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La sentenza della Corte Costituzionale n 37 del 12 gennaio

3. L'autonomia finanziaria

3.3 La sentenza della Corte Costituzionale n 37 del 12 gennaio


 Lo Stato è intervenuto molte volte, nel settore della pubblica istruzione, anche con quella che, ogni anno, rappresenta l'intervento legislativo principale per il contenimento della spesa pubblica, conosciuta come legge finanziaria.

Con la sentenza n. 37 del 2005 [2] la Corte Costituzionale è appunto stata chiamata a pronunciarsi nel giudizio di legittimità dell'art 35 della legge n.289 del 27 dicembre 2002, legge finanziaria 2003 "Disposizioni per la formazione

del bilancio annuale e pluriennale dello Stato". L'intervento della Corte è stato

richiesto dalla Regione Emilia Romagna su molte delle disposizioni di tale legge, ma nello specifico di questa sentenza viene impugnato l'art. 35 "Misure

di razionalizzazione in materia di organizzazione scolastica". Essa denuncia

un'invasione, da parte dello Stato in quella che è la competenza legislativa concorrente nel campo dell'istruzione che l'art. 117, c. 3 riconosce alle regioni. La Regione Emilia Romagna avanza, entrando ancora di più nello specifico, censure per quanto riguarda il c. 2 ed il c.1 di tale articolo.

Con il c.2 il legislatore nazionale ha disposto che il Ministro dell'istruzione e quello dell'economia e delle finanze devono fissare criteri e parametri per ridefinire, riducendo del 6% nell' a.s. 2002/2003 e nei successivi 2 anni del 2%, la dotazione organica dei collaboratori scolastici.

Con il comma 1 invece viene rivisto, anche qui in senso negativo il numero dei docenti andando ad agire su quelle cattedre con orario inferiore all'orario obbligatorio che ora, debbono essere riportate alle 18 ore settimanali, con la conseguente diminuzione del numero di docenti in organico per ogni istituzione scolastica.

La Regione Emilia Romagna denuncia la violazione, da parte dello Stato dell'art. 117, terzo comma, e degli art. 3 e 97 della Costituzione in quanto tali scelte hanno avuto come unico obiettivo la diminuzione della spesa pubblica

senza prendere in considerazione quello che è il fine ultimo della scuola ovvero quello di assicurare la formazione degli studenti. Essa inoltre, per quanto riguarda il c.1 denuncia la violazione della potestà legislativa concorrente per quanto riguarda la determinazione del livello scolastico e la limitazione alla stessa autonomia scolastica. Essa fa riferimento ad una precedente sentenza della stessa Corte , la n.13 del 2004 con la quale viene definito l'ambito legislativo dello Stato che è quello di fissare i principi entro i quali la regione può fare legislazione di dettaglio.

Lo Stato in questo caso non ha nemmeno previsto forme di collaborazione con le regioni e, facendosi scudo del fatto che occorre razionalizzare la spesa pubblica, ha fatto un intervento unilaterale ledendo i principi di collaborazione e di proporzionalità; esso cioè prevedendo un taglio generalizzato alle dotazioni organiche non ha dimostrato di considerare le singole realtà territoriali che, nel caso specifico della Regione Emilia Romagna e negli anni scolastici considerati nella legge, prevedono tra l'altro un aumento della popolazione scolastica.

L'Avvocatura dello Stato non rileva, invece, alcuna violazione della competenza regionale in quanto tali misure rientrano in quello che è l'ordinamento e la normale razionalizzazione dell'organizzazione amministrativa dello Stato. Essa non rileva neppure la violazione degli articoli costituzionali 3 e 97 e indica l'inammissibilità della questione anche per quanto riguarda la lesione dell'autonomia scolastica.

Per quanto riguarda nello specifico il c. 1, si tratterebbe di una uniforme conformazione dell'orario di cattedra uguale in tutto il territorio nazionale mentre, per quanto attiene il c. 2 tale manovra rientra nella esigenza di razionalizzazione di settori specifici, anche sulla base del contenimento della spesa pubblica, ma che tutto questo rientra nella competenza esclusiva che

l'art. 117, comma 2, lettera g) "ordinamento e organizzazione amministrativa dello

Stato e degli Enti pubblici nazionali" attribuisce allo Stato.

La Corte analizza per prima cosa l'impugnazione che la Regione Emilia Romagna ha fatto riguardo tutto l'art.35 che si compone di 9 commi e che riguarda ambiti diversi ed eterogenei del settore pubblica istruzione: l'orario scolastico, gli organici e le mansioni dei collaboratori scolastici, i compiti del personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario, l'inidoneità al servizio di tutto il personale, l'integrazione scolastica di soggetti portatori di handicap. La Corte dichiara inammissibile, perché così formulata non raggiunge il livello di specificità richiesto per le decisioni di merito, tale questione.

Successivamente la Corte dopo aver ricostruito le tappe storiche che hanno portato all' unificazione del ruolo dei collaboratori scolastici con il d.p.r. 420 del 21 maggio 1974 evidenzia che oggi tale personale essendo alle dipendente dello Stato è inquadrato, ai sensi del Contratto Collettivo Nazionale del comparto scuola come personale ausiliario nel profilo di area A; tale cosa giustifica l'intervento in questione all'interno della materia di legislazione esclusiva dell'ordinamento e dell'organizzazione dello Stato. Anche per quanto riguarda il c. 1 la Corte non rileva alcuna violazione nella competenza regionale in quanto esso disciplina le modalità di riconduzione dell'orario di insegnamento a quello obbligatorio di servizio dei docenti sul territorio nazionale a cui tutte le istituzioni scolastiche devono attenersi, senza che di fatto venga lesa la loro autonomia.

La Corte quindi dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale per entrambi i c. 2 e 1 dell'art. 35 della legge finanziaria 2003.

Alla luce di tali provvedimenti, che intervengono sulle risorse della scuola, risulta difficile elaborare una vera e propria politica di programmazione e di organizzazione della vita scolastica in senso autonomistico e utilizzando

una efficace attività negoziale. Quello che risulta evidente è che non vi è la volontà politica di salvaguardare, né le risorse da assegnare né tutti quei fattori che necessariamente incidono sulla vita di ogni scuola.