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Le sentenze del giudice penale e la loro efficacia alla luce delle disposizioni del codice di procedura penale.

L A PREGIUDIZIALE PENALE NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

I. Le sentenze del giudice penale e la loro efficacia alla luce delle disposizioni del codice di procedura penale.

Sulla rilevanza dell’accertamento del fatto illecito (urbanistico e/o edilizio) operato da un giudice nei confronti dell’altro, per ciò che concerne l’efficacia in altro giudizio della sentenza penale deve farsi riferimento agli artt. 651 ss. c.p.p..

Tradizionalmente, infatti, il problema del rapporto fra i due giudizi (penale e amministrativo) è affrontato proprio in questi termini, ossia nel senso di precisare la rilevanza e i limiti della efficacia extrapenale del giudicato (ovviamente penale), proprio in ragione dell’esistenza per tale ipotesi, a differenza di quanto accade per la sentenza amministrativa, di una specifica normativa124.

Prima di descrivere la disciplina recata dal codice di procedura penale, è tuttavia necessario tracciare una breve premessa.

Il sistema anteriore alla riforma del codice di procedura penale del 1988 privilegiava l’impiego della tecnica della sospensione del processo onde consentire la previa risoluzione, con forza di giudicato, della questione pregiudiziale. Tale meccanismo processuale era sicuramente in grado di assicurare coerenza e uniformità degli accertamenti, ma rischiava di gravare eccessivamente sulla speditezza processuale e sulla ragionevole durata dei processi; pertanto, l’ordinamento si è di seguito determinato nel senso di

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In dottrina, v. F.FRANCARIO, Illecito urbanistico o edilizio e cosa giudicata. Spunti per una ridefinizione della regola del rapporto tra processo penale ed amministrativo, cit., che evidenzia come siano date per scontato due cose: la prima, che l’istituto del giudicato sia lo strumento di per sé in grado di regolare il rapporto tra gli accertamenti operati dalle diverse giurisdizioni; la seconda, che sia scontata la prevalenza del giudicato penale nei confronti del giudicato amministrativo (ed anche civile), nel senso che sembrerebbe diffuso il convincimento che l’efficacia vincolante possa essere propria del solo giudicato penale, senza che vi sia una corrispondenza biunivoca; e cioè che il giudicato penale vincoli il giudice amministrativo, e non viceversa.

fare ricorso alla tecnica della cognizione incidentale, in luogo di quella della sospensione per pregiudizialità125.

Non essendo più necessario risolvere con forza di giudicato una questione soltanto pregiudiziale, è pertanto possibile che la medesima venga conosciuta da giudici diversi, nell’ambito di un ordinamento non improntato al principio dell’unità e uniformità della giurisdizione, ma al principio dell’autonomia delle singole giurisdizioni126

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L’entrata in vigore dell’attuale codice di procedura penale ha, quindi, determinato un significativo cambio di rotta verso un sistema che vede come fisiologico l’accertamento coevo in sedi giurisdizionali diverse dello stesso fatto storico e, con esso, il fenomeno di giudicati potenzialmente contrastanti127.

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Invero, per ciò che concerne il processo penale, attualmente limitata alle sole ipotesi di cui all’ art. 3 c.p.p., che dispone che “quando la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice, se la questione è seria e se l'azione a norma delle leggi civili è già in corso, può sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione” (comma 1) e che “la sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza ha efficacia di giudicato nel procedimento penale” (comma 4); ciò posto per le questioni pregiudiziali in materia di stato di famiglia o di cittadinanza, per le altre questioni civili o amministrative, l’art. 479 c.p.p. prevede che “fermo quanto previsto dall'articolo 3 qualora la decisione sull'esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa di particolare complessità, per la quale sia già in corso un procedimento presso il giudice competente, il giudice penale, se la legge non pone limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa, può disporre la sospensione del dibattimento, fino a che la questione non sia stata decisa con sentenza passata in giudicato”.

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Secondo la giurisprudenza di legittimità, “dalla disciplina del nuovo codice di procedura penale si desume che il nostro ordinamento non è più ispirato al principio dell’unità della giurisdizione, ma a quello dell’autonomia di ciascun processo e della piena cognizione da parte di ciascun giudice, dell’uno e dell’altro ramo, delle questioni giuridiche o di accertamento dei fatti rilevanti ai fini della propria decisione”; e che “pertanto, tranne alcune particolari e limitate ipotesi di sospensione del processo … da un lato il processo civile deve proseguire il suo corso senza essere influenzato dal processo penale e dall’altro il giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti” (v. Cass. Civ., Sez. III, 10 agosto 2004, n. 15477; Id., Sez. II, 25 marzo 2005, n. 6478); v. Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2004, n. 1462 (e Id., sez. IV, 1 giugno 2004, n. 465), secondo cui “a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale è stato espunto dall’ordinamento l’art. 3 del previgente c.p.p. il quale prevedeva la possibilità della sospensione del processo civile o amministrativo, conseguentemente i due giudizi sono attualmente dominati dalla regola dell’autonomia”.

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Cfr. M.CHIAVARIO, Giudizio (rapporti tra giudizi), in Enc. Dir., XVIII, Milano, 1969, 984 ss; E.T.LIEBMAN, L’efficacia della sentenza penale nel processo civile, in Riv. dir. proc., 1957, 5 ss; F.CORDERO, Procedura penale, Milano, 1998, 1109; R.NORMANDO, Il

Di riflesso, risulta variamente modulata anche l’efficacia extrapenale del giudicato sussistente in presenza di specifiche condizioni di compatibilità soggettiva, oggettiva e probatoria.

Tra le tipologie di giudizi in cui la sentenza penale può esplicare effetti vincolanti, il codice di procedura penale prende in considerazione il giudizio (civile o amministrativo) in tema di restituzioni o risarcimento del danno, il giudizio disciplinare e gli altri giudizi civili o amministrativi. Tralasciando il riferimento agli artt. 651 e 652 c.p.p. che contemplano l’ipotesi particolare del rapporto tra giudizio penale e il successivo giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno, nonché l’art. 653 in tema di giudizio per responsabilità disciplinare, per quanto di interesse, viene in rilievo l’art. 654 c.p.p., che contempla l’ipotesi generale dell’efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi.

Rimarcato il profilo dei limiti soggettivi del giudicato penale (circoscritto all’imputato, alla parte civile e al responsabile civile che si sia costituito o sia intervenuto nel processo penale), l’art. 654 c.p.p. attribuisce efficacia di giudicato alla sentenza irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, laddove si controverta di un diritto o un interesse legittimo, il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali oggetto del giudizio penale, purché ricorrano le seguenti condizioni: (i) i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale; (ii) la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa.

Giova precisare che l’efficacia esterna della sentenza penale irrevocabile è condizionata al fatto che la stessa sia pronunciata in seguito a dibattimento. In tal modo, si tende a escludere la vincolatività di tutte quelle pronunce conclusive dei giudizi speciali “a cognizione sommaria” (i.e. decreto penale di condanna, applicazione della pena su richiesta delle parti e giudizio valore, gli effetti e l’efficacia del giudicato penale, in Trattato di Procedura penale, diretto da G.SPANGHER, VI, 59 ss..

abbreviato) onde evitare che tali decisioni possano produrre i medesimi effetti di sentenze che, in quanto emanate all’esito del dibattimento, garantiscono una maggiore ampiezza dell’accertamento.

In particolare, per quanto riguardo il rito monitorio, l’art. 460, comma 5, c.p.p. prevede espressamente che il decreto penale di condanna, anche se divenuto esecutivo, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi. Con riferimento alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, c.d. patteggiamento, l’art. 445, comma 1-bis, c.p.p. reca una precisazione del medesimo tenore, anche con riguardo alle decisioni pronunciate dopo la chiusura del dibattimento128.

Quanto alla decisione emessa all’esito di giudizio abbreviato e al regime dell’efficacia extrapenale di essa, limitatamente ai giudizi civili e amministrativi non di danno, non ricorre alcun effetto esterno, in ragione della clausola inserita all’art. 654 c.p.p. sulla necessità che debba trattarsi di sentenza “pronunciata in seguito a dibattimento”.

Nessuna efficacia extrapenale nei giudizi civili o amministrativi non di danno sembrano, invece, avere i nuovi “tipi” di pronunce che il giudice penale può adottare, per effetto delle recenti riforme al codice penale e al codice di procedura penale, e che possono eventualmente contenere un accertamento dei fatti pur non trattandosi di sentenze di condanna: vengono in tal senso in rilievo, ove ne ricorrano le condizioni previste (tra cui i limiti edittali di pena), sia la sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 (alla quale, peraltro, se pronunciata in dibattimento, il nuovo art. 651-bis c.p.p. attribuisce efficacia nei giudizi civili o amministrativi di danno quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso), sia la sentenza che ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p. dichiara l’estinzione del reato in caso di

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Ciò non vale, visti gli artt. 445, comma 1-bis, c.p.p. e l’art. 653 c.p.p., con riguardo all’efficacia della sentenza di patteggiamento nel giudizio disciplinare, ove anche la stessa è vincolante quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso.

esito positivo della messa alla prova (art. 168-bis c.p. e art. 464-bis e ss. c.p.p., introdotti dalla l. n. 28 aprile 2014, n. 67).