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sia le richieste d’asilo che i riconosciment

Abbiamo visto che le cause che nel 2019 e nel 2020 portano le persone nel Mondo a scappare e cercare protezione non sono migliorate, ma spesso si sono acuite generando di conseguenza un aumento di persone in fuga che alla fine del 2019 erano secondo i dati UNHCR poco meno di 80 milioni di persone. Quante di queste hanno fatto richiesta di asilo in Europa?

Se guardiamo ai dati che ci fornisce EUROSTAT, troviamo che le doman-

de d’asilo in Europa nel 2019 sono aumentate rispetto al 2018 di circa

l’11%, raggiungendo il numero complessivo di 676.250 domande di prote-

zione (di cui circa 17.700 sono state fatte da minori soli non accompagnati59).

Un aumento che ha avuto ricadute su pochi paesi dell’Unione: tre in particolare

54 Frontex, Risk analysis for 2018, febbraio 2018, pp. 18-19: http://statewatch.org/news/2018/

mar/eu-frontex-report-risk-analysis-2018.pdf.

55 Frontex, Risk analysis for 2019, febbraio 2019, pp. 16-17: https://frontex.europa.eu/assets/

Publications/Risk_Analysis/Risk_Analysis/Risk_Analysis_for_2019.pdf.

56 Frontex, Risk analysis for 2020, aprile 20202, p. 24. https://frontex.europa.eu/assets/Publi-

cations/Risk_Analysis/Risk_Analysis/Annual_Risk_Analysis_2020.pdf.

57 https://frontex.europa.eu/along-eu-borders/migratory-map/.

58 Per avere il quadro europeo ed italiano sulle domande d’asilo in Europa ed Italia nel 2019-

2020 vedere le tabelle di Giovanni Godio a pp. 101-110 e p. 145.

59 Per avere un quadro riassuntivo non solo degli arrivi ma anche delle domande d’asilo in Eu-

ropa si può vedere anche la relazione EASO 2020 che riporta i dati del 2019 al seguente link (te- nendo conto che EASO include ancora nel 2019 anche Inghilterra, e poi da sempre anche Islan-

- Francia (120.000 richieste), Germania (142.450) e Spagna (115.175) - hanno ricevuto più della metà di tutte le domande d’asilo complessive dell’Unione, se- guite a molta distanza dalla Grecia (circa 75.000 richieste), mentre l’Italia per

il secondo anno consecutivo ha visto come nel 2018 (53.596 richieste) anche

nel 2019 (43.78360) diminuire drasticamente le sue domande d’asilo (meno

18% rispetto al 2018). A fare domanda in Italia nel 2019 sono stati soprat-

tutto pakistani con 8.700 richieste, seguiti da nigeriani circa 3.000 domande e da persone del Bangladesh con circa 2.500 domande d’asilo. Mentre i minori stranieri non accompagnati che sono arrivati in Italia nel 2019 sono stati 1.680.

Rispetto ai paesi dell’Unione che hanno avuto più domande di asilo nel

2019 in rapporto alla popolazione risultano essere in ordine Cipro (14 richie-

denti ogni mille abitanti), Malta (8) e Grecia (7). L’Italia con meno di una richiesta d’asilo ogni mille abitanti è quindi sotto alla media europea.

Se guardiamo ai principali Paesi di provenienza di chi ha cercato prote- zione in Europa, troviamo al primo posto la Siria con circa 74.000 domande d’asilo, seguita dall’Afghanistan con circa 52.000 domande e dal Venezuela con 44.00061.

I Paesi dell’Unione sono riusciti ad analizzare solo 540.000 delle più di

670.000 domande presentate e gli esiti che si sono avuti sono stati: riconosci- mento dello status di rifugiato a circa 141.000 persone, dello status di prote- zione sussidiaria a circa 82.000 e della protezione umanitaria a circa 72.000.

Cioè quasi 300.000 persone hanno avuto un esito positivo (più del 60%).

Se invece andiamo in Italia, le domande analizzate nel 2019 a fronte di

43.783 richieste sono state 93.000 (avendo molti arretrati degli anni passati), ma gli esiti positivi sono stati solo il 34% (assommando gli esiti di riconosci- mento di status di rifugiato dato a circa 10.000 persone, la protezione sussi- diaria riconosciuta a circa 6.900 persone; residuo di protezione umanitaria per chi aveva fatto richiesta d’asilo prima dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza circa 1.400 persone e protezione speciale data a circa 600 persone), mentre

circa il 65% ( 61.588 persone) ha avuto in prima istanza un esito negativo e non si è visto riconoscere nessuna protezione.

da, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera che invece vengono esclusi dai dati Eurostat): https://www. easo.europa.eu/sites/default/files/EASO-Asylum-Report-2020-Executive-Summary-IT.pdf.

60 Dato della Commissione Nazionale Asilo Italiana.

61 Nei dati del 2019 il Venezuela occupa un posto significativo sia per il numero di persone

sfollate interne che per numero di persone in cerca di protezione in Europa ed in Italia vedere a riguardo le tabelle di Giovanni Godio a pp. 86-90 e pp. 151-152.

L’Italia in Unione europea, nel 2019, rappresenta quindi un’eccezione

controtendenza: mentre cioè il numero di persone in fuga e in cerca di pro-

tezione nel Mondo cresce, e di conseguenza anche le richieste di domande

d’asilo in Europa crescono, il nostro Paese vede decrescere le sue domande

d’asilo e anche la sua capacità di riconoscere e dare protezione diminuisce.

Infatti, mentre in tutta l’Unione europea la media dei riconoscimenti per le domande d’asilo si attesta (assommando le diverse forme di protezione) intor- no al 60%, in Italia il numero di chi viene riconosciuto è poco più del 34%, mentre ben il 65% non ottiene in prima istanza nessun tipo di protezione. I decreti sicurezza e le chiusure dei porti portano a lasciare fuori del paese e senza un permesso di soggiorno un numero molto elevato di persone fragili e in cerca di protezione.

5. Il Covid-19 e le prospettive per il diritto d’asilo in Europa

La pandemia del Covid -19 che ha colpito e sta continuando a colpire il Mondo non ha portato, per ora, una maggiore solidarietà verso le persone che hanno dovuto lasciare le loro case e i propri Paesi di appartenenza che, oltre ad essere in fuga, si devono ora confrontare in maniera ancora più capillare con chiusure e restringimenti sia di frontiere che di porti.

Nel settembre del 2020 la Commissione Europea ha presentato la sua “nuova” proposta di Patto su asilo e immigrazione. E la delusione di chi si occupa di protezione internazionale, diritto d’asilo ma anche diritti umani e cooperazione internazionale in Europa ed Italia è stata forte62. I rappresentanti

politici delle nostre istituzioni politiche europee e nazionali continuano a di- chiarare di avere tra gli obiettivi principali il rispetto dei diritti umani e delle convenzioni internazionali, così come di voler contrastare lo sfruttamento delle persone in fuga da parte dei trafficanti di esseri umani e quello di diminuire il numero delle persone che muoiono in mare, nel deserto o ai confini terrestri nel tentativo di raggiungere l’Europa.

62 Vedere al seguente link la posizione di Amnesty International: https://www.amnesty.it/

patto-su-migrazione-e-asilo-dellunione-europea-per-amnesty-international-una-falsa-parten- za/. Vedere al seguente link il punto di vista di Focsiv: https://www.focsiv.it/news/luci-ed-om- bre-del-nuovo-patto-europeo-su-migrazioni-ed-asilo-secondo-concord-europe/. Al seguente link la posizione di Asgi https://www.asgi.it/asilo-e-protezione-internazionale/il-patto-europeo-sul- la-migrazione-e-lasilo-ce-qualcosa-di-nuovo-anzi-dantico/. Su vie di fuga il seguente link: ht- tps://viedifuga.org/nuovo-patto-ue-sulla-migrazione-e-lasilo-casa-a-tre-piani-o-un-muro-sem- pre-piu-alto/.

Ma andando a vedere quali alternative stiamo concretamente offrendo alle persone che scappano da situazioni di conflitto, guerre e povertà per arrivare in maniera legale in Europa o nel nostro paese63, non possiamo che concludere

che al momento continua ad essere quasi impossibile, per chi cerca protezione, ottenere un visto per arrivare in sicurezza. E i numeri di chi riesce ad arrivare in Europa o nel nostro Paese attraverso programmi di resettlement o apertura di canali umanitari sono ancora troppo bassi per farci dire che questo è un fine che stiamo perseguendo (nel nuovo Patto europeo il numero di resettlement viene fissato per i prossimi due anni 2020-2021 a 29.500 ingressi, uguale alla cifra di ingressi attraverso questo canale che in tutta Europa abbiamo garantito nel solo 2019, arrivando cioè a un dimezzamento dei posti invece che a un potenziamento).

Aumentano le persone che ai confini europei vengono per lo più re-

spinte in maniera diretta (la guardia costiera greca ha iniziato a respingere

le persone in Turchia) o indiretta (numerose sono le persone che sono state riportate - forse sarebbe più giusto dire “deportate” - in Libia dalla cosiddetta “guardia costiera libica” grazie a mezzi e al supporto tecnico - le motovedette, i radar i corsi di aggiornamento - e finanziamento fornito sia dall’Italia che dall’Unione europea).

Aumentano purtroppo anche i rimpalli di responsabilità e i respingi-

menti differiti alle frontiere tra Italia e Francia ma anche tra Italia, Slovenia,

Croazia sulla responsabilità verso i richiedenti asilo e su quale sia il paese in cui debbano vedersi riconoscere la possibilità di fare domanda d’asilo. E le condi- zioni di chi rimane bloccato sulle isole greche, lungo la rotta balcanica, o fuori dai nostri porti o confini e di chi viene fermato e riportato in Libia, in Turchia, in Bosnia Erzegovina sono più che preoccupanti.

Nel nuovo Patto europeo proposto si spende la parola solidarietà, ma anco- ra una volta non è rivolta alle persone che dovremmo proteggere bensì declinata nei rapporti tra i diversi Stati dell’Unione, tanto che viene “barattata” come equivalente sotto questa dicitura la possibilità di tutelare un richiedente asilo con quella di farsi carico di un rimpatrio di chi dopo la domanda d’asilo non si vede riconosciuta una forma di protezione, uno scivolone non solo linguistico ma concettuale e culturale molto pericoloso.

Al momento in Unione europea uno dei pochi obbiettivi condiviso, al di là delle dichiarazioni di principio, non sembra essere né proteggere le persone costrette a fuggire, né agire sulle cause che le obbligano alla fuga, ma conti-

nuare a farne entrare nel nostro continente e nel nostro Paese il minor numero possibile. Auspichiamo che da qui in avanti i diversi Stati, lavorando su questa prima proposta della Commissione Europea, riescano a declinare le parole so- lidarietà con lo sguardo di chi invece è in fuga da contesti difficili e si decidano finalmente ad offrila in maniera concreta e reale non solo a loro, ma a tutte le persone già presenti nel loro paese che sempre di più sono in difficoltà anche rispetto alla pandemia di Covid-19.

Antropologa culturale, ha lavorato dal 1992 al 2008 nella protezione dei diritti umani e nella cooperazione internazionale. Ha vissuto all’interno di campi pro- fughi nei Balcani, in Centro America nelle aree tribali del Pakistan, nel Kurdi- stan iracheno e in Darfour nel Sudan. È attualmente la referente della sezione protezione internazionale e diritto d’asilo dell’area ricerca e documentazione della Fondazione Migrantes e dell’Osservatorio permanente sui rifugiati Vie di

Fuga (www.viedifuga.org). È stata redattrice, per la Fondazione Migrantes, del

Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia (dal 2014 al 2018) ed è cu- ratrice dei Volumi: Il Diritto d’asilo report 2017 - Minori rifugiati vulnerabili

e senza Voce; Il Diritto d’asilo report 2018- Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare Il Diritto d’asilo report 2019 - Non si tratta solo di migranti: l’Italia che resiste, l’Italia che accoglie e ora Il Diritto d’asilo report 2020 - Costretti a fuggire… ancora respinti.

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