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3.4 Accumulo Termico

3.4.2 Serbatoio d’acqua calda stratificato

I serbatoi d’acqua possono operare con gradi significativi di stratificazione, cio`e con la parte superiore del serbatoio pi`u calda della parte inferiore. Sono stati sviluppati molti modelli di serbatoi stratificati, come l’approccio multinodo o il plug flow. Nel primo il serbatoio `e suddiviso in N nodi, ognuno dei quali descritto da un bilancio energetico: il risultato `e un insieme di N equazioni differenziali che possono essere risolte per trovare le temperature dei N nodi come funzioni del tempo. Nel plug flow si suppone che segmenti di liquido a varie temperature si muovano attraverso il serbatoio: il modello consiste essenzialmente nel tenere traccia delle dimensioni, della temperatura e della posizione dei singoli segmenti. Ognuno di questi approcci ha molte varianti e la selezione di un modello dipende dall’uso a cui verr`a impiegato.

Modello Multinodo

Per formulare le equazioni per un serbatoio multinodo, `e necessario fare ipotesi su come l’acqua che entra nel serbatoio viene distribuita ai vari nodi. Ad esempio, per il serbatoio a cinque nodi mostrato nella Figura 3.15a, l’acqua dal collettore entra ad una temperatura Tco, che si trova tra Ts2 e Ts3. Si pu`o assumere che tutta

l’acqua raggiunga il nodo 3, dove la sua densit`a si avvicina maggiormente a quella dell’acqua nel serbatoio. In alternativa, si pu`o presumere che l’acqua in arrivo si

(a) (b)

distribuisca in qualche modo nei nodi 1, 2 e 3. Di seguito si riporta il modello multinodo riportato da vari testi [21][24]; si presume che l’acqua nella Figura 3.15a si trovi tutta nel nodo 3.

Per valutare della migliore stratificazione ottenibile `e necessario considerare vol- ta per volta lo specifico sistema in esame e la tipologia di utenza. Se il carico pu`o utilizzare l’energia senza tener conto del suo livello di temperatura, la massima stratificazione mantiene la temperatura pi`u bassa possibile vicino al fondo del ser- batoio, migliorando l’efficienza dei collettori. Se invece la qualit`a dell’energia al carico `e importante, ridurre al minimo la distruzione dell’energia disponibile pu`o essere il criterio adeguato per definire la massima stratificazione. Nella seguente analisi il fondo del serbatoio viene mantenuto a una temperatura minima.

Per un serbatoio a tre nodi, come mostrato nella Figura 3.15b, il flusso verso il collettore parte sempre dal basso, nodo 3, e il flusso verso il carico parte sempre dall’alto, nodo 1. Il flusso in ingresso si inserisce nel nodo la cui temperatura `e minore o uguale a quella del flusso stesso. Supponiamo che le temperature dei tre nodi siano 45, 35 e 25°C, con, ovviamente, il pi`u caldo in alto. L’acqua entrante inferiore a 35°C andr`a al nodo 3 e tra 35 e 45°C andr`a al nodo 2. Una funzione di controllo del collettore Fc

i i pu`o essere definita per determinare quale nodo riceve

acqua dal collettore:

Fic=      1 se i = 1 e Tc,o > Ts,1 1 se Ts,i−1 > Tc,o > Ts,1 0 altrimenti (3.7)

Si nota che se il sistema `e attivo, uno e un solo valore di Fc

i pu`o essere diverso da

zero. Nell’esempio precedente con acqua entrante a 40°C, Fc

1 = 0, F2c= 1 e F3c = 0.

Il flusso di ritorno dal carico pu`o essere controllato in modo simile con una funzione di controllo FiL definita come:

Fic=      1 se i = N e TL,r < Ts,N 1 se Ts,i−1 > TL,r > Ts,1 0 altrimenti (3.8)

Il flusso netto tra i nodi pu`o essere verso l’alto o verso il basso a seconda delle portate e dei valori delle due funzioni di controllo in un determinato istante. `E conveniente definire una portata che rappresenta il flusso netto nel nodo i dal nodo i − 1, escludendo gli eventuali effetti del flusso entranti direttamente nel nodo dal

carico: ˙ mm,1 = 0 ˙ mm,i = m˙c i−1 X j=1 Fjc− ˙mL N X j=i+1 FjL ˙ mm,N +1 = 0 (3.9)

Si pu`o quindi esprimere il bilancio energetico sul nodo i come segue:

Mi dTs,i dt =  U A cp  i

(Ta− Ts,i) + Fic· ˙mc(Tc,o− Ts,i) + FiL· ˙mL(TL,r− Ts,i)

+ (

˙

mm,i· (Ts,i−1− Ts,i) se m˙m,i > 0

˙

mm,i+1· (Ts,i− Ts,i+1) se m˙m,i+1 < 0

(3.10)

Il primo termine del membro di destra tiene di conto delle perdite dal nodo i verso l’ambiente a temperatura Ta. Alcuni serbatoi hanno fonti di energia ausiliarie: se,

ad esempio, in uno dei nodi fosse presente una batteria di riscaldamento ausiliaria, un ulteriore termine potrebbe essere aggiunto all’equazione 3.10 per tener conto del suo effetto.

Il numero di nodi necessari per prevedere adeguatamente le prestazioni di un accumulatore solare dipende dall’applicazione. Sono stati portati avanti molti stu- di con l’obbiettivo di fornire alcune raccomandazioni su quale modello di serbatoio di accumulo dovrebbe essere utilizzato in funzione delle condizioni operative dei sistemi energetici. Se l’obiettivo `e prevedere il termoclino, ovvero la distribuzione della temperatura, durante i test di laboratorio, Druck (come riportato da Duffie et al. (2013)) necessitava di oltre 100 nodi per riprodurre le temperature di uscita misurate. Kleinbach et al. (1993) hanno studiato diversi modelli monodimensionali per serbatoi di stoccaggio termici stratificati e confrontato i risultati con dati spe- rimentali per una vasta gamma di condizioni. Hanno scoperto che, per il modello multinodo, 10 o meno nodi erano soddisfacenti nel prevedere le prestazioni misu- rate, mentre l’assunzione di una temperatura uniforme del serbatoio (miscelazione perfetta) portava a una notevole sottovalutazione dell’input di energia nel serbato- io e dell’energia erogata in tutte le condizioni considerate [24]. Oberndorfer et al. (1999) hanno modellato un numero di sistemi diversi utilizzando da 1 a 100 nodi e hanno concluso che per le previsioni annuali non sono necessari pi`u di 10 nodi e di solito sono sufficienti da 3 a 5 nodi. La conclusione generale di questi studi `e che un modello di serbatoio a 1 nodo (ovvero un serbatoio completamente miscelato) fornisce una stima conservativa delle prestazioni annuali e un modello a 10 nodi fornisce essenzialmente la stessa stima delle prestazioni del sistema di un modello a 100 nodi. Nella pratica molti serbatoi mostrano un certo grado di stratificazione e si

suggerisce che tre o quattro nodi possano rappresentare un ragionevole compromes- so tra il design conservativo (rappresentato da sistemi con serbatoi perfettamente miscelati, ovvero ad un nodo) e la situazione pi`u complessa con livelli elevati di stratificazione [21]: si valuta perci`o l’andamento della temperatura del serbatoio con il modello multinodo a 3 nodi.

Nel capitolo seguente si procede al calcolo della radiazione incidente al suolo nel luogo in esame per il dimensionamento e la progettazione del sistema di collettori solari e del serbatoio di accumulo.

Analisi del sistema

4.1

Dissalatore

Come precedentemente introdotto, si `e deciso di utilizzare un dissalatore di tipo MED Parallel Feed. Esistono due tipologie di impianti di questo tipo: i Parallel Feed e i Parallel Feed/Cross Flow. Nei primi, la brina viene direttamente estratta dall’effetto in cui `e prodotta. Nei secondi, invece, la brina creata nel primo stadio viene fatta circolare all’interno del secondo. Essa evapora parzialmente grazie al fenomeno del flash e si unisce successivamente alla portata di alimentazione entrante nel secondo effetto. Questo avviene in tutti gli stadi eccetto il primo.

Gli evaporatori maggiormente utilizzati nei processi MED sono a film ”cadente” a tubi orizzontali (in inglese horizontal falling film evaporator). Essi consentono di gestire lo scaling dell’acqua di mare grazie all’efficace distribuzione dell’acqua sulle superfici di trasferimento del calore da grandi ugelli nebulizzanti. Inoltre hanno elevate velocit`a di trasferimento del calore, corretto sfiato dei gas non condensabili e bassa formazione di depositi.

Il salto di temperatura da uno stadio all’altro `e assunto costante e pari a

∆T = T BT − Tb,n

n − 1 (4.1)

Con Tb,n= temperatura dell’ultimo effetto e n numero di stadi.

Nel caso in esame si considera costante il numero di effetti e la temperatura dell’ul- timo, rispettivamente pari a n = 4 e Tb,n = T4 = 40°C. Si valutano le performance

del processo al variare della T BT (50, 55 e 60°C). Non si scende ulteriormente con la TBT poich`e solitamente la minima differenza di temperatura presente tra un stadio e l’altro `e considerata 2.5°C. Ci si aspetta che, al diminuire della TBT, aumenti il PR ma anche la superficie necessaria degli evaporatori.

In realt`a la temperatura del vapore in uscita da ogni effetto (Tv,i) `e minore

rispetto alla Tb,i del fattore BP E (Boiling Point Elevation), che rappresenta l’in-

cremento di temperatura di ebollizione ad una data pressione che subisce l’acqua a causa della sua concentrazione dei sali. Quest’ultimo parametro dipende dalla salinit`a S, espressa in % e dalla temperatura [°C] secondo le relazioni seguenti [5]:

Tv = Tb− BP E (4.2) BP E =AS + BS2+ CS3 A = 8.325 · 10−2+ 1.883 · 10−4T + 4.02 · 10−6T2 B = −7.625 · 10−4+ 9.02 · 10−5T − 5.2 · 10−7T2 C = 1.522 · 10−4− 3 · 10−6T − 3 · 10−8T2 (4.3)

La precedente equazione `e applicabile nel range 1 ≤ X ≤ 16% e 10 ≤ T ≤ 180°C. La massima concentrazione di sali consentita `e limitata dalla precipitazione del solfato di calcio. L’espressione analitica proposta da [5] `e stata adottata nel modello:

Smax[ppm] = 4.71166·10−3T4−1.74116·T3+253.842·T2−17922.8·T +565818 (4.4)

Pertanto, per ogni effetto si `e verificato che la solubilit`a della brina ottenuta fosse pari al 95% di Smax.

Si = 0.95% · Smax (4.5)

Si procede con la valutazione dell’energia termica ed elettrica necessaria all’impianto con configurazione cross flow.

L’energia termica necessaria agli impianti MED equivale alla quota di potenza scambiata nel primo effetto. Per la sua valutazione `e necessario analizzare i bilanci di massa ed energia che descrivono il processo.

Nel primo effetto l’acqua calda proveniente dai collettori permette il riscaldamento della portata di alimentazione ˙mf,1 e l’evaporazione di una parte di essa ( ˙meva,1).

Si pu`o infatti esprimere il bilancio energetico dalla seguente relazione:

˙

Q1 = ˙mlcp∆Tl = ˙mf,1cp(Tb,1− Tf) + ˙meva,1λ1 (4.6)

Dove: Tb,1 = temperatura di ebollizione del primo effetto, ovvero la T BT ;

Tf = temperatura dell’acqua di alimentazione (”feed ”), considerata pari a 35°C;

λ1 = calore latente di evaporazione alla Tb,1.

Inoltre:

˙

mf,1 = ˙mb,1+ ˙meva,1 (4.7)

˙

Figura 4.1: Portate e temperature in ingresso e uscita dall’i-esimo effetto

Per gli altri effetti le equazioni si modificano leggermente, dato che la potenza termica `e fornita dalla condensazione del vapore e dal raffreddamento della brina prodotti nello stadio precedente.

Generalizzando per l’i-esimo effetto si pu`o scrivere:

˙

mf,icp(Tb,i− Tf) + ˙meva,iλi = ˙meva,i−1λi−1+ ˙mb,i−1cp(Tb,i−1− Tb,i) (4.9)

˙

mb,i = ˙mf,i+ ˙mb,i−1− ˙meva,i (4.10)

˙

mb,iSi = ˙mf,iSf + ˙mb,i−1Si−1 (4.11)

La portata di acqua distillata totale prodotta `e data dalla somma delle portate ottenute in ogni effetto:

˙ md = n X i=1 ˙ meva,i (4.12) Globalmente: ˙ mf = ˙md+ ˙mb (4.13)

Infine, il bilancio al condensatore finale si pu`o esprimere:

˙

meva,nλn = ( ˙mf + ˙mcool)cp(Tf − Tsea) (4.14)

con ˙mcool portata di acqua salata che viene prelevata in pi`u dal mare affinch´e

avvenga la completa condensazione del vapore formatosi nell’ultimo effetto. Tale portata circola solo nel condensatore finale per poi essere rigettata subito in mare, senza entrare nell’impianto vero e proprio. Tsea`e la temperatura dell’acqua di mare

prelevata. Ci si riferisce alla somma della portata di alimento e di raffreddamento come ˙msea. Per il calcolo delle aree di scambio si usano le seguenti relazioni, valide

dal secondo all’ultimo evaporatore: ˙

Figura 4.2: Portate e temperature in ingresso e uscita dal condensatore

Il valore del coefficiente globale di scambio si pu`o valutare dalle correlazioni proposte in [5], in particolare per ”Fouled Evaporator”, in funzione della temperatura di evaporazione dell’effetto:

Ue,i= 1939.4 + 1.40562 · Ti− 0.0207525 · Ti2+ 0.0023186 · T 3

i (4.16)

In realt`a l’area di scambio andrebbe calcolata come la superficie necessaria per il riscaldamento dell’acqua di alimentazione pi`u quella necessaria per l’evaporazione dell’acqua. Nella pratica, dato che la quota di calore scambiato per il solo riscal- damento `e molto minore rispetto a quella necessaria per il cambiamento di fase, si ritiene trascurabile per un dimensionamento generale.

Per il calcolo dell’area di scambio necessaria al primo effetto si utilizza lo stesso metodo del precedente, trascurando ancora una volta la quota di area necessaria per il riscaldamento dell’acqua di alimentazione da Tf alla TBT. Il coefficiente di

scambio viene in questo caso stimato dai coefficienti di scambio convettivo relativi all’acqua in convezione naturale (fluido proveniente dall’accumulo) e dell’acqua in cambiamento di fase (fluido di alimentazione).

Nella maggior parte dei casi pratici l’area degli evaporatori di ogni effetto `e mantenuta costante. Tuttavia, in [30], l’area degli evaporatori viene considerata variabile in modo da ottenere la massima concentrazione di sali ammissibile nella brina in uscita. Si procede quindi dimensionando il sistema con aree di scambio variabili per ogni effetto. Imponendo la salinit`a della brina uscente da ogni effetto pari al massimo consentito, si migliora la produzione di acqua dissalata in ogni stadio e la performance dell’impianto. In particolare si valutano le prestazioni di un dissalatore con 3 valori della TBT, ovvero 60°C, 55°C e 50°C.

Nel codice sviluppato occorre inserire come input, oltre alle temperature dei diversi stadi, la portata di alimentazione circolante nel primo effetto. Avendo a disposizione quel valore si ha automaticamente in output la portata di acqua dissa- lata ottenuta al giorno, la portata di acqua di alimentazione necessaria e la potenza scambiata in ogni evaporatore. Infatti, a partire dal valore di ˙mf,1, si calcolano i

• ˙mb,1 = ˙mf,1· Sf/S1,max: portata della brina uscente dal primo effetto, impo-

nendo la salinit`a della stessa pari alla massima consentita, ottenuta dall’e- quazione (4.5);

• ˙mev,1 = ˙mf,1− ˙mb,1: portata di acqua dissalata prodotta nel primo effetto;

• ˙Q1 = ˙mev,1λ1+ ˙mf,1cp(Tb,1− Tf): potenza necessaria per riscaldare l’acqua di

alimentazione fino alla temperatura dell’effetto e per far evaporare la quota calcolata al passo precedente;

• ˙Q2 = ˙mev,1λ1 + ˙mb,1cp(Tb,1 − Tb,2): calore scambiato nell’evaporatore del se-

condo effetto, ottenuto dal contributo della condensazione del vapore formato nel primo stadio e dal raffreddamento della brina;

• ˙mev,2 = ( ˙Q2 − ˙mf,2cp(T2 − Tf))/λ2: calcolata facendo variare la portata di

alimentazione in ingresso al secondo effetto ˙mf,2 da 72 a 252 kg/h, con passi

di 3.6 kg/h. Si ottengono quindi 50 valori di portata di acqua evaporata nel secondo effetto al variare dei 50 valori di acqua di alimentazione;

• ˙mb,2 = ˙mf,2+ ˙mb,1− ˙mev,2;

S2 = ( ˙mf,2Sf+ ˙mb,1S1)/ ˙mb,2: allo stesso modo si trovano 50 valori della brina

in uscita dal secondo effetto e la salinit`a corrispondente;

• ˙mb,2,max = ( ˙mf,2Sf + ˙mb,1S1)/S2,max: portata di brina corrispondente alla

massima salinit`a accettabile in uscita.

Tra tutti i valori di portata di alimentazione ipotizzati si sceglie quello che, con la potenza termica a disposizione, consente di ottenere in uscita brina con la salinit`a maggiore consentita; conoscendo tutte le portate che influenzano il secondo effetto `e possibile ripetere la procedura analogamente per gli stadi successivi.

Facendo quindi variare la portata entrante nel primo evaporatore si ottiene immediatamente la portata totale di acqua dissalata al giorno, insieme a numerosi altri parametri necessari per il dimensionamento del sistema mostrati in Tabella 4.1 al variare della TBT. Come atteso, all’aumentare della TBT diminuisce sia il PR che l’area di scambio necessaria: sono quindi necessari scambiatori con area minore e pi`u convenienti, ma numero di collettori maggiore.

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