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15 5 settembre 2004 Ebraismo ed educazione

Quest’anno la Giornata ha consentito al pubblico di scoprire il patrimonio culturale e storico dell'ebraismo. Questo tema ha permesso un nuovo approccio all'eredità ebraica, in cui la trasmissione dell'insegnamento religioso a tutte le generazioni e l'esperienza di vita comunitaria e familiare hanno posti cruciali36.

Una delle parole chiave della Giornata Europea della Cultura Ebraica è “porte aperte”, dicitura che, apparentemente, è in contraddizione con il tema di quest’anno: “apertura” significa inclusione onnicomprensiva, mentre è risaputo che l’educazione

ebraica riguarda fondamentalmente i soli appartenenti a tale comunità. La realtà della questione, tuttavia, è più sfumata di quello che si potrebbe pensare: l’obiettivo della Giornata di quest’anno è quello di far assaporare a tutti l’atmosfera dei luoghi ebraici, anche solo per un giorno.

La domanda sorge spontanea: è sensato offrire l’educazione ebraica anche a chi

36 The European Association for the Preservation and Promotion of Jewish Culture and Heritage:

https://www.jewisheritage.org/web/

Figura 4. Poster Giornata Europea della Cultura Ebraica

30 non è ebreo? La risposta dipende dalle intenzioni e dalle circostanze, ed è chiaramente positiva se lo scopo è quello di stimolare la curiosità, la ricerca, la conoscenza e, perché no, l’apprezzamento reciproco.

La fonte principale da cui attingere per comprendere i dettami fondamentali su cui si fonda l’educazione ebraica è la Torah (parola che, in italiano, è traducibile come “insegnamento”), lo studio della quale - sia scritto che orale - è finalizzato ad apprendere e assimilare i concetti necessari per condurre uno stile di vita costumato, nel rispetto della normativa. All’interno del testo, infatti, sono racchiuse una serie di normative (Halachah), nozioni e regole di comportamento finalizzate allo sviluppo della consapevolezza dell’identità ebraica. Non si tratta di teorie sistematiche, quanto piuttosto di una serie di episodi, esempi e racconti (Haggadah) che, con le loro implicazioni metaforiche e allegoriche, possono costituire preziose fonti di ispirazione che favoriscono l’immedesimazione e facilitano la comprensione dei valori.

La Torah stabilisce che le informazioni recepite vengano diffuse e insegnate agli altri. Chi veicola il testo sacro è paragonato ad un padre che trasmette il sapere ai propri figli, in quanto l’educazione fornita da una figura autorevole è un potentissimo strumento di influenza, da utilizzare con giudizio.

I genitori sono coloro che danno avvio alla formazione dei propri figli, processo che viene messo in pratica tramite il dialogo, il confronto e la ripetizione dei precetti (mitzvoth), in modo tale che l’assimilazione avvenga con successo. Non si tratta di dogmi rigidi e incontestabili: possono essere continuamente riesaminati e interpellati per ricercare nuovi significati. Le nozioni trasmesse non riguardano solamente una serie di dettami e regole da osservare, ma si tratta anche - e soprattutto - di insegnamenti che hanno lo scopo di aiutare la concretizzazione di una personalità consapevole, fornendo i primi strumenti di aiuto all’elaborazione autonoma.

L’ebraismo ha sempre considerato di estrema importanza la formazione delle nuove generazioni, obiettivo che non poteva essere portato a termine unicamente dai genitori, specialmente se la famiglia viveva in una condizione di ristrettezza economica. Uno dei meriti di Jehoshua Ben Gamla è stato quello di fondare una sorta di “scuola dell’obbligo”, in modo tale che chiunque potesse aver accesso a un’istruzione adeguata (Talmud Bavà Batrà, 21a). Non tutti, infatti, possiedono le doti necessarie per insegnare correttamente ed efficacemente. Un maestro abile, per esempio, è consapevole di doversi focalizzare principalmente sui giovani, rappresentazione del futuro e garanzia di trasmissione della dottrina.

31 Il maestro, solitamente, è colui che insegna, mentre l’allievo colui che apprende. Nella tradizione ebraica, in realtà, questo meccanismo viene capovolto: il maestro è sì colui che svolge un ruolo attivo come tramite di conoscenza, ma l’allievo è costantemente stimolato a formulare nuove domande e ad intavolare nuovi argomenti, portando a risposte sempre diverse. In tal modo, anche il maestro ha sempre qualcosa da imparare, tenendo a mente che non esiste un’unica impostazione educativa valida per tutti e che il suo approccio deve essere mirato allo sviluppo del proprio studente, orientando le sue inclinazioni e aiutandolo a compiere le proprie scelte.

Anche il Chavruta (il compagno di studi) contribuisce all’approfondimento dello studio, esortando il compagno ad interrogare le proprie convinzioni e a mettere costantemente in discussione i propri argomenti.

È evidente che lo scopo dell’educazione talmudica sia quello di incentivare la formulazione di domande continue che, se non trovano risposta immediata, sicuramente verranno rielaborate dalle generazioni future.

L’ebraismo considera il momento formale dell’apprendimento e quello informale delle relazioni sociali come fortemente interrelati. L’istruzione, infatti, si concretizza nell’azione pratica e nella messa in atto degli insegnamenti appresi: la piena comprensione dei valori morali ed educativi avviene attraverso l’esperienza personale, seguendo un approccio pragmatico che va al di là del mero studio teorico.

Si tratta di un meccanismo che si realizza in ogni contesto, specialmente all’interno della casa, nucleo della vita ebraica e luogo principe di apprendimento e formazione identitaria. Il comportamento a tavola, in particolare, rappresenta la materializzazione di un modello di condotta (vedi capitolo V.14).

In conclusione, nonostante le vicissitudini che lo hanno posto di fronte a un confronto continuo con diversi ambienti geografici e culturali, il popolo ebraico si è dimostrato in grado di mantenere intatta l’unitarietà dei propri principi, pur dando prova della sua capacità di adattamento e dell’intenzione di fare tesoro delle relazioni intessute nel tempo, nel rispetto e nell’arricchimento reciproco. Tale approccio ha comportato non solo la formazione di un meccanismo di salvaguardia della propria peculiarità identitaria al fine di contrastare le molteplici generalizzazioni pregiudiziali, ma anche la creazione di una rete che favorisca un dialogo onnicomprensivo intriso

32 di solidarietà, promuovendo la giustizia sociale nell’interesse collettivo37.

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