Nell’area industriale di Bussi ed in modo particolare nello stabilimento di Solvay
Chimica Bussi, si producono annualmente ingenti quantità di rifiuti, anche pericolosi.
Tra questi solo alcuni sono correlabili all’inquinamento riscontrato nel sito, dovuto
essenzialmente a composti organici clorurati, mercurio e piombo, come sarà descritto
nel prosieguo. Per tali rifiuti di seguito si illustreranno le modalità di smaltimento così
come dedotte dai MUD, dai registri di carico e scarico e da quanto comunicato dai
tecnici e dal legale responsabile dell’azienda, Ing. Spezzaferro, nel corso dei
sopralluoghi effettuati.
L’analisi parte solo dal 1997, quando lo stabilimento era ancora dell’Ausimont, in
quanto non è stata reperita documentazione anteriore che consentisse di ricostruire in
maniera attendibile le modalità di smaltimento dei rifiuti prodotti.
Dai documenti esaminati risultano prodotti e smaltiti, tra gli altri, le seguenti tipologie
di rifiuto identificate dai relativi CER:
060313* “sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti”. Prodotti dal
trattamento delle acque reflue generate dalla pulizia dei fondami sei
serbatoi dei vari stoccaggi dell’impianto cloro-soda;
060404* rifiuti contenenti mercurio. Prodotti da tutte le manutenzioni, pulizie e
depurazione salamoia dell’impianto cloro-soda;
070107
*fondi e residui di reazione, alogenati. Rifiuti ricchi di composti organici
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manutenzioni e pulizie dell’impianto clorometani. In questi rifiuti
risultano anche inclusi i fanghi prodotti dalla depurazione delle acque di
processo (separate dai clorurati altobollenti nel decantatore);
070109* residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati. Si tratta
dell’allumina esausta utilizzata per rimuovere i residui di acqua nei
prodotti finiti.
Il residuo dell’impianto clorometani (tetracloruro di carbonio grezzo), una miscela
liquida fangosa ricca di composti organici clorurati grezzi, non viene smaltito
all’esterno del sito bensì distrutto nell’apposito impianto di produzione di acido
cloridrico. L’ing. Spezzaferro ha informalmente asserito che, per quanto a sua
conoscenza, prima che fosse installato detto impianto, Ausimont smaltiva tale rifiuto
unitamente ai fondi ed ai residui di reazione alogenati. Purtroppo, trattandosi di azienda
diversa dall’attuale ed anche considerato il tempo trascorso, non è stato possibile trovare
conferma documentale a tali affermazioni.
La procedura di trattamento del tetracloruro di carbonio grezzo per la produzione di
acido cloridrico, necessita di qualche considerazione. L’impianto in questione risulta
essere stato realizzato dalla Montefluos (proprietaria del sito) a seguito
dell’autorizzazione regionale n. 2108 del 20 aprile 1989, ai sensi della normativa sui
rifiuti all’epoca vigente, il DPR 915/82.
8La giunta regionale ha autorizzato la realizzazione e l’esercizio di un impianto di
“incenerimento per lo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi liquidi e gassosi provenienti
dal ciclo produttivo all’interno dello stabilimento”. L’impianto era dotato di uno stadio
di recupero calore per la produzione di vapore in pressione; l’acido cloridrico veniva
eliminato dai fumi tramite assorbimento in acqua e successivo lavaggio dei fumi con
una soluzione basica di soda caustica. Non è ben chiaro quale fosse il destino della
soluzione acquosa di acido cloridrico così prodotta, né cosa sia successo
successivamente e quali modifiche siano state apportate all’impianto. Sta di fatto che,
nella sua presente struttura, viene effettuato il recupero dell’acido cloridrico prodotto
dalla combustione e che l’attuale proprietario non lo considera più un impianto di
termodistruzione rifiuti, bensì un vero e proprio impianto di produzione di acido
cloridrico. Infatti, non è stato più richiesto il rinnovo dell’autorizzazione all’esercizio ai
sensi della normativa sui rifiuti.
La valutazione definitiva della correttezza di tale posizione esula dalle specifiche
competenze degli scriventi in quanto è di natura prettamente giuridica: si tratta di
stabilire se il tetracloruro di carbonio grezzo, contaminato da altobollenti, debba o meno
essere considerato un rifiuto e quindi se l’impianto di incenerimento debba essere
soggetto al regime di cui alla parte IV del D.lgs 152/06. Per consentire al Pubblico
Ministero di giungere più celermente alla definizione del problema, che inevitabilmente
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richiede anche valutazioni di carattere tecnico, di seguito si riporta il punto di vista
degli scriventi.
La posizione di Solvay Chimica Bussi, si fonda probabilmente su quanto riportato alla
lettera n) dell’art. 183 del D.Lgs 152/06, di seguito riportata:
Art. 183
“n) sottoprodotto: i prodotti dell'attività dell'impresa che, pur non
costituendo l'oggetto dell'attività principale, scaturiscono in via
continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati
ad un ulteriore impiego o al consumo.
Non sono soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente
decreto i sottoprodotti di cui l'impresa non si disfi, non sia obbligata a
disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti
impiegati direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a
condizioni economicamente favorevoli per l'impresa stessa direttamente
per il consumo o per l'impiego, senza la necessità di operare
trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo; a
quest'ultimo fine, per trasformazione preliminare s'intende qualsiasi
operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità, ossia le
caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso già
possiede, e che si rende necessaria per il successivo impiego in un
processo produttivo o per il consumo. L'utilizzazione del sottoprodotto
deve essere certa e non eventuale.”
tetracloruro di carbonio grezzo era senza ombra di dubbio un rifiuto in quanto era
destinato alla semplice distruzione con recupero di calore. Nella sua attuale
configurazione, l’impianto produce acido cloridrico e quindi la distruzione dei clorurati
è solo una conseguenza dell’attività produttiva. Il tetracloruro grezzo rientra
egregiamente nella definizione di sottoprodotto ed, essendo impiegato con profitto
internamente all’azienda produttrice, ad esso non dovrebbe applicarsi la normativa sui
rifiuti come previsto dal secondo periodo della lettera n) dell’art. 183 sopra riportato.
Per quanto concerne i rifiuti smaltiti, dall’esame dei MUD disponibili, risulta che
dal 1997 al 2002 Ausimont e dal 2002 al 2005 Solvay hanno sempre smaltito rifiuti
contenenti mercurio e composti organici clorurati, rispettivamente con CER 060404* e
070107*. Stranamente nel 2006
9non risultano essere stati prodotti rifiuti con CER
070107* (fondi e residui di reazione alogenati), che invece risultano nuovamente
prodotti a partire dal 2006. L’ing. Spezzaferro ha giustificato tale anomalia asserendo
che, poiché questi rifiuti si generano a seguito di pulizia e manutenzione degli impianti,
nel 2006 tali operazioni non sono state mai effettuate. Tale posizione non sembra
ragionevole; sarebbe forse il caso di ascoltare direttamente qualcuno degli operai
responsabili della produzione e della manutenzione per accertare se effettivamente nel
2006 l’impianto clorometani non abbia subito alcuna manutenzione/pulizia, operazione
da cui i rifiuti in questione si producono.
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Nel documento
CONSULENZA TECNICA SULLA CONTAMINAZIONE IN ATTO NELL’AREA DEL POLO INDUSTRIALE DI BUSSI.
(pagine 37-42)