale ad eccezione di quello applicato per determinare la sua posizione. Il tipo di gradiente più utile nell'MRI è un gradiente di campo magnetico lineare mono-direzionale. Le slice ortogonali si ottengono mediante l’applicazione di un solo gradiente mentre quelle oblique prevedono l’applicazione di più gradienti durante la trasmissione dell’impulso RF. In questo secondo caso, ove vi è l’applicazione di piu gradienti, saranno i contributi in ampiezza di questi ultimi a determinare lo spessore della slice ottenuta.

L’imaging multislice (acquisizione di più fette durante un solo esame), uno degli approcci più diffusi di MRI, si ottiene ripetendo sequenzialmente i passaggi sopra descritti. Tale acquisizione usa la stessa Gz, ma con impulsi d’eccitazione in RF che hanno banda

passante costante ma diversa frequenza centrale, tale da eccitare la stessa porzioni di tessuto ma a una quota diversa, durante la ‘scansione’ del volume totale.

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