• Non ci sono risultati.

Sistemi per il contenimento e l’abbattimento delle emissioni

La riduzione delle emissioni inquinanti può essere perseguita mediante:

• interventi sui parametri di regolazione del motore • modifiche sostanziali al motore

• sistemi e dispositivi esterni al motore

Riguardo agli interventi sui parametri dei motori, si è gia visto che la regolazione del rapporto aria- combustibile e dell’angolo di anticipo di accensione possono apportare vantaggi in termini di emissioni di CO, HC ed NOx. L’omogeneità della carica, sia all’interno del singolo cilindro che fra i diversi

cilindri del motore, è fondamentale per un efficace controllo delle emissioni, nonché del consumo di combustibile.

Occorre tuttavia sottolineare che la variazione di alcuni parametri (es. α) ha spesso effetti opposti sulle emissioni delle diverse specie molecolari. Tali interventi in ogni caso, possono risultare non sufficienti per soddisfare le più recenti normative relative alle emissioni degli autoveicoli.

Riduzioni più consistenti delle emissioni inquinanti, possono essere conseguite attraverso modifiche sostanziali al motore recentemente introdotte o attualmente in fase di sviluppo.

Lo stato dell’arte è attualmente rappresentato da una configurazione che offre elevate potenze specifiche e basse emissioni allo scarico con:

• 4 valvole per cilindro • iniezione diretta • miscela stechiometrica

• catalizzatore trivalente con sonda lambda

L’ultima evoluzione dei motori ad accensione comandata è rappresentata dall’introduzione dell’iniezione diretta di benzina (GDI), abbinata a strategie di stratificazione della carica.

I sistemi e dispositivi esterni al motore contribuiscono in modo determinante per l’abbattimento delle emissioni nocive. Quelli di maggiore interesse sono:

• catalizzatore trivalente

• ricircolo dei gas di scarico (EGR)

• iniezione di aria secondaria e reattore termico • filtri per particolato (solo per motori Diesel).

Lo smagrimento della carica fresca con una frazione di gas combusti (che costituiscono una miscela praticamente inerte) consente di abbassare la temperatura locale di combustione e quindi la concentrazione di NOx, pur essendo fumi ricircolati a temperatura più elevata dell’aria aspirata.

La quantità di gas ricircolati viene definita dal sistema di controllo elettronico del motore (ECU) in base al valore di alcuni parametri motoristici (velocità, carico, regime termico, ecc.). L’EGR è una tecnologia efficace più che altro sui motori a quattro tempi: i motori a due tempi, infatti, conservando un’elevata percentuale di gas residui nel cilindro a causa del processo di lavaggio non ideale, sono già dotati di una sorta di EGR intrinseco [13].

L’iniezione di aria secondaria è stato uno dei primi sistemi storicamente utilizzati per l’abbattimento di alcuni inquinanti (CO ed HC). Le tecniche dell’iniezione di aria secondaria e del reattore termico sono utilizzabili in presenza di miscele ricche e quindi di elevate temperature dei gas di scarico e di modeste quantità di ossigeno in essi presente (0,2 % ÷ 1 %).

Attraverso tali sistemi si cerca di ottenere una post-ossidazione di CO ed HC iniettando dell’aria nel sistema di scarico del motore, tramite l’uso di un compressore. La possibilità di post-ossidazione è connessa alla buona miscelazione dell’aria secondaria con i fumi del motore ed è favorita da elevati tempi di permanenza e buona coibentazione del sistema di scarico del motore.

Il reattore termico (figura 3.4), rappresenta la naturale evoluzione del concetto di iniezione di aria secondaria, attraverso l’utilizzazione di un dispositivo dedicato in cui far avvenire le reazioni di ossidazione. Esso è costituito da un contenitore, applicato direttamente a valle delle valvole di scarico e disegnato in modo tale da favorire il buon miscelamento dell’aria secondaria con i fumi.

L'efficacia del dispositivo dipende essenzialmente dalla elevata temperatura della camera (buon isolamento termico), dalla disponibilità di ossigeno e dal tempo di residenza (ossia dal volume del reattore).

I sistemi descritti, risultano pertanto efficaci solo in presenza di miscele molto ricche e ad alto carico del motore. In tali condizioni è possibile conseguire un sensibile abbattimento di CO ed HC con una frazione di aria iniettata fino al 20% circa dei fumi. Maggiori quantità di aria secondaria non sortiscono effetto ed aumentano ulteriormente il lavoro richiesto per muovere la pompa dell’aria. Entrambi i sistemi sono stati abbandonati e sostituiti dal sistema a reattore chimico

Attualmente il sistema più diffuso per l’abbattimento delle sostanze inquinanti è il reattore catalitico. Esso consente di ossidare CO ed HC alle basse temperature (circa 300 °C) tipiche del funzionamento dei motori ad accensione comandata a carico parziale e di abbattere gli NOx, non eliminabili per via

termica. Strutturalmente il reattore catalitico è costituito da un involucro metallico che guida i gas combusti attraverso un letto di catalisi, dove vengono in contatto con sostanze capaci di accelerare le reazioni chimiche, senza prendervi parte. Il volume del reattore è all’incirca uguale alla cilindrata totale del motore. I catalizzatori sono generalmente ossidi di metalli nobili di elevato costo. Vengono usati soprattutto platino e palladio per le reazioni di ossidazione di CO ed HC e rodio per creare un ambiente riducente atto ad eliminare gli NOx. Per avere una buona efficienza di conversione, occorre avere

elevata superficie di contatto fra i gas ed il catalizzatore. A tal fine si usa generalmente un supporto ceramico con struttura monolitica a nido d’ape (bassa resistenza fluidodinamica) sulla cui superficie è depositato uno strato refrattario ad elevata porosità, a sua volta impregnato di materiale catalizzante. La matrice del catalizzatore può essere anche di tipo metallico, realizzata con un lamierino ondulato avvolto a spirale, che determina canali a sviluppo assiale.

L’efficienza di conversione è fortemente influenzata dalla temperatura operativa e dalla velocità dei gas attraverso la matrice. Nel transitorio termico all’avviamento del motore è importante l’inerzia termica del convertitore e la sua distanza dal motore (il reattore "si attiva" a temperature di circa 200 °C). L’efficienza di conversione cala in maniera irreversibile nel caso di funzionamento prolungato ad elevata temperatura (oltre 1000 °C nei moderni dispositivi, peraltro raggiungibili solo in caso di misfiring del motore e successiva ossidazione ad alta temperatura degli HC accumulatisi nel convertitore). Il convertitore catalitico richiede inoltre l'impiego di benzine senza additivi a base di piombo, che avvelenano i catalizzatori (formazione di composti stabili per effetto di reazioni fra il piombo e le sostanza catalizzatrici), annullandone in breve tempo l’efficacia. A seconda del tipo di

reazioni che si sviluppano nel convertitore si possono avere catalizzatori ossidanti, riducenti o trivalenti.

Il catalizzatore ossidante opera soltanto su CO ed HC, mentre il catalizzatore riducente consente l’abbattimento soltanto degli NOx. Oggi, non vengono più utilizzati, se non in particolari applicazioni,

ed il loro compito è pianamente svolto dal catalizzatore trivalente. Esso consente, con alimentazione strettamente stechiometrica del motore, di abbattere contemporaneamente CO, HC ed NOx.

Le principali reazioni che avvengono in un catalizzatore trivalente sono:

2 NO + 2 CO → N2 + 2 CO2

2 NO + 2 H2 → 2 H2O + N2

2 CO + O2 → 2 CO2

CnHm + (n + m/4) O2 → n CO2 + m/2 H2O

Come accennato precedentemente, per svolgere la sua azione trivalente con elevata efficienza, il catalizzatore necessita di una miscela molto prossima al valore stechiometrico. Tale precisione nella qualità della miscela può essere raggiunta solo con l’uso di un sensore di ossigeno nei gas di scarico e la conseguente introduzione di un circuito di retroazione a controllo elettronico, da esso pilotato. Tale sonda è collocata all’ingresso del catalizzatore.

Documenti correlati