futuro
Il periodo di lockdown indotto dalla pandemia da COVID-19 e la relativa recessione globale prevista per il 2020 hanno creato prospettive altamente incerte per il mercato del lavoro e accelerato il “futuro del lavoro”. Secondo il già citato rapporto del World Economic Forum,
“The Future of Jobs Report 2020”, entro il 2025, l’automazione e la relativa nuova di-stribuzione del lavoro tra uomo e macchine coinvolgerà 85 milioni di posti di lavoro a livello globale nelle medie e grandi imprese in 15 diversi settori e 26 economie. Alcune man-sioni specifiche in aree professionali ad esem-pio legate alla gestione dei dati, la contabilità e il supporto amministrativo in generale, stanno diminuendo con l’avanzare dell’automazione e della digitalizzazione sul posto di lavoro. Oltre l’80% dei dirigenti aziendali sta accelerando i piani per digitalizzare i processi di lavoro e implementare nuove tecnologie. Inoltre, il 50% dei datori di lavoro prevede di aumentare i livelli si automazione di alcuni ruoli all’interno delle proprie aziende. Contrariamente agli anni precedenti, la creazione di posti di lavoro sta ora rallentando mentre la distruzione di posti di lavoro sta accelerando.
Con l’evoluzione dell’economia e di conse-guenza del mercato del lavoro, sorgeranno 97 milioni nuove posizioni nell’economia dell’assistenza, nelle industrie tecnologiche della quarta rivoluzione industriale, come
l’intelligenza artificiale, e nei campi della creazione di contenuti. Le mansioni in cui gli esseri umani devono mantenere il loro vantag-gio comparativo includono la gestione, la con-sulenza, il processo decisionale, il ragionamen-to, la comunicazione e l’interazione sociale (ad esempio esperti di pubbliche relazioni). Ci sarà un aumento della domanda di lavoratori in grado di occupare posti di lavoro legati alla green economy, ai settori del data science e dell’intelligenza artificiale, nonché nuovi ruoli nell’ingegneria, nel cloud computing e nello sviluppo di prodotti.
Affinché i lavoratori possano mantenere il proprio ruolo nei prossimi cinque anni, quasi il 50% avrà bisogno di una riqualificazione dellle proprie competenze di base. Infatti, no-nostante l’attuale recessione economica, la maggior parte dei datori di lavoro riconosce il valore di riqualificare la propria forza lavoro.
Una media del 66% dei datori di lavoro si aspetta di vedere un ritorno sull’investimento nel miglioramento delle competenze e nella riqualificazione dei dipendenti attuali entro un anno. Si aspettano inoltre di ridistribuire con successo il 46% dei lavoratori all’interno della propria organizzazione (WEF, The Futu-re of Jobs 2020).
Come abbiamo visto, le lacune nelle compe-tenze continuano ad essere elevate man mano L’importanza della formazione post-laurea e scenari futuri - Le caratteristiche chiave della formazione moderna
Rome Business School - Research Center Employability e futuro professionale - L’importanza della formazione post-laurea di alto livello 23
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tutte le aree territoriali (anche se ha penalizza-to in misura più consistente gli atenei del Nord) e tutti i gruppi disciplinari. Unica eccezione i medici che, per ovvie ragioni, per i quali le of-ferte di lavoro sono addirittura triplicate. Pas-sando, nel giro di 12 mesi, da 9mila a 27mila.
Anche gli annunci di lavoro hanno evidenzia-to una preoccupante flessione. Nonostante infatti la buona partenza di gennaio 2020 (in un mese sono stati pubblicati 5.920 annunci, +6,5% rispetto al 2019) e di febbraio (+3,5%
rispetto all’anno precedente), le percentuali con l’avvio del lockdown sono scese drasti-camente: -31% nel mese di marzo e -53,2%
ad aprile. In questo caso non si è assistito a nessun “effetto-ripartenza”, considerando che a maggio 2020 si è arrivati a -64,2 per cento.
Emerge infine il terzo e definitivo indizio sull’aumento della disoccupazione causa Co-vid-19 anche tra i laureati. Nei primi cinque mesi del 2020, infatti, il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è stato del 65,0% tra i giovani in possesso di un titolo di primo livello e al 70,1% tra quelli di secondo livello, con una flessione negativa rilevante rispetto al 2019: rispettivamente del -9% e -1,6%.
Come spesso accade, a pagare il conto più salato della crisi sono le categorie più deboli:
giovani e donne. Come abbiamo visto, il gen-che cambiano le competenze richieste tra i
lavori e lo saranno ancora di più nei prossimi cinque anni. In tal senso, le skills più rilevanti che i datori di lavoro considerano in aumento da qui al 2025 includono gruppi come il pen-siero critico e l’analisi così come il problem solving e le abilità in autogestione come l’ap-prendimento attivo, resilienza, resistenza allo stress e flessibilità. Inoltre, le aziende stimano che circa il 40% dei lavoratori richiederà una riqualificazione di almeno sei mesi e il 94%
dei leader aziendali si aspetta che i dipendenti acquisiscano nuove competenze professionali (nel 2018 erano il 65%).
In tale contesto, per capire come e quanto la crisi in atto stia incidendo sull’occupabilità dei giovani italiani, va menzionato il netto calo di annunci di lavoro e richieste di curricula (ban-ca dati AlmaLaurea). Infatti, se a gennaio risul-tavano acquisiti oltre 100mila curricula, con un aumento del 15% rispetto allo stesso periodo del 2019, a febbraio è iniziata la frenata: -17,3%
rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, che è poi diventato -45,1% a marzo e -56,1% ad aprile. Prima, lieve, inversione di tendenza solo a maggio (-55,8%), in coincidenza con l’avvio della cosidetta “Fase 2”.
Il calo della domanda di CV è stato trasversale e ha riguardato tutti i tipi i livelli di formazione,
der gap risulta addirittura cresciuto rispetto a 12 mesi fa. Più nel dettaglio, tra i laureati di I livello il tasso di occupazione è stato del 69,1% per gli uomini e del 62,4% per le donne (contro il 77,2% e il 72,2% del 2019); tra quelli di II livello il tasso di occupazione è stato del 75,5% per i ragazzi e del 66,2% per le ragazze (mentre l’anno scorso era risultato del 76,5%
e del 68,2%). Aumentano anche di convesso anche i divari territoriali, specialmente tra i laureati di primo livello. Al Nord il loro tasso di occupazione si è attestato sul 71,4%; al Sud al 56,5% (nel 2019 erano, rispettiva-mente, 80,6% e 64,8%).
Va detto però che, come ogni rivoluzione, anche quella dell’employability è carica di opportunità. La cooperazione multilaterale, l’integrazione internazionale e regionale e la complessa interdipendenza globale che si sono sviluppate negli ultimi decenni, hanno moltiplicato queste opportunità. Le nuove tecnologie hanno modificato radicalmente le carte in tavola e ormai fanno ampiamente parte della nostra vita quotidiana. Sempre più persone e dispositivi si connettono al web, mentre l’intelligenza artificiale si sta diffondendo molto rapidamente. Blockchain ed altre tecnologie stanno diventando parole sempre più diffuse e di uso comune. Ciò sta ampliando la nostra capacità di promuovere L’importanza della formazione post-laurea e scenari futuri - Sfide post-covid e nuovi modelli per il lavoro del futuro
Rome Business School - Research Center Employability e futuro professionale - L’importanza della formazione post-laurea di alto livello 24 una maggiore crescita della produttività,
ser-vizi migliori, e consente inoltre di far emergere nuovi modelli di business e metodi innovativi di lavorare, offrendo maggiore flessibilità a datori di lavoro e lavoratori. A tal proposito, solo nel 2019, i lavoratori “agili” in Italia sono cresciuti del 20% rispetto al 2018 e i numeri sono sicuramente destinati a salire sensibil-mente nel 2020 anche a causa delle neces-sità imposte dalla diffusione del COVID-19.
Si suppone, infatti, che i professionisti che opereranno in mobilità raggiungeranno entro il 2022 la soglia dei 10 milioni.
Ma ci sono anche sfide molto impegnative, riguardanti specialmente il futuro del lavoro. I lavori di “medio livello” sono sempre più espo-sti a questa profonda trasformazione e il 14%
dei lavori esistenti potrebbe scomparire a causa dei processi di automazione nei pros-simi 15-20 anni e un altro 32% potrebbe cam-biare radicalmente man mano che le singole masioni vengono automatizzate.
Employability e futuro professionale
Tabella 6. Il futuro del lavoro (stime OCSE 15-20 anni) OECD Employment Outlook 2019
Tabella 7. Smart workers Europa-Italia_stime 2022 Eurostat 2018 e IDC
L’importanza della formazione post-laurea e scenari futuri - Sfide post-covid e nuovi modelli per il lavoro del futuro
Il futuro del lavoro (stima prossimi 15-20 anni) %
lavori esistenti destinati a scomparire a causa dei processi di automazione 14,0 lavori che cambieranno radicalmente a causa dei processi di automazione 32,0
Mobile workers 2017/milioni di lavoratori stima2022/milioni di lavoratori
Europa Occidentale 103,0 122,0
Italia 6,5 10,0
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Conclusioni
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Conclusioni
L’obiettivo principale di questa ricerca è stata la caratterizzazione del ruolo svolto dalla formazione post-laurea nel determinare i livelli dell’occupabilità dei lavoratori e la defi-nizione dei principali lavori emergenti nello scenario post-Covid. È stata condotta un’a-nalisi a livello soprattutto nazionale dove sono stati evindenziati i dati statistici per diverse regioni e settori di interesse, con mercati del lavoro di diversa natura e molteplici sfaccet-tature strutturali e socioeconomiche.
Inoltre, il nostro studio ha focalizzato l’atten-zione sulla recente evolul’atten-zione del mondo del lavoro e sulle complessità che lo caratteriz-zano, dettate anche dalle diverse esperienze formative dei giovani, i quali rappresentano il futuro della forza lavoro del nostro Paese.
Inoltre, abbiamo analizzato le principali tendenze e le possibili traiettorie in un futuro sempre più incerto a causa della crisi sanitaria senza precedenti che stiamo affrontanto la quale, per forza di cose, colpisce tutti i settori professionali.
In tale contesto, d’accordo con i dati previsio-nali del World Economic Forum (“The Future of Jobs 2020”), possiamo affermare che:
1. La pandemia avrà un effetto duraturo sul futuro del lavoro: il 50% dei datori di lavoro accelererà l’automazione del proprio lavoro, mentre oltre l’80% è destinato ad espandere
la digitalizzazione dei propri processi lavora-tivi. Ciò significa che alcune mansioni ormai scomparse non torneranno mai più e quelle che lo faranno richiederanno nuovi modi di lavorare e, di conseguenza, nuove compe-tenze.
2. L’automazione continuerà ad aumen-tare: entro il 2025 le ore di lavoro svolte da macchine e persone saranno uguali. Circa 85 milioni di ruoli saranno sostituiti dall’au-tomazione
3. Emergeranno nuovi posti di lavoro: nono-stante l’interruzione improvvisa di numerosi lavoratori nel mondo, sorgeranno entro il 2025 97 milioni posti di lavoro legati a profes-sioni “nuove”
4. Le competenze più richieste sono un mix di hard e soft skills: i datori di lavoro sono convinti del valore della costruzione del capi-tale umano: infatti, il 66% ritiene di ottenere un ritorno dall’investimento sulla formazione dei dipendenti entro un anno. Nel frattempo, circa il 40% delle competenze del lavoratore medio dovrà essere aggiornato per soddisfare le richieste del nuovo mercato del lavoro. Gran parte dei datori di lavoro stanno affrontando questa sfida da soli: solo il 21% può attin-gere infatti a finanziamenti statali per fornire programmi di formazione
Inoltre, analizzando prettamente la questione legata all’importanza della formazione post-laurea, le conclusioni che emergono da questa ricerca sono le seguenti:
• Maggiore è il livello di formazione della forza lavoro, maggiori sono le opportunità e migliori le condizioni salariali
• La formazione specializzata e attinente alla posizione lavorativa di riferimento è uno dei fattori determinanti per migliorare il proprio stipendio e, soprattutto, nella fase di selezione del personale
• Le statistiche mostrano che i tassi di disoccupazione delle donne e delle persone meno istruite sono notevolmente superiori a quelli di coloro che hanno una livello formativo più elevato
• Gli studi post-laurea, come ad esempio i Master, forniscono vantaggi importanti nel determinare il livello di occupabilità delle persone
• Nonostante gli elevati livelli formativi, permane la necessità di puntare sulle soft skills, fondamentali soprattutto nel contesto delle professioni emergenti, ovvero quelle in cui la crescita dei salari è più consistente (in particolare nei settori innovativi ad elevato sviluppo tecnologico)
E’ evidente, pertanto, che la formazione post-laurea rappresenta il modo più efficace per ottenere il quel «valore aggiunto» che può essere applicato direttamente alla ricerca di un posto di lavoro e al processo decisionale strategico, due elementi molto apprezzati dai datori di lavoro e dagli head hunters.
I vantaggi dello studio universitario non sono però esclusivi solo per un determinato mercato o economia, ma li ritroviamo in diversi Paesi e regioni del mondo. L’evidenza empirica presentata in alcuni mercati europei e in Italia conferma l’importanza di questi benefici, anche quando le differenze struttu-rali, le divetse relazioni economico-sociali tra questi Paesi e regioni sono chiare e, in alcuni casi, notevoli. In altre parole, i vantaggi di una laurea o, ancor meglio, di un MBA, in termini di livelli di employability rappresentano una certezza, indipendentemente dal contesto geografico, strutturale e socioeconomico.
In definitiva, come sostiene anche il Fonda-tore e Dean della Rome Business School, Antonio Ragusa, la formazione post-laurea e, nello specifico, le business school in Italia
“possono svolgere un ruolo chiave nell’iden-tificare le necessità del mondo del lavoro e nel fornire un supporto educativo, collegando la domanda e l’offerta. Nel contesto di crisi economica accentuata dalla pandemia
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globale questa funzione è ancora più impor-tante”. Le statistiche, infatti, ci dicono che, anche in Italia, puntare sulle business school è un investimento che “paga”. I dati infatti confe-ramo che l’80 per cento degli iscritti è riuscito ad ottenere importanti progressi salariali e professionali, con percentuali di occupazione dell’85% a tre mesi dal diploma e stipendi lievi-tati del 121% rispetto alla media pre-Master.
In ultimo, guardando al futuro e cercando di analizzare gli scenari del mondo del lavoro post-Covid, abbiamo visto che emergeranno senz’altro nuovi posti di lavoro, i quali a loro volta richiederanno nuove competenze e quindi nuove sfide tanto per i formatori quanto per i lavoratori.
Pertanto, la recessione economica globale causata dal diffondersi della pandemia sta aggravando le disuguaglianze esistenti nei mercati del lavoro e invertendo i guadagni in termini di occupazione realizzati dalla crisi finanziaria globale di un decennio fa. L’avan-zare delle nuove tecnologie e le conseguenti
“professioni emergenti” continuano a rimodel-lare i trend statistici sull’occupabilità e queste tendenze hanno solo accelerato esponenzial-mente l’inizio di una nuova recessione. Sarà
pertanto fondamentale adeguare le cono-scenze e concentrarsi sulle soft skills dei professionisti da “adattare” o inserire in un mercato che sarà necessariamente caratte-rizzato da lavori emergenti, sempre più colle-gati all’innovazione tecnologica.
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