• Non ci sono risultati.

Fig 3.9 Tipo di strategiaTab.3

4.2 CORNICE DI REGOLAZIONE PENALE INERENTE AL CASO

4.4.1 Il sistema degli appalt

Ritiene l’organo inquirente “…la sussistenza degli elementi costitutivi

del contestato delitto di turbata libertà degli incanti, quanto, e soprattutto,perché consente di enucleare e descrivere il modus operandi di un numero cospicuo di imprenditori e funzionari comunali ad esso collegati, dediti alla illecita acquisizione degli appalti pubblici <sotto soglia> indetti dal Comune di Catania e organizzati sulla base di accordi, relazioni personali, intese clandestine e regole di condotta palesemente antigiuridiche, idonee ad assicurare, da un lato, il conseguimento delle finalità illecite loro proprie e, dall’altro, il rispetto - meramente formale – delle norme che disciplinano il procedimento per la scelta del contraente privato” (Ordinanza di custodia

cautelare (2005), Tribunale di Catania, pag. 188).

Ed invero, il meccanismo degli appalti pubblici <sotto soglia> si incentrava sulla distinzione tra le gare c.d. <libere> ovvero le gare per le quali era stata data un’idonea pubblicità al fine di consentire la partecipazione di quanti avessero un interesse, e quelle <non libere> (altrimenti dettointernos ), in quanto, in mancanza di relativa pubblicità, erano destinate ad un ristretto gruppo di partecipanti imprenditori, contando su accordi con i funzionali dell’amministratori comunali, i quali, a vario titolo, risultavano incaricati della gestione degli appalti, in quanto responsabili del procedimento.

Sta di fatto che “dietro ogni appalto <non libero>, vi è sempre un

118

espletata, per raggiungere un accordo spartitorio con i funzionari comunali responsabili del procedimento, così da ottenere l’assegnazione dell’appalto. Una volta raggiunto l’accordo, l’imprenditore, cui l’appalto è assegnato, viene, di fatto, autorizzato a porre in essere le necessarie condotte di turbativa della gara, occorrenti per conseguire la formale aggiudicazione dell’appalto …” (Ordinanza di custodia cautelare (2005), Tribunale di Catania, pag.189).

Ne consegue che, con tale meccanismo, l’imprenditore estraneo, perché inconsapevole, non ha la possibilità di concorrere in quanto i funzionari responsabili, con il predetto sistema, erano in grado di “nascondere” la gara. L’assegnazione degli appalti diventa così una questione di distribuzione a imprenditori sulla base di scelte di natura clientelare e spartitoria con la complicità determinante dell’incaricato della pubblica amministrazione, per cui finisce con il diventare un sistema vigente, ma illegale, tanto che finisce con il sostituirsi interamente all’ordinario sistema legale.

Il pubblico funzionario, però, non deve occuparsi personalmente della turbativa, bensì ne delega la funzione direttamente all’imprenditore vincitore dell’appalto. “Spetta all’imprenditore designato il compito di organizzare la

partecipazione alla gara, ricercando le imprese compiacenti e governando le offerte in modo tale da conseguire l’aggiudicazione dell’appalto”. (Ordinanza

di custodia cautelare (2005), Tribunale di Catania,pag. 191). Occorreva, quindi, individuare le imprese amiche, invitate a partecipare alla gara, mediante la presentazione di una offerta che era stata previamente concordata, in modo da attribuire all’impresa che doveva risultare vincente di poter intervenire con offerte a ribasso.

In conclusione, il meccanismo funzionava secondo i seguenti passaggi:

1) l’accordo intercorso tra il funzionario tecnico (nel caso in esame non sono direttamente coinvolti gli amministratori comunali) e l’impresa destinata alla aggiudicazione dell’appalto;

2) le intese da questi stesso raggiunte con gli altri imprenditore perché non presentassero alcuna offerta;

119

3) la formalità dell’invito inviato da parte del funzionario a partecipare alla gara agli imprenditori già contattati dall’impresa aggiudicataria;

4) l’accordo tra i partecipanti circa l’indicazione degli importi relativi all’offerta d’asta;

5) l’indicazione dell’offerta a ribasso della ditta risultante vincente.

Tale procedimento costituiva un cartello illecito di distribuzione degli appalti “sotto soglia” indetti dal Comune di Catania, anche se, apparentemente, poteva sembrare un sistema secondo le regole, atteso che l’invito rivolto alle imprese (affidabili) a presentare la propria offerta (di appoggio) otteneva il duplice risultato, da una parte, di fare apparire rispettato il principio fondamentale della libera concorrenza dal momento che la gara si era svolta tra due (o più) imprese concorrenti e, dall’altra, di rendere giuridicamente inattaccabile l’assegnazione dell’appalto, in quanto aggiudicato all’impresa che formalmente risultava avere presentato l’offerta più vantaggiosa per l’Ente pubblico.

Con tale sistema la condotta del funzionario tecnico Pulvirenti, presidente del seggio di gara, riusciva a concludere le rispettive gare nelle forme - apparentemente e formalmente – ineccepibili, poiché espletate nel più assoluto rispetto delle norme di legge che disciplinano la specifica materia. “Soltanto

attraverso gli elementi di conoscenza offerti dalle intercettazioni ambientali e telefoniche è stato possibile <leggere> la condotta antigiuridica effettivamente posta in essere … da correi e pervenire e conclusioni diverse (rectius, diametralmente opposte) rispetto a quelle desumibili dalla (verifica della) regolarità formale degli atti). (Ordinanza di custodia cautelare (2005),

Tribunale di Catania, pag 193)

Quello che emerge, in particolare, dall’esame del predetto sistema è che – almeno per quanto è dato rilevare dalla lettura del provvedimento – mancano episodi di manifesta violenza, sia diretta sia indiretta, ovvero di minacce esercitate nei confronti dei soggetti partecipanti alle gare di appalto e tanto accadeva, non soltanto, perché tra i titolari delle imprese (e tra questi e i funzionari amministrativi) c’erano rapporti di amicizia e vincoli di solidarietà,

120

ma, soprattutto, perché la caratura criminale degli organizzatori rendeva perfettamente superfluo, se non inutile, il ricorso a sistemi intimidatori.

In genere, il ricorso alla minaccia esplicita e ancora di più il ricorso alla violenza, sono inversamente proporzionali alla fama criminale del gruppo cui l’autore del reato è appartenente o è collegato e alla consapevolezza sociale dell’egemonia territoriale della criminalità organizzata. In un territorio in cui è forte la consapevolezza sociale dell’egemonia mafiosa, il ricorso alla minaccia esplicita è del tutto eccezionale perché è sufficiente un riferimento sporadico e veloce alla delinquenza organizzata per innescare l’eccezionale carica intimidatoria di cui la criminalità organizzata dispone. (reputazione del clan)