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Capitolo 2 Il videoclip musicale: origini, natura e significato

2.3. Videoclip

2.3.2. Situazione italiana

Tra gli antenati nostrani del music video andrebbero citati i musicarelli, ovvero i lungometraggi degli anni Sessanta dai deboli pretesti narrativi, che vedevano come protagonisti i cantanti allora in voga. L’antesignano è probabilmente Urlatori alla sbarra (1959) di Lucio Fulci, che metteva insieme nello stesso cast Mina, Celentano e Chet Baker. Ma tra i genitori del clip italiano troviamo anche alcuni caroselli che, grazie alla loro lunga durata, consentivano si sviluppare sketch comici, piccoli film d’animazione ma anche brani musicali. Il 1981 è anche l’anno in cui aprì i battenti Mister Fantasy (Figura 18), una fortunata trasmissione televisiva ideata da Paolo Giaccio e condotta da Carlo Massarini. Andò in onda sul primo canale rai fino all’84 Mister Fantasy, oltre ad aver avuto il merito di far conoscere in Italia i videoclip internazionali, ne ha prodotti alcuni ad hoc, presentandoli con cadenza settimanale all’interno di specifiche sezioni monografiche dedicate ai musicisti italiani72. Ecco in cifre cosa è stato Mister Fantasy: quattro

edizioni, cento puntate, due milioni di spettatori in media, circa 70-80 video prodotti ex novo e realizzati in gran parte su supporto 16 mm, con costi che oscillavano tra i 10 e i 30 milioni di vecchie lire ciascuno, inclusi i costi industriali, vale a dire le risorse interne RAI. La parte visual della trasmissione era curata da Mario Convertino, autore in quegli anni delle copertine di numerosi dischi. La grafica molto eighties dello storico art director milanese, ha influenzato non solo quella trasmissione ma in generale il mood di un intero decennio. La formula autarchica di autoproduzione, determinò la nascita di uno stile “artigianale”, ma indubbiamente vincente, in un paese che doveva ancora inventarsi un’industria del videoclip. I discografici italiani, del resto, impiegarono qualche anno per capire che potevano vendere più dischi investendo nei video musicali, così solo alla terza e quarta edizione Mister Fantasy iniziò a trasmettere i promo direttamente prodotti dalle case discografiche o comunque in forma di coproduzione spontanea. Quindi si può affermare che solo dal 1983 si delineò un panorama produttivo videomusicale vero e proprio. I primi videoclip stranieri ad essere programmati da Mister Fantasy furono quelli dei Dire Straits, in particolare la trilogia composta da Romeo and Juliet, Tunnel Of Love e Skateaway

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(1980-81), tutti inclusi nell’album Making Movies. All’epoca la rai acquistò il passaggio in esclusiva per centomila sterline. La band inglese deve anche alla trasmissione il successo italiano prima di quello internazionale. Nel 1984, quando il music video era ormai una forma mediatica consolidata e perfino un genere à la page, Mister Fantasy cessò la messa in onda, mentre un altro evento televisivo muta le sorti della musica da vedere italiana: la nascita di un’emittente specializzata come Videomusic, che inaugurò i suoi programmi esattamente il 2 aprile di quell’anno. Mister Fantasy morì nello stesso momento in cui nacquero in Italia le prime esperienze di grande sfruttamento commerciale e mediatico del videoclip. Sembra più di un semplice e ideale passaggio di consegne tra quella che è la più grande trasmissione culturale sui clip mai trasmessa in Italia (dal servizio pubblico) e due coevi fenomeni di più compiuta impostazione industriale: la prima emittente interamente musicale europea, Videomusic (Figura 19), nonché la prima trasmissione di una televisione privata commerciale costruita sui videoclip,

Deejay Television su Italia Uno. Inizialmente Videomusic non era interessata a specializzarsi nel

settore musicale, ma solo orientata a rivolgersi a un pubblico che avesse delle attese di consumo culturale medio-alto. Dopo indagini di mercato venne fuori che, trasmettendo videoclip, si sarebbe potuto soddisfare sia la categoria dei giovani, poco attratta dalla televisione, sia la fascia di spettatori medio-alta73. L’accordo tra Videomusic e le case discografiche, in merito alla

diffusione dei music video, era distinto dal settore pubblicitario, nel senso che l’emittente pagava all’AFI (Associazione Fonografi Italiani) i diritti per trasmettere i clip, senza però subire interferenze o impostazioni nella programmazione e, contemporaneamente, fu istituito un settore commerciale di Videomusic che stilava contratti con le etichette discografiche riguardo alla pubblicità. Non c’è più una netta distinzione professionale, tra chi suona e chi traduce la musica in immagini. Si moltiplicarono i music video e gli autori che, tuttavia, non avevano una specifica formazione in materia, anche perché in Italia non esistevano scuole, a parte qualche sporadico corso. Alla fine del decennio esordì ad esempio il premio Videoclip Indipendente, ospitato nelle prime sei edizioni del M.E.I. (Meeting delle etichette indipendenti di Faenza), proprio per dare visibilità a clip low budget poco visibili al di fuori dei circuiti ufficiali.

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Risulta difficile operare una netta separazione tra gli anni Novanta e i giorni nostri, poiché se rispetto agli Ottanta la cesura si avverte, gli ormai quasi tre decenni successivi risultano più compatti e possono essere letti come un unico flusso, a prescindere da differenze di stile e da evoluzioni tecnologiche che non appaiono così rilevanti. Se la capitale creativa e produttiva della pubblicità è sempre stata Milano, il videoclip ha una sua scuola romana ed è una peculiarità non da poco, la maggior parte dei registi di Mister Fantasy erano romani. Ma è al nord Italia che si concentra la maggior parte dei registi di videoclip tra gli anni Novanta e i giorni nostri. A parte la Filmmaster Clip, altre due società importanti della scena videomusicale che hanno sede a Milano sono New Waves e Groucho Film, molti registi dell’area milanese si dividevano tra videomusica e pubblicità. Alla fine degli anni Novanta l’animazione si conquistò il suo spazio nella videomusica italiana, anche perché era più facile e meno costoso realizzare clip animati. Nell’era analogica non c’erano stati molti esempi di questo tipo, se non affidati alla creatività e alla pazienza di pochi animatori sperimentali: il torinese Vincenzo Gioanola (specializzato in pittura su pellicola), il bolognese Saul Sagutti (all’epoca del collettivo Opificio Ciclope)74. Dal nord al sud passando per il

centro, negli ultimi quindici anni si sono moltiplicate le esperienze sorte nel campo della sperimentazione, spesso secondo una dinamica di continuità tra videoarte e videomusica, a dimostrazione che i due contesti non possono essere disgiunti nell’immaginario di diversi autori, spesso interessati alla musica o essi stessi musicisti e componenti di band. Come osserva Giacomo Ravesi,

nel videoclip italiano degli anni 2000 innumerevoli sono i legami con le forme della sperimentazione audiovisiva: dalle avanguardie storiche al cinema sperimentale, alla videoarte. Non solo perché ormai il regista di music video […] lavora indistintamente per la pubblicità, il video, la televisione, l’arte contemporanea e il cinema, ma anche perché gli immaginari visivi e culturali si sono irrimediabilmente fusi e integrati75.

74 Ivi pp. 368-397.

75 Ravesi G., Occhi tagliati che danzano, in Aprà A. (a cura di), Fuori norma. La via sperimentale del cinema italiano, Venezia, Marsilio, 2013. P. 120.

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