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CARBURATORE A CONTROLLO ELETTRONICO PER PICCOLI MOTORI STAZIONARI

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

F

ACOLTÀ DI

I

NGEGNERIA

C

ORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN

INGEGNERIA

DEI VEICOLI TERRESTRI

Tesi di laurea

Carburatore a controllo elettronico per piccoli motori stazionari

RELATORI CANDIDATO

Prof. Ing. Roberto Gentili

Luca Barraco

Dipartimento di Energetica

Prof. Ing. Giuseppe Forasassi

Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione

Prof. Stefano Frigo

Dipartimento di Energetica

8 maggio 2007

Anno Accademico 2006-2007 Consultazione consentita

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INDICE

Introduzione ... 6

Capitolo 1... 8

L’alimentazione del motore a quattro tempi ad accensione comandata ... 8

1.1 Generalità... 8

1.2 I parametri che influenzano la formazione della miscela ... 9

1.3 Il carburatore elementare (cenni)... 11

1.3.1 Correzione a freno d'aria... 13

1.3.2 Dispositivo per la marcia al minimo ... 15

1.4 Limiti e problematiche del carburatore... 16

Capitolo II ... 18

Le irregolarità cicliche del motore ... 18

2.1 Introduzione ... 18

2.2 La valutazione delle irregolarità cicliche... 20

2.3 Effetto delle variabili operative e del disegno del motore sulla dispersione ciclica... 23

2.3.1 Influenza dei fattori di tipo chimico... 23

2.3.2 Influenza dei moti della carica... 30

Capitolo III... 34

Influenza delle normative antinquinamento sui piccoli motori stazionari ... 34

3.1 Introduzione ... 34

3.2 Principali inquinanti dei motori ad accensione comandata... 35

3.3 Gli effetti dannosi delle emissioni inquinanti ... 35

3.4 La formazione degli inquinanti... 36

3.5 Influenza dei parametri costruttivi e di funzionamento del motore sulle emissioni ... 38

3.6 Sistemi per il contenimento e l’abbattimento delle emissioni ... 43

3.7 Le normative antinquinamento per i piccoli motori stazionari... 47

(4)

3.8.1 Modifiche di carattere generale al motore ... 50

3.8.2 Il passaggio dai motori a due tempi a quelli a quattro tempi ... 50

3.8.3 Modifiche al sistema di alimentazione... 51

3.8.4 Posizionamento delle valvole nei motori a quattro tempi... 52

3.8.5 Modifiche al sistema di scarico... 52

3.8.6 Applicazione del catalizzatore ... 53

Capitolo IV... 55

Il carburatore a controllo elettronico... 55

4.1 Introduzione ... 55

4.2 Obiettivi prefissati... 56

4.3 Modalità di variazione del titolo della miscela... 57

4.4 La valvola a solenoide... 60

4.5 La centralina elettronica... 65

Capitolo V ... 70

Allestimento della sala prove... 70

5.1 Introduzione ... 70

5.2 Il motore Tecumseh ... 71

5.3 Il freno a correnti parassite... 77

5.4. La bilancia gravimetrica... 80

5.5 L'indimeter ... 82

5.6 Il sensore di posizione angolare dell’albero motore ... 85

5.7 Il trasduttore di pressione... 86

5.8 Il sistema di misura dell’indice d’aria... 88

5.9 Il sistema di analisi dei gas di scarico del motore... 92

5.10 La misura della portata d’aria ... 94

5.11 Principali step delle prove sperimentali e modalità di acquisizione e analisi dei dati ... 95

Capitolo VI... 97

Risultati delle prove svolte con il carburatore originale... 97

6.1 Introduzione ... 97

6.2 Comportamento del motore nella configurazione originale ... 98

6.3 Confronti tra diverse configurazioni del carburatore originale... 102

(5)

Risultati delle prove svolte con il carburatore elettronico comandato manualmente... 109

7.1 Introduzione ... 109

7.2 Prove preliminari ... 110

7.3 Risultati delle prove eseguite con il getto da 0,74 mm e foro calibrato da 2 mm... 119

7.4 Risultati delle prove eseguite con il getto da 0,74 mm e foro calibrato da 1,5 mm... 130

7.5 Risultati delle prove eseguite con il getto da 0,72 mm e foro calibrato da 1,5 mm... 140

7.6 Confronto tra le configurazioni provate... 148

7.7 Misura della portata d’aria in ingresso... 158

Capitolo VIII ... 160

Prove con il carburatore elettronico comandato in retroazione ... 160

8.1 Introduzione ... 160

8.2 Logica adottata dalla centralina elettronica ... 161

8.3 Risultati delle prove svolte con il getto da 0,74 mm... 163

8.4 Risultati delle prove svolte con il getto da 0,72 mm... 170

Conclusioni ... 177

Appendice D... 188

Altri risultati inerenti alle prove con getto 72 e foro calibrato da 1,5 mm (3000 giri/min). ... 189

Altri risultati inerenti alle prove con le tre configurazioni (3000 giri/min). ... 190

(6)

Introduzione

Lo studio effettuato in questa tesi rientra nell’ambito di un contratto stipulato fra il Dipartimento di Energetica dell’Università di Pisa e l’azienda Dell’Orto S.p.a. finalizzato allo studio di sistemi di dosatura del combustibile a basso costo da utilizzare su motori ad uso non stradale, di piccola cilindrata per la riduzione delle emissioni inquinanti.

Le direttive antinquinamento dell’Unione Europea inerenti a questa categoria di motori sono diventate sempre più stringenti nel corso degli ultimi anni ed obbligano le case costruttrici a ricorrere a soluzioni innovative, al fine di garantire il rispetto delle normative.

A tal fine, la soluzione proposta in questo lavoro di tesi si basa sull’utilizzo di un carburatore a controllo elettronico, in grado di formare una miscela a titolo variabile grazie all’azione di uno o più solenoidi pilotati in duty-cycle dalla centralina elettronica.

L’obiettivo ricercato è legato alla possibilità di poter far funzionare il motore sia con un a miscela povera a regime stazionario, sia con una miscela ricca per avere un buon comportamento nei transitori. Una miscela più magra rispetto al valore stechiometrico determina, come noto, una diminuzione di emissioni di monossido di carbonio e di idrocarburi incombusti allo scarico ed un calo del consumo specifico di combustibile, ma, di contro, determina un funzionamento del motore più irregolare.

Il carburatore utilizzato è stato fornito dalla Dell’Orto S.p.a. ed è il modello FHC 20 – 16. Tale carburatore utilizza il sistema a “freno d’aria” per garantire la formazione di una miscela a titolo circa costante indipendentemente dal carico imposto al motore.

Il lavoro svolto in questa tesi si è articolato in diverse fasi. Dapprima è stato necessario caratterizzare in termini di emissioni inquinanti e di regolarità ciclica il carburatore originale fornito, al fine di avere dei risultati di partenza che saranno successivamente essere confrontati con quelli del carburatore a controllo elettronico.

Successivamente, è necessario determinare una nuova taratura del carburatore per ottenere la variazione della miscela, tale da garantire l’abbattimento delle emissioni inquinanti.

A tal fine, oltre alla versione originale, il carburatore FHC 20 - 16, oggetto dell’analisi, è stato fornito anche in una versione opportunamente modificata. In particolare sono stati aggiunti due circuiti dedicati al transito dell’aria antagonista, uno collegato al circuito del massimo ed uno collegato al circuito del minimo del carburatore stesso. L’aria aggiuntiva, prelevata dall’ambiente esterno, viene

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pulsata in frequenza dai solenoidi ed inviata nel pozzetto emulsionatore e nel circuito del minimo. In questo modo, all’aumentare della quantità di aria pulsata (ossia all’aumentare della percentuale di duty-cycle), viene amplificata la funzione del pozzetto emulsionatore poiché a parità di carico diminuisce la depressione risentita dalla benzina, ottenendo così una miscela più povera.

E’ stata valutata dapprima l’effettiva possibilità da parte del sistema carburatore-centralina di variare il titolo della miscela. Successivamente, sono stati effettuati diversi set di prove con tale carburatore, variando sia il getto del massimo, sia la portata di aria di antagonista destinata al pozzetto emulsionatore, al fine di determinare un funzionamento del carburatore in un campo di miscele sia abbastanza magre per abbattere le emissioni inquinanti seppur conservando una buona regolarità di funzionamento del motore stesso, sia ricche per conservare la possibilità di un funzionamento alla massima potenza disponibile. Nel campo delle miscele magre, al fine di contenere l’aumento delle irregolarità cicliche, è necessario adoperare un sistema di controllo in retroazione. In breve, tale sistema, mediante la valutazione di un segnale legato alla regolarità di funzionamento del motore, deve fornire in uscita un segnale di pilotaggio per l’apertura delle valvole a solenoide, tale da avere una miscela magra ma nello stesso tempo conservare un indice di regolarità ciclica accettabile.

La logica di controllo della centralina utilizza come segnale in retroazione il valore del titolo della miscela, stimato ciclo per ciclo dalla sonda lambda proporzionale, poiché quest’ultima determina un segnale robusto, preciso e poco affetto da disturbi esterni.

Lo studio, inoltre, ha valutato anche in che termini la frequenza di pilotaggio dei solenoidi potesse influenzare la dispersione ciclica del motore.

I risultati hanno dimostrato l’effettivo vantaggio dell’utilizzo di miscele magre, un buon funzionamento del carburatore ed un soddisfacente controllo della regolarità ciclica del motore da parte del sistema di controllo in retroazione.

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Capitolo 1

L’alimentazione del motore a quattro tempi ad

accensione comandata

1.1 Generalità

Nei motori a combustione interna, il lavoro utile si ottiene durante la corsa di espansione. Durante la discesa dello stantuffo, l’innalzamento della pressione che la combustione determina all’interno del cilindro consente la raccolta del lavoro utile da parte dell’albero motore.

La combustione della miscela presente dentro il cilindro rappresenta, quindi, il fulcro del funzionamento del motore a combustione interna ed eventuali miglioramenti a questa fase comportano un aumento del rendimento, una maggiore potenza, minori emissioni inquinanti e una minore rumorosità [13].

La miscela destinata a bruciare è formata da un combustibile che può essere allo stato liquido o gassoso e da un comburente, in genere l’ossigeno contenuto nell’aria. E’ bene ricordare però che, per bruciare con l’aria, il combustibile deve prima evaporare e quindi deve trovarsi necessariamente in fase gassosa. Nei motori AC la carica può essere microscopicamente omogenea oppure a titolo variabile all’interno della camera di combustione (carica stratificata). E’ comunque essenziale che, al momento della combustione vi sia un grado elevato di micro-omogeneità locale. Maggiore è tale micro-omogeneità migliore sarà l’andamento della combustione e minore sarà la dispersione ciclica. Si definisce titolo o rapporto di miscela il rapporto tra la massa di aria e la massa di combustibile. Tale parametro viene generalmente indicato con α. Il valore di α teoricamente necessario ad assicurare la completa combustione dei reagenti è definito rapporto stechiometrico e varia in base al tipo di combustibile

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utilizzato: per le benzine commerciali questo valore è circa 14,7. Spesso, per esprimere il rapporto di miscela in termini indipendenti dal tipo di combustibile, si utilizzano delle forme normalizzate, che assumono valore unitario se il titolo è quello stechiometrico. In particolare si definisce il rapporto di equivalenza combustibile/aria Φ:

α αst = Φ

Il reciproco del rapporto di equivalenza è detto indice d’aria e vale:

st α

α λ =

In questo lavoro di tesi l’indice d’aria è stato molto utilizzato nelle prove sperimentali, come variabile indipendente per descrivere l’andamento di molteplici parametri.

La formazione della miscela, nei motori ad accensione comandata, si può ottenere attraverso l’utilizzo di due differenti organi. Cronologicamente, il primo ad essere stato utilizzato è il carburatore, ma oggigiorno il suo utilizzo è sempre più limitato e sta lasciando spazio ai più moderni sistemi di iniezione elettronica. Il funzionamento del carburatore sarà affrontato in seguito.

Con la sola eccezione dei sistemi ad iniezione diretta, la miscela inizia a formarsi al di fuori dei cilindri, tuttavia il processo di carburazione, inteso come quel procedimento che porta alla formazione di una miscela atta a bruciare correttamente, si completa all’interno di essi durante le fasi di aspirazione e compressione.

1.2 I parametri che influenzano la formazione della miscela

La formazione della miscela dipende da molti parametri, tra i quali i più importanti sono la velocità di rotazione, la temperatura della carica, il disegno dell’impianto di alimentazione e le caratteristiche del combustibile.

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In particolare, all’aumentare della velocità di rotazione si hanno due effetti contrastanti: da un lato diminuisce il tempo a disposizione per omogeneizzare la carica, dall’altro la maggiore velocità dell’aria favorisce l’aumento dei moti turbolenti e quindi un maggiore effetto di mescolamento tra aria e combustibile.

Un incremento di temperatura della carica migliora l’evaporazione del combustibile, ma di contro peggiora il riempimento diminuendo la potenza.

La geometria del sistema di alimentazione, la posizione della valvola a farfalla, il disegno del collettore di aspirazione e della camera di combustione influiscono sia sulla formazione della miscela che sulla sua distribuzione nei vari cilindri. A tal proposito, normalmente la parte della benzina contenente frazioni di idrocarburi più pesanti si deposita lungo le pareti del condotto di aspirazione, costituendo un film il cui spessore varia in funzione delle fasi operative del motore. Il film di combustibile avanza ad una velocità ridotta al 20 % ÷ 25 % rispetto alla corrente gassosa, la quale più è veloce, più combustibile riesce a strappare dal film aderente alle pareti, influenzando così, la formazione della miscela.

Anche le caratteristiche del combustibile hanno una certa influenza sulla formazione della miscela, soprattutto sulla velocità di evaporazione. Ad esempio, una benzina contenente idrocarburi a basso punto di ebollizione favorisce una più spinta vaporizzazione del combustibile in seno all’aria.

Il titolo di miscela influenza le prestazioni del motore in termini di consumo specifico, potenza ed emissioni inquinanti. Le prove di funzionamento di un motore eseguite a velocità di rotazione e portata massica d’aria costanti evidenziano come il massimo valore di coppia si ottenga adoperando una miscela leggermente ricca ed il minimo consumo specifico con una miscela leggermente povera. Quanto discusso è rappresentato graficamente in figura 1.1.[9, 15]

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Il titolo ha un effetto determinante sulle quantità di sostanze nocive emesse dallo scarico. Purtroppo il catalizzatore trivalente, ampiamente utilizzato sui veicoli stradali per abbattere le emissioni inquinanti, funziona correttamente solo con un titolo strettamente stechiometrico.

Viste le molteplici influenze del rapporto di miscela, un sistema di alimentazione per motori ad accensione comandata deve poter fornire al motore una miscela dosata sia in quantità che in qualità, in dipendenza dalle diverse condizioni di funzionamento e dalla presenza o meno del catalizzatore trivalente.

Al minimo e ai bassi carichi, ad esempio, è opportuno che la miscela sia leggermente ricca. Nel funzionamento a medio ed elevato carico è possibile e conveniente, ai fini del consumo specifico, usare una miscela leggermente povera.

A carico massimo, infine, per ottenere le massime prestazioni, è opportuno utilizzare una miscela un po’ più ricca della stechiometrica

.

1.3 Il carburatore elementare (cenni)

A causa delle caratteristiche relative al processo di combustione (combustione premiscelata), in un motore ad accensione comandata i margini di oscillazione del rapporto aria-combustibile sono limitati nell’intorno del valore stechiometrico. Pertanto, al fine di poter variare la potenza del motore, è necessario variare la quantità di combustibile e nella stessa misura anche la portata di aria influenzando così il coefficiente di riempimento. La soluzione tecnologicamente più semplice per conseguire tale risultato, consiste nell’utilizzo di una valvola di regolazione, detta valvola a farfalla, posizionata nel condotto di aspirazione, a monte della valvola di aspirazione vera e propria. A meno che la valvola a farfalla non sia completamente aperta, la perdita di carico introdotta fa calare la pressione nel collettore di aspirazione. E’ peraltro evidente che un sistema di regolazione fondato sulla laminazione risulta altamente dissipativo.

Il carburatore è un corpo, generalmente in lega d’alluminio o di zinco, nel quale sono alloggiati gli organi per l’erogazione del combustibile. I suoi compiti sono: dosare correttamente il combustibile in tutto il campo di funzionamento, assicurarne la miscelazione con l’aria e regolare la portata di quest’ultima in base alla potenza richiesta dal motore. Date le complesse esigenze degli attuali motori,

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il carburatore è diventato un organo sempre più complicato. La figura 1.2, mostra lo schema del carburatore elementare.

Figura 1.2:Schema di un carburatore elementare: sono visibili la valvola a farfalla, il diffusore, lo spruzzatore, la vaschetta del carburante con la spina e il galleggiante.

All’interno del condotto di aspirazione è ricavato un diffusore a forma di tubo di venturi, atto a creare la depressione necessaria per richiamare e dosare il combustibile con l’aria in transito nel diffusore. Nella zona di minore sezione del diffusore è alloggiato un tubetto spruzzatore attraverso cui passa il combustibile, che si trova in una vaschetta a livello costante. Il carburante fluisce attraverso il getto, a causa della differenza di pressione esistente fra la superficie del liquido nella vaschetta e la gola del venturi dove la corrente di aria provvede poi ad atomizzare il fluido. Ovviamente, il combustibile contenuto nella vaschetta a livello costante si trova a pressione atmosferica, mentre nella parte ristretta del venturi, la pressione è più bassa. A questo punto la miscela attraversa la zona divergente del venturi riducendo la sua velocità, oltrepassa la valvola a farfalla ed entra nel collettore di aspirazione [15, 33]. Un carburatore di costruzione così semplificata, non essendo in grado di assicurare prestazioni adeguate in tutto il campo di funzionamento, è privo di applicazione pratica. Si riscontrano infatti i seguenti difetti:

• Quando si ha una portata bassa di aria (ad esempio al minimo o ai bassi carichi) la benzina richiamata è insufficiente a causa della bassa depressione creata nel venturi.

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• All’aumentare della portata di aria, la miscela tende a divenire sempre più ricca. Questo si spiega molto facilmente. La perdita di carico dell’aria è funzione del quadrato della portata, mentre le perdite di carico nel getto sono relative ad un moto fra il turbolento e il laminare e quindi dipendono dalla portata del combustibile con un esponente inferiore a due. In sintesi, all’aumentare della portata d’aria aspirata, si ha un rapporto aria/combustibile sempre più basso.

• In accelerazione, la miscela tende ad impoverirsi a causa della maggiore inerzia della benzina rispetto all’aria, ma soprattutto, perché l’aumento della pressione nel collettore sposta l’equilibrio della benzina dalla fase di vapore alla fase liquida. In altri termini la benzina condensa sul condotto di aspirazione, impoverendo la miscela.

• A motore freddo, il carburatore non riesce ad adeguarsi alla richiesta di miscela più ricca da parte del motore per compensare la deposizione di benzina sulle pareti dei cilindri.

Con il passare del tempo, il carburatore ha conseguito miglioramenti continui e sono stati sviluppati accorgimenti che hanno permesso di superare alcuni di questi inconvenienti. Di seguito si riporta la descrizione dei due principali dispositivi di correzione della miscela, in particolare quello relativo all’arricchimento del titolo all’aumentare della portata d’aria e quello relativo al funzionamento al minimo. Per eventuali approfondimenti sugli altri dispositivi si rimanda alla bibliografia inerente[9, 20, 33].

1.3.1 Correzione a freno d'aria

Tra i diversi dispositivi sviluppati , il sistema più adatto ad eliminare il problema dell’arricchimento della miscela al crescere della portata di aria si è rivelato essere quello del freno d’aria. Precedentemente è stato anche proposto il sistema a getto compensatore. Questo sistema si basa sull’utilizzo di due getti, uno principale che tende a fornire una miscela sempre più ricca all’aumentare del numero di giri, e uno compensatore che agisce in modo contrario. Come risultato, il titolo dovrebbe

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rimanere poco variabile, all’aumentare del carico. Il sistema però è poco preciso ed è stato sostituito dal sistema a freno d’aria, descritto in seguito.

Nei carburatori che adottano il sistema a freno d’aria, l’aumento della percentuale di benzina, viene ostacolato da un flusso d’aria crescente. Come è visibile in figura 1.3, il getto principale si trova in una posizione più bassa rispetto al livello del carburante nella vaschetta, all’estremità inferiore di un pozzetto.

Figura 1.3: Correzione a freno d’aria: (1) getto aria freno, (2) tubetto emulsionatore immerso nel pozzetto, (3) pozzetto, (4) getto principale.

Il pozzetto, presenta in alto un’apertura calibrata detta “getto aria di freno” e porta al suo interno un tubetto emulsionatore che ha una serie di fori laterali. Nel momento in cui una depressione viene a generarsi nella sezione ristretta del diffusore, dal getto principale viene richiamato il combustibile, mentre dal getto viene aspirata aria dall’esterno, la quale contrasta in modo crescente all’aumentare della depressione nel diffusore, l’efflusso del combustibile attraverso il getto principale.

Oltre alla correzione sul titolo, questo sistema permette una migliore polverizzazione del carburante, dal momento che dallo spruzzatore non esce solo benzina, bensì un’emulsione.

A tutto questo si aggiunge la possibilità di utilizzare un getto di dimensioni maggiori, non essendo più sottoposto all’intera depressione generata dal diffusore. Un getto più grande, oltre ad essere di più facile realizzazione, risente meno delle impurità del combustibile e le sue caratteristiche di efflusso comportano vantaggi alla correzione.

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Sulla curva di erogazione del carburante hanno molta influenza le dimensioni dello spruzzatore ed il disegno del tubetto emulsionatore. Per ottenere la dosatura più conveniente per l’alimentazione del motore si agisce quindi su questi due parametri, oltre che ovviamente sul diametro del getto principale e di quello dell’aria di freno.

1.3.2 Dispositivo per la marcia al minimo

Ai bassi carichi, essendo la valvola a farfalla quasi completamente chiusa, la bassa velocità dell’aria nel diffusore non crea una depressione in grado di richiamare sufficiente benzina dalla vaschetta.

Oltretutto al minimo, a causa dell’elevata presenza di gas residui nei cilindri e della bassa pressione di fine compressione che comportano combustioni lente e irregolari, il motore necessita di un titolo ricco. Per sopperire a questi inconvenienti, ogni carburatore è dotato di un dispositivo per la marcia al minimo. Quest’ultimo è semplicemente un getto supplementare che funziona sfruttando l’elevata depressione presente nel collettore di aspirazione, cioè a valle della valvola a farfalla, quando la valvola stessa è chiusa. Il combustibile per il circuito del minimo può essere prelevato dal circuito del massimo o direttamente dalla vaschetta.

Per la taratura del minimo ci sono due viti registrabili: una regola l’apertura del foro di ingresso del combustibile nel collettore (vite registro miscela minimo) mentre l’altra regola la quantità d’aria aspirata attraverso la valvola a farfalla (vite di registro andatura minimo). Una volta aperta la valvola a farfalla, diminuisce la depressione all’uscita del circuito del minimo e si arresta l’erogazione. Ciò tuttavia avviene in modo graduale, grazie ai cosiddetti fori di progressione, che evitano la formazione di una miscela con titolo troppo povero alle piccole aperture della valvola a farfalla. In questo modo è favorito il trasferimento dell’adduzione dal circuito del minimo a quello del massimo. In figura 1.4, è visibile il carburatore con il circuito del minimo, mentre la figura 1.5, mostra i fori di progressione.

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Figura 1.4 : Circuito del minimo: (1) getto aria minimo, (2) getto carburante del minimo, (3) getto principale, (4) foro uscita miscela minimo, (5) foro di progressione, (6) vite registro miscela minimo (7) vite registro apertura farfalla.

Figura 1.5: Le fasi della progressione di accelerazione (da sinistra a destra).

1.4 Limiti e problematiche del carburatore

Nel corso degli anni, il carburatore è stato gradualmente arricchito di sistemi meccanici al fine di migliorane la precisione nella carburazione e per far fronte alle sempre più complesse esigenze dei motori. Ciononostante, in moltissime applicazioni, il carburatore è stato sostituito dal sistema di iniezione, molto più preciso anche se più costoso.

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• Perdite di pressione in aspirazione , in quanto sfrutta l’energia dell’aria per far funzionare tutti i circuiti di compensazione e correzione (coefficiente di riempimento più basso).

• Elevata inerzia della massa fluida in moto, che causa un funzionamento irregolare del motore durante i transitori.

• Difficoltà a dosare la quantità di combustibile necessaria, in funzione di un elevato numero di variabili operative.

Allo stesso modo però, si riscontrano dei vantaggi rispetto al sistema di iniezione, quali:

• Migliore omogeneizzazione della carica. • Minor costo produttivo.

• Minor complessità costruttiva e minori problemi di messa a punto.

Malgrado le normative inerenti alle emissioni inquinanti diventino sempre più stringenti, in alcune applicazioni che non richiedono una precisione elevata sul titolo della miscela, come ad esempio i motori ad uso stazionario, è chiaro che l’utilizzo del carburatore può considerarsi valido, a condizione che a questo si affianchi un sistema di regolazione elettronico. Nell’applicazione sviluppata in questa tesi, si vuole proporre l’utilizzo del carburatore per la sua semplicità ed economicità e perché limitatamente a questa applicazione, si pensa che possa riuscire a soddisfare le direttive antinquinamento. L’argomento verrà ampliato e chiarito nei prossimi capitoli.

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Capitolo II

Le irregolarità cicliche del motore

2.1 Introduzione

I motori ad accensione comandata, anche quando operano in condizioni pressoché stazionarie, non mantengono un funzionamento perfettamente stabile.

E’ facile convincersi di ciò se si analizzano i risultati sperimentali di un qualsiasi motore. Dal confronto tra diversi cicli indicati, è possibile osservare una variazione casuale nei valori delle grandezze che caratterizzano il funzionamento del motore, in particolare della pressione indicata nel cilindro. In genere, le irregolarità del motore aumentano nel caso di miscele magre o altamente magre (ad esempio nel caso di elevato ricircolo dei gas di scarico, EGR). Aumentano anche ai bassi carichi e a modeste velocità di rotazione del motore.

Nei motori moderni, nei quali sono da escludersi fluttuazioni casuali dell’anticipo di accensione, le irregolarità cicliche sono il risultato di variazioni nel processo di combustione, causate da fluttuazioni casuali del rapporto di miscela e del moto della carica nel cilindro soprattutto nelle vicinanze della candela nell’istante di accensione. Dal momento che tali irregolarità influenzano direttamente la durata della combustione, comportano una perdita di efficienza termodinamica e delle oscillazioni di coppia e di velocità. Si stima che, se la variazione ciclica fosse completamente eliminata, l’incremento in termini di potenza, a parità di consumo e per miscele magre, sarebbe intorno al 10 % [10].

Le irregolarità cicliche incidono fortemente sulle prestazioni del motore. Tra tutti i cicli compiuti dal motore, quelli con una combustione veloce, presentando picchi elevati di pressione e alta tendenza alla

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detonazione, pongono un limite al rapporto di compressione, e di conseguenza, al rendimento termodinamico del motore. I cicli con combustioni più lente, impediscono invece l’impiego di miscele molto magre e riducono la quantità di EGR tollerabile, con conseguenze negative sui consumi e sulle emissioni inquinanti.

Tutti gli algoritmi di controllo del motore fanno riferimento a valori medi e perciò ogni scostamento da questi ultimi risulta penalizzante. Un esempio particolarmente indicativo è quello dell’anticipo di accensione rispetto al punto morto superiore. Un anticipo elevato determina un ciclo troppo anticipato che può sfociare nella detonazione. Un anticipo troppo piccolo, di contro, da origine ad un ciclo che si completa in ritardo e che perciò non sfrutta in modo ottimale l’energia del gas [26]. Alcuni studi hanno poi evidenziato che, a meno di non adottare trasmissioni particolari, le oscillazioni di coppia e velocità peggiorano la guidabilità del veicolo e sono responsabili di una parte della rumorosità del motore. La figura 2.1 mostra quanto possano essere diversi i cicli indicati del motore a parità di vari parametri di controllo, come ad esempio l’anticipo di accensione, il carico imposto al motore, il regime di rotazione.

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2.2 La valutazione delle irregolarità cicliche

La misura delle irregolarità di funzionamento del motore è definita dispersione ciclica. Quest’ultima viene generalmente valutata come scarto quadratico medio di un certo parametro legato al processo di combustione, calcolato su un numero sufficientemente elevato di cicli. Esistono varie definizioni di dispersione ciclica che si differenziano tra loro in base al parametro misurato. La scelta tra i vari parametri che definiscono la dispersione ciclica deve essere fatta in base all’attitudine che essi hanno a descrivere aspetti differenti del fenomeno. In linea di massima esistono quattro categorie di parametri [10, 22, 26]:

1. Parametri legati alla pressione

• Valore massimo della pressione indicata nel cilindro, Pmax;

• Angolo di manovella al quale viene raggiunta la pressione massima, ϑPmax;

• Massimo gradiente di pressione, ( ϑ)max

d dP

;

• Angolo di manovella al quale si ha la massimo gradiente di pressione, ( )max

dY dP ϑ

;

• Pressione media indicata di ogni singolo ciclo, Pmi.

2. Parametri legati alla combustione

• Massima velocità di rilascio del calore, ( ϑ)max

d dQ

;

• Massima velocità di combustione della miscela o massima velocità della variazione della

frazione di miscela bruciata nel cilindro, ( ϑ)max

d dxb

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• Ritardo di accensione, ϑacc;

• Durata della combustione, ϑcomb;

• Tempo (in gradi di angolo della manovella) trascorso dall’accensione al momento in cui è bruciata una determinata frazione di carica, Δϑxb.

3. Parametri legati al fronte di fiamma

• Posizione del fronte di fiamma, area del fronte di fiamma, volume della carica bruciata o del fronte di fiamma ad un determinato angolo di manovella;

• Angolo di manovella corrispondente al passaggio del fronte di fiamma da due diversi punti della camera di combustione;

• Distanza del centro del nucleo di combustione dalla candela ad un determinato angolo di manovella.

4. Parametri legati ai gas combusti

• Concentrazione di diversi componenti nei gas di scarico.

I parametri derivanti dall’andamento del diagramma indicato della pressione sono quelli più facili da determinare, ma devono essere interpretati con cura, dal momento che sono influenzati in maniera decisa della velocità con cui varia il volume del cilindro.

Le combustioni più rapide, infatti, si sviluppano a cavallo del punto morto superiore, in un intervallo angolare nel quale il volume varia molto lentamente, mentre le combustioni più lente rilasciano la maggior parte dell’energia successivamente e le loro irregolarità sono amplificate dall’effetto dell’espansione sulla curva di pressione. Quanto detto vale in modo particolare per l’analisi del picco massimo di pressione.

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Rispetto al picco massimo di pressione o alla posizione del fronte di fiamma, i parametri integrali, come la Pmi o l’area sottesa alla curva di pressione indicata, sono meno sensibili alle irregolarità della

combustione. Poiché considerano l’intero ciclo del motore e non una sola parte di esso, essi sono più adatti a fornire indicazioni di carattere generale sul funzionamento del motore. Un parametro di questo tipo, derivante dai dati di pressione è il coefficiente di variazione della pressione media indicata. Tale parametro, indicato con COV, si definisce come il rapporto tra lo scarto quadratico medio della pressione media indicata e la pressione media indicata moltiplicato per cento:

100 ) ( mi pmi pmi p COV = σ

Esso definisce la dispersione ciclica come variazione percentuale della pressione media indicata da ciclo a ciclo.

I parametri legati alla combustione, in genere, sono ricavabili dall’andamento della curva di pressione mediante l’uso di modelli termodinamici e rappresentano quindi una ulteriore interpretazione di questo tipo di dati. Poiché non sono dei dati primari, il loro utilizzo è limitato.

I parametri legati al fronte di fiamma derivano dall’osservazione diretta dello sviluppo della combustione. Sono molto importanti proprio perchè rappresentano un buon indice della qualità della combustione.

Le misure basate sulla visualizzazione (fibre ottiche, tecniche fotografiche, LDV, etc.) e sulla ionizzazione hanno il grosso vantaggio di permettere un’analisi più dettagliata della combustione, consentendo di distinguere come vari fattori, ad esempio la direzione e la velocità di espansione del nucleo, il frastagliamento della superficie del fronte di fiamma, ecc., contribuiscano all’aumento delle irregolarità della combustione. Purtroppo la rilevazione di questi parametri è molto difficile e costosa. Oltretutto, la maggior parte delle tecniche di visualizzazione sono caratterizzate da un campo molto ristretto di osservazione e da una risoluzione piuttosto limitata. Un altro problema è che molto spesso queste tecnologie hanno bisogno, per essere utilizzate, di motori progettati appositamente per permettere di visualizzare l’interno del cilindro.

I parametri legati alla concentrazione dei gas combusti, infine, non sono utilizzati come misura diretta della dispersione ciclica, ma possono fornire importanti indicazioni su quanto essa dipenda dalle oscillazioni del rapporto di miscela o dalle non omogeneità della carica.

(23)

2.3 Effetto delle variabili operative e del disegno del motore sulla

dispersione ciclica

Molti parametri costruttivi e di funzionamento del motore contribuiscono all’aumento delle irregolarità cicliche. Alcuni di questi fattori, come il titolo della miscela, la collocazione della candela o il tipo di combustibile, non rappresentano di per sé una causa delle irregolarità, ma influenzano lo sviluppo del nucleo iniziale di combustione o la propagazione del fronte di fiamma durante la fase principale della combustione. Altri fattori, come la disomogeneità della miscela, la turbolenza o le caratteristiche dell’innesco della combustione sono da ritenersi invece, alla base del fenomeno.

Sebbene molte ricerche siano state fatte in proposito, l’effetto di molti fattori non è stato ancora pienamente compreso e non sempre i risultati ottenuti sono in accordo fra loro. Probabilmente, il motivo è da attribuire alla difficoltà di analizzare una variabile indipendentemente dalle altre.

Di seguito viene descritto l’effetto dei principali fattori che influenzano le irregolarità cicliche.

2.3.1 Influenza dei fattori di tipo chimico

I fattori di tipo chimico sono stati fra i primi ad essere studiati. Essi sono strettamente correlati con la composizione della carica nel cilindro. Dalla letteratura emerge una relazione molto stretta fra essi e la velocità di propagazione del fronte di fiamma nella fase di moto laminare, che ha grande importanza nello sviluppo del nucleo iniziale della combustione.

I fattori più importanti sono:

• Rapporto di equivalenza

Diversi studi effettuati sia sulla variazione del valore massimo di pressione che sulla posizione del fronte di fiamma sono concordi nel rilevare che la minima dispersione ciclica si ottiene per un titolo leggermente ricco, coincidente con quello che fornisce la potenza massima e la velocità di combustione più elevata [26, 27]. Quanto espresso è rappresentato nelle figure 2.2 e 2.2. La figura 2.2, mostra come le irregolarità cicliche presentino un minimo per un valore del rapporto aria/combustibile che oscilla tra 10 e 11 (miscela leggermente ricca), in funzione della velocità di rotazione del motore.

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Figura 2.2: Variazione delle irregolarità cicliche in funzione del titolo della miscela per due diversi regimi di velocità di rotazione del motore.

Figura 2.3: Influenza del rapporto combustibile/aria sulla velocità del fronte di fiamma.

La figura 2.3, mostra invece che, per ottenere un breve percorso del fronte di fiamma, è bene che la miscela presenti un rapporto benzina/aria attorno a 0,08 e cioè un valore del rapporto aria/benzina circa

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uguale a 11. In sintesi, ogni allontanamento dalla condizione ottimale, sia verso miscele più ricche che verso miscele più povere, comporta un aumento delle irregolarità, soprattutto per quanto riguarda il valore della pressione massima. Si pensa che questo comportamento sia dovuto al fatto che le combustioni più lente sono esposte per un tempo maggiore alle fluttuazioni casuali tipiche del moto turbolento della carica.

• Smagrimento della carica

Il processo di sostituzione della carica in un motore non è mai perfetto e una certa percentuale di gas combusti resta all'interno del cilindro dal ciclo precedente. Inoltre è sempre più comune, nei motori moderni, l’uso del ricircolo dei gas di scarico (EGR) ai fini di ridurre la pressione parziale dell'ossigeno e di limitare le temperature massime raggiunte durante la fase di combustione per contenere le emissioni di ossidi di azoto (NOx).

Di contro, un aumento della percentuale di gas combusti nel cilindro comporta un andamento irregolare dell’ evolversi della pressione in camera di combustione. Questo è stato dimostrato da vari esperimenti condotti e descritti in letteratura, ma soprattutto dagli studi di Kuroda (1979) [16,17]. Egli dimostrò che, annullando il segnale dell’accensione una volta ogni quattro cicli per favorire il lavaggio del cilindro, la velocità di combustione aumenta e di conseguenza si ha una forte riduzione della dispersione ciclica. L'effetto dello smagrimento della carica mostra delle analogie con quello dell’impoverimento del titolo: la miscela diventa meno infiammabile e tende a bruciare con una velocità minore.

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Figura 2.4: Frequenza di distribuzione della Pmi per diversi valori di EGR. Condizioni operative 1400 giri, miscela

stechiometrica, Pmi media 324 kPa.

Come si vede dalla figura, in assenza di EGR la pressione media indicata ha un range molto più ristretto rispetto agli altri casi e presenta una maggiore frequenza attorno al valore medio (324 KPa). Si può perciò asserire che, in assenza di EGR, si hanno condizioni di funzionamento molto più stabili che negli altri casi. Purtroppo, dal momento che il ricircolo dei gas di scarico è una strategia indispensabile per il rispetto delle normative antinquinamento vigenti, il suo effetto negativo sulle irregolarità non può essere eliminato.

• Tipo di combustibile

Al variare del tipo di combustibile varia il titolo per il quale si raggiunge la massima velocità di combustione e, di conseguenza, la minima dispersione ciclica. Inoltre combustibili differenti presentano una sensibilità diversa alla variazione del titolo (figura 2.5).

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Figura 2.5: Velocità del fronte di fiamma al variare del titolo per diversi tipi di combustibile.

La dispersione ciclica dipende anche da fattori di tipo fisico che influenzano le condizioni di innesco e progressione del combustione. Di seguito si riporta l’effetto dei principali:

• Sistema di accensione

Non tutte le caratteristiche del sistema di accensione sembrano influenzare le irregolarità cicliche. I fattori che mostrano un effetto più marcato sono la collocazione e il numero delle candele, le caratteristiche della scarica elettrica e l’anticipo di accensione. Per quanto riguarda la collocazione ed il numero delle candele, si può dire che, in genere, ogni cambiamento che diminuisce il massimo percorso del fronte di fiamma e aumenta la velocità con cui brucia la carica, comporta una irregolarità minore. Dalla letteratura sembra emergere una diminuzione delle irregolarità quando la zona di innesco è disposta al centro del volume della carica, piuttosto che in prossimità delle pareti, come avviene tradizionalmente. Ciò, però, richiede l’impiego di sistemi di accensione in grado di rendere meno critica la sottofase iniziale della combustione, quali i sistemi che concentrano l’energia della scarica nella fase di breakdown [24]. In tal caso si verifica una sinergia. Infatti, nei sistemi convenzionali gran parte dell’energia è trasferita alla carica durante la fase di arco (figura 2.6), caratterizzata da valori bassi di tensione e corrente di lunga durata temporale. Al contrario, concentrare la scarica nella fase di breakdown significa realizzare l’innesco in tempi molto minori e conferire grandi quantità di energia ad

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una quantità ridotta di materia. Il risultato è una maggiore temperatura e velocità di espansione del nucleo iniziale di combustione ed una sua maggiore regolarità di sviluppo.

Figura 2.6: Variazione schematica del voltaggio e della corrente in funzione del tempo per un sistema di accensione convenzionale.

Anche la forma degli elettrodi è molto importante perché determina la perdita di calore da parte del nucleo iniziale della combustione. In questo senso, elettrodi sottili e piccoli sono preferibili (figura 2.7): sfortunatamente forme di questo tipo comportano una maggiore erosione (quindi una minore durata della candela o la necessità di impiegare metalli nobili per gli elettrodi) e temperature superficiali maggiori, col rischio di autoaccensioni agli alti carichi.

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Figura 2.7: Frequenza di distribuzione del valore del raggio del nucleo di combustione per due differenti tipi di elettrodi, calcolati con ¸ λ=1.25, anticipo di accensione 65°, e a 1400 giri/min. Si può vedere come elettrodi più sottili diano luogo a combustioni più ripetibili.

Per quanto riguarda l’anticipo di accensione, le irregolarità minori si riscontrano in corrispondenza dell’anticipo ottimale, cioè quello che permette di sfruttare nel migliore dei modi l’energia prodotta dalla combustione.

La relazione fra irregolarità e anticipo è influenzata dal titolo di miscela e dalla collocazione della candela. Più la miscela è magra o la candela situata nella zona periferica della camera, più aumentano le irregolarità man mano che ci si allontana dall’anticipo ottimale.

Occorre notare che le due condizioni appena citate agiscono sulla combustione rallentandola. Quanto meno la combustione avviene nell’intorno del P.M.S., tanto più essa risente del cambiamento di pressione dovuto alla variazione di volume prodotta dallo spostamento dello stantuffo. Una combustione lenta richiede un maggiore anticipo di accensione e quindi contropressioni più basse in camera di combustione che rendono più aleatoria la sottosfase di innesco.

• Geometria della camera di combustione

La geometria della camera di combustione sembra influenzare la durata della sottofase principale della combustione e, di conseguenza, le irregolarità. In ogni caso la camera deve essere conformata in modo

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da velocizzare la combustione e, in tal senso, è determinante la posizione della candela. Occorre inoltre sottolineare come particolari forme della camera possono incrementare il moto di squish, il cui effetto sulle irregolarità sarà presentato più avanti.

• Velocità di rotazione

All’aumentare della velocità di rotazione del motore, la dispersione ciclica diminuisce.

• Rapporto di compressione

Un aumento del rapporto di compressione, dal momento che comporta una diminuzione della percentuale di gas combusti e un aumento delle temperature e pressioni nel cilindro, determina in genere una minore irregolarità.

• Disomogeneità della carica

Il processo di atomizzazione ed evaporazione del combustibile non è mai perfetto. Utilizzando sia i semplici carburatori, che i più moderni sistemi di iniezione, difficilmente si realizza una miscela perfettamente omogenea. Può accadere addirittura che alcune gocce di combustibile, di dimensione non trascurabile, siano ancora presenti nel cilindro al momento dell’accensione. Inoltre, mescolamenti non completi con i gas residui rimasti nella camera dal ciclo precedente o aggiunti dal sistema di ricircolo (EGR) possono portare ad un smagrimento della miscela variabile da zona a zona del cilindro. Tutto questo si traduce in una composizione della carica nella zona degli elettrodi diversa da ciclo a ciclo, quindi in una irregolarità nello sviluppo del nucleo iniziale di combustione.

2.3.2 Influenza dei moti della carica

A causa della sua natura probabilistica, la turbolenza aumenta le irregolarità cicliche. Dal momento che i moti della carica nel cilindro sono essenzialmente di carattere turbolento, la completa eliminazione

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delle irregolarità è impossibile da ottenere. L’effetto del moto turbolento è duplice: se da un lato accelera la combustione, incrementando la superficie del fronte di fiamma, dall’altro, a causa della sua componente casuale, comporta delle fluttuazioni imprevedibili della velocità e della direzione del fronte di fiamma stesso. Entrambi gli effetti sono inoltre in stretta relazione con parametri motoristici quali la geometria della camera di combustione, la collocazione della candela, ecc. L’ottimizzazione del grado di turbolenza, quindi, dipende fortemente dal motore in esame.

Gli aspetti del moto della carica che influenzano maggiormente le irregolarità sono riportati di seguito. Occorre precisare che, sebbene per semplicità vengano analizzati singolarmente, questi fattori si influenzano a vicenda.

• Velocità e direzione media della carica nei pressi degli elettrodi della candela

Il flusso nella vicinanza della candela influenza la stabilità con cui si sviluppa il nucleo iniziale di combustione, determinando la quantità di calore disperso verso gli elettrodi o verso le pareti della camera. Alle irregolarità del flusso in prossimità degli elettrodi è associata quindi una diversa collocazione temporale del nucleo di combustione rispetto alla candela: nel caso peggiore il nucleo viene spinto verso le pareti della camera o verso gli elettrodi.

• Posizione della candela rispetto al flusso

La posizione della candela rispetto al flusso influenza il moto del fluido attorno agli elettrodi e di conseguenza le condizioni gasdinamiche nelle quali il nucleo iniziale si sviluppa. Nei casi in cui il moto della carica allontana il nucleo dagli elettrodi, le perdite di calore sono minori e la combustione inizia in maniera più stabile.

• Intensità e scala della turbolenza

La turbolenza ha un influenza diversa sulla dispersione ciclica a seconda della propria scala. La dispersione ciclica sarà tanto minore, quanto maggiore sarà la microturbolenza in fase di combustione, mentre tenderà ad aumentare all’aumentare della macroturbolenza, in quanto essa esalta i moti caotici in camera di combustione che rendono maggiormente variabile la propagazione del fronte di fiamma.

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• Moti organizzati della carica

All’interno della camera di combustione si possono riscontrare diversi tipi di moto del fluido, in particolare il moto di swirl, tumble e squish. La forma di tali moti, rappresentata in figura 2.8, dipende sia dal disegno della camera di combustione sia dalla disposizione e dalla forma del condotto di aspirazione.

Figura 2.8: Rappresentazione dei moti di swirl, tumble e squish.

In genere esiste una stretta dipendenza fra le caratteristiche dei moti e quelle del flusso medio del fluido nell’intorno degli elettrodi della candela. In particolare, se la candela è collocata con una certa eccentricità rispetto all’asse del cilindro, il moto di swirl agisce trascinando il nucleo di combustione in direzione tangenziale mentre il moto di squish ne provoca lo spostamento verso la zona centrale della camera.

Dalla letteratura [26, 31] emerge un effetto positivo del moto di swirl sulle variazioni cicliche nell’andamento della pressione. Alcuni studi (Patterson 1966) mostrano una riduzione nelle irregolarità della velocità di salita della pressione pari al 50 % (figura 2.9) ottenuta mediante l’adozione di valvole in grado di incrementare questo tipo di moto. Il contributo maggiore è ottenuto per miscele magre.

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Figura 2.9: Variazione percentuale nella derivata angolare della pressione per due differenti livelli di swirl.

L’effetto pronunciato del moto di swirl sembra dovuto principalmente alla capacità di generare una turbolenza di piccola scala, ma sono state avanzate anche altre ipotesi, quali l’aumento del volume di carica che attraversa gli elettrodi durante la scarica e la minore irregolarità della velocità del fluido nella zona degli elettrodi stessi.

I moti organizzati durante la fase di aspirazione del motore (tumble e swirl), per effetto degli attriti riducono la propria scala durante la fase di compressione, trasformandosi in moti microturbolenti in fase di combustione con ancora sufficiente energia per causare un forte corrugamento del fronte di fiamma con effetti positivi sulla velocità apparente (maggiore anche di due ordini di grandezza rispetto alla velocità reale laminare) e sulla dispersione ciclica.

I moti di squish invece generandosi contemporaneamente alla combustione creano macroturbolenza in fase di combustione e quindi, seppur benefici agli effetti agli effetti della velocità apparente di combustione tendono ad incrementare la dispersione ciclica.

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Capitolo III

Influenza delle normative antinquinamento sui

piccoli motori stazionari

3.1 Introduzione

Tra tutte le macchine termiche, i motori a combustione interna sono stati stravolti completamente negli ultimi dieci anni. Le continue ricerche e sviluppi sui motori sono stati dettati non solo per una massimizzazione della potenza specifica, ma soprattutto per ridurre i quantitativi di sostanze inquinanti che da essi vengono rilasciati nell’ambiente.

A causa dell’effetto nocivo dei gas di scarico dei motori endotermici, da anni sono state formulate delle direttive specifiche a tutela dell’ambiente e dell’essere umano. A tal proposito, l’interesse dell’opinione pubblica verso l’ecologia gioca un ruolo importante, e se a questo si sommano le previsioni degli esperti nel settore, riguardanti le condizioni climatiche e ambientali del globo terrestre, si capisce il perché le normative antinquinamento siano diventate sempre più stringenti nel corso degli anni, diventando il tallone d’Achille del motore a combustione interna.

Nel seguente capitolo, si vuole presentare un quadro delle leggi vigenti per motori endotermici, con particolare attenzione alle normative riguardanti i piccoli motori stazionari, essendo questi, oggetto della sperimentazione della presente tesi.

Si vuole altresì, riassumere le principali sostanze inquinanti prodotte durante il processo di combustione, le cause della loro formazione e i sistemi per ridurle, al fine di rispettare le normative imposte.

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3.2 Principali inquinanti dei motori ad accensione comandata

I motori a combustione interna sono le macchine termiche che inquinano di più in assoluto. A causa del processo di combustione discontinuo, non si ha la possibilità di riuscire a completare alcune reazioni della combustione e quindi, alcuni prodotti della combustione rimangono parzialmente incombusti. Per questo motivo, molte sostanze inquinanti vengono rilasciate nell’atmosfera, e tra esse le più dannose sono gli ossidi di carbonio (CO), gli ossidi di azoto (NOx), gli ossidi di zolfo (SOx), idrocarburi

incombusti (HC) e le particelle sospese. L’anidride carbonica (CO2), anch’essa prodotto della

combustione, pur non essendo un gas tossico, contribuisce all’effetto serra.

Le direttive europee prevedono, per i motori ad accensione comandata, il controllo di tre categorie di sostanze inquinanti, ovvero monossido di carbonio, idrocarburi incombusti e ossidi di azoto, poiché grazie alle benzine a basso tenore di zolfo, gli ossidi di zolfo sono prodotti in quantità bassissime, praticamente irrilevanti.

3.3 Gli effetti dannosi delle emissioni inquinanti

I gas emessi da un motore a combustione interna sono altamente dannosi, sia per l’ambiente sia per l’uomo, in quanto le loro quantità sono superiori a quelle tollerabili dall’organismo umano. In questo paragrafo si vuole descrivere molto brevemente i danni che essi provocano.

Il monossido di carbonio ha una incidenza sulle affezioni cardiovascolari ma il suo effetto principale è quello di provocare l’avvelenamento. L’effetto tossico del monossido di carbonio sul corpo consiste nella riduzione della capacità del sangue a trasportare ossigeno. Tra questo tipo di inquinante e l’emoglobina (Hb), avviene una reazione che porta alla formazione del composto COHb (carbossiemoglobina) in luogo della formazione di O2Hb (ossiemoglobina) che ha il compito di

trasportare ossigeno dai polmoni alle cellule del corpo. Gli effetti tossici sull’uomo sono proporzionali alla percentuale di emoglobina legata sotto forma di COHb e a sua volta, il tasso di COHb nel sangue è direttamente legato alla concentrazione di CO nell’aria.

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Gli effetti degli ossidi di azoto sono simili a quelli dell’anidride solforosa (SO2) ma con l’aggravio di

effetti nocivi sul sistema cardiovascolare e renale. Gli ossidi di azoto, contribuiscono alla mutagenicità e cancerogenicità dell’aria. Riguardo agli effetti sull’uomo, il maggior pericolo legato alla presenza degli ossidi di azoto nell’aria, deriva dal loro coinvolgimento nella formazione di inquinanti fotochimici, i più pericolosi componenti dello smog. L’inalazione del biossido di azoto determina un’intensa irritazione delle vie aeree. L’inspirazione del gas a concentrazioni elevate può causare bronchiti, edema polmonare, enfisemi o fibrosi.

Nella tabella 3.1 di seguito riportata, vengono evidenziati i limiti di tollerabilità per l’uomo alle suddette sostanze. INQUINANTE SIMBOLO TOLLERABILITA [ 3 m g μ ] TOSSICITA RELATIVA Ossido di carbonio CO 40.000 1,00 Ossidi di azoto NOx 514 77,80 Idrocarburi HC 19.300 2,07 Ossidi di zolfo SOx 1.430 28,00 Particelle sospese 375 106,70

Tabella .3.1: Indici di tollerabilità e tossicità degli inquinanti per l’organismo umano.

3.4 La formazione degli inquinanti

La formazione delle sostanze nocive avviene in seno al processo di combustione ed è influenzata sensibilmente dal disegno del motore e dalle variabili operative.

I meccanismi che durante la combustione in un motore portano alla formazione di tali sostanze sono diversi per ognuna di esse. Vengono analizzate di seguito, le cause principali che danno origine agli inquinanti.

Il monossido di carbonio, si crea quando la combustione avviene con una miscela ricca. In breve, l’ossigeno presente non è sufficiente a completare la reazione di ossidazione del carbonio presente nel combustibile, in anidride carbonica e quindi si ha una combustione parziale del combustibile stesso.

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Anche la dissociazione è responsabile della formazione di CO: alle alte temperature l’anidride carbonica non è stabile ma tende a dissociarsi in monossido di carbonio e ossigeno. La rapidità con cui avviene il raffreddamento del gas durante la corsa di espansione congela poi il processo di formazione e fa sì che la concentrazione di CO presente allo scarico sia superiore a quella prevista con considerazioni di equilibrio chimico.

La formazione degli ossidi di azoto non è parte del processo primario di combustione ma è dovuta principalmente alle altissime temperature raggiunte nella camera di combustione. Per valori molto elevati di temperatura l’azoto contenuto nell’aria si lega con l’ossigeno secondo il seguente meccanismo, suggerito da Zeldovich [16, 17]:

N NO N O+ 2 ⇔ + O NO O N+ 2 ⇔ + H NO OH N+ ⇔ +

Più alta è la temperatura, più le reazioni si spostano verso destra. Anche in questo caso la rapidità del processo congela la reazione ostacolando una successiva riduzione degli NOx.

Gli idrocarburi incombusti possono originarsi in molti modi diversi [14], ma in ogni caso sono causati dalla mancata o parziale combustione di una parte del combustibile.

In primo luogo l’aumento della pressione durante le fasi di compressione e combustione può spingere parte della carica fresca negli interstizi, come le zone comprese fra pistone, fasce elastiche e cilindro. Dal momento che il fronte di fiamma non riesce ad entrare in spazi così stretti, questa parte di carica sfugge al processo di combustione e abbandona il cilindro senza essere bruciata.

Un’altra possibile causa è rappresentata dalle pareti della camera di combustione. Quando il fronte di fiamma raggiunge le pareti che sono ad una temperatura più bassa, lascia su di esse uno strato sottile di carica fresca o solo parzialmente ossidata, e tende ad estinguersi . Questo fenomeno, poco significativo quando le pareti sono pulite, assume una maggiore rilevanza in presenza di depositi porosi.

Anche il sottile film di lubrificante depositato sul cilindro e sul pistone può adsorbire alcuni componenti del combustibile per poi rilasciarli a combustione terminata. Inoltre, se la combustione è particolarmente lenta, il fronte di fiamma può estinguersi anzitempo (quenching) e coinvolgere solo una frazione della carica. Questo avviene prevalentemente nei transitori, quando il titolo della miscela, l’anticipo di accensione e la percentuale di gas combusti nel cilindro possono essere lontani dai valori ottimali.

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In pratica, i fattori che influenzano maggiormente la formazione di idrocarburi incombusti, sono la formazione della miscela e l’anticipo d’accensione. Il primo perché può far si che la combustione avvenga più o meno completamente e rapidamente, facendo così variare le temperature di combustione. Il secondo perché, diminuendo l’anticipo di accensione della miscela, si ritarda anche il completamento della combustione e di conseguenza la formazione di idrocarburi incombusti. Qui di seguito si analizzano meglio le cause che portano alla formazione delle sostanze inquinanti.

3.5 Influenza dei parametri costruttivi e di funzionamento del motore sulle

emissioni

La forma della camera di combustione ha particolare rilevanza ai fini del contenimento delle emissioni inquinanti, soprattutto in relazione alla formazione degli HC. E’ opportuno operare per il contenimento dei rapporti superficie/volume con forme compatte della camera di combustione (es. forma emisferica e non discoidale) al fine di conseguire una riduzione delle zone in cui si possono verificare fenomeni di quenching.

Un altro parametro costruttivo del motore che presenta una notevole influenza sulle emissioni inquinanti allo scarico è il rapporto di compressione. All’aumentare del rapporto di compressione, si ha un incremento della temperatura massima del ciclo ed una riduzione della turbolenza in camera di combustione. Ciò determina soprattutto l’aumento delle concentrazioni di NOx, a causa delle più

elevate temperature massime di combustione.

Il rapporto di miscela α, è certamente il parametro più importante ai fini degli effetti sulle emissioni inquinanti.

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Figura 3.1: Andamento qualitativo delle emissioni inquinanti in funzione del titolo della miscela.

La figura 3.1, mostra l’andamento qualitativo delle sostanze inquinanti di un motore ad accensione comandata al variare del titolo della miscela [9, 32, 13, 15].

Dalla figura si nota come le miscele magre siano quelle che danno i valori delle emissioni più basse di HC e CO, ma anche di NOx per miscele sufficientemente povere. Quanto descritto è veritiero fino a

quando la combustione non peggiora e l’innesco della miscela viene compromessa (misfire): in questo caso crescono sensibilmente le emissioni di idrocarburi. Le miscele ricche invece, producono elevate emissioni HC e di CO a causa della mancanza di ossigeno.

Le emissioni di NOx sono condizionate dalle temperature raggiunte durante la combustione e dalla

disponibilità di ossigeno. Il valore massimo si ha per miscele leggermente povere poiché danno origine alle temperature di combustione più elevate.

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Fino all’inizio degli anni ’90 si cercava di intervenire sul titolo della miscela e sugli altri parametri operativi dei motori stradali, in modo da contenere le emissioni entro i limiti stabiliti dalla normativa senza impiegare dispositivi di post-trattamento dei gas di scarico. Oggi invece, tali dispositivi sono di grande impiego, soprattutto nel caso dei propulsori ad accensione comandata ad uso automobilistico. A tal proposito, la dosatura della miscela è condizionata dall’esigenza primaria di ottimizzare l’efficienza di conversione degli inquinanti nei sistemi di post-trattamento, quali i catalizzatori trivalenti. A tal proposito va precisato che in tali motori, c’è la forte necessità di utilizzare una miscela quanto più stechiometrica possibile, poiché il catalizzatore trivalente (si descriverà in seguito) ha la maggiore efficienza di trattamento dei gas di scarico solo in questa condizione. Al di fuori del campo operativo del motore corrispondente alle condizioni sperimentate nella prova di omologazione, vengono invece adottate strategie di controllo della dosatura finalizzate ad altri obiettivi (consumi, potenza, guidabilità, ecc.).

Per giustificare gli andamenti relativi alle differenti sostanze emesse allo scarico e riportati in fig. 3.2, occorre tener presenti le reazioni di equilibrio che avvengono in camera di combustione e la loro cinetica, dipendente dal livello della temperatura [15,1,10].

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Figura 3.2: Andamento dei prodotti della combustione, dei consumi e delle emissioni in funzione del rapporto di miscela

Dal grafico si deduce che:

• CO: diminuisce all’aumentare di α fino al valore stechiometrico, raggiungendo poi un livello minimo asintotico (congelamento delle concentrazioni, presenza contemporanea di CO e O2 per

miscele magre);

• CO2: ha andamento speculare rispetto a CO fino ad α stechiometrico (condizione di

concentrazione massima), quindi la concentrazione cala nel campo delle miscele magre per mancanza di carbonio;

• O2: concentrazioni minime (prodotto di dissociazione congelato) per miscele ricche, brusca

variazione della pendenza della curva per miscela stechiometrica, quindi crescita continua della concentrazione nel campo del magro per eccesso di aria. La discontinuità del livello di O2 in

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corrispondenza di αstech può essere rilevata mediante un sensore non lineare di ossigeno (sonda

lambda) che invia alla centralina di controllo del motore un segnale di tipo on/off;

• HC: presentano un minimo per miscele leggermente magre (α ≈ 17). Nel caso di miscele ricche a causa della mancanza di ossigeno, si presenta l’impossibilità di ossidare completamente il combustibile. Aumentando α oltre il punto di minimo si ha risalita degli HC per irregolarità di propagazione del fronte di fiamma (misfiring).

• NOx: presentano il valore massimo per miscele leggermente magre (α ≈ 15), ossia in condizioni

di alta temperatura di combustione (α circa stechiometrico) e in presenza di ossigeno libero. Nelle altre condizioni la concentrazione è inferiore per la riduzione della temperatura di combustione o la mancanza di ossigeno (importanza del fenomeno del congelamento delle concentrazioni). La concentrazione di NOx allo scarico è un indice del livello raggiunto dalla

massima temperatura del ciclo durante il funzionamento del motore.

L’angolo di anticipo dell’accensione rappresenta un altro parametro con una notevole influenza sulle emissioni inquinanti allo scarico. All’aumentare dell’anticipo di accensione, si ha un incremento dei valori di pressione e temperatura massimi del ciclo, per effetto dell’ulteriore compressione della frazione di carica che brucia prima del P.M.S.

In generale si osserva che le emissioni di CO non risultano sostanzialmente influenzate dalle variazioni dell’angolo di anticipo. Le emissioni di HC, invece, crescono a parità di α, per un aumento delle zone di quenching in prossimità delle pareti durante la fine del processo di combustione. L’effetto più rilevante dell’incremento dell’angolo di anticipo dell’accensione si ha tuttavia nei confronti delle emissioni di NOx che aumentano a parità di α, a causa dell’aumento della temperatura massima del

ciclo e per l’incremento del tempo di permanenza ad alta temperatura.

La fig.3.3 evidenzia l’effetto combinato del rapporto aria-combustibile e dell’angolo di anticipo dell’accensione sulle emissioni di HC ed NOx e sul consumo specifico di combustibile [9, 13]. Si

osservi che i massimi valori di NOx si hanno per valori di α ed anticipo che ottimizzano il rendimento

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Figura 3.3:Effetto combinato del rapporto aria-combustibile e dell'angolo di anticipo di accensione sulle emissioni di HC ed NOx e sul consumo specifico di combustibile.

3.6 Sistemi per il contenimento e l’abbattimento delle emissioni

La riduzione delle emissioni inquinanti può essere perseguita mediante:

• interventi sui parametri di regolazione del motore • modifiche sostanziali al motore

• sistemi e dispositivi esterni al motore

Riguardo agli interventi sui parametri dei motori, si è gia visto che la regolazione del rapporto aria-combustibile e dell’angolo di anticipo di accensione possono apportare vantaggi in termini di emissioni di CO, HC ed NOx. L’omogeneità della carica, sia all’interno del singolo cilindro che fra i diversi

cilindri del motore, è fondamentale per un efficace controllo delle emissioni, nonché del consumo di combustibile.

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Occorre tuttavia sottolineare che la variazione di alcuni parametri (es. α) ha spesso effetti opposti sulle emissioni delle diverse specie molecolari. Tali interventi in ogni caso, possono risultare non sufficienti per soddisfare le più recenti normative relative alle emissioni degli autoveicoli.

Riduzioni più consistenti delle emissioni inquinanti, possono essere conseguite attraverso modifiche sostanziali al motore recentemente introdotte o attualmente in fase di sviluppo.

Lo stato dell’arte è attualmente rappresentato da una configurazione che offre elevate potenze specifiche e basse emissioni allo scarico con:

• 4 valvole per cilindro • iniezione diretta • miscela stechiometrica

• catalizzatore trivalente con sonda lambda

L’ultima evoluzione dei motori ad accensione comandata è rappresentata dall’introduzione dell’iniezione diretta di benzina (GDI), abbinata a strategie di stratificazione della carica.

I sistemi e dispositivi esterni al motore contribuiscono in modo determinante per l’abbattimento delle emissioni nocive. Quelli di maggiore interesse sono:

• catalizzatore trivalente

• ricircolo dei gas di scarico (EGR)

• iniezione di aria secondaria e reattore termico • filtri per particolato (solo per motori Diesel).

Lo smagrimento della carica fresca con una frazione di gas combusti (che costituiscono una miscela praticamente inerte) consente di abbassare la temperatura locale di combustione e quindi la concentrazione di NOx, pur essendo fumi ricircolati a temperatura più elevata dell’aria aspirata.

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La quantità di gas ricircolati viene definita dal sistema di controllo elettronico del motore (ECU) in base al valore di alcuni parametri motoristici (velocità, carico, regime termico, ecc.). L’EGR è una tecnologia efficace più che altro sui motori a quattro tempi: i motori a due tempi, infatti, conservando un’elevata percentuale di gas residui nel cilindro a causa del processo di lavaggio non ideale, sono già dotati di una sorta di EGR intrinseco [13].

L’iniezione di aria secondaria è stato uno dei primi sistemi storicamente utilizzati per l’abbattimento di alcuni inquinanti (CO ed HC). Le tecniche dell’iniezione di aria secondaria e del reattore termico sono utilizzabili in presenza di miscele ricche e quindi di elevate temperature dei gas di scarico e di modeste quantità di ossigeno in essi presente (0,2 % ÷ 1 %).

Attraverso tali sistemi si cerca di ottenere una post-ossidazione di CO ed HC iniettando dell’aria nel sistema di scarico del motore, tramite l’uso di un compressore. La possibilità di post-ossidazione è connessa alla buona miscelazione dell’aria secondaria con i fumi del motore ed è favorita da elevati tempi di permanenza e buona coibentazione del sistema di scarico del motore.

Il reattore termico (figura 3.4), rappresenta la naturale evoluzione del concetto di iniezione di aria secondaria, attraverso l’utilizzazione di un dispositivo dedicato in cui far avvenire le reazioni di ossidazione. Esso è costituito da un contenitore, applicato direttamente a valle delle valvole di scarico e disegnato in modo tale da favorire il buon miscelamento dell’aria secondaria con i fumi.

Figura

Figura 1.1: Andamento qualitativo della potenza e del consumo specifico in funzione del titolo della miscela
Figura 2.1:Irregolarità dell’andamento della pressione indicata per vari cicli successivi
Figura 2.6: Variazione schematica del voltaggio e della corrente in funzione del tempo per un sistema di accensione  convenzionale
Figura 3.2: Andamento dei prodotti della combustione, dei consumi e delle emissioni in funzione del rapporto di  miscela
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