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Le Sfide che il Nuovo Modello del Capitalismo Globale della Conoscenza in Rete

Capitolo 2. Distretti in Crisi o Contro la Crisi?

2.5 Le Sfide che il Nuovo Modello del Capitalismo Globale della Conoscenza in Rete

Dopo aver compreso la rilevanza che il fenomeno distrettuale assume nella Penisola, aver osservato il ruolo giocato dai clusters nello sviluppo economico italiano dal dopoguerra fino agli anni Novanta, ed aver tratteggiato le caratteristiche chiave dei distretti, risulta interessante comprendere le sfide e le difficoltà che essi si trovano ad affrontare. E infatti i clusters insediati nella Penisola sono oggi inseriti in un contesto assai diverso rispetto al secolo scorso. Senza dubbio la modificazione più evidente che ha avuto luogo è rappresentata dalla grande crisi economica. Mentre nel prossimo Paragrafo73 sarà descritto nel dettaglio l’impatto – in termini economici – che la crisi ha avuto sulle realtà distrettuali, nel presente Paragrafo ci si concentrerà sulle principali sfide che essa ha posto ai clusters.

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La crisi economica ha infatti portato con sé una serie di conseguenze che hanno avuto impatti negativi sul business. In primo luogo essa ha portato ad una riduzione del capitale circolante, ad un drastico ridimensionamento del credito e dei finanziamenti, e conseguentemente ad un calo degli investimenti (anche in innovazione). In secondo luogo la crisi ha agito da freno sull’economia, rallentando i consumi internazionali (soprattutto nel primo biennio dopo lo scoppio della bolla finanziaria), europei (con l’avvento della crisi dei debiti sovrani), e nazionali. Infine, la crisi dei debiti sovrani e la politica di austerità praticata al fine di ridurre il debito pubblico, si sono tradotti in livelli inferiori di investimenti pubblici ed in un generale peggioramento delle condizioni di contesto nel quale le imprese si trovano ad operare.

Alle grandi difficoltà indotte dalla crisi economica alle imprese, si sommano poi le sfide che l’emergere del nuovo paradigma del “capitalismo globale della conoscenza in rete”74

pone ai territori ed alle imprese. Così, il nuovo modello di capitalismo che si sta affermando, mettendo in discussione il ruolo dei territori e delle imprese in esso inserite, porta ad interrogarsi sulla validità dei distretti industriali dal momento che, come evidenziato nei Paragrafi precedenti, in essi sussiste una stretta correlazione tra imprese, territorio e produttività. L’interrogativo sull’attualità del modello distrettuale affonda quindi le sue radici, non tanto o non solo sull’analisi delle performances dei distretti degli ultimi anni75, quanto piuttosto sul venire meno dei tratti tipici caratterizzanti i clusters. E infatti le tradizionali economie esterne introdotte da Marshall e la possibilità di scomporre le diverse fasi del processo produttivo in tante piccole imprese, facevano perno sull’esistenza di un territorio alquanto circoscritto che fungeva da denominatore comune. Era all’interno di tale ambito territoriale che si formava un mercato del lavoro altamente specializzato, e sempre al suo interno avevano luogo le esternalità della conoscenza (spillovers) ed era possibile reperire materie prime, servizi e semilavorati di elevata qualità. Ma non solo, anche gli inferiori costi di transizione erano dovuti alla vicinanza spaziale ed alle ripetute interazioni tra le imprese distrettuali. E cosa dire infine della tradizionale definizione proposta da Becattini dove il distretto viene visto come “un’entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un’area territoriale

74Rullani E., Imprese, reti e idee motrici: Investimenti, rischi e governance di impresa verso un nuovo paradigma di vita e di lavoro, 2011.

75 Per un’analisi completa sulle performances distrettuali nel periodo di crisi si veda infra Capitolo 2, Paragrafo 6.

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circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese”76?

In questo nuovo contesto in cui l’identità tradizionale del territorio viene messa costantemente in discussione, dal momento che ciascun luogo ospita reti cognitive e filiere produttive collegate ad interlocutori esterni al territorio stesso, ciò che viene chiesto ai luoghi è di ridefinire il proprio ruolo e di renderlo coerente con il paradigma emergente. Infatti, globalizzazione e digitalizzazione stanno rendendo il territorio sempre meno importante per le conoscenze codificate che esso ospita, perché, proprio per loro natura, queste possono essere trasferite altrove e moltiplicate a costo zero nei luoghi di volta in volta più convenienti. Per tale ragione, il nuovo modello di capitalismo richiede ai territori che ospitano le imprese distrettuali di dotarsi di risorse non trasferibili e di conoscenze non codificabili, che possono essere messe al servizio di reti trans-nazionali cui si collega, rendendo il territorio stesso distintivo e “non sostituibile”. Ma quali sono oggi le risorse distintive, non trasferibili e non codificabili che può possedere un territorio? Per dare una risposta a questa difficile domanda, è possibile riprendere quanto sostenuto da Enzo Rullani nel suo recente scritto “Imprese, reti e idee motrici”77, in cui ha evidenziato

l’importanza delle conoscenze generative, delle piattaforme connettive che danno accesso all’economia globale e infine di un’organizzazione sociale di tipo post-fordista. Più nel dettaglio, l’economista toscano per conoscenze generative intende quelle che le aziende ubicate nel territorio impiegano per innovare e personalizzare i prodotti, attraverso processi di ideazione e interazione impossibili da codificare, dal momento che sono frutto dell’intelligenza fluida degli esseri umani. Le piattaforme connettive che un territorio può possedere per accedere all’economia globale sono per esempio le reti di trasporti, la lingua, le reti di comunicazione, ma anche le regole contrattuali e giuridiche. Infine, l’autore con organizzazione sociale post-fordista, intende un’organizzazione capace di investire nelle sopracitate conoscenze generative e piattaforme connettive, così da fornire alle persone ed alle imprese localizzate nel territorio un contesto culturale e normativo in linea con il nuovo paradigma che via a via si sta affermando. Solo attraverso tali risorse distintive i territori che ospitano i distretti saranno capaci di fornire alle imprese in essi

76 Becattini G., Il distretto industriale, Torino, Rosenberg & Sellier, 2000.

77 Rullani E., Imprese, reti e idee motrici: Investimenti, rischi e governance di impresa verso un nuovo

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insediate vantaggi assimilabili – o persino superiori – alle tradizionali economie di agglomerazione.

Ma anche le imprese distrettuali, sotto la spinta dell’affermazione del nuovo modello capitalistico, dovranno affrontare la sfida di riuscire a riposizionarsi, passando da un sistema di vantaggi fondamentalmente basati sulla prossimità (come relazioni informali o sapere pratico accumulato in un dato contesto) a vantaggi che integrano lo spazio locale con quello globale (vantaggi che possiamo definire, glo-cali)78. Alle imprese spetterà dunque il compito di riuscire a collegarsi funzionalmente ad una filiera globale, in cui riuscire a far valere le proprie competenze specifiche. Ma non solo, le imprese dovranno anche essere in grado di sfruttare la digitalizzazione a loro vantaggio, riuscendo a codificare le conoscenze riproducibili altrove, così da utilizzarle nei luoghi di volta in volta più convenienti. Infine, per essere competitive nel nuovo modello di capitalismo globale, le aziende dovranno rivelarsi abili nello sviluppare capacità creative, basate su conoscenze generative, sia all’interno dell’organizzazione che attraverso reti e filiere trans-nazionali.

In questo difficile percorso – che alcuni territori ed imprese hanno già intrapreso con successo, mentre altri stentano a riconoscerne l’esigenza – giocheranno poi un ruolo cruciale anche lo Stato, l’Unione Europea, gli enti locali e le altre istituzioni.