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Il sistema di protezione sociale nell’ottica della finanza pubblica alla luce della prospettiva economica – funzionalista e del modello sociale europeo.

IL SISTEMA DI WELFARE STATE ITALIANO TRA TENDENZE E

2. Il sistema di protezione sociale nell’ottica della finanza pubblica alla luce della prospettiva economica – funzionalista e del modello sociale europeo.

Il concetto di welfare state è stato oggetto di numerose definizioni e interpretazioni. Ferrera (1993) definisce il welfare come “l’insieme delle politiche

pubbliche connesse al processo di modernizzazione, tramite le quali lo Stato fornisce ai propri cittadini protezione contro rischi e bisogni prestabiliti, sotto forma di assistenza, assicurazione o sicurezza sociale, introducendo specifici diritti sociali e doveri di contribuzione finanziaria”. Quindi in termini lo Stato deve

finanziare i bisogni dei propri cittadini con il fine di assicurare loro protezione sociale; così definito il sistema di protezione sociale causerà un esborso in termini di finanza pubblica con un aggravio della spesa pubblica.

Wagner (1883) cerca di individuare ed esplicitare le cause principali che determinano l’incremento della spesa pubblica di lungo periodo; l’autore arriva a concludere che l’aumento della spesa pubblica è subordinato alla crescita del reddito nazionale. La relazione che lega queste due variabili comporta che un incremento del reddito determina un’espansione più che proporzionale del settore pubblico; all’aumentare del reddito i cittadini richiedono allo Stato maggiori tutele, assistenze e servizi sempre più complessi. Diamond e Tait (1988) affermano che le specificità di ogni paese nella gestione pubblica non permettono di universalizzare ed interpretare la crescita della spesa pubblica in modo univoco; in questo senso sarebbero necessari dei modelli e degli schemi interpretativi differenti.

Henrekson (1992) crea un modello, con riferimento alla Svezia, in cui è inserita come variabile dipendente il rapporto spesa pubblica PIL e come variabile esplicativa il PIL pro capite. L’autore arriva a sostenere come non ci sia alcuna relazione di lungo periodo tra le due variabili analizzate; per tale ragione appare chiaro come sia necessario un ulteriore modello che permette di evidenziare ulteriori legami funzionali tra le variabili che possono incidere sulla crescita della spesa.

Peacock e Wiseman (1961) studiano l’aumento della spesa pubblica di lungo periodo pervenendo al c.d. displacement effect. Gli autori condividono con Wagner

Rivista Italiana di Economia Demografia e Statistica 139

che la spesa pubblica ha un trend crescente in linea con l’aumento del reddito; ciò che differenzia la teoria dell’effetto spiazzamento è che il verificarsi di eventi non previsti come guerre, crisi politiche, calamità naturali, causino un innalzamento della spesa pubblica e di conseguenza della pressione tributaria.

In linea con Jessop (1993) il fattore cardine della sostenibilità dei modelli di protezione sociale è il passaggio dal sistema di welfare kenynesiano al workfare shumpeteriano; ovvero si è passati da un modello di protezione e redistribuzione del reddito nell’ottica dell’equilibrio generale ad un modello fondato sull’innovazione, sulla competitività e sulla flessibilità. Questo passaggio testimonia l’individuazione di legami funzionali che maggiormente si adattano con un sistema di tipo post fordista piuttosto che con gli attuali modelli di inclusione sociali sviluppati in Europa a partire dal secondo dopoguerra. La logica di base è l’attenzione rivolta al profitto derivante dal progresso tecnico e dall’innovazione piuttosto che dalla crescita economica. Il workfare shumpeteriano a differenza del welfare state keynesiano tende a favorire un modello liberale che spinge verso la competitività internazionale a scapito dell’efficacia delle politiche sociali e delle disuguaglianze che ne possono derivare. Tutto ciò denota un indebolimento del potere dello Stato dovuto all’internazionalizzazione e alla globalizzazione, delocalizzando il potere decisionale ed attribuendo maggior rilievo agli enti locali (Brenner, 2005). Infatti, il workfare shumpeteriano mette in risalto non solo la competitività tra gli stati ma anche la competizione territoriale interna che è alla base della crisi di identità nazionale di molti paesi.

In Europa continentale il modello di welfare state prevalente è finalizzato al raggiungimento di un equilibrio generale in termini di crescita e di equità delle prestazioni. Gli anni di crisi però hanno messo in luce le profonde disparità presenti non solo nei diversi stati ma anche all’interno degli stessi (Schierup e Alund, 2011; Malmberg, Andersson e Östh, 2013; Heath e Brinbaum, 2014). Per cui le disuguaglianze e la realizzazione di un modello di sviluppo che si fonda su equità e coesione sociale è una problematica esistente anche nei paesi più solidi (Goedemé, 2014).

Paci (2004) identifica tre istituzioni fondamentali nella definizione di un modello di welfare state: la famiglia nucleare, il mercato del lavoro ed il sistema di welfare assicurativo. Seconda questo schema interpretativo, il sistema post-fordista esercitava una pressione negativa verso la libertà individuale; se da un lato il modello liberale ha posto le basi per la crescita economica, lo sviluppo di mercati e consumi e la stabilità economica dall’altro ha limitato la crescita professionale e lo sviluppo della carriera di ampie fasce della popolazione. Il sistema della famiglia nucleare aveva lasciato fuori le donne dal mercato del lavoro, essendo queste ultime dedite alla cura familiare, presupponendo una divisione gerarchica di funzioni basate sul sesso piuttosto che sulle capacità personali e professionali con

conseguente dequalificazione del capitale umano. Il sistema del welfare assicurativo superava i limiti imposti con il fordismo, fungendo da fattore di spinta verso l’apertura del mercato del lavoro con conseguente eliminazione di tutte le barriere e gli ostacoli presenti. Mediante questo modello di welfare, lo Stato definiva le politiche del lavoro e le dinamiche salariali andando a pilotare la domanda aggregata e facilitando il bilanciamento tra domanda e offerta.

Gli ultimi anni del XX secolo hanno mostrato come l’impostazione europea votata alla costruzione di un modello di tipo liberale basato sulla stabilità dei prezzi e quindi sul mercato abbia minato dalle basi il processo di reale integrazione e coesione sociale; l’idea progenitrice di tale visone risiedeva nella considerazione che la diffusione della libera concorrenza avrebbe spinto verso la stabilità di lungo periodo e soprattutto verso la regolamentazione dei prezzi, favorendo un’equa distribuzione del surplus tra i vari stati membri e soprattutto tra i cittadini. In tale ottica la coesione sociale nel lungo periodo assicurava un risultato economico crescente e progressivo (Hemerijck, 2002). Tale modello doveva assumere maggior rilievo non solo in termini di “Europa” con lo scopo di essere adottato dal maggior numero possibile dei Paesi dell’Europa Occidentale, ma anche “europeizzato”, ovvero diventare uno dei pilastri costitutivi del modello europeo (Ferrera, 1993). Crouch (1999) afferma che il transito tra un modello europeo e uno europeizzato ha ridotto le distanze fra progetti sociali e aspettative. Dagli studi effettuati negli ultimi anni emerge che i cittadini europei preferiscono maggior uguaglianza rispetto ad avere maggior libertà (Alesina e Glaeser, 2004).

Così definita la coesione sociale assume rilevanza non solo all’interno del processo di creazione e costituzione del fenomeno europeo, ma si configura come prerequisito fondamentale per lo sviluppo e il sostegno di modelli di protezione sociale basati su un background culturale comune nei diversi paesi; alcuni studi pongono in evidenza come l’efficacia dell’adozione di un modello di welfare state sia strettamente correlato alla coesione sociale non soltanto nei Paesi di recente costituzione nazionale (Parreira do Amaral, 2013; Oosterlynck, 2013; Matsaganis and Leventi, 2014; Bigos, 2014). Infatti, questa dimensione va affrontata in un’ottica più ampia anche con riferimento ai paesi che hanno sistemi di protezione più strutturati e che nonostante la tradizionale coesione sociale hanno registrato fenomeni quali: l’impoverimento dei ceti medi, la diversità culturale, la crisi del modello familiare e l’insostenibilità della spesa pubblica sociale (Kazepov, 2010; Ranci, Brandsen, Sabatinelli, 2014).

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3. Il sistema di welfare state e di protezione sociale all’interno del contesto