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La situazione negli altri paesi dell'UE

4. La disciplina della responsabilità dell’ISP ante Direttiva 2000/31/CE

4.3 La situazione negli altri paesi dell'UE

Prima di trattare più diffusamente la disciplina dell'attuale assetto normativo, è utile riportare di seguito anche alcuni esempi di come l'argomento venne affrontato negli altri principali paesi dell'Unione Europea.

4.3.1 Germania

La normativa tedesca è stata considerata, insieme con il sistema statunitense sopra descritto, la primaria fonte d'ispirazione della Direttiva 2000/31 sulla responsabilità degli ISP. Il legislatore tedesco, già nel 1997, aveva infatti predisposto una normativa riguardante la responsabilità degli ISP che anticipava di qualche anno la maggior parte dei contenuti poi ripresi dalla citata direttiva.

In particolare, l’art. 5 della legge del 22 luglio 1997, sui servizi di informazione e comunicazione, stabiliva il principio secondo il quale al provider spettava un dovere di tutela dei diritti di cittadini, che si concretizza nel dovere di cancellare i contenuti illeciti di cui avesse avuto effettiva conoscenza; ai fini della responsabilità non era invece sufficiente la conoscenza potenziale e difatti al provider non spettava alcun controllo preventivo.

In base a tale disposizione, i fornitori di servizi erano ritenuti responsabili secondo i principi generali della responsabilità civile per i propri materiali da essi resi disponibili, mentre erano considerati responsabili dei materiali altrui da essi resi disponibili solo se avevano avuto conoscenza dei loro contenuti e fosse tecnicamente possibile ed esigibile impedirne la disponibilità. Infine, i fornitori di servizi non erano ritenuti responsabili dei materiali altrui ai quali essi avessero fornito solo l'accesso.

In giurisprudenza si manifestò dapprima un orientamento molto rigoroso e che anticipava quello che avvenne anche nel nostro paese. Nel 1996, infatti, in un caso di violazione delle norme sul copyright per mezzo di un provider, la corte locale ritenne di poter applicare le norme sul responsabile editoriale e sanzionare penalmente il provider che era stato ritenuto avere l'obbligo di controllare la legittimità del materiale inviato dai propri utenti. Secondo la Corte tedesca detto

controllo era non solo tecnicamente possibile, ma opportuno che fosse preteso da tutti i provider.

Poco più tardi, la Corte distrettuale di Stoccarda nel 1997 si trovò ad affrontare un caso di diffamazione commesso sul sito di un provider, sostenendo che sarebbe stato impossibile riconoscere in capo al responsabile del provider un obbligo di controllo di tutto il materiale inviato dai propri utenti. Una responsabilità quindi poteva soltanto ammettersi nel caso in cui il provider fosse a conoscenza o avesse potuto conoscere l'esistenza del materiale offensivo.

Infine, è importante ricordare il decreto d’archiviazione emesso il 13 febbraio 1998 dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione tedesca, ove si stabilì che la condotta del provider consistente nell'apertura d’accessi ad Internet per gli utenti non era antigiuridica in sé ma anzi, alla luce delle esigenze dell'attuale società dell'informazione e in particolare anche della scienza, risultava socialmente diffusa e auspicata ma implicava un onere di controllo per i provider, che dovevano essere considerati come destinatari di determinati doveri per la sicurezza del traffico. Questi doveri si concretizzavano, secondo la corte, nel momento in cui diveniva nota l’intenzione o il comportamento illecito, mentre non si poteva ipotizzare nessun controllo preventivo, che non sarebbe risultato né possibile né esigibile.

4.3.2 Francia

Un aspetto peculiare del sistema francese, precedente all'implementazione della direttiva di cui si dirà infra, venne ben descritto nel caso Hallyday v.

Altern.org del 1997. In tale controversia il provider fu sanzionato per aver consentito l’anonimato alle persone che avevano inserito contenuti illeciti, non garantendo ai terzi la possibilità di rivalersi se non nei confronti dell’ISP stesso.

La modella Estelle Hallyday aveva lamentato la presenza di sue foto “ose”

sul sito del provider Altern e ne aveva chiesto la rimozione. In appello, la corte francese, pur statuendo un generale principio di non responsabilità per i gestori dei siti, condannò ugualmente il provider a rifondere i danni alla modella, per non

aver permesso di risalire agli autori dell’illecita diffusione delle foto. Infatti, il provider aveva permesso ai propri utenti di trasmettere, in forma anonima, immagini, suoni, scritti o altro senza prendere alcun tipo di precauzione. Al provider, si contestò di non aver informato gli utenti dell'obbligo di rispettare i diritti dei terzi e di non essere intervenuto nella verifica del contenuto.

Di li a poco, intervenne una più mite decisione. Al fine di non addossare obblighi concretamente inesigibili sui provider, una sentenza del Tribunale di Nanterre del 1999 chiarì che la responsabilità atteneva a un generale dovere di prudenza e diligenza, concretizzato nel dovere di informazione relativamente al rispetto dei diritti di terzi, e di vigilanza e azione, ad esempio bloccando l’accesso al sito nel momento in cui si aveva conoscenza di una lesione. Tale impostazione fu poi concretamente recepita nella legge che implementava la Direttiva 2000/31.

4.3.3 Paesi Bassi

In Olanda sono meritevoli di menzione 2 casi. Il primo, risalente al 1995, nel quale il Tribunale di Rotterdam sanzionò il provider che si era reso colpevole di aver contribuito alla violazione delle norme sul copyright sui software che erano stati illegittimamente scambiati tra gli utenti di un server. I giudici olandesi riconobbero colpevole il provider per aver scientemente consentito, tramite una modifica del proprio server, il caricamento e la riproduzione dei file.

Il secondo caso, si riferisce ad una sentenza del Tribunale dell’Aia del 1996 con la quale si stabilì il principio per cui il provider era responsabile dei contenuti all’interno del server qualora si fossero verificate due condizioni: la violazione realizzata dall’utente fosse manifestamente illecita e il provider conoscesse quanto svolto dall’utente o ciò fosse comunque conoscibile. La controversia riguardava una violazione di materiale coperto da copyright da parte della Chiesa di Scientology, che ne lamentava la presenza in un newsgroup. Il Tribunale ritenne il provider non responsabile in quanto si era semplicemente limitato a fornire uno spazio web, definito newsgroup, sul quale non poteva avere alcun tipo di controllo.

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