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2 I sistemi di sicurezza degli autoveicoli

2.2 Sistemi di sicurezza attivi

2.2.1 Sistemi antibloccaggio in frenata

Una delle principali cause di incidenti è il bloccaggio delle ruote durante una frenata di emergenza, fenomeno che si verifica più facilmente sulle superfici a basso coefficiente di aderenza. Questo problema è dovuto al fatto che l’efficacia dell’azione frenante cresce proporzionalmente all’intensità con cui viene azionato il pedale del freno solo fino ad un certo punto dopodichè si ha una saturazione e un andamento addirittura decrescente. Quindi, se il pedale del freno viene azionato con rapidità e molta forza, come nel caso delle frenate di emergenza, l’impianto frenante esercita una coppia sulle ruote che i pneumatici non possono trasmettere a terra (in una determinata situazione di aderenza) e ne segue il bloccaggio delle ruote che comporta tre inconvenienti principali:

• un incremento degli spazi di arresto;

• la perdita di direzionalità del veicolo, soprattutto nel caso di bloccaggio delle ruote anteriori;

• la perdita di stabilità, soprattutto nel caso di bloccaggio delle ruote posteriori. Per questo motivo, collaudatori esperti hanno da tempo riconosciuto che la frenata di emergenza, in condizioni di aderenza limitata, è meglio compiuta con la così detta “cadence braking” (frenatura ritmata), che consiste in un rapido pompaggio del pedale del freno in modo da evitare il bloccaggio delle ruote: si mantiene così il controllo dello sterzo durante ogni momentaneo rilascio dei freni stessi e, contemporaneamente, si riduce lo spazio di arresto. Lo scopo principale dell’ABS (Antilock Bracking System) è proprio quello di riprodurre automaticamente una frenatura di questo tipo; è interessante notare che i moderni impianti sono in grado di intervenire più di 10 volte al secondo sul controllo dei freni; un valore impensabile anche per il più esperto dei collaudatori.

In realtà, analizzando più in dettaglio la dinamica della ruota frenata, si dimostra che il coefficiente di aderenza, e quindi la forza frenante, hanno l’andamento rappresentato in Figura 2-2 cioè la curva è costituita da una parte

crescente, un massimo, e una parte decrescente; il tratto crescente è una zona stabile di aderenza per cui all’aumentare dello scorrimento aumenta l’aderenza e lo scorrimento si assesta ad un nuovo valore, nel tratto decrescente, invece, all’aumentare dello scorrimento diminuisce l’aderenza e lo scorrimento aumenta progressivamente fino ad arrivare alla ruota bloccata: se si oltrepassa il massimo, quindi, l’incremento di pressione del circuito non serve a rallentare il veicolo, ma solo a decelerare la ruota fino al bloccaggio. L’ABS può far lavorare il pneumatico oscillando intorno al punto di massimo, passando ripetutamente dalla zona stabile a quella instabile e viceversa.

Figura 2-2 Andamento del coefficiente di aderenza in funzione dello scorrimento

In realtà l’andamento rappresentato nella figura precedente è funzione anche delle condizioni del terreno, e di conseguenza anche il valore in corrispondenza del quale si ha la massima forza frenate è variabile (Figura 2-3):5

Figura 2-3 Andamento del coefficiente di aderenza al variare delle condizioni del terreno6 Le curve rappresentate nelle figure precedenti si riferiscono ad un veicolo in marcia in rettilineo, se invece stesse percorrendo una curva le ruote si

5 In un range comunque “relativamente” ristretto: tra l’8 e il 30%.

6 Dove: 1 asciutto, 2 bagnato, 3 bagnato con strato d’acqua elevato, 4 neve fresca, 5 neve ghiacciata, 6 ghiaccio spesso.

troverebbero a lavorare con un certo angolo di deriva per cui sarebbe necessario valutare gli effetti combinati di aderenza: la figura seguente mostra l’andamento dell’aderenza laterale e longitudinale e risulta evidente che l’aderenza totale è circa indipendente dal tipo di sollecitazione, può solo essere ripartita in maniera differente. Quest’ultima osservazione chiarisce il motivo per il quale si ha la totale perdita di direzionalità con le ruote anteriori bloccate.

Figura 2-4 Andamento dell’aderenza longitudinale e laterale con un angolo di deriva imposto

Il sistema ABS, quindi, non solo si propone di evitare il bloccaggio delle ruote ma intende anche mantenere le stesse nelle condizioni di scorrimento per cui si ha la massima forza trasmissibile a terra, al limite del passaggio tra zona stabile e instabile.

Per realizzare questo obiettivo su ogni ruota sono posti dei sensori che ne rilevano la velocità di rotazione e trasmettono il segnale alla centralina elettronica dell’ABS che provvede a calcolare lo scorrimento (Figura 2-5). Finché

le ruote rotolano normalmente la centralina non interferisce con la normale azione frenante: in questo modo è il conducente a modulare il pedale del freno in base alla sua sensibilità di percezione dell’aderenza tra fondo stradale e pneumatico. Non appena ci si allontana da tali condizioni, e soprattutto se si arriva al bloccaggio perché il conducente ha sbagliato a dosare la forza frenante o l’aderenza del fondo stradale è diminuita, la centralina interviene sul sistema frenante inviando un segnale ad una unità di comando idraulica che provvede a modulare la pressione aprendo delle valvole elettro-idrauliche e regolando così la pressione dell’olio; in questo modo diminuisce la forza frenate e si riesce a ripristinare la condizione di rotolamento.

Figura 2-5 Schema di controllo di una ruota tramite ABS

Non appena la ruota riprende a rotolare l’azione dell’ABS cessa, pronto però a intervenire nuovamente se si ripresenta una condizione di bloccaggio; il controllo è in anello chiuso ed il dispositivo è regolato dalla stessa variabile su cui interviene durante il suo funzionamento (velocità di rotazione della ruota).

I componenti principali tipici dell’impianto sono quindi: • sensori della velocità angolare di rotazione delle ruote; • centralina di controllo (ECU);

• modulatore della pressione nel circuito frenante.

Figura 2-6 Sensore ruota ad effetto hall

Il sensore di velocità della ruota pertanto è un elemento fondamentale; una tipologia è quella che sfrutta l’effetto hall (Figura 2-6): esso è costituito da una

ruota dentata metallica che gira solidale alla ruota e da un magnete fisso alimentato, il passaggio del dente in prossimità del magnete provoca una

variazione di flusso (e quindi di tensione nell’avvolgimento) la cui frequenza (e ampiezza) è proporzionale alla velocità di rotazione della ruota.

La centralina ECU (Figura 2-7) riceve, filtra ed amplifica i segnali dei suddetti

sensori, e di eventuali altri sensori aggiuntivi, per calcolare la velocità di rotazione della ruota, quella del veicolo e di conseguenza il valore degli scorrimenti. In funzione di questi dati e delle logiche implementate essa comanda il modulatore di pressione.

Figura 2-7 Centralina ECU a quattro canali

Descrivendo in particolare la centralina di un sistema Bosch (5.0), si ha che i segnali dei sensori ruota vengono digitalizzati e inviati ad una coppia di processori, che lavorano con lo stesso programma in maniera indipendente l’uno dall’altro per assicurare la massima affidabilità del sistema. I processori sono dotati di una memoria permanente in cui conservano i dati di programmazione, ma sono anche in grado di registrare in memoria esterna dati ulteriori, ad esempio relativi a malfunzionamenti.

Anche per il modulatore di pressione si prende in esame quello del sistema Bosch 5.0 (Figura 2-8).

Figura 2-8 Schema ABS Bosch 5.0

Questo componente serve a tradurre i comandi provenienti dalla ECU

usando delle valvole comandate da solenoidi; per ogni canale controllato

sono presenti due elettrovalvo

le:

in condizioni normali la valvola di carico

è aperta e quella di scarico è chiusa così tutto funziona come un impianto

tradizionale. Quando la centralina invia un impulso elettrico

la valvola di carico si chiude e si disconnette il freno dalla pressione della pompa principale co

sì la pressione nel freno rimane costante

. Se questo intervento non è sufficiente e la condizione di bloccaggio persiste, la centralina invia un nuovo impulso, si apre la valvola di scarico e la pressione sulla pinza del freno diminuisce ottenendo il calo

d

ella coppia frenante.

Per un corretto funzionamento nel modulatore è normalmente installata anche una pompa secondaria azionata da un motore elettrico: il suo compito è quello di prendere il fluido del circuito di scarico e immetterlo nuovamente nel cilindro primario. Per comprenderne a pieno l’utilità si consideri una frenata prolungata: lo scarico di fluido operato dalle elettrovalvole provoca una diminuzione di fluido nel circuito in pressione con il conseguente avanzamento dello stantuffo nel cilindro primario e il rischio di raggiungere il fine corsa senza che l’azione frenante sia terminata; inoltre in tal caso anche la corsa del pedale del freno diventa elevata. Il funzionamento della pompa ripristina allora la quantità di fluido nel cilindro e limita l’escursione del pedale come visibile in Figura 2-9.

Figura 2-9 Sistema ABS di tipo “power recharge” in modalità eccitato7

Nel regolatore sono inoltre previste delle camere di accumulo e smorzamento che hanno lo scopo di assorbire la pressione in eccesso durante la fase di scarico. Le camere di smorzamento sono ottimizzate anche per la riduzione delle vibrazioni avvertibili sul pedale del freno e il rumore prodotto dal funzionamento.

Tra i vari sistemi “accessori” del classico ABS è interessante ricordare l’MSR che è un sistema antibloccaggio del motore in decelerazione: infatti, quando si scala marcia o si rilascia improvvisamente l’acceleratore in presenza la coppia frenate del motore può portare al bloccaggio delle ruote; questo sistema interviene incrementando la coppia del motore (agendo sulla valvola a farfalla e l’iniezione) e adattando l’azione frenante del motore alla situazione di marcia del momento.