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Nel presente capitolo, mi addentrerò nel cuore della ricerca, definendo la metodologia di indagine e gli strumenti utilizzati, ma soprattutto cercando di avvicinare quanto più possibile il lettore all’essenza delle esperienze di AS rilevate, dando quindi valore e significato al titolo stesso della tesi “Il cuore nella terra e nell’uomo”, un connubio interessante tra agricoltura e vita sociale, perno su cui far leva per ridare valore e dignità alle persone svantaggiate, all’inclusione sociale e al disagio in generale.

Devo precisare che l’intenzione di indagare sul tema dell’Agricoltura Sociale non è nata immediatamente, la mia idea di tesi era quella di addentrarmi maggiormente nell’ambito delle politiche di inclusione per immigrati in particolar modo minori stranieri non accompagnati e richiedenti asilo, tema a me caro in quanto collegato alla mia esperienza lavorativa, ma il destino ha voluto che all’inizio di Aprile 2015 partecipassi alla conferenza “Strategie di innovazione del welfare e del lavoro sociale: l'Agricoltura Sociale”, organizzata dall’Università di Venezia, ove a seguito di un colloquio con il mio relatore e docente dott. Mauro Ferrari, ho sentito forte l’emozione e l’interesse di indagare in questa direzione. Tornata a casa parlai con mio marito dell’inaspettata virata e mi disse che anche lui, professore a contratto all’Università di Udine dipartimento di Agraria specializzato in sicurezza in campo agricolo, stava affrontando la tematica della sicurezza all’interno delle fattorie sociali.

E’ iniziata così la mia ricerca bibliografica sull’argomento culminata con due eventi a cui ho potuto partecipare: il primo “Biofattorie aperte” ed il secondo il convegno “Agricoltura sociale: risorse, vincoli, responsabilità” tenutosi a Pordenone in data 15.10.2015 (Fig.12). Entrambi sono stati basilari per iniziare la mia osservazione ed indagine, in quanto sono risultati essere “la preliminare esplorazione del campo”. Per fare ricerca sociale bisogna, in fondo, essere dei curiosi! Una curiosità ed un modo di guardare non rimanendo all’interno dei limiti dell’abitudine ma con stupore, con la stessa metafora di Alfred Schutz (1979)25 dello straniero il quale si trovava nella condizione di “mettere in questione quasi tutto ciò che ai membri del gruppo di cui egli è entrato a far parte sembra essere fuori questione”. Osservare non vuol dire solo vedere. L’osservare del ricercatore

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sociale coinvolge tutti i sensi: fare ricerca sociale implica prestare attenzione anche agli odori, ai sapori, ai suoni, al tatto, una curiosità che allerta tutte le capacità percettive ma non solo.

Fu così che iniziai ad approfondire il metodo di ricerca propostomi dal relatore, quello della ricerca etnografica. Un campo nuovo, le mie precedenti esperienze erano prevalentemente di indagine di tipo quantitativo i cui risultati derivavano da statistiche e questionari.

Per comprendere un gruppo sociale, un’organizzazione, una cultura, un particolare fenomeno sociale, bisogna farne parte, e ciò non può essere delegato a nessuno, il ricercatore è solo in questo compito. Egli però non deve entrare nel “paradosso del perfetto antropologo” diventando il “perfetto nativo”. Quello che si cerca di ottenere con l’osservazione etnografica consiste nel tentativo di assumere una prospettiva vicina a quella dei “nativi”, in quanto direttamente implicati nel fenomeno sociale, in modo da ricavarne elementi utili per una comprensione che non sarà come la loro ma diventerà “nuova”.

Fig.12. Locandina convegno “Agricoltura Sociale: risorse vincoli responsabilità” (Fonte: Cefap, Prov.PN, ottobre 2015).

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La domanda di conoscenza (o “domanda di ricerca”) che mi sono posta è stata la seguente: Perché l’AS è così importante nell’innovazione sociale, nell’inserimento di persone svantaggiate, nell’inclusione sociale? Cosa dona ad esse, e non solo, alla comunità, per risultare nuova, fresca, innovativa, e quindi ampliare il campo di conoscenza ad esperienze che hanno portato benefici concreti e tangibili?

Questa domanda cognitiva mi ha guidato nella scelta dell’oggetto di osservazione e nelle tematiche sviluppate anche nei precedenti capitoli. Ho pianificato quindi il mio coinvolgimento attraverso la seguente strategia di indagine:

- Come realizzare la preliminare esplorazione del campo; - Come definire la mia collocazione sul campo;

- Come negoziare l’accesso al campo; - Come condurre il lavoro sul campo; - Come lasciare il campo.

La preliminare esplorazione del campo è stata garantita dalla partecipazione agli eventi precedentemente citati che mi hanno donato un’inquadramento generale sull’argomento e sulla realtà sviluppatasi in Friuli Venezia Giulia. Di eguale importanza è risultata la ricerca effettuata su internet, in particolare il sito dell’ERSA per la mappatura delle fattorie didattiche e sociali, ed infine la lettura di documenti e libri sul tema della ricerca etnografica e dell’agricoltura sociale.

La mia collocazione sul campo è stata quella di svolgere un’osservazione etnografica scoperta, esplicitando il mio ruolo e gli ambiti di ricerca, cercando, qualora mi fosse stata data l’opportunità di interagire con le persone svantaggiate, con gli operatori ed educatori e di partecipare a qualche esperienza organizzata attuando un’osservazione partecipante.

Per quanto concerne la negoziazione sull’accesso al campo, essa è stata sia personale, tramite un preliminare contatto telefonico per organizzare l’incontro sul campo, sia attraverso due mediatori, mio marito e l’educatrice del dipartimento di salute mentale di San Daniele, in quanto valutate le loro esperienza e conoscenze nel settore hanno potuto darmi alcuni fondamentali contatti telefonici.

Successivamente ho cercato di immaginare la conduzione del mio lavoro sul campo, strutturando così uno strumento-traccia per condurre interviste dialogiche che mi avrebbero fornito delle “note di campo” cercando di stimolare una certa riflessività sulle esperienze incontrate.

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In ultimo, ho lasciato il campo di ciascuna intervista ed esperienza, per attuare l’analisi dei dati raccolti, solo dopo aver configurato il mio intervento di ricerca all’interno di un rapporto reciprocamente soddisfacente e non configurato come una “rapina di dati”. Infatti per alcune interviste ed esperienze è stato necessario non solo effettuare una conversazione di rimando, back talk, ma anche rincontrarsi. Nel complesso esse non si sono mai svolte in uno spazio temporale preciso e concordato anzi il trascorrere del tempo non è mai stato vissuto come una perdita. Con i proprietari delle aziende agricole ed i referenti del terzo settore e dell’ambito socio-sanitario abbiamo deciso, al termine della stesura della presente tesi, di ritrovarci per un momento di condivisione e divulgazione dei risultati ottenuti.

L’intento fondamentale è stato quello di dare risalto alla dimensione delle emozioni che caratterizzano le esperienze di AS rilevate in tali realtà, in cui sia il cuore a parlare di “terra” e “uomo” e della loro unione, piuttosto che a quella della razionalità, le cui radici delle scienze sociali hanno preferito affondare.26

26 Sebbene le emozioni non fossero assenti dai classi del pensiero sociologico, recentemente alcuni autori hanno espressamente rivolto la loro

attenzione al ruolo delle emozioni nell’interazione sociale e alle conseguenze che ciò comporta per la pratica della ricerca sociale. Fra gli altri cfr. Sclavi M., “Arte di ascoltare e mondi possibili”, Le Vespe, Pescara, 2000.

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