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SESSIONI PRESENTAZIONI POSTER ANESTESIA

Nel documento AbstractBook SIAARTI 2015 (pagine 116-126)

NEUROANESTESIA CON RESTRIZIONE FLUIDICA PER NEUROCHIRURGIA SOVRATENTORIALE: STUDIO CLINICO RANDOMIZZATO DI FATTIBILITÀ

M. Diamanti, G. Gentili, M. Zanello

Anestesia e Rianimazione - IRCCS Istituto Scienze Neurologiche Ospedale Bellaria, Bologna, Italy

Introduzione. Crescenti evidenze sperimentali dimostrano come lʼeccesso di fluidi infusi nel perioperatorio possa correlare con un peggioramento dei principali indicatori di esito postchirurgico, quali lʼincidenza di complicanze e la durata della degenza ospedaliera. Da qui, il diffondersi del principio di fluidoterapia restrittiva, finalizzata ad evitare ogni sovraccarico fluidico nellʼottica del mantenimento del cosiddetto “bilancio zero”. La gran parte degli studi in proposito deriva i propri dati dal contesto della chirurgia addominale, mentre esistono altri ambiti, quale quello neurochirurgico, in cui lʼapplicabilità di questi nuovi principi non è stata indagata. Si tratta di una lacuna importante, poiché in neurochirurgia il ruolo della fluidoterapia è ancora più centrale, essendo determinante nel mantenimento della volemia, e quindi della pressione di perfusione cerebrale, e dellʼosmolarità plasmatica, primario fattore di regolazione dello scambio di liquidi fra lo spazio intravascolare e il tessuto neuronale.

Metodi. Uno studio di fattibilità è stato condotto su trenta pazienti sottoposti ad intervento neurochirurgico per patologia sovratentoriale e randomizzati in due gruppi, differenti per regime fluidoterapico di mantenimento intraoperatorio: 2 ml/kg/h nel gruppo R (restrittivo) contro 6 ml/kg/h nel gruppo S (standard, considerato gruppo di controllo). Per entrambi i gruppi sono stati previsti interventi specifici e protocollati con fluidi supplementari o farmaci vasoattivi in caso di alterazioni emodinamiche e/o della diuresi.

Risultati. I due gruppi sono risultati comparabili per caratteristiche basali e intraoperatorie, in particolare per comorbidità e tempi chirurgici e anestesiologici. Il bilancio idrico intraoperatorio è risultato nettamente più positivo nei pazienti del gruppo S (ml, media±deviazione standard - SD: 1689.5±806.9 versus 843.3±445.8, p<0.002). In fase intraoperatoria, nessuna differenza è stata rilevata nella diuresi oraria, nei valori di pressione arteriosa media, né nelle necessità di fluidi supplementari o farmaci vasoattivi a sostegno dellʼemodinamica o a compenso di oliguria. Lʼanalisi delle variabili di perfusione tissutale misurate sul sangue arterioso nelle diverse fasi dellʼintervento (pHa, eccesso basi - BE, concentrazione di lattati e di bicarbonati) non ha mostrato significative differenze fra i gruppi; i pazienti del gruppo R hanno però presentato una minore riduzione del pHa e del BE fra lʼinduzione dellʼanestesia e il risveglio (δpHa, media±SD, -0.06±0.06 nel gruppo R versus -0.12±0.07 nel gruppo S, p<0.02; δBE, mmol/l, media±SD: -3.59±1.3 nel gruppo R versus -4.85±1.75 nel gruppo S, p<0.04). Lʼandamento postoperatorio di creatininemia, cortisolemia ed indici di flogosi non ha mostrato differenze fra i gruppi, così come la risposta e la variabilità glicemica. La canalizzazione e la rialimentazione sono avvenute in tempi sovrapponibili. La durata della degenza, totale e in terapia intensiva postoperatoria, sono risultate non differenti, così come lʼincidenza di complicanze.

Conclusioni. La restrizione fluidica intranestetica in neurochirurgia craniotomica non è risultata penalizzante né in termini di emodinamica e perfusione tissutale, né rispetto alla funzionalità renale e alla risposta allo stress; in questo senso, la fattibilità è stata dimostrata, e permette lʼavvio di ricerche ulteriori finalizzate primariamente ad approfondire se il mancato impatto della strategia di idratazione sulle variabili di outcome, rilevato in questo studio ma in contrasto con la letteratura, possa essere spiegato dalle peculiarità del contesto neurochirurgico.

CORRELATION BETWEEN PROGNOSTIC FACTORS, ICU TREATMENT AND FUNCTIONAL OUTCOME IN ANEURYSMAL SUBARACHNOID HEMORRHAGE: A RETROSPECTIVE STUDY

M. Pegoli 1, C. Bortolotti 2, A. Dormi 3, M. Zanello 1, 3

1 UOC Anestesia e Rianimazione, Ospedale Bellaria IRCCS istituto delle Scienze Neurologiche - AUSL di

Bologna, Bologna, Italy, 2 UOC Neurochirurgia, Ospedale Bellaria IRCCS istituto delle Scienze Neurologiche - AUSL di Bologna, Bologna, Italy, 3 Università di Bologna, Bologna, Italy

Object. Subarachnoid hemorrhage (SAH) is burden with high mortality and morbidity worldwide: about a quarter of patients die and about half of those who survive hesitate in persistent neurological deficits. Although SAH incidence has been stable over time and the average age of onset is increased SAH fatality rate has dropped by about 17 % in the last three decades with 65 % of patients who survive. Also the average functional outcome is improved mainly due to improved ICU and surgical/endovascular treatment. In this study, the authors investigated a correlation between clinical variables and therapeutic consolidated and functional outcome. Methods. This study examines a retrospective cohort of patients with aSAH admitted to the Intensive Care Center of Neurological Sciences Institute of Bologna (ISNB) - IRCCS Ospedale Bellaria AUSL Bologna (Italy) between 2007 and 2013. Assessment of the degree independency or of cognitive and functional impairment from 4 and 12 months after the acute event expressed according to the modified Rankin Scale (mRS) was considered primary endpoint. Surrogate endpoint is the correlation between functional outcome and the clinical, radiological and medical history of the patient.

Results. 158 eligible patients were identified during the study period, 108 identified with 1 year follow up. Mean age was 59.2 (± 7) years, 114 (72 %) are women. It was observed a good degree of independency without cognitive and functional deficits, expressed as mRS 0 and 1 in 72 patients (45 %). In particular mRS 0 in 29 patients (18%) and mRS 1 in 42 (27 %). 27% of the population reported a mild to moderate degree of disability (mRS 2 14 % and 13 % mRS 3). Finally, 22% of patients surveyed hesitated in severe disability ( mRS 4 14% and 8% mRS 5). The hospital mortality was 28 % with 38 patients died (mRS 6). On univariate analysis indicators of severity of bleeding such as high World Federation of Neurosurgical Societies grade, presence of intraventricular hemorrhage, subdural hematoma and symptomatic hydrocephalus; advanced age; complications such as DCI, signs of radiological infarction, rebleeding and anemia have been associated with higher probability to achieve a not-optimal outcome. Multivariate logistic regression analysis shows a strong association between good outcome and patient clinical state after neurological resuscitation, absence of radiological infarctions on final brain imaging and younger age.

Conclusions. aSAH recovery is a long and gradually over time process. A substantial proportion of patients, especially those who have maintained clinical and neurological good conditions, can achieve a complete functional recovery with no or minimal residual symptoms and return to a life substantially the same as before the acute event. It is therefore essential a prompt and effective treatment to prevent and correct modifiable factors of poor outcome.

Keywords. Subarachnoid hemorrhage; outcome; prediction; prognosis; mRS = modified Rankin Scale; neuro – ICU; SAH incidence; SAH mortality; neurological resuscitation.

AWAKE SURGERY IN NEUROCHIRURGIA: CASE REPORT

J. Palumbo, M. Farina, M. Ilardo, F. Terranova, S. Priolo, F. Urso, E. Tringali, M. Astuto

Università degli studi di Catania, Catania, Italy

Introduzione. Lʼawake, anestesia cosciente, è una tecnica che consente di mantenere unʼ adeguata sedazione, analgesia, stabilità emodinamica e respiratoria in pazienti svegli, sottoposti ad intervento neurochirurgico, capaci così di collaborare durante la valutazione neurologica intraoperatoria. È utilizzabile solo in particolari condizioni correlate sia alla lesione (sede, dimensioni, area funzionale interessata) che al paziente, il quale deve essere adeguatamente preparato e collaborante. Questa tecnica, che recenti studi dimostrano non essere controindicata nei casi di aumentata pressione intracranica, permette di massimizzare la quantità di lesione asportabile, di ridurre il rischio di eventuali deficit neurologici, e diminuire la necessità di ricovero in ICU. Sono descritte in letteratura due principali varianti: la awake-awake-awake, in cui il paziente rimane cosciente, ma sedato, per tutta la durata dellʼintervento; la asleep-awake-asleep, in cui il paziente viene indotto in anestesia generale durante la craniotomia, svegliato per permettere la valutazione neurologica cognitiva, e nuovamente indotto in anestesia generale fino a fine intervento.

Materiali e metodi. donna di 33 anni, 56 Kg di peso e 168 cm di altezza, ASA III, affetta da cavernoma sottocorticale in regione motoria sinistra. La tecnica scelta è stata la “awake-awake-awake”. Allʼarrivo in sala operatoria è stato somministrato midazolam alla dose di 0,03 mg/Kg, successivamente è stata effettuata lʼinfiltrazione, per tumescenza, dellʼanestetico locale nel cuoio capelluto; nelle zone di incisione per la craniotomia si è utilizzato come anestetico locale chirocaina 75 mg di in un volume di 20 mL, mentre 100 mg di lidocaina e 20 mg di naropina, in un volume di 20 mL, sono stati usati per le aree di fissione cutanea della corona del Meyfield. La sedazione è stata effettuata con 50 mcg di fentanyl, propofol a 0,3 mcg/mL su sito effettore e remifentanyl alla dose 0,04 mcg/Kg/min. Lʼanalgesia è stata garantita con morfina 5 mg e paracetamolo 1g somministrati durante il periodo intraoperatorio, seguito nel postoperatorio da 15 mg di morfina e 90 mg di ketorolac in elastomero a 2 mL/h con per 30 h.

Risultati. La paziente è rimasta cosciente e collaborante durante tutto lʼintervento, ottenendo un Ramsay score tra 2 e 3. Tale livello di sedazione ha permesso di valutarne le capacità cognitive, tramite immagini proiettate su un monitor, calcoli matematici semplici e complessi, e comandi motori. I parametri emodinamici si sono mantenuti stabili e non si sono riscontrate complicanze nel periodo postoperatorio. La paziente è stata dimessa 5 giorni dopo lʼintervento senza sequele neurologiche.

Conclusioni. La tecnica proposta si è mostrata efficace e sicura per lʼottimale livello di sedazione raggiunto, la stabilità emodinamica ed il controllo analgesico ottenuti, permettendo la massimizzazione dellʼarea di resezione, minimizzando il rischio di deficit neurologico e di ricovero in terapia intensiva.

ENDOSCOPIC SURGERY ON IVH AS A POSSIBLE MEAN TO DECREASE VP SHUNT – A CASE REPORT E. Guerra 1, S. Baroni 2, A. Marudi 2, E. Bertellini 2

1 Università Modena e Reggio Emilia, Modena, Italy, 2 AUSL Modena, Modena, Italy

Introduction. Intraventricular haemorrhage (IVH) with development of hydrocephalus is generally treated with external ventricular drain (EVD) placement. Endoscopic surgery for hydrocephalus is an emerging technique for treatment in order to shorten the duration of ICU stay1 or to decrease the rate of permanent VP shunt2.

Methods. Case report on 3 patients admitted for IVH. Patient1, female, age 68; Patient2, male, age 49; Patient 3, male, age 79. They all were admitted to our Unit for IVH plus hydrocephalus and an EVD was placed on the admission day. All of them had endoscopic surgery during ICU stay. The aim of the report is to enforce the concept that endoscopic surgery could reduce the need of permanent VP shunt2.

Data. All the patients had the clot removed through neuroendoscopy and EVD left closed in place after surgery. The CT scan at admission and the postoperative image can be seen in Image1. The grade of hydrocephalus was assessed through intracranial pressure monitoring; EVD was opened to drain after surgery on the basis of an abnormal ICP. Patient1 was treated with surgery 24 hours after admission and never needed to start drainage of liquor; EVD was removed in 9 days after endoscopy. Patient 2 was treated with endoscopy after 8 days of EVD; after clot removal three days of EVD were need and it was removed after 7 days from surgery. Patient 3 had surgery at the day of admission. He still needs to keep EVD in place 8 days after surgery due to persistent haemorrhage. We think that after haemorrhage solution he may not need VP shunt. Patient 1 and 2 had no need of VP conversion.

Conclusions. The short need of EVD drainage in Patient 1 and 2 shows that washout surgery could really decrease the grade of hydrocephalus treating the causes underlying. Endoscopic washout surgery plus EVD for IVH could be also a mean to reduce permanent VP shunt, as found in literature2. The Further studies are needed in order to confirm these data3 and to asses the impact on patient's outcome of the treatment.

Bibliography:

1 Chen CC et al. World Neurosurg. 2011;75:264-8; 2 Basaldella L et al. Neurosurg Focus. 2012;32:E4 ; 3 Luther N et al. World Neurosurg. 2011;75(2):209-10.

UTILIZZO DELLA DEXMEDETOMIDINA DURANTE INTERVENTI DI CIFOPLASTICA PERCUTANEA IN NEUROCHIRURGIA: NOSTRA ESPERIENZA

A. Fruncillo 1, G. Borrelli1, F. Gargano 1, S. D'Oria 3, M. Natale 3, M. Scafuro 2

1 Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione - Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli, Italy, 2 Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell'Emergenza - Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli, Italy, 3 Unità Operativa di Neurochirurgia - A.O.R.N. dei Colli, Napoli, Italy

Introduzione. Le fratture dolorose da cedimento vertebrale, provocate nella maggior parte dei casi da osteoporosi, inducono disabilità ed un aumento della normale curvatura dorsale del rachide (cifosi patologica). Tale “cifotizzazione” oltre a determinare unʼalterazione della biomeccanica vertebrale, va ad inficiare anche la normale meccanica respiratoria, causando unʼespansione viziata della gabbia toracica. La cifoplastica percutanea prevede lʼiniezione di PMMA a bassa pressione in una cavità preformata, consentendo il ripristino dellʼaltezza del corpo vertebrale, con una riduzione della cifosi e miglioramento della meccanica respiratoria. Obiettivo. Obiettivo dello studio è stato garantire, attraverso lʼinfusione continua di dexmedetomidina, il controllo del profilo emodinamico, ventilatorio, analgesico e ansiolitico del paziente durante cifoplastica percutanea. Materiali e Metodi. Presso il DAS di neurochirurgia della SUN da maggio 2014 a maggio 2015 sono stati valutati 35 pazienti di età compresa tra 58 e 82 anni, candidati a cifoplastica. Sono stati criteri di inclusione: frattura vertebrale dolorosa da osteoporosi primaria o secondaria, lacune osteolitiche neoplastiche o traumatiche, non responsività alla terapia farmacologica. Sono stati criteri di esclusione: rottura del muro posteriore, vertebra plana, gravidanza, anomalie della coagulazione, osteomielite, frattura occorsa da più di 6 mesi, neoplasie vertebrali osteoblastiche, compressione di strutture nervose adiacenti, ostonecrosi, incongruità livello frattura/dolore, mancanza di edema osseo alla RM-STIR, storia di disturbi psichiatrici, blocco cardiaco avanzato (grado 2 e 3), DM.

Caratteristiche dei pazienti: 30 affetti da osteoporosi primaria, 2 affetto da osteoporosi secondaria a Cushing, 3 con frattura traumatica.

Protocollo di analgosedazione: Midazolam 5mg s.l.

Fentanest 1mcg/kg

Dexmedetomidina in infusione continua 0,4 mcg/kg/h

Infiltrazione di anestetico locale del sito chirurgico con carbocaina al 2%

Sono stati monitorizzati in continuo: PA, FC,ECG ed Sp02. Sono stati inoltre effettuati stick glicemici di controllo a inizio e fine intervento. La procedura è stata condotta con i pazienti in posizione prona, in respiro spontaneo con lʼausilio di occhialini nasali e 02 a 3lt/min.

Risultati. La velocità di infusione della dexmedetomidina è stata titrata durante gli interventi per ottenere il livello di sedazione appropriato e per 21 pazienti è stato necessario raggiungere una velocità di infusione di 0,7 mcg/kg/h. Per nessun paziente si è resa necessaria una assistenza ventilatoria. In nessun paziente sono stati necessari interventi di correzione della glicemia. In 3 pazienti si è avuta una moderata bradicardia che non ha necessitato di trattamento farmacologico, in 1 paziente è stato necessario infondere atropina 0,01 mg/kg e 5 pazienti hanno presentato un episodio ipotensivo risolto riducendo la velocità di infusione. In nessun paziente è stato necessario infondere dosi suppletive di oppiodi e/o altri analgesici.

Conclusioni. I risultati ottenuti sono stati davvero incoraggianti ed evidenziabili fin dalle prime fasi della procedura. Riteniamo pertanto che tale approccio anestesiologico possa rappresentare un valido strumento per garantire ai pazienti candidati a questo tipo di intervento: stabilità emodinamica, ridotta infusione di farmaci oppioidi e di anestetici evitando i rischi da sovra e sottodosaggio e,soprattutto, una ventilazione fisiologica senza necessità di gestione avanzata delle vie aeree nonostante la posizione prona intraoperatoria e le alterazioni meccaniche ventilatorie determinate dalla patologia di base.

UTILIZZO DEL MONITOR ANI (ANALGESIA-NOCICEPTION-INDEX) IN NEUROCHIRURGIA A. Fruncillo 1, D. De Divitiis 1, R. Napodano 1, G. Borrelli1, C. Galizia 1, M. Barberio2, M. Scafuro 2

1 Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione - Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli, Italy, 2 Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell'Emergenza - Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli, Italy

Introduzione. Il monitoraggio ANI (Analgesia-Nociception-Index) fornisce in maniera non invasiva un indice del bilancio nocicezione/antinocicezione attraverso unʼanalisi della variabilità della frequenza cardiaca (HRV), espressione indiretta del tono parasimpatico. Durante lʼinspirazione e lʼespirazione, stimoli provenienti dai centri bulbari causano ciclicamente variazioni del numero di impulsi trasmessi al cuore attraverso le vie nervose ortosimpatiche e parasimpatiche, con conseguenti variazioni della FC, realizzando quella che viene definita aritmia sinusale respiratoria. Tutte le vie del dolore afferenti al SNC hanno importanti effetti sul tono parasimpatico, ed è fondamentale pertanto mantenere stabile il piano analgesico evitando di sottodosare o di sovradosare i farmaci oppioidi.

Obiettivo. Lʼobiettivo è stato valutare lʼutilità dellʼANI durante TIVA/TCI in pazienti sottoposti ad intervento di laminectomia, ed in particolare di verificare la capacità del monitor di prevedere alterazioni di tipo emodinamico. Materiali e Metodi. mPresso il reparto di Neurochirurgia della SUN, da gennaio 2015 a giugno 2015, è stato valutato lʼutilizzo dell'ANI su 40 pazienti sottoposti a laminectomia.

È stato utilizzato il seguente protocollo anestesiologico: Premedicazione: midazolam 5mg s.l.

Induzione: propofol 1-2 mg/kg e.v., fentanest 1-2 mcg/kg, rocuronio 0,6 mg/kg

Mantenimento: propofol 2-6 mg/kg/h, remifentanyl 0,25 µg/kg/min titrati in relazione allʼemodinamica, rocuronio 10mg (T2 al TOF) .

I dati fornitici dal monitor ANI sono stati raccolti prima dellʼinizio della stimolazione chirurgica, al taglio cute, allʼincisione muscolare e alle manipolazioni della dura madre.

Criteri di Esclusione: fibrillazione atriale; pacemaker; utilizzo di amine Criteri di Inclusione: pazienti in ritmo sinusale, età 30-60 anni

É stata considerata significativa ai fini dello studio una variazione dellʼindice ANI medio > 10 e, nei dieci minuti successivi, ogni variazione della frequenza cardiaca e della pressione sistolica > 20% (Reazione emodinamica). Per lʼanalisi statistica abbiamo utilizzato un test del χ² (p=0,05).

Risultati. Nelle prime fasi dell'intervento abbiamo registrato modifiche dell'indice ANI > 10 anche in assenza di stimolazioni algiche. Al taglio cute e durante lʼincisione della fascia muscolare abbiamo registrato variazioni dellʼindice ANI > 10 in 28 pazienti e in 25 una successiva reazione emodinamica. In 3 dei 12 pazienti in cui non abbiamo registrato variazioni significative dellʼANI cʼè stata una reazione emodinamica. In 9 pazienti su 40 arruolati non abbiamo registrato variazioni significative dellʼANI e reazioni emodinamiche successive (p<0,001). Fin dalle prime manipolazioni della dura madre abbiamo registrato variazioni significative dellʼANI in 28 pazienti e in 26 di questi si è verificata una reazione emodinamica nei successivi 10 minuti. In 2 dei 12 pazienti in cui non abbiamo registrato variazioni significative dellʼANI cʼè stata una reazione emodinamica. In 10 pazienti su 40 non abbiamo registrato variazioni significative dellʼANI e reazioni emodinamiche successive (p<0,001).

Conclusioni. Lʼutilizzo del monitor ANI rappresenta un valido aiuto nella gestione della componente antalgica nei pazienti sottoposti ad intervento di laminectomia in TIVA/TCI, procedura nella quale risulta di fondamentale importanza il mantenimento di unʼadeguata stabilità emodinamica a fronte di stimoli chirurgici di intensità variabile nelle varie fasi dellʼintervento. Si evince, infine, una ridotta attendibilità dellʼANI nelle fasi iniziali dellʼintervento, così come nelle analgosedazioni.

DEXMEDETOMIDINA PER LA SEDAZIONE POSTOPERATORIA IN NEUROCHIRURGIA

D. De Divitiis 1, A. Fruncillo 1, F. Chiumiento2, D. Smaldone1, F. Gargano 1, G. Borrelli1, M. Barberio2, R.

Napodano 1, M. Scafuro 2

1 Scuola di Specializzazione in Anestesia e Rianimazione - Seconda Università di Napoli, Napoli, Italy, 2 Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell'Emergenza - Seconda Università di Napoli, Napoli, Italy

Background. La dexmedetomidina è un agonista alfa2 adrenergico altamente selettivo costituito esclusivamente dallʼisomero destrogiro della medetomidina con il vantaggio di ridurre il carico metabolico epatico, lʼinterazione con altre molecole e la manifestazione di effetti indesiderati. La dexmedetomidina inibisce la produzione di cAMP e riduce lʼentrata del Ca2+ nelle terminazioni nervose con una selettività alfa2/alfa1 superiore rispetto alla clonidina. Lʼattivazione dei recettori alfa2 presinaptici determina una diminuzione della liberazione di noradrenalina e la sedazione è mediata dallʼeffetto sui recettori alfa2 adrenergici del locus coeruleus. Recettori alfa2 adrenergici sono presenti anche nel midollo spinale, responsabili dellʼeffetto analgesico e nelle isole pancreatiche, dove, antagonizzando la liberazione di insulina, causano iperglicemia. Recettori sono presenti anche a livello renale dove, antagonizzando lʼazione dellʼormone antidiuretico, promuovono la diuresi. Inoltre, se non somministrata a dosi particolarmente elevate, gli effetti sullʼattività respiratoria sono pressoché trascurabili. Obiettivo. Obiettivo dello studio è stato garantire, attraverso lʼinfusione continua di dexmedetomidina, il controllo dello status emodinamico, analgesico e ansiolitico del paziente durante le 24h successive allʼintervento.

Materiali e Metodi. Sono stati arruolati 30 pazienti (18M e 12F), nel periodo Maggio 2014-Aprile 2015, presso il DAS di Neurochirurgia della SUN, candidati ad intervento neurochirurgico per neoplasie della fossa cranica anteriore e media, stabilizzazioni vertebrali ed ernie del disco cervicali.

Criteri di inclusione: età 40-70 anni, ASA I-II-III

Criteri di esclusione: ASA IV, storia di disturbi psichiatrici, blocco cardiaco avanzato (grado 2 e 3), DM.

Per tutti i pazienti è iniziata in recovery room la somministrazione endovenosa continua di dexmedetomidina alla dose di 0,4 mcg/kg/h ed è stata condotta per 24h. Sono stati monitorizzati in continuo: PA, FC,ECG ed Sp02. Sono stati inoltre effettuati stick glicemici di controllo ogni 8h.

Risultati. Per 6 pazienti è stato necessario modificare la velocità di infusione fino ad un massimo di 0,8 mcg/kg/h

Nel documento AbstractBook SIAARTI 2015 (pagine 116-126)

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