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Fonte Itabia

CAPITOLO 2 PIANTAGIONI A BREVE ROTAZIONE (SRF) PER LA PRODUZIONE DI BIOMASSA.

2.3 La Short Rotation Forestry

Una particolare attenzione alla Short Rotation Forestry su terreni agricoli potrebbe offrire la possibilità di rifornire l’industria forestale e le popolazioni di sufficienti risorse legnose nei paesi in via di sviluppo e di abbastanza combustibile nei paesi sviluppati, conservando al contempo le foreste naturali (Christersson, 2005).

La tipologia di arboricoltura da legno a turno breve prevede piantagioni di latifoglie a rapida crescita per la produzione di biomassa ad uso energetico, con meccanizzazione integrale della coltura.

Nell’ambito di questa tipologia vengono oggi comunemente distinti due diversi modelli colturali, uno che prevede l’impiego di densità di impianto di circa 1500-2000 piante ha-1 con turni di 5-6 anni ed un secondo che prevede densità d’impianto superiori, variabili circa da 5.000 a 15.000-20.000 piante ha-1 e turni di 1-3 anni. Nel primo caso

l’obiettivo è normalmente la produzione di biomassa per cellulosa, nel secondo caso è la produzione di biomassa per energia (termica e/o elettrica).

A livello internazionale, applicazioni commerciali di colture forestali a ciclo breve (SRF) da energia si hanno principalmente in Svezia, dove sono una realtà dal punto di vista economico e produttivo (Danfors et al., 1998) e Danimarca dove la coltura è stata promossa sin dagli anni ‘70, con una seria e continuativa ricerca e mediante politiche incentivanti (contributi agli agricoltori e tasse sui combustibili fossili), per la valorizzazione energetica di tutte le biomasse, sia residue che da colture dedicate. In Nord America, Usa e Canada, alcune decine di migliaia di ettari sono già state piantate a partire dagli anni ‘80 soprattutto per un utilizzo industriale della biomassa, impiegando cloni a produttività molto elevata (Scarascia Mugnozza et al., 1997). In altri Paesi europei la SRF da energia è ancora a livello di ricerca (Gran Bretagna, Germania, Ungheria) o in fase dimostrativa, ad integrazione dei residui agroforestali (Gran Bretagna, Olanda).

Gli impianti a turno breve per la produzione di biomassa rappresentano una tipologia di arboricoltura da legno relativamente nuova per il nostro Paese. In Italia il modello colturale fino ad oggi maggiormente considerato è quello indirizzato alla produzione di materiale da impiegare come fonte energetica rinnovabile in alternativa ai combustibili fossili, nel quadro delle azioni finalizzate alla riduzione delle immissioni in atmosfera di “gas serra “ ed in particolare di CO2. Le potenzialità della SRF in questo contesto di grande

attualità ed interesse sono state ben esplicitate in alcuni progetti e documenti prodotti in ambito nazionale.

In Italia le ricerche sulla Srf sono iniziate negli anni ‘80 (Frison et al.,1990) con piantagioni sperimentali e dimostrative di pioppo, robinia (Robinia pseudoacacia), eucalipti (Eucalyptus spp.) e salici (Salix spp.).

Zona Fitoclimatica Specie SRF

Lauretum caldo Eucalipti

Lauretum freddo Pioppi (irrig.)/Robinia

Castanetum Pioppi, Salici,Robinia

Tabella 2.1: Principali specie da SRF

Nel complesso, le informazioni attualmente disponibili su questo argomento evidenziano che il successo tecnico ed economico della forestazione a ciclo breve in Italia è ancora legato, in massima parte, alla contemporanea disponibilità dei seguenti fattori di natura sia tecnica che politica ed organizzativa (Minotta, 2000) come qualità del materiale d’impianto, terreni di buona o media fertilità, garanzie di conferimento del prodotto a prezzi remunerativi, congrui contributi pubblici.

E’ importante sottolineare che queste attività dovrebbero essere avviate sulla base di una preliminare ed attenta pianificazione territoriale per raccordare adeguatamente dal punto di vista logistico le potenziali aree di produzione della biomassa con i potenziali centri di trasformazione energetica del prodotto; tenendo presente in questa fase anche la necessità di minimizzare l’impatto ambientale di queste ultime infrastrutture. Infatti, tra le diverse tipologie di arboricoltura da legno, la SRF, per le sue caratteristiche intrinseche (mancanza di tradizioni locali, rigidità dei moduli colturali, brevità dei cicli di produzione, modesto valore degli assortimenti ottenuti), è sicuramente quella che maggiormente necessita di un preventivo e stretto collegamento con l’industria utilizzatrice del prodotto legnoso realizzato. La possibilità di promuovere iniziative imprenditoriali di questo tipo, infatti, è subordinata anche alla diffusione di innovazioni tecnologiche legate alla meccanizzazione ed alla soluzione delle problematiche logistiche del territorio in cui si opera.

Si ribadiscono alcuni punti, tenendo conto dei problemi e delle prospettive per lo sviluppo della SRF nel nostro Paese, che dovrebbero essere prioritariamente considerati e

sostenuti in maniera coordinata per l’organizzazione del settore della forestazione a ciclo breve per la produzione di biomasse forestali:

- impianti su ampie superfici (energy farm) e meccanizzazione delle operazioni colturali (impianto e raccolta finale); riduzione degli oneri colturali, essenziale per ridurre la forbice attualmente esistente tra il costo globale di produzione e il prezzo che le industrie possono pagare per la biomassa legnosa;

- stimolo di accordi tra produttori al loro interno e tra produttori ed utilizzatori finali per il conferimento della biomassa;

- erogazione di benefici a sostegno del prezzo del prodotto e/o a parziale copertura dei costi colturali per favorire la redditività della coltura.

Solo con queste premesse e prospettive sarà possibile stimolare i proprietari a destinare alla forestazione a breve rotazione non solo i terreni marginali, che spesso non consentono di ottenere sufficienti rese produttive, ma anche parte di quei terreni di buona o discreta fertilità ubicati in pianura ed in bassa collina ed usualmente destinati alle colture cerealicolo-foraggere.

Le diverse esperienze di ricerca condotte nel nostro Paese costituiscono sicuramente degli importanti punti di riferimento per iniziative future. Le produzioni sulle quali si basa la convenienza economica di questi moduli colturali indicano che la SRF, attualmente, non è remunerativa per le aziende agricole senza il contributo pubblico, ma nel calcolo economico è difficile attribuire un valore al ruolo che hanno queste piantagioni in termini di miglioramento dell’ambiente (riduzione emissioni di gas serra, biodiversità, fitodepurazione). Queste produzioni, inoltre, sono state ottenute con del materiale vegetale non selezionato appositamente per queste tipologie colturali e in numero ridotto e non sempre rappresentativo di località in cui la richiesta di biomasse da parte dell'industria diviene sempre più importante. Tutto ciò rende sempre più necessaria l'esigenza di condurre ulteriori esperienze sulla produttività delle specie più adatte e sul reperimento di materiale più idoneo alla SRF in relazione all’ambiente di coltivazione ed ai modelli colturali impiegabili.

Quindi, a fronte di richieste da parte dell'industria interessata all'utilizzazione di biomasse prodotte con moduli colturali a ciclo breve, il mondo della ricerca è in grado di fornire informazioni limitate sulle reali potenzialità produttive e, conseguentemente, sui costi di gestione di questi sistemi produttivi. La ricerca di base e la sperimentazione, in ogni caso, possono contribuire a migliorare le conoscenze sulle reali potenzialità produttive e sull’impatto ambientale di queste piantagioni in termini di assorbimento di carbonio.

L’analisi dei costi/benefici del sistema produttivo delle biomasse legnose a ciclo breve potrebbe fornire indicazioni realistiche per programmare l’approvvigionamento dell’industria e pianificare sul territorio la realizzazione di impianti di arboricoltura da legno finalizzati alla produzione di biomassa.