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4. RISULTATI

4.3   Semi-NESTED PCR

La semi-nested PCR è una tecnica che permette l’amplificazione di una sequenza specifica target utilizzando due consecutive amplificazioni di PCR. Nella seconda amplificazione, uno dei primer è utilizzato nuovamente, mentre l’altro è diverso e si ritrova all’interno della sequenza target precedentemente amplificata.

Utilizzando questa metodica siamo stati in grado di rilevare la presenza di una sequenza integrata appartenenti al genoma di HMTV in uno dei cloni, ottenuti precedentemente mediante clonaggio per diluizione limitante, e all’interno della nostra Linea P.

L’analisi dei prodotti della PCR, effettuata sui cloni della linea P e sulla linea primaria stessa, è stata effettuata mediante elettroforesi capillare, ossia il prodotto di PCR reso fluorescente dall’utilizzo di primer essi stessi fluorescenti è fatto passare attraverso un capillare contenente una soluzione di elettroforesi; il genoma, essendo carico positivamente, si muove verso il catodo e durante la sua corsa viene colpito da un raggio laser; la fluorescenza emessa nel caso di passaggio di un frammento genomico viene rilevata da un detector collegato ad un computer e il risultato di tale metodica è un grafico chiamato elettroferogramma.

fig 10: elettroferogramma ottenuto tramite elettroforesi capillare del prodotto di Semi-Nested PCR sull’NTC della stessa. Asse delle x: paia basi; Asse delle y: Fluorescenza. In questo elettroferogramma si nota l’assenza della sequenza attesa a livello del controllo negativo utilizzato: cellule 293T

Fig.11: elettroferogramma del prodotto della prima amplificazione di Semi-Nested PCR del clone 29 della linea P. Asse delle x: paia basi; Asse delle y: Fluorescenza. In questo elettroferogramma si può notare la presenza della sequenza attesa di 224 bp successiva al primo step di amplificazione nel clone 29 ottenuto per diluizione limitante della linea P.

Fig.12: elettroferogramma del prodotto di amplificazione del secondo step di PCR delle cellule della Linea P sottoposte a Semi-Nested PCR. Asse delle x: paia basi; Asse delle y: Fluorescenza. In questo grafico è possibile osservare la presenza della sequenza attesa di 156 bp nella linea P visibile dopo il secondo step di amplificazione.

4.4 IMMUNOFLUORESCENZA

La Linea P era quindi risultata positiva tramite PCR per la presenza di una sequenza di 660 pb env-simile, tuttavia si è voluta verificare anche la presenza del prodotto genico di tale sequenza, ossia la proteina Env. A tal proposito la linea in esame ed i suoi cloni sono stati sottoposti a saggi di Immunofluorescenza mediante l’utilizzo di una miscela di anticorpi monoclonali primari (P1-P2-P3-P4), ognuno dei quali specifico per una differente porzione della proteina Gp 52. Tale esperimento era atto a verificare che, oltre al gene env, la proteina Env fosse effettivamente prodotta.

La linea P ed uno dei cloni sono risultati positivi alla presenza di una proteina Env MMTV-simile. Per quanto riguarda la linea primaria, tuttavia, non tutte le cellule della stessa sono risultate positive, confermando l’ipotesi che la linea P contenga cellule eterogenee e supportando l’idea alla base del clonaggio per diluizione limitante.

Fig. 13: Linea P sottoposta a saggio di Immunofluorescenza con miscela di anticorpi anti-Env. Ingrandimento 10x. Si può notale la presenza di segnali positivi nella coltura cellulare, ma la percentuale di cellule positive risulta nettamente inferiore rispetto alle negative.

63

dotted arrow) and spread randomly onto the metaphase. Many of the signals overlap with degraded

chromosomes. White solid arrow indicates a signal coming from an intact chromosome. No specific

signal was detected in HMTVels- MCF7 cell lines (data not shown).

HMTV Immunofluorescence on HMTVels+ pBC

Immunofluorescence analysis was performed on pBC cell lines using a mixture of different

monoclonal antibodies P1-P2-P3-P4 all targeting different region of the MMTV Gp52 protein

which is its self part of the MMTV env protein. The pBC cell lines resulted positive to the present

of a specific signal indicating the presence of MMTV env like viral proteins. Not all cells are

positive to the detection of the positive signal as shown on Figure 4a. Fig4 b-d shows clearly that

the signal is not present in the nucleus but is located in the cytoplasm close to the cell membrane as

expected.

Fig. 4. HMTV immunofluorescence on pBC cell line. HMTV protein fluorescent detection by

using a mixture of monoclonal anti-env antibodies. At the 10X and 40X magnification is clear that

not all cells are positive for the present of a fluorescent signal (a,b). Figure c and d show images

taken with a 63X and 100 oil magnification, respectively, with optical sectioning using Apotome.2

device semiconfocal. The fluorescent antibodies are targeting viral antigens located in the

cytoplasm and close to the surface.

a

c

b

F i g . 1 4 : c e l l u l e d e l l a L i n e a P s o t t o p o s t e a s a g g i o d i Immunofluorescenza con l’utilizzo di miscela di anticorpi P1-P2-P3- P4 contro porzioni della proteina Gp52, proteina dell’envelope: ingrandimento 63x con olio di cellule della Linea P sottoposte ad Immunofluorescenza con miscela di Anticorpi anti-Env

dotted arrow) and spread randomly onto the metaphase. Many of the signals overlap with degraded

chromosomes. White solid arrow indicates a signal coming from an intact chromosome. No specific

signal was detected in HMTVels- MCF7 cell lines (data not shown).

HMTV Immunofluorescence on HMTVels+ pBC

Immunofluorescence analysis was performed on pBC cell lines using a mixture of different

monoclonal antibodies P1-P2-P3-P4 all targeting different region of the MMTV Gp52 protein

which is its self part of the MMTV env protein. The pBC cell lines resulted positive to the present

of a specific signal indicating the presence of MMTV env like viral proteins. Not all cells are

positive to the detection of the positive signal as shown on Figure 4a. Fig4 b-d shows clearly that

the signal is not present in the nucleus but is located in the cytoplasm close to the cell membrane as

expected.

Fig. 4. HMTV immunofluorescence on pBC cell line. HMTV protein fluorescent detection by

using a mixture of monoclonal anti-env antibodies. At the 10X and 40X magnification is clear that

not all cells are positive for the present of a fluorescent signal (a,b). Figure c and d show images

taken with a 63X and 100 oil magnification, respectively, with optical sectioning using Apotome.2

device semiconfocal. The fluorescent antibodies are targeting viral antigens located in the

cytoplasm and close to the surface.

a

c

b

Fig. 15: cellule del clone 29 sottoposte ad Immunofluorescenza con anticorpi anti-env: Clone 29 ottenuto mediante clonaggio per diluizione limitante della Linea P risultato positivo ad analisi di Immunofluorescenza con utilizzo di mix di anticorpi P1-P2-P3-P4. Ingrandimento 63x oil

Fig. 16: Controllo negativo della tecnica di Immunofluorescenza sulle cellule della linea P: cellule della linea P in cui come anticorpo primario è stato utilizzato un siero di topo. Si può notare la totale mancanza di fluorescenza.

Dal saggio si è quindi verificata la parziale positività della Linea P alla presenza di una proteina virale Env-MMTV simile e si è anche verificata la presenza, tra i cloni ottenuti mediante clonaggio per diluizione limitante, di un clone, il 29, risultato totalmente positivo con l’utilizzo della miscela di anticorpi P1-P2-P3-P4.

4.5 PCR SG-PERT

La metodica di PCR Sg-PERT è stata messa a punto nel corso del lavoro per questa tesi allo scopo di analizzare la quantità di RT presente nei nostri surnatanti di coltura della linea P e dei cloni della stessa.

Ciò che si ottiene da un saggio Sg-PERT, come risultati da analizzare, è : 1) un grafico dell’andamento della reazione che descrive a quale ciclo di

amplificazione i campioni, gli standard ed i controlli hanno iniziato ad emettere fluorescenza in seguito all’amplificazione del cDNA ottenuto mediante l’azione della RT presente;

2) una tabella delle temperature di melting (la temperatura alla quale la metà del DNA amplificato si trova nello stato a doppia elica, e la metà in quello denaturato) dei DNA responsabili dello sviluppo di fluorescenza da parte del SG nei campioni, negli standard e nei controlli;

3) una retta di taratura che descrive l’efficienza della reazione.

Per prima cosa, è stata determinata ed analizzata la temperatura di

per ogni sequenza di DNA a doppia elica e dipende dalla lunghezza e composizione in basi, per cui indica che la fluorescenza prodotta dal SG è dovuta all’amplificazione dell’amplicone atteso; nel caso in esame doveva essere tra gli 84°C e gli 85°C. Nell’eventualità che uno dei campioni avesse temperature di melting che si scostavano più di 0,5°C rispetto a quella attese, o ne avessero più di una, o il risultato non si ripresentasse in doppio, essi venivano considerati negativi.

Successivamente all’analisi della tabella delle temperature di melting, ciò che veniva verificato era l’andamento dello sviluppo di fluorescenza, come misura della quantità di DNA amplificato, nei campioni e negli standard in relazione al ciclo soglia (CT).

L’andamento dell’amplificazione del campione paragonato agli standard ci dava informazioni sulla quantità di RT presente nel campione, mentre il paragone del picco di amplificazione con quello degli standard confermava l’eventuale positività o negatività del campione stesso.

Fig. 17: curva di amplificazione degli curva di amplificazione tramite SG-PERT dei campioni: 5 microL di controllo negativo (arancione); standard 10-3 (blu) e 10-6 (verde); del clone positivo (rosso); del controllo

positivo ossia surnatante di coltura di cellule infettate con FIV (giallo). Sono stati amplificati in SG-PERT, come descritto in materiali e metodi. Ogni curva è stata ottenuta in duplicato e la temperatura di dissociazione corrispondeva a quella attesa. 20 e 30 indicano i cicli soglia dei nostri standard u n it à d i flu o re sce n za a re la ti ve (R F U ) -200,00 0,00 200,00 400,00 600,00 800,00 Cicli di amplificazione 0 5 10 15 20 25 30 35 st 10-3 st 10-6 M2 NTC clone positivo

Efficenza della PCR=110,7

;

R = 0,999

;

Slope -3,090

Fig.18: retta di taratura degli standard e dei campioni ottenuta mediante PCR SG-Pert. Retta di correlazione lineare che mette in

relazione la diluizione di RT presente nei campioni analizzati con i cicli soglia di amplificazione degli stessi. Tale retta da informazioni anche sulla efficenza di amplificazione e sulla correlazione tra le due variabili.

Fig. 19: Analisi dei picchi di dissociazione dei nostri standard (blu e verde) del nostro controllo positivo (arancio); del controllo negativo(giallo) e di due campioni: uno risultato positivo per la presenza di RT nel saggio di PCR Sg-PERT (rosso) ed uno risultato negativo (viola) -d (R F U )(d T -150 -75 0 75 150 225 300 Temperatura, Celsius

È stato analizzato in SG-PERT il surnatante di coltura dei cloni, oltre che della linea P. In tutti i casi è stato riscontrato che il ciclo soglia compariva dopo l’ultimo standard utile di 10-6 U di RT, quindi, nella migliore delle

ipotesi, si può affermare che il virus è prodotto in bassissima quantità. Alcuni cloni, tuttavia, risultavano avere, oltre ad una amplificazione presente oltre il limite di sensibilità della tecnica, una temperatura di dissociazione diversa da quella attesa e quindi sono stati considerati negativi. Il clone 29, invece, compariva al ciclo soglia 35, mentre l’ultimo standard di 10-6 U di RT al ciclo 30, ma presentava una TM ottimale e

presente in doppio. Nonostante, quindi, fosse in basse quantità, sembra che il surnatante del clone 29 contenga attività di RT. Resta da stabilire in esperimenti futuri se questa sia associata a virioni interni o se è espressa come proteina a sé stante.

4.6 WESTERN BLOT

Il saggio di Western Blot è stato effettuato secondo il protocollo precedentemente descritto in materiali e metodi su cellule della linea primaria, tre dei suoi cloni (5, 27 e 29) e cellule di controllo quali le 293T. Come ulteriore controllo della tecnica è stato caricato anche del siero di topo, per verificare la funzionalità dell’anticorpo secondario utilizzato. Come controllo del caricamento delle proteine, è stato utilizzato un anticorpo anti-actina in diluizione 1:2000 in Skim Milk 1%, caricato e sviluppato in concomitanza con il filtro su cui sono stati utilizzati gli anticorpi primari anti P14.

Il controllo con l’actina ha dimostrato la presenza delle proteine nel nostro campione. Tuttavia le cellule della linea primaria e dei cloni testati non sono risultate positive alla presenza della proteina P14. Ciò fa ipotizzare o una non produzione della proteina P14 o una non efficace rilevazione mediante DAB, per cui la quantità di proteina prodotta è minima e non può essere rilevata attraverso questa metodica.

Fig. 20: controllo beta actina su Linea P, clone 5, clone 27, clone 29, cellule di controllo 293T. Filtro di nitrocellulosa utilizzato come controllo del caricamento delle proteine dei campioni esaminati.

43 Kda

P 5 2

2 293

Fig. 21: rilevazione con DAB di filtro di nitrocellulosa con trasferimento di proteine della linea P, clone 5, clone 27, clone 29 e cellule di controllo 293T e siero di topo: le proteine cellulari della linea P e dei suoi cloni sono state incubate con anticorpo monoclonale primario anti p-14 (m66); il siero di topo utilizzato come controllo è stato sottoposto ad incubazione di solo anticorpo secondario anti mouse IgG perossidasi 1:2000 in Skim milk 1%.

5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

La possibile implicazione di una eziologia virale nella manifestazione del tumore mammario umano sta ricevendo negli ultimi anni una maggiore considerazione rispetto al passato, sopratutto a causa del fatto che numerosi tumori umani si è dimostrato essere associati alla presenza di infezioni virali, come nel caso del virus del Papilloma umano, implicato nella manifestazione di tumore alla cervice uterina, i virus dell’epatite B e C, legati a tumori al fegato, il virus di Epstein-Barr nel limfoma di Burkitt e nel tumore di tipo rinofaringeo ed il virus dell’herpes umano di tipo 8 coinvolto nella manifestazione del sarcoma di Kasposi (Susan Ross et al., 2000).

L’esistenza di un virus legato anche alla manifestazione del tumore mammario umano è stata ipotizzata da quando, nel 1966, fu dimostrata la presenza di un betaretrovirus murino responsabile della manifestazione tumorale nei topi, definito MMTV. Numerosi studi, negli anni successivi, hanno descritto la presenza nel latte di particelle retrovirali con caratteristiche morfologiche simili a quelle dei betaretrovirus (Feller et al. 1971; 1989). Tali scoperte furono messe in dubbio quando fu scoperto un HERV con omologia di sequenza ad MMTV e ciò portò ad ipotizzare che le particelle precedentemente descritte fossero di origine endogena (Westley et al.; 1984). Tuttavia numerose sono le evidenze che ci portano a ipotizzare l’esistenza di HMTV, come ad esempio la presenza di particelle virali sia in campioni di latte che di tumore umano (Moore et al., 1969; Al-Sumidaie et al.,1988; Melana et al., 2007; Schola et al., 1971) ; la

presenza di RT nel latte umano (Scholm et al., 1972); l’associazione tra tumore mammario e linfoma (Cotterchio et al., 2002) e la presenza di sequenze esogene simili ad MMTV nel 38% di tumori mammari umani (Wang et al; 1995). È stato poi rilevato che tali sequenze esogene erano parte di un intero provirus a cui venne dato il nome di HMTV (Melana et

al., 2001). In tali studi successivi, si è avuta anche la descrizione di una

completa struttura provirale con il 95% di omologia di sequenza con MMTV e caratterizzata, nelle proprie LTR, dalla presenza di siti responsivi a glucorticoidi e di una ORF per la codifica di un Sag.

Sulle basi di tutte queste precedenti evidenze, in questo studio, si è voluta caratterizzare una linea cellulare primaria proveniente da tumore duttale infiltrante di una paziente, al fine di verificare l’eventuale presenza di virioni di HMTV. Tale linea era stata precedentemente coltivata presso i laboratori della Fondazione Pisana Scienze, dove ne era stata riscontrata la positività per il gene env. Nel tempo era stata osservata una progressiva perdita di tale positività; che faceva ipotizzare una perdita delle sequenze integrate in alcune cellule ed un progressivo sopravvento, nella linea stessa, delle cellule negative alla presenza provirale su quelle positive. Per far fronte a tale problema, è stato decido di cercare di ottenere cloni derivanti da singole cellule della linea P che fossero o positivi o negativi, e ciò è stato ottenuto mediante clonaggio per diluizione limitante. I cloni ottenuti, insieme con la linea primaria da cui sono originati, sono stati sottoposti a verifica della presenza del gene env e delle proteine virali Env, RT e p14 attraverso diverse metodiche, quali: IFA, PCR SG-PERT, Semi-Nested PCR e Western Blot.

La prima analisi effettuata è stata una Semi-Nested PCR, con la quale tecnica è stato trovato un clone positivo per HMTV-env, il clone 29. Tale c l o n e è s t a t o s u c c e s s i v a m e n t e s o t t o p o s t o a d a n a l i s i d i Immunofluorescenza con l’utilizzo di una miscela di anticorpi atti a rilevare diverse porzioni della proteina Gp52. Anche a tale analisi, il clone 29 è risultato positivo, esso quindi contiene un gene che codifica per Env il quale è attivamente espresso. La localizzazione della proteina Env all’interno delle cellule in IFA era visualizzata a livello perinucleare e citoplasmatico (FIG. 14). Probabilmente gli anticorpi utilizzati, ottenuti immunizzando topi con peptidi sintetici non glicosilati, riconoscono la proteina Env all’interno del reticolo endoplasmatico, prima della glicosilazione. Non è escluso che la forma glicosilata attesa sia presente a livello della membrana plasmatica delle cellule, visto che i retrovirus escono dalla cellula ospite per gemmazione.

I passi successivi sono stati finalizzati a stabilire se, oltre alla proteina Env, fossero sintetizzate altre proteine virali in modo da escludere che l’Env osservata non fosse una proteina a sé stante ma facesse parte di un virione. Poiché, oltre agli anticorpi monoclonali contro Env, si aveva a disposizione anche anticorpi contro la proteina leader di Env, la P14, le cellule della linea P ed alcuni dei suoi cloni, tra cui il clone 29, sono stati sottoposti al saggio Western Blot.

Durante questo saggio, sono stati caricati con lisati cellulari provenienti dalle colture da analizzare a confluenza due gel di acrilammide al 15%, uno dei quali è stato utilizzato come controllo della quantità di proteine caricate, sviluppandolo con un anticorpo primario anti-actina. Quest'ultimo ha rivelato l’effettiva presenza di proteine trasferite sulla membrana di

nitrocellulosa ed anche che queste erano grossolanamente la stessa quantità in ogni pozzetto (FIG.24). Il filtro sviluppato, invece, con anticorpo monoclonale m66 anti-P14 non ha mostrato nessuna banda visibile. Ciò porta ad ipotizzare l’eventuale assenza di tale proteina nelle cellule del clone 29 e della linea P o la possibilità che tale proteina sia presente in quantità troppo basse da poter essere rilevate mediante il nostro saggio. Quest’ultima ipotesi è quella maggiormente sostenuta, in quanto, in esperimenti effettuati precedentemente presso i laboratori della Fondazione Pisana Scienze, l’anticorpo utilizzato nel saggio di Western Blot aveva rilevato una colorazione nucleare delle cellule della linea P mediante immunocitochimica (Lessi et al., in preparazione).

Il passo successivo è stato quello di verificare l’eventuale presenza di altre proteine virali, oltre ad Env, all’interno del clone 29 e della linea P. A tal proposito è stato allestito un saggio di PCR Sg-PERT per la rilevazione della eventuale presenza di RT nel surnatante di coltura cellulare. La retrotrascrittasi è un enzima fondamentale per il ciclo vitale dei retrovirus, in quanto è necessaria la sua presenza per determinare la trascrizione del genoma ad RNA del virus in cDNA, il quale poi verrà integrato nel genoma della cellula ospite tramite l’azione di un secondo enzima, l’integrasi. Solitamente, la quantificazione di tale enzima virale viene effettuata mediante saggi di ELISA o qRT PCR; in questo caso invece si è deciso di allestire un saggio di RT SG-PCR basato su precedenti lavori (Jolien Vermeire et al., 2012). Tale saggio si basa sulla quantificazione dell’eventuale amplificato di cDNA, tramite una real time PCR, ottenuto dalla trascrizione di un RNA esogeno posto in miscela di reazione ad opera della RT presente nel nostro surnatante cellulare. Per tale

esperimento, cinque microlitri di surnatante cellulare dei cloni della linea P, sottoposti a lisi virale, sono stati saggiati ed analizzate mediante tale tecnica. La messa a punto di tale esperimento è stata laboriosa, in quanto i primi esperimenti si sono concentrati sull’identificazione della diluizione più idonea degli standard da utilizzare e sulla scelta di un controllo positivo utile per il saggio. Verificati quali fossero gli standard da poter utilizzare in SG-PERT, si sono testati i surnatanti virali dei cloni ottenuti tramite clonaggio per diluizione limitante. Ciò che è stato ottenuto, per quanto riguarda il promettente clone 29, è stata una sua amplificazione a partire dal 30° ciclo di reazione, il che porta ad ottenere una curva di amplificazione al di fuori del range degli standard utilizzati, quindi oltre il limite di sensibilità della tecnica. Tale risultato fa ipotizzare che nel

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