• Non ci sono risultati.

il sistema di punti materiali costituito dai due corpi che si urtano non è isolato

Nel documento Lavoro ed energia. (pagine 44-68)

Sistemi di particelle

Caso 2: il sistema di punti materiali costituito dai due corpi che si urtano non è isolato

ΔP = Pf − Pi = P1f + P2f − P1i − P2i = P

(

1f − P1i

)

+ P

(

2f − P2i

)

= ΔP1 + ΔP2

= − ΔP{ = ΔP1 1− ΔP1 = 0 come del resto avevamo già determinato ricorrendo al teorema della quantità di moto.

Caso 2: il sistema di punti materiali costituito dai due corpi che si urtano non è isolato.

Questo significa che ci sono corpi esterni al sistema di punti materiali che esercitano delle forze sui corpi facenti parte del sistema.

Vuol dire che sono presenti delle forze esterne agenti sui due corpi facenti parte del sistema di

punti materiali.

Di conseguenza la risultante delle forze esterne agenti sul sistema al momento dell’urto potrebbe essere non nulla: di conseguenza non si può far ricorso in questo caso al teorema della quantità di moto per stabilire la conservazione della quantità di moto.

Però, se esaminiamo separatamente i due corpi, ci accorgiamo che nell’intervallo di tempo in cui avviene l’urto, tra gli istanti t1 e t2, sul corpo 1 agisce sia la forza F r 1 2 di interazione con il corpo 2 più tutte le forze esterne, dovute ai corpi non facenti parte del sistema, che avranno una risultante che indicheremo con F r 1est. Parimenti sul corpo 2 agirà sia la forza di interazione con il corpo 1, F r 2 1, nonché tutte le forze esterne la cui risultante sarà indicata con F r 2est.

La variazione della quantità di moto subita dai due corpi tra gli istanti t1 e t2, ovvero sull’intervallo di tempo Δt= t2- t1, vale: Δr P 1= r F 1 2+r F 1est

( )

dt t1 t2

= r F 1 2dt t1 t2

+ r F 1estdt t1 t2

= Δr P 1int+ Δr P 1est Δr P 2 = r F 2 1+r F 2est

( )

dt t1 t2

= r F 2 1dt t1 t2

+ r F 2estdt t1 t2

= Δr P 2int+ Δr P 2est

Durante l’urto la forza di interazione tra le due particelle che si urtano è impulsiva, tale cioè che la sua intensità tende all’infinito. Se la risultante delle forze esterne, durante l’urto, non ha un carattere impulsivo e pertanto la sua intensità rimane piccola mentre avviene l’urto, allora la variazione della quantità di moto prodotta dalle forze esterne può essere trascurata rispetto a quella derivante dalla forza di interazione impulsiva. La variazione della quantità di moto delle due particelle diventa dunque: Δr P 1 = Δr P 1int+ Δr P 1est trascurabile{ ≈ ΔP r 1 int = r F 1 2mΔt Δr P 2 = Δr P 2int+ Δr P 2est trascurabile{ ≈ ΔP r 2 int = r F 2 1mΔt = −r F 12mΔt = − Δr P 1

Quindi anche in questo caso la variazione della quantità di moto totale del sistema è all’incirca uguale a zero e pertanto si

ha anche in questo caso la conservazione della quantità di moto totale del sistema.

ΔP == ΔP1 + ΔP2 = −Δ P1

{ = ΔP1− ΔP1 = 0

Se invece la risultante delle forze esterne agenti su una delle due particelle ha anch’essa un carattere impulsivo, perché per esempio qualcuna delle forze esterne ha un carattere impulsivo, nel senso che la sua intensità durante l’urto diventa molto grande, allora in questo caso la variazione della quantità di moto prodotta dalle forze esterne non può essere trascurata rispetto a quella prodotta dalle forze di interazione e quindi non si ha la conservazione della quantità di moto.

Quali forze, tra quelle esterne, potrebbero presentare un carattere impulsivo?

Sono quelle per le quali non siamo stati in grado di fornire un’espressione, una legge della forza. Per esempio la tensione in una fune, la reazione vincolare (sia per quanto riguarda la componente

normale e, di conseguenza, le eventuali forze di attrito), ecc. Queste le forze, al momento dell’urto, potrebbero aumentare la loro intensità a valori tali da non poter più trascurare i loro effetti rispetto a quelli prodotti dalle forze interne.

Invece forze come quella “peso”, che vale mg, non diventeranno mai impulsive perché sia la massa della particella che l’accelerazione di gravità g rimangono costanti durante l’urto.

Anche la forza elastica, - kx, si comporterà bene. Essa, infatti, dipende dalla posizione occupata dal punto materiale. Poiché noi sappiamo che l’urto dura molto poco, è lecito attendersi che la posizione della particella non sia cambiata apprezzabilmente durante l’urto, anzi per Δt che tende a zero possiamo affermare che la particella è rimasta nella stessa posizione in cui si trovava quabdo è inisziato l’urto (Δx=vΔt=0 per Δt=0).

In conclusione, se il sistema dei due corpi che si urtano è isolato o se le forze esterne agenti su di esso non hanno un carattere impulsivo, allora si conserva la quantità di moto del sistema:

Δr P = 0 ⇔ r P i = r P f c r P 1i + r P 2i = r P 1f +r P 2f

Relazione che si può anche scrivere nel seguente modo: m1v r

1i + m2r v

2 i = m1r v

1f + m2v r 2f

Questa è un’equazione vettoriale che corrisponde quindi a tre equazioni scalari che si ottengono proiettando l’equazione vettoriale lungo tre direzioni mutuamente ortogonali, per esempio lungo gli assi del sistema di riferimento:

m1v1xi+ m2v2xi = m1v1xf + m2v2xf m1v1yi+ m2v2yi = m1v1yf + m2v2yf m1v1zi + m2v2 zi = m1v1zf + m2v2zf

Per un urto generico le incognite da determinare sono 6, le tre componenti della velocità finale della particella 1 e le analoghe per la particella 2. Quindi, in generale, la sola conservazione della quantità di moto non ci consente di risolvere completamente l’urto. Occorre conoscere alcune delle grandezze dello stato finale per determinare le restanti oppure far ricorso ad eventuali ulteriori condizioni relative al particolare problema d’urto in esame.

Osservazione 1: come si scelgono l’istante iniziale e quello finale da utilizzare per effettuare il confronto della quantità di moto?

Dalla trattazione precedente abbiamo visto che nei problemi d’urto utili informazioni possono venire dalla conservazione della quantità di moto:

P r 1i+ r

P 2i = r

P 1f +r

P 2 f

in cui gli indici i ed f si riferiscono rispettivamente ad uno stato iniziale prima dell’urto e allo stato finale dopo l’urto.

Per fissare lo stato iniziale e quello finale, si possono fare le seguenti osservazioni:

4. se le forze esterne sono assenti, allora prima dell’urto, le due particelle non subiscono alcuna forza, quindi la loro velocità è costante (I legge di Newton o principio di inerzia) e di conseguenza lo è anche la quantità di moto. La stessa cosa accade per le quantità di moto delle due particelle nello stato finale. In questo caso, dunque, per valutare la quantità di moto iniziale si può scegliere un qualunque istante prima del’urto e, per valutare quella finale, un qualunque istante dopo l’urto. 5. Se sono presenti delle forze esterne, allora la quantità di moto delle due particelle cambia sotto

l’azione delle forze esterne sia prima dell’urto che dopo l’urto. In questo caso quindi il confronto va dunque effettuato tra la quantità di moto posseduta dai due corpi nel momento in cui inizia l’urto, l’istante t1 della figura, e quella posseduta all’istante in cui termina l’urto, l’istante t2 della figura. Noi abbiamo potuto trascurare l’effetto delle forze esterne durante l’urto proprio sfruttando il fatto che la durata dell’urto è brevissima, Δt tende a zero.

L’impulso dovuto alla forza esterna in questo intervallo di tempo, Fest

Δt, tende anch’esso a zero quando Δt tende a zero.

Se noi invece allunghiamo l’intervallo di tempo sul quale valutiamo la variazione della quantità di moto totale, ci accorgiamo che il contributo delle forze esterne alla variazione della quantità di moto delle singole particelle potrebbe essere non più trascurabile rispetto a alla variazione di quantità di moto prodotta dalle forze interne durante l’urto. Questa situazione è illustrata nella figura al lato: si confronti l’area tratteggiata in rosso, pari alla

variazione della quantità di moto della particella dovuta alla forza esterna nell’intervallo di tempo considerato, con l’area in grigio che corrisponde alla variazione della quantità di moto prodotta sulla stessa particella durante l’urto dalla forza impulsiva di interazione.

Osservazione 2: moto del centro di massa in un processo d’urto.

Se in un processo d’urto si conserva la quantità di moto, come per esempio accade in assenza di forze esterne, questo vuol dire che il centro di massa si muove con velocità costante. Infatti la quantità di moto totale di un sistema di particelle è data dalla massa totale del sistema per la velocità del centro di massa e quindi: r P = M r v CM ⇒ r P = costante ⇓ r v CM = costante

In un processo d’urto di questo tipo il centro di massa si muove di moto rettilineo uniforme.

Ne deriva che il sistema di riferimento del centro di massa, si muove rispetto al sistema del Laboratorio di moto traslatorio uniforme: infatti la sua origine, il centro di massa, si muove di moto rettilineo uniforme, mentre gli assi, secondo la definizione di sistema di riferimento del centro di massa, restano sempre paralleli a quelli corrispondenti del sistema del Laboratorio. Quindi, per questo processo, il sistema di riferimento del centro di massa è un sistema di riferimento inerziale. Può quindi essere usato per lo studio dell’urto. Anzi in alcuni casi è particolarmente conveniente (noi comunque studieremo gli urti solo utilizzando il sistema del Laboratorio).

Si osservi inoltre che, poiché il centro di massa si trova sempre sul segmento che congiunge le due particelle, nel momento dell’urto, quando cioè le due particelle sono a contatto (se l’urto avviene per contatto), le due particelle tendono ad occupare la stessa posizione che coincide anche con quella del centro di massa.

Conservazione parziale della quantità di moto.

Nel caso in cui le forze esterne sono presenti ed esiste il sospetto che qualcuna di esse possa avere, durante l’urto, un comportamento di tipo impulsivo, non siamo più autorizzati ad utilizzare la conservazione della quantità di moto per risolvere l’urto.

Può comunque succedere, in alcuni casi particolari, che si riesca a stabilire a priori la direzione assunta, durante l’urto, della forza esterna sospettata di un comportamento di tipo impulsivo (si veda a questo proposito il caso del pendolo balistico discusso nel seguito).

Supponiamo per esempio che questa direzione sia quella dell’asse x. In questo caso solo la componente x della risultante delle forze esterne può avere un carattere impulsivo e quindi il suo effetto non può essere trascurato rispetto alle forze interne. Le altre componenti, non avendo un carattere impulsivo, possono invece essere trascurate rispetto alle forze interne.

Rxest = impulsiva Ryest ≈ 0 Rzest ≈ 0

Utilizzando il teorema della quantità di moto, e osservando che esso consiste in una relazione vettoriale, corrispondente a tre equazioni scalari indipendenti tra loro, si potrà stabilire la conservazione della quantità di moto lungo qualunque direzione perpendicolare a quella della forza esterna sospettata di comportamento di tipo impulsivo. Formalmente:

dr P dt = r R est ⇒ dPx dt = Rx

est(impulsiva ) ⇒ Px potrebbe non conservarsi dPy dt = Ry est ≈ 0 ⇒ Py si conserva dPz dt = Rz est ≈ 0 ⇒ Pz si conserva

Urti elastici ed anelastici.

Negli urti, oltre alla quantità di moto, i due corpi interagenti si scambiano anche energia. Dal punto di vista dell'energia gli urti si possono classificare in:

elastici: se l'energia meccanica del sistema formato dalle due particelle si conserva.

anelastici: se l'energia meccanica del sistema formato dalle due particelle non si conserva. In realtà in un processo d'urto cambia solo l’energia cinetica dei punti materiali.

Infatti se il sistema è isolato, allora vuol dire che non ci sono forze esterne e quindi neppure energie potenziali. Se invece ci sono delle forze esterne si può osservare che la posizione delle particelle durante l'urto cambia di pochissimo proprio perché l'intervallo di tempo in cui si verifica l'urto è breve. Poiché l'energia potenziale dipende dalla posizione delle particelle, essa non può variare apprezzabilmente durante il processo d'urto.

Quindi un urto l’energia potenziale dei due corpi, se esiste, non varia, pertanto i due corpi si possono scambiare solo energia cinetica.

Di conseguenza un urto si dirà:

elastico: se si conserva l'energia cinetica delle particelle interagenti.

anelastico: se l'energia cinetica del sistema dopo l'urto risulta diversa dall'energia cinetica iniziale. In un urto anelastico si possono verificare entrambi i casi:

a) l'energia cinetica finale è più piccola dell'energia cinetica iniziale, e quindi una parte dell'energia meccanica iniziale si è trasformata in energia interna dei corpi che hanno interagito o dispersa nell’ambiente sotto forma di onde, per esempio onde acustiche. Il processo in questo caso si dice endoenergetico.

b) l'energia cinetica finale risulta più grande dell'energia cinetica iniziale, e quindi dell'energia interna è stata trasformata in energia cinetica. Questo tipo di processo viene detto esoenergetico. Questo è quello che accade nelle esplosioni (per es. proiettile sparato da un cannone) o nei decadimenti di particelle, in cui l'energia cinetica delle particelle emergenti dal decadimento è ottenuta a spese della massa della particella iniziale.

Tranne che in alcuni tipi di urti tra particelle elementari, i processi d'urto non sono mai perfettamente elastici, ma una piccola parte di energia cinetica viene trasformata in altri tipi di energia, in energia non meccanica. Quando questa perdita di energia può essere trascurata rispetto all'energia cinetica totale del sistema, allora l'urto si può considerare elastico.

In un urto anelastico non tutta l'energia cinetica può essere trasformata in energia non meccanica, ma solo la parte compatibile con la conservazione della quantità di moto totale.

r P = M r v CM r P = cost ⇓ r v CM = cost

In un urto (sia esso elastico o anelastico) in cui si conserva la quantità di moto del sistema formato dalle due particelle interagenti, il centro di massa continua a muoversi con la stessa velocità che aveva prima dell'urto. Ciò che può variare è l'energia cinetica legata al moto rispetto al centro di massa.

Un urto completamente anelastico è quello in cui tutta l'energia cinetica del moto rispetto al centro di massa viene persa, il che vuol dire che dopo l'urto le due particelle saranno ferme rispetto al centro di

massa: dopo l'urto esse si muoveranno "unite" con la velocità del centro di massa(*).

Nota Bene: non c’è alcuna relazione tra la conservazione dell’energia cinetica e quella della quantità di moto. Ovviamente ci sono degli urti elastici in cui si conserva anche la quantità di moto, ma ci sono anche degli urti elastici in cui non si conserva la quantità di moto ( per esempio l’urto di una palla contro una parete), come pure ci sono urti in cui si conserva la quantità di moto e non l’energia cinetica (tipico è il caso degli urti anelastici, vedi per esempio il caso del pendolo balistico), così come ci possono essere urti in cui non si conserva né la quantità di moto né l’energia cinetica ( è quello che succede in un pendolo balistico quando il proiettile viene sparato verticalmente dall’alto verso il basso).

Urto completamente anelastico.

In un urto completamente anelastico in cui si conserva la quantità di moto, le due particelle emergono dall’urto con la stessa velocità.

L’ulteriore condizione da utilizzare in questo caso è la seguente: v r 1f = r v 2f = r v f

L’equazione che esprime la conservazione della quantità di moto diventa perciò:

m1v r

1i + m2r v

2 i = m

(

1 + m2

)

r v f

Le incognite si sono ridotte a tre, le tre componenti della velocità v r f che, avendo a disposizione tre equazioni, è possibile determinare in ogni caso. Un urto completamente anelastico in cui si conserva la quantità di moto è sempre risolubile.

Dall’equazione precedente possiamo determinare la velocità v r f: r v f = m1r v 1i + m2v r 2i m1+ m2

la velocità finale delle due particelle che dopo l’urto si muovono attaccate, e quindi con la velocità del centro di massa, coincide proprio con la velocità che il centro di massa aveva prima dell’urto.

Il pendolo balistico

Un esempio di urto completamente anelastico è dato dal pendolo balistico, strumento che veniva usato per misurare la velocità di uscita di un proiettile da un’arma da fuoco.

Il pendolo balistico è costituito da un corpo facilmente deformabile, un pezzo di legno o un sacchetto pieno di sabbia, di massa M, molto più grande rispetto alla massa m del proiettile, sospeso ad un punto O mediante una corda di lunghezza l. Inizialmente il blocco di massa M è fermo nella sua posizione di equilibrio. Il proiettile di massa m viene sparato orizzontalmente contro il blocco di massa M.

Quando il proiettile urta con il blocco di massa M, penetra in esso, e, nel penetrare, riduce la sua velocità rispetto al blocco fino ad annullarla. Dopo l'urto, proiettile e blocco si muovono con la stessa velocità.

A seguito dell’urto, il pendolo comincia ad oscillare. Se si misura l’ampiezza delle oscillazioni, se si conoscono gli altri parametri del problema, la massa M del blocco, la massa m del proiettile, la lunghezza ldel pendolo, e si trascura la resistenza dell’aria, allora è possibile determinare la velocità iniziale del proiettile.

(*) Si osservi che il centro di massa si trova sempre tra le due particelle sulla loro congiungente. Se nel momento dell'urto le due particelle vengono a contatto, la loro posizione coincide anche con la posizione del centro di massa. Se l'urto è completamente anelastico e quindi si annulla il moto rispetto al centro di massa, le due particelle restano attaccate e si muovono insieme al centro di massa.

O

M

m v

Risoluzione.

Innanzitutto bisogna suddividere il problema in due fasi distinte e separate: la prima è la fase dell’urto, la seconda riguarda l’oscillazione del pendolo. Queste due fasi vanno risolte separatamente utilizzando in ciascuna fase le opportune leggi del moto.

Fase 1: l’urto.

Cerchiamo di caratterizzare l’urto.

L’osservazione che dopo l’urto il proiettile di massa m e il blocco di massa M si muovono con la stessa velocità ci fa capire che, dal punto di vista dell’energia, l’urto è completamente anelastico. Per stabilire il comportamento della quantità di moto, dobbiamo determinare e analizzare le forze esterne agenti sul sistema di punti materiali (corpi) che subiscono il processo d’urto.

Per prima cosa va definito il sistema di punti materiali che subiscono il processo d’urto: sono il proiettile di massa m e il blocco di massa M.

Quindi, le forze esercitate al momento dell’urto dal proiettile sul blocco e quella del blocco sul proiettile rappresentano le forze interne, tutte le altre forze agenti o sul proiettile o sul blocco costituiranno invece le forze esterne, in quanto generate da corpi non facenti parte del sistema di punti materiali precedentemente definito.

Le forze esterne saranno quindi:

− La forza peso agente sul proiettile (dovuta alla terra) − La forza peso agente sul blocco (dovuta alla terra) − La tensione T agente sul blocco (dovuta alla corda)

Le due forze peso non avranno durante l’urto un comportamento impulsivo. Le loro intensità, infatti, saranno rispettivamente sempre uguali a mg ed Mg sia prima, che durante, ma anche dopo l’urto.

Per quanto riguarda invece la tensione esercitata dalla corda, poiché non siamo in grado di valutare a priori la sua intensità durante l’urto, ci potremmo attendere un comportamento di tipo impulsivo. Non sono dunque verificate le condizioni per applicare la conservazione della quantità di moto.

In questo caso però possiamo stabilire a priori la direzione della tensione durante l’urto. In base all’osservazione che l’urto dura pochissimo, possiamo concludere che durante l’urto il blocco di

massa M praticamente non si sposta dalla posizione occupata prima dell’urto e, quindi, anche la corda resta verticale durante l’urto.

Ci troviamo perciò nelle condizioni di poter applicare la conservazione parziale della quantità di moto. In questo caso avremo la conservazione della quantità di moto orizzontale, perpendicolarmente alla tensione che è verticale, ed in particolare quella lungo l’asse x avente la stessa direzione e verso della velocità del proiettile:

P1xi+ P2xi= P1xf + P2xf

Dobbiamo infine fare attenzione a quali istanti si riferiscono gli indici i ed f della relazione precedente. Essendo in presenza di forze esterne, allora la quantità di moto iniziale sarà quella valutata proprio all’inizio dell’urto, mentre la quantità di moto finale sarà quella valutata immediatamente dopo l’urto. Si osservi che, nell’ipotesi in cui ci siamo messi di trascurare la resistenza dell’aria, la forza peso agente sul proiettile prima dell’urto, essendo verticale, non fa variare la quantità di moto orizzontale del proiettile, che quindi si mantiene costante dal momento dello sparo fino all’urto con il blocco. Si osservi inoltre che durante l’urto, a causa della sua brevissima durata, il blocco di massa M rimane nella sua posizione e quindi la corda resta verticale.

Indicando con Vx la componente lungo l’asse x della velocità comune del blocco più proiettile subito dopo l'urto, la relazione che esprime la conservazione della quantità di moto lungo l’asse x si può

Nel documento Lavoro ed energia. (pagine 44-68)

Documenti correlati