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Un paradosso s’avanza da quanto appena detto: auspicando

un dialogo con la filosofia McCarthy chiama in causa la questio- ne del free will che, invece, nei filosofi che si interessano di in- telligenza artificiale manca perché essi sono più interessati al funzionamento della mente e al determinismo delle azioni. Per-

ciò – ed ecco il paradosso – quando si chiede “chi decide?” si

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ligenza artificiale, interessa meno la filosofia e più altre discipli-

ne. Ora, tale interesse interdisciplinare prova che la questione–

se posta in modo astratto– non interessa né, dunque, riceve ri-

sposta. Si tratta, invece, di una questione che si pone soltanto“in

concreto” e che soltanto l’incrociarsi di discipline e metodi di-

versi chiariscono. Si dovrà dunque concludere che il paradosso di cui si è detto conduce fuori dalla filosofia? No, semplicemen- te invita a cercare in essa quegli utensili con i quali la filosofia si investe in un dialogo interdisciplinare nel quale, per la natura

stessa delle questioni che affronta“in concreto”, non può essere

la sola a rispondere, né la sua risposta può bastare. Non si tratta dunque di rinunciare alla filosofia ma di tornare a ciò che di ori- ginale essa ha e può dare. E trattandosi della volontà libera e del- la libertà che intervengono nella decisione, ciò che la filosofia ha da dire e offrire non è poca cosa. Lo mostra un passo della Cri- tica della ragion pura di Immanuel Kant che ci permetterà di compiere quel passo in avanti fino a ora mancato.

Nessuno potrebbe contestare lo stretto legame tra la decisio-

ne e il soggetto che la definisce“sua” (come nei casi in cui di-

ciamo:“questa è la mia decisione” o “questa decisione è mia”).

E poiché decidere è agire, quando si tratta di decisione è fino al-

la questione“chi agisce?” che occorre retrocedere, ossia fino a

quel punto originario che Kant affronta nelle Antinomie. Esse ri-

guardano quell’insieme dei fenomeni che chiamiamo “mondo” o

“cosmo” (da cui la loro definizione di “antinomie cosmologi- che”) e sono tutte costituite da una tesi e un’antitesi irrisolvibili perché mancanti di un’intuizione che le confermi o smentisca.

Kant ne enuncia quattro e la terza recita così9:

Tesi Antitesi

La causalità secondo le leggi della natura non è l’unica dalla quale i fe- nomeni del mondo, nel loro insieme, possano essere derivati. Per la loro spiegazione è necessario ammettere anche una causalità mediante libertà

Non vi è alcuna libertà, ma tutto nel mondo accade secondo leggi della natura

9I. KANT, Critica della ragion pura, trad. C. Esposito, Milano, 2012, p. 677.

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Nell’un caso (tesi) si afferma che le cause naturali non ba-

stano a spiegare l’insieme dei fenomeni e che occorre introdurre

una spontaneità che causa l’insieme dei fenomeni; nel secondo

caso invece (antitesi) si afferma che non c’è alcuna causa che

sia altra dalla natura e che dunque nessun fenomeno accade a prescindere da cause naturali. Detto altrimenti, il fatto che vi sia o meno una causalità mediante libertà (va precisato che il problema si pone nel contesto della fisica newtoniana che Kant

conosceva) non è mostrato da alcun fenomeno“esperibile”.

In quanto detto c’è tuttavia un argomento che per Kant è

“inaggirabile” e che egli spiega nel modo che rapidamente rias- sumiamo. Nello spiegare la Tesi, egli precisa innanzitutto che

l’idea trascendentale della libertà, ossia l’idea che la causalità

secondo natura non sia la sola e che occorra ammettere anche una causalità libera, non coincide con la libertà psicologica del singolo ma è ben più ampia perché riguarda la possibilità di af-

fermare «l’assoluta spontaneità dell’azione»10. Tale possibilità

non è, certo, l’azione che ciascun singolo compie ma è la condi-

zione per cui ciascuno può essere libero. Ora, tale libertà tra- scendentale va intesa «come il vero e proprio fondamento di im-

putabilità dell’azione»11 sebbene, così facendo, «essa costitui-

sce la vera e propria pietra dello scandalo di tutta la filosofia, la quale trova difficoltà insuperabili ad ammettere una tale spe-

cie di causalità incondizionata»12.

È dunque“pietra dello scandalo” il fatto che la libertà uma-

na sia possibile soltanto a condizione che una libertà incondizio- nata si dia; a condizione che si dia, cioè, una libertà prima e as-

soluta, la quale costituisce la possibilità stessa che l’azione sia

imputabile a me. Il che equivale a dire che il motivo per cui un’azione “è la mia” non ha la sua condizione di possibilità nel-

l’azione stessa ma in una libertà che, in un certo qual senso, la

supera perché è non soltanto libertà del singolo ma è“libertà tra-

scendentale” e tale perché nel mondo si danno eventi che acca-

dono per una spontaneità assoluta. Ancora, tale perché vi sono delle serie di fenomeni che, sebbene una volta che siano iniziate

procedono secondo leggi naturali, iniziano per un’originale e

previa spontaneità. In definitiva, se non vi fosse questa libertà

10Ibidem, p. 681, Osservazioni sulla terza antinomia. 11Ibidem.

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che coinvolge ogni fenomeno pur non essendo essa stessa un “fenomeno manifesto e oggettivo”, un’azione non sarebbe impu- tabile a me o ad altri.

Ma non è forse questa proprio l’esigenza manifestata da

McCarthy quando chiede alla filosofia l’aiuto per affrontare la

questione del free will? Probabilmente sì, e affrontarla mostra che, qualunque sia il modello (filosofico o ingegneristico) per cui si opta, un punto è inaggirabile: l’azione deve essere impu-

tabile a“qualcuno” e questa è la specificità dell’agire che anche

la scienza robotica ricerca. Ora, decidere è anche agire e tale

verbo va assegnato ed esteso a chiunque agisca, si tratti dell’uo-

mo o dell’intelligenza artificiale, dove non a caso gli specialisti

della disciplina parlano di “albero di decisioni”. Se tuttavia lo

scienziato chiede alla filosofia gli strumenti per affrontare la questione del libero volere, che cosa può chiedere la filosofia al-

l’intelligenza artificiale?

Sicuramente, come è stato detto, le chiede gli strumenti per capire come la conoscenza della mente funziona, e abbiamo vi- sto due diverse vie della contrée des philosophes fronteggiarsi adducendo in entrambi i casi valide motivazioni. Motivazioni condivisibili ma irrisolvibili (come le antinomie kantiane) per- ché aggirano e non dichiarano (più o meno velatamente) la con-

cezione dell’uomo che ciascuno sottende, concezione che è la

vera posta in gioco attorno alla quale la filosofia dialoga insieme

alle altre discipline, dal diritto e la giurisprudenza all’ingegneria

e all’insieme dei saperi che nella complessità attuale convergo-

no.