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I sistemi di presentazione delle collezioni e la gestione del loro ampliamento

2. La nascita e lo sviluppo del Musée des écoles étrangères contemporaines tra anni Venti e

2.7. I sistemi di presentazione delle collezioni e la gestione del loro ampliamento

Nel corso degli anni Trenta, nella maggior parte dei musei, si affermò la pratica di differenziare la collezione principale, comprendente le opere di maggior pregio e impatto, dalla collezione da studio199. A fronte di questa nuova tendenza, in occasione della Conferenza di Madrid si

analizzarono ampiamente le problematiche relative alla selezione delle opere della collezione permanente e alla gestione delle collezioni da studio. Ad occuparsene furono Maclagan, Direttore del Victoria and Albert Museum di Londra e Stix, Direttore del Kunsthistorisches Museum di Vienna200.

La questione verteva attorno alla possibilità di mantenere le collezioni da studio accessibili a tutti sviluppando doppi percorsi espositivi o di renderle visitabili solo su richiesta, conservando le opere in apposite riserve. La pratica aveva portato a constatare che il fatto di dover chiedere un apposito permesso costituiva un deterrente per i visitatori facendo sì che le collezioni da studio fossero fruite solo dall'élite intellettuale. Al fine di favorire la fruizione pubblica, risultava dunque più efficace la prima soluzione che fu infatti applicata nella maggior parte dei musei in fase di rinnovamento. In ogni caso, la modalità di gestione delle collezioni restava fortemente influenzata dall'architettura del museo e dagli spazi a disposizione.

Là dove non era possibile allestire spazi per esporre le collezioni da studio furono attuate diverse soluzioni. In alcuni musei il gruppo di opere esposte nelle sale principali cambiava periodicamente in modo da garantire una certa visibilità anche alle opere delle réserves e far

197 In alcuni casi, in particolare per i maggiori capolavori, si opta per l'isolamento di singole opere. Questa, ad esempio, è la scelta fatta per esporre Las Meninas al Prado di Madrid nel 1930, caso preso a modello alla Conferenza di Madrid. Snodi di critica…, a cura di Catalano, cit., pp. 72-74.

198 In questi anni si parla infatti di Musée educatif cfr. Ivi, pp. 72-74.

199 «Autrefois presque tous les musées et galeries considéraient comme de leur devoir d'exposer toutes les collections dont ils disposaient, quels que soient l'encombrement et le manque d'harmonie qui pouvaient en résulter. […] Cette méthode de présentation a été généralement abandonnée et il serait à peine exagéré de dire que presque tous les musées modernes ont été conçus selon le principe de la présentation […] d'une selection seulement des tableaux ou œuvres d'art qu'ils abritent – sélection qui ne représente souvent qu'une faible proportion de l'ensemble des collections, le reliquat étant considéré comme plus ou moins réservé aux étudiants spécialisés». Office International des Musées, Muséographie: Architecture et amenagement des musées d'art, cit., p. 225.

200 L'intervento di Maclagan titolava Exposé des différents systèmes de présentation des collections, quello di Stix Organisation des dépots réserves et collections d'études. Ivi, pp. 224-247; 248-285.

progressivamente conoscere al pubblico l'intera collezione201. In altri casi le opere delle réserves

erano impiegate nella realizzazione di esposizioni temporanee assieme ad opere chieste in prestito ad altre istituzioni202. A causa della mancanza di spazio, al Jeu de Paume non fu possibile

sviluppare un doppio percorso espositivo ma Dezarrois si adoperò per valorizzare la totalità delle collezioni attuando sia il principio della rotazione delle opere che organizzando esposizioni temporanee.

Un'ulteriore problematica concerneva la crescita delle collezioni a fronte dei lasciti ricevuti e delle politiche di acquisizione sviluppate dai musei203. All'ampliamento effettivo delle collezioni

si aggiungevano le molte opere precedentemente esposte come parte delle collezioni permanenti che, a seguito dei nuovi criteri di allestimento adottati, dovevano essere collocate in depositi o riserve. Si poneva dunque il problema di conservare queste opere in maniera appropriata progettando depositi sicuri e consoni. In occasione della Conferenza di Madrid il problema fu trattato da Opresco, Direttore del Museo Toma Stelian di Bucarest204.

Come già ribadito, le collezioni museali crescevano per lo più grazie a doni e lasciti; i musei tendevano invece ad acquisire solo pochi pezzi fondamentali per completare le collezioni205.

Proprio per evitare spese fuori luogo era necessario che i musei definissero con precisione i propri obiettivi in modo da acquisire le opere in maniera oculata.

È però necessario ragionare diversamente per i musei di arte moderna che, per natura, devono sempre tenersi al corrente, offrire una visione completa del panorama contemporaneo e saper anticipare le tendenze emergenti. Proprio perché sviluppare una politica di acquisizioni intelligente e all'avanguardia poteva essere rischioso, negli anni Trenta i musei di arte moderna svilupparono dei metodi per acquisire nuove opere tutelandosi al contempo. Ad esempio, in Germania, i musei di arte moderna esercitavano pressione sui collezionisti per far acquistare loro le opere di artisti giudicati promettenti, se questi artisti avevano effettivamente successo le loro opere entravano successivamente a far parte del patrimonio dei musei sotto forma di donazioni o prestiti a lungo termine206.

Anche la gestione di doni e lasciti poneva dei problemi spesso legati al tipo di condizioni

201 Office International des Musées, Muséographie: Architecture et amenagement des musées d'art, cit., pp. 229- 231.

202 Spesso queste esposizioni miravano a presentare la produzione di un singolo artista o a rappresentare un certo movimento.

203 Hautecœur, Architecture et organisation des musées, «Mouseion», cit., pp. 5-29 204 Problèmes soulvés par l'accroissement des collections.

205 Office International des Musées, Muséographie: Architecture et amenagement des musées d'art, cit., pp. 296- 297.

imposte da chi effettuava la donazione207. L'OIM lavorò in questo senso per spingere i donatori a

non imporre vincoli troppo stretti e garantire ai musei la possibilità di rivendere le opere ricevute nel caso non fossero di interesse del museo per acquisirne altre di maggior rilievo208. In

quest'ottica l'idea dell'OIM, e di Henri Focillon in particolare, era di creare una rete a livello nazionale o internazionale che mettesse in comunicazione piccoli e grandi musei in modo che i primi potessero beneficiare delle donazioni ricevute dai secondi. Opresco portò come esempio il Louvre, destinatario di un gran numero di donazioni che avrebbero potuto essere spartite tra le collezioni dei musei di provincia invece che rimanere bloccate nei depositi del museo209. Questo

intento non trovò, al tempo, una soluzione pratica poiché molti musei avevano uno statuto che impediva loro il prestito di opere ad altri musei.

Tenendo conto dei diversi limiti e delle varianti previste per casi specifici, la pratica delineatasi negli anni Trenta e teorizzata a Madrid prevedeva dunque: «Expositions pour le publique, peu nombreuses mais substantielles, avec des réserves bien garnies, commodes, pratiquables, pour les chercheurs; expositions permanentes, accompagnées le plus souvent possible d'expositions temporaires, ce sont là d'excellents rémedes à l'accroissement des collections»210.