• Non ci sono risultati.

Simboli come cibo, e cibi come simbolo

Nel documento Simboli della fine (pagine 73-83)

N

on c’è vita senza un’iniziazione simbolica. Siamo indotti ad as- sumere i simboli come un cibo iniziatico, come un secondo seno ma- terno dal quale ci nutriamo attraverso un cordone ombelicale che fa corpo con la nostra placenta culturale. La metafora organicistica va qui presa alla lettera. Ab- biamo a che fare con una simbolizzazione che nulla ha di arbitrario. Sempre più ab- biamo a che fare con vere e proprie im- magini metaboliche che si increstano sul corpo proprio e ne rivelano, com’è il caso di molti tatuaggi, la verità profonda. Si trascorre così dalla lettera all’immagine, dalla mediazione storica del testo alla me-

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

diazione in icona di immagini simboliche che si ripetono nel tempo e nello spazio, bisognose di nuove significazioni.

Si è scatenato il dramma delle appar- tenenze, o l’appartenenza come dramma collettivo. Nulla è più richiesto dell’«ap- partenere a» e del «dipendere da». L’i- deale illuministico di un’umanità cosmo- polita ha avuto un perverso trionfo nel mondo globalizzato: si è trasformato nella realtà di una comunità apolide, costretta nello spazio neutro della megalopoli.

La deriva verso i nonluoghi descritta da Marc Augé sembra così costituirsi come esito assoluto e relativo del fenomeno della globalizzazione. Augé sottolinea come i luoghi costituiscano il realizzarsi di una comunità che si riconosce negli stessi simboli anche grazie a un legame territo- riale e di sangue. I nonluoghi – sottolinea ancora Augé – sono il contesto di tutti i luoghi possibili. Essi costituiscono il mo- tivo di un’estirpazione del simbolico dalla

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

sua originaria situazione nel corpo pro- prio, inteso anche lato sensu come l’am- biente vitale nel quale gli individui radi- cano la propria esistenza.

Un nuovo radicamento è sempre più richiesto, in un mercato sempre più sen- sibile a motivazioni antropologiche. Iden- tità e radicamento, in questo contesto, creano valore: divengono istanze insieme economiche e mitopoietiche. È emersa, con tutta evidenza, una necessità anfibia, assiologicamente neutra, che può aggrap- parsi a ogni istanza ed estendere le proprie radici in ogni direzione: localizzandosi nel nazionalismo, nel vernacolo, ma anche nello Slow Food. Al cuore di tutto questo confuso sommovimento si avverte infine la necessità di un nuovo ethos condiviso (su cui si tornerà tra breve).

È il moltiplicarsi dei luoghi a produrre indigenza simbolica e confusione men- tale. Si avverte sempre di più – sottolinea Augé – la necessità di una nuova reinte-

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

grazione simbolica dell’umano. La logica dello straniamento, che ha retto la mo- dernità come una sorta di ideale negativo, come una resistenza cui necessariamente si doveva esser sottoposti per salvaguar- dare l’autonomia del soggetto, ha ceduto il passo alla richiesta famelica di un nuovo nutrimento simbolico, dunque di una vera e propria nuova contestualizzazione dell’e- sistenza. È come se l’affermarsi di una cul- tura dell’immagine avesse determinato una sorta di spazializzazione dell’esistenza. Il filo conduttore del tempo che, mettendo in successione gli eventi, ne stabilisce il senso, lascia maturare e affiorare accanto a sé, sempre più influente, il principio dello spa- zio. Lo si osservava già prima: l’interiorità non vive più prevalentemente nel tempo e nello sforzo progettuale che esso richiede, ma, per lo più, nello spazio. Il simbolico chiede così, in modo sempre più impel- lente, di incarnarsi e di non vivere sospeso nella trascendenza. Questo si rileva tra l’al-

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

tro nelle sempre più diffuse politiche «sim- boliche» del cibo: mai come oggi la dieta ha assunto significati metaforici tanto po- tenti. Il cibo nel Manifesto dello Slow Food si prospetta come una difesa contro lo stra- niamento, come un piacere sensuale con- nesso alla lentezza nell’assunzione del nu- trimento e alla rivalutazione delle cucine lo- cali. Quello che viene proclamato nel Mani-

festo dello Slow Food è una sorta di nuovo

epicureismo. Al contempo, il progetto no

profit si rovescia nel suo opposto e diviene

una grande industria con negozi diffusi nel mondo, presenti anche sulla 6th Avenue di New York. Ma su questo torneremo.

Aggrappandosi al corpo, i simboli sem- brano esercitare un’influenza terapeutica: «collocandosi», essi collocano a loro volta il soggetto, restituendolo a una dimensione fisiologica. Ci sono testimonianze remo- tissime a proposito di questa valenza tera- peutica dell’immagine incorporata, come quella dello scheletro di un paziente del

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

5300 a.C. che reca sul corpo tracce di sim- boli in corrispondenza delle zone doloranti. Siamo di fronte a un sommovimento sismico delle strutture del simbolico e della sua produzione, sul cui significato è difficile avere un punto di vista defini- tivo. Certamente si può affermare che ab- biamo a che fare con un’emancipazione dei simboli e della loro produzione dagli archetipi, che ne libera la semantica, la sede e la disposizione. È un meccanismo vertiginoso, una sorta di metamorfica neo- barocca i cui ingranaggi nessun altro ha messo in luce meglio di Pedro Almodóvar. Basti pensare a Tutto su mia madre e alla ricerca del figlio perduto che evolve sino a prender forma in tre diversi Esteban.

In breve, siamo dinanzi al bisogno di una contestualizzazione che contrasti questa dispersione, che smuova (e modi- fichi) lo spazio simbolico dalla trascen- denza degli ordinamenti universali per collocarlo nel corpo proprio che soffre in

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

prima persona per la necessità di capire dove esso sia. I simboli non reggono più la trascendenza, tanto forte è la richiesta di identità, e chiedono così di incarnarsi, di farsi corpo, addirittura carne e sangue, dando un seguito secolare, e tuttavia pro- babilmente non inadeguato, alla meta- fora eucaristica. Lo stesso modificarsi dei modelli tecnologici riflette in fondo que- sta necessità. Il passaggio dalle tecnologie meccaniche a quelle digitali, e poi a quelle che sono state definite da Pietro Montani «tecnologie della sensibilità», costituisce la risposta a una necessità antropologica fondamentale che l’innovazione tecnica ha assecondato. Per dirla in altri termini, dobbiamo intendere la rivoluzione tecno- logica, ormai già da molto tempo in atto, non solo come l’esito di un’innovazione immanente al sistema tecnologico, il quale non procede ovviamente per vie proprie sul suo cammino, ma anche e soprattutto come la risposta trasformativa fornita

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

alle richieste di autoriconoscimento pro- venienti da utenti che non riescono più a convivere con una tecnologia alienante e alienata.

Kiefer dice molto a questo riguardo. È centrale nella sua arte lo spessore della pittura che sembra voler accogliere ma- tericamente al suo interno i propri sim- boli, forzando i limiti del quadro e dando concretezza, grazie a un’intensificazione drammatica e vitale, alla superficie piana della tela. I simboli dell’abitare percor- rono l’opera di Kiefer. Abitare, nel suo caso e nel nostro, significa sempre abitare gli archetipi, ritrovarsi. I luoghi che non hanno un principio sono per l’appunto

nonluoghi. Abitare gli archetipi significa

stabilire dove si è sulla base della prove- nienza che ci è stata assegnata. In questa strategia di rivisitazione delle radici – che di esse non nega solamente la necessità e il conforto, ma denuncia anche il tratto spesso poco ammaliante: ambiguo, terri-

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

bile o addirittura rimosso – si colloca polemicamente anche il famoso saluto na- zista che generò incomprensioni e polemi- che tanto violente quanto ingiustificate nei confronti dell’artista. Le radici sottratte producono ricadute violente in un origina- rio tanto più fittizio in quanto esso stesso nato da un debito onirico.

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

copyright © 2018 by

Società editrice il Mulino,

Bologna

IX.

Nel documento Simboli della fine (pagine 73-83)

Documenti correlati