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I sociologi in esilio e il nazionalsocialismo negli anni 1930-

«Quando riferii a Lowenthal l’affermazione di Neumann, egli disse che molti membri dell’Istituto ritenevano i tedeschi meno antisemiti degli americani che avevano avuto occasione di conoscere dopo essere emigrati in quel paese. La discriminazione a cui si riferivano, più che politica era di tipo sociale; invece nel periodo di Weimar era praticamente sconosciuta. Tutti i membri dell’Istituto con cui ho parlato sottolineavano che in Germania prima di essere costretti a partire si sentivano completamente assimilati. Questo atteggiamento nei confronti dell’incidenza dell’antisemitismo in Germania veniva espresso nel prospetto preparato dall’Istituto sul problema generale degli «Studies». Oggi, la seguente affermazione, che possiamo trovare nel prospetto, suona forse assai ingenua. «Mentre le masse mostrano un sincero disgusto verso l’antisemitismo del governo, le promesse di antisemitismo vengono avidamente accolte laddove non sono mai stati tentati dei governi fascisti». «Studies in Philosophy and Social Science», 1939

1. Un’interpretazione

A unificare la destra nazionalista e a rendere possibile l’insediamento del governo di Hitler, il 30 gennaio 1933, erano state delle priorità (presenti nell’agenda della destra fin dagli anni Venti) e cioè il riarmo, il ripudio dei debiti esteri e la salvaguardia dell’agricoltura tedesca. È l’intervento di Hitler su queste tre questioni a segnare la linea di confine tra la Repubblica di Weimar e il Terzo Reich85. Ora, per tracciare un quadro storico, il più possibile esaustivo, dell’atteggiamento delle discipline sociologiche di fronte alla dittatura nazista e allo sterminio degli ebrei d’Europa, bisogna partire dai primi studi che inaugurano, intorno agli anni 1930-1940, la riflessione e che riguardano l’impatto del nazionalsocialismo sulla società tedesca e la struttura organizzativa del partito nazionalsocialista. Si tratta, in primo luogo, dei lavori dei membri della Scuola di Francoforte, studiosi ebrei tedeschi che, dinanzi alla persecuzione nazi-fascista, si rifugiano negli Stati Uniti, dove iniziano a riflettere “da esiliati” sugli eventi particolari che stanno riguardando gli ebrei

85 Cfr. A. TOOZE, Il prezzo dello sterminio. Ascesa e caduta dell’economia nazista, Garzanti, Milano 2008, p. 47 (ed.

35 d’Europa; in secondo luogo, si tratta delle ricerche di Edward Y. Hartshorne Jr., Theodor Abel e Hans Gerth, intellettualiche si distinguono per il loro impegno critico86.

Oltre a essere accomunati dallo status, sono cioè immigrati o rifugiati politici, questi autori condividono tutta un’altra serie di affinità, che ci portano a considerarli assieme. Negli anni 1937- 1939, per esempio, ognuno di loro si ritrova a scrivere sulla struttura e l’organizzazione del partito nazionalsocialista; le opere che producono sono per lo più saggi o articoli, poche sono le monografie di grosso spessore (in particolare, «Horkheimer, la cui preferenza per la concisione si manifestava nel gran numero di aforismi che scrisse in questo periodo, aveva un’avversione per i tomi giganteschi così tipici del mondo accademico tedesco»87); lavorano a ricerche collettive, unendo i singoli contributi in opere collettanee88.

Un ulteriore aspetto in comune riguarda poi il ricorso frequente a espressioni di natura politica. Come sottolineano Gerson e Wolf, questi studi, che non contengono biografie o memorie di testimoni e che non sono neppure studi etnografici, in grado di dare informazioni su persone singole o sulle popolazioni vittime del totalitarismo, mancano di una prospettiva meta-analitica89.

Per dare un ordine alle loro opere e, soprattutto, per offrire una ricognizione storica della letteratura sociologica della shoah a partire dalle prime sentinelle, dai primissimi «segnalatori di incendio» - prendendo in prestito un’espressione di Enzo Traverso90 - è opportuno adottare alcuni criteri di analisi, come il «periodo storico» in cui questi studiosi scrivono, il «tipo di ricerca» che elaborano e, per ultimo, le «categorie analitiche» a cui ricorrono.

2. L’Istituto di Francoforte per la Ricerca Sociale (1930-1940)

Con le loro analisi sulla società moderna in crisi, gli studiosi di Francoforte iniziano a richiamare l’attenzione internazionale sulla delicata situazione degli ebrei d’Europa. Quale valutazione l’Istituto dà del nazismo?

86 Si tratta di un movimento migratorio del pensiero sociale, che lo studioso Enzo Traverso battezza come «pensée

disperse». Cfr. R.CAMURRI,Introduzione, in L’Europa in esilio. La migrazione degli intellettuali verso le Americhe tra le due guerre in «Memoria e Ricerca. Rivista di storia contemporanea», XVI, 2009, n. 31, pp. 6, 8, note 6, 14. Si veda

poi M. JAY, L’immaginazione dialettica. Storia della Scuola di Francoforte e dell’Istituto per le ricerche sociali 1923-

1950, Einaudi, Torino 1979, pp. 181, 224; E. TRAVERSO, Auschwitz e gli intellettuali. La Shoah nella cultura del

dopoguerra, il Mulino, Bologna 2004, p. 115.

87 M. JAY, L’immaginazione dialettica, cit., p. 34.

88 Cfr. M.HORKHEIMER,E.FROMM,H.MARCUSE, Studien über Autorität und Familie, Felix Alcan, Paris 1936; M.

HORKHEIMER, Die Juden und Europa, in «Zeitschrift für Sozialforschung», VIII, 1939, I/2; O.KIRCHHEIMER, Criminal

Law in National Socialist Germany, in «Studies in Philosophy and Social Sciences», VIII, 1939, 3; H. GERTH, Its

Leadership and Composition, in «The American Journal of Sociology», XLV, 1940, n. 4, pp. 517- 541.

89 Cfr. J. M.GERSON, D. L. WOLF,Sociology confronts the Holocaust, cit., pp. 12-13. 90 Cfr. E. TRAVERSO, Auschwitz e gli intellettuali, cit., p. 31.

36 È importante individuare, nell’analisi degli studi della Scuola, i momenti e le situazioni che l’hanno portata ad accorgersi del problema dell’autoritarismo in Europa. Almeno due sono i tipi fondamentali dell’approccio al nazionalsocialismo della Scuola di Francoforte. Il primo fa capo a Franz Neumann, Arcadius R. L. Gurland e Otto Kirchheimer, e si occupa delle trasformazioni che si verificano nelle istituzioni giuridiche, politiche ed economiche durante il nazionalsocialismo. Le tesi di questo gruppo afferiscono soprattutto al marxismo ortodosso, che individua, come causa esplicativa del nazionalsocialismo, il capitalismo monopolistico, e mostrano un basso interesse per la psicologia sociale e la cultura di massa, che sono le altre due principali prospettive di studio della Scuola. Il secondo approccio, adottato dal gruppo di Max Horkheimer, rappresenta l’avvento del nazismo come il massimo esempio storico della società moderna occidentale, tesa verso un dominio irrazionale. Anche se questo orientamento non nega che l’esperienza totalitaria sia un prodotto del capitalismo avanzato, tuttavia non mette al centro dell’analisi filosofica e sociologica la struttura economica. L’attenzione di tali studiosi, infatti, da un lato poggia sulla razionalizzazione della tecnologia moderna, in quanto forza istituzionale, dall’altro sulla razionalità strumentale, in quanto imperativo culturale. In questo modo il gruppo legato a Horkheimer-Pollock si avvicina alle origini della violenza nazionalsocialista studiando i meccanismi psicosociali dell’obbedienza.

Seppure velocemente bisogna ricordare che il pensiero dell’Istituto di Francoforte, formatosi all’inizio degli anni Venti, è da un punto di vista filosofico una teoria «critica» e «negativa» nei confronti dell’esistente, che si pone come obiettivo fondamentale di scoprire e denunciare le antinomie della società moderna industriale e capitalista91.

Il lavoro a cui si dedicò l’Istituto prima della sua emigrazione dalla Germania – si pensi a Die Planwirtschaftlichein

Versuche in der Sowjetunion (1917-27) o all’opera collettiva successivamente pubblicata Studi sull’autorità e la famiglia – costituiva qualcosa di nuovo rispetto al sistema universitario ufficiale. Significava la capacità di portare

avanti un tipo di ricerca per cui l’università non offriva alcuno spazio. L’impresa riuscì solo perché, grazie all’appoggio di Hermann Weil e all’intervento di suo figlio Felix, alcuni uomini di diversa formazione culturale che si interessavano di teoria sociale, si unirono nella convinzione che la formulazione del negativo in un’epoca di transizione fosse più importante della loro carriera accademica. Ciò che li univa era un approccio critico alla società esistente. Già verso la fine degli anni ’20, certamente all’inizio degli anni ’30, eravamo convinti della probabile vittoria del nazionalsocialismo e che tale vittoria potesse essere impedita solo con azioni rivoluzionarie92.

91 L’apertura ufficiale dell’Istituto avviene il 3 febbraio del 1923 per decreto del ministero dell’istruzione, mediante

un accordo fra quest’ultimo e la Gesellschaft für Sozialforschung. Il 22 giugno del 1924 sarà inaugurata invece la sua sede nella città universitaria, al numero 17 della Victoria Allee.

«Sotto il capitalismo monopolistico la proprietà privata dei mezzi di produzione viene conservata, ma le leggi e il contratto generale scompaiono e vengono sostituiti con i provvedimenti individuali del padrone». In altre parole, l’esistenzialismo politico che Marcuse aveva analizzato in un precedente saggio della «Zeitschrift», aveva ispirato la sfera giuridica fascista e minacciava di fare lo stesso in tutte le altre società dominate dal capitalismo monopolistico» (M. JAY, L’immaginazione dialettica, cit., p. 228). L’autore fa riferimento a F.NEUMANN, The Democratic and the

Authoritarian State: Essays in Political and Legal Theory, New York 1957;si vedaH.MARCUSE, La lotta contro il

liberalismo nella concezione totalitaria dello Stato, in Cultura e società, Einaudi, Torino 1969 (ed. or. Der Kampf gegen den Liberalismus in der totalitären Staatsauffassung, in «ZfS», III, I, 1934).

92 M. JAY, L’immaginazione dialettica, cit., p. VII. Le parole sono di Max Horkheimer, scritte a Montagnola, in

37 Il pensiero della Scuola riflette l’ideale rivoluzionario di svincolare l’uomo dalle strutture alienanti della società moderna. Almeno tre sono gli eventi che condizionano la produzione scientifica dei suoi esponenti: in primo luogo, l’avvento del nazismo e del fascismo, che sollecita la riflessione attorno all’autorità e porta a indagare sui rapporti strutturali con la società industriale moderna; in secondo luogo, l’affermazione del comunismo sovietico, che mostra in modo chiaro la sconfitta delle posizioni di Marx, e quindi l’esito negativo della rivoluzione e l’altra faccia del capitalismo moderno; infine, la vittoria della società tecnologica che, con strumenti razionali, produce cultura «in modo industriale», indebolendo la facoltà critica del singolo individuo verso la realtà circostante93.

Nell’elaborazione critica della Scuola si vengono a delineare così tre tradizioni di pensiero: quella di Friederick Hegel, di Karl Marx e di Sigmund Freud. L’Istituto prende dalla tradizione hegelo- marxista l’impostazione per un «discorso dialettico», in grado di evidenziare le contraddizioni intrinseche, e «totalizzante», che ponga in questione gli eventi nella loro globalità, sottolineando al contempo il modo in cui dovrebbero essere. Dal fondatore della psicanalisi eredita invece gli strumenti analitici per lo studio della personalità autoritaria: in particolare, i meccanismi di introiezione dell’autorità e i concetti basilari di «ricerca del piacere» e di «libido»94.

2. 1. Il retroterra storico della Scuola. I suoi caratteri generali

La Scuola si accorge dell’esistenza del «problema ebraico» solo dopo l’avvento del nazionalsocialismo, in seguito al quale i suoi membri sono costretti a fuggire prima in Svizzera, poi «Nel 1922 Felix J. Weil concepì l’idea di una struttura istituzionale nel cui ambito potessero essere raggiunti questi scopi. […] Inoltre il tipo di sapere radicale che speravano di raggiungere incontrava scarso favore nella gerarchia accademica ufficiale. […] Di conseguenza, l’idea di Weil di un istituto indipendente dal punto di vista economico sembrava un’ottima soluzione per evitare i normali canali della vita universitaria. Argomenti come la storia del movimento dei lavoratori e le origini dell’antisemitismo, che non figuravano nei normali programmi delle università tedesche, potevano essere studiati con un’accuratezza mai tentata prima di allora. […] Per quanto l’Istituto fosse destinato in una certa misura all’insegnamento, esso avrebbe cercato di evitare di diventare un scuola di formazione per «mandarini» addestrati solo per funzionare al servizio dello status quo» (ibidem, pp. 5, 9, 13-14).

Un secolo prima, Wilhelm von Humboldt aveva sottolineato la differenza tra le università, dedite all’istruzione pratica, e le accademie, destinate alla ricerca pura.

«C’era nell’Istituto un forte desiderio di mantenere la propria identità lontana dalla struttura accademica della Columbia University, nello stesso modo in cui aveva mantenuto la propria indipendenza a Francoforte. […] Nella sua sede della 117ª Strada, concessa dalla Columbia, l’Istituto fu in grado di svolgere il proprio lavoro senza subire alcuna pressione da parte del dipartimento con cui era più naturalmente collegato, cioè quello di sociologia » (ibidem, p. 180).

93 Cfr. H.MARCUSE, Sul carattere affermativo della cultura, in Cultura e società, cit., pp. 43-85.

94 Si ricordi che l’Istituto viene fondato da Felix Weil e diretto dallo storico austriaco Karl Grünberg, dopo la breve

direzione di K. A. Gerlach. Lo storico austriaco Karl Grünberg è anche fondatore dell’Archivio per la storia del socialismo e del movimento operaio. Tale dato è molto importante in quanto gli studi della Scuola di Francoforte si concentrano sulla questione sociale moderna, adottando inizialmente un approccio marxista. Negli anni successivi tale posizione sarà integrata, come spiegheremo meglio in seguito, con la prospettiva della psicanalisi freudiana. Ad ogni modo tale gruppo di ricerca critica la propria realtà sociale contemporanea.

38 in Francia, Inghilterra, infine negli Stati Uniti. Uno dei maggiori motivi utilizzati da Felix Weil e da Frederick Pollock per convincere Weil senior a sovvenzionare l’Istituto è proprio l’esigenza di studiare l’antisemitismo in Germania; ma la Scuola inizia a lavorare in questo senso solo nel 1940.

Il suo disinteresse iniziale per la questione ebraica è giustificato dal fatto che, secondo i suoi membri, non esisteva alcun problema ebraico. Per loro l’assimilazione degli ebrei nella Repubblica di Weimar aveva raggiunto livelli così alti da far scendere a livello del «club sociale» la discriminazione95. Per esempio, l’episodio dell’assassinio del ministro tedesco degli affari esteri, un anno prima della fondazione dell’Istituto, non avrà nessuna ripercussione personale sui membri. Ansiosi di evitare qualsiasi rimando alla loro formazione religiosa, nel personale processo educativo tendono a non attribuire alcun significato all’ebraismo e, quando affronteranno la Judenfrage, metteranno in primo piano l’aspetto sociale, poi quello etnico e religioso. Solo Karl A. Wittfogel, uno dei membri non ebrei, riesce a percepire e a osservare la precarietà degli ebrei, anche dei più assimilati.

Le illusioni perdurano fino allo scoppio della guerra; persino un tenace realista come Franz Neumann scriverà, nel 1942, in Behemoth, che «il popolo tedesco è il meno antisemita di tutti»96. Al

punto che, come ha segnalato recentemente Raffaele Laudani, «dove l’influenza francofortese risulta più evidente è proprio nella parte più controversa dei processi di Norimberga, quella dedicata all’Olocausto, per il quale Neumann è stato accusato di avere largamente contribuito alla sua generale sottovalutazione»97.

Solo con l’esilio negli Stati Uniti, dove l’assimilazione si presenta più difficile rispetto a quella della Germania prenazista, i membri dell’Istituto diventano più sensibili alla questione ebraica98.

95 Una condizione per l’assimilazione, in particolare, è l’indifferenza nei confronti del sionismo.

96 Il titolo del lavoro di Franz Neumann è Behemoth, che, nell’escatologia ebraica, assieme al Leviathan, è il mostro

del caos. Esso si può paragonare al «non-stato» del nazismo, che legalizza l’illegalità e l’anarchia. Il vettore che indirizza la ricerca è il carattere dell’imperialismo nazista e la sua incompatibilità con un regime democratico. «Chi scrive non accetta questa visione profondamente pessimistica, ma ritiene che gli antagonismi del capitalismo stanno operando a un livello più alto e perciò forse più pericoloso, anche se sono coperti da un apparato burocratico e dall’ideologia della comunità popolare. […] L’economia tedesca di oggi possiede due caratteristiche generali e singolari: è un’economia monopolistica e contemporaneamente un’economia comandata. È un’economia privata capitalistica irreggimentata dallo stato totalitario. Per descriverla meglio suggerirei l’espressione “capitalismo del monopolio totalitario”» (F.NEUMANN, Behemoth. The Structure and Practise of National Socialism. 1933-1944, Oxford University Press, New York 1942, pp. 227, 261; tr. it. F. NEUMANN, Behemoth. Struttura e pratica del

nazionalsocialismo, Bruno Mondadori, Milano 1999).

97 F.NEUMANN,H.MARCUSE,O.KIRCHHEIMER,Il nemico tedesco. Scritti riservati sulla Germania nazista (1943-

1945), a cura di R. LAUDANI, il Mulino, Bologna 2012, p. 43. Il riferimento è a S. ARONSON, Preparations for the

Nuremberg Trial: The O.S.S., Charles Dwork, and the Holocaust, in «Holocaust and Genocide Studies», II, 1998, pp.

257-281.

98 Cfr. J. ALEXANDER, Remembering the Holocaust. A Debate, Oxford University Press, New York 2009, pp. 21-22.

In realtà, la prima forma di esilio per l’Istituto inizia a Parigi, nel settembre del 1933, con la pubblicazione del primo numero della rivista sociologica «Zeitschrift». A partire da allora i francofortesi vengono considerati dal regime nazista un serio pericolo sia per il loro orientamento marxista che per l’origine ebraica della maggior parte di essi. La rivista riuscirà a pubblicare otto volumi fino al 1939. Cfr. M. JAY, L’immaginazione dialettica, cit., pp. 178. 477.

39 «Ognuno di noi, - ha scritto Pollock, - fino agli ultimi anni prima di Hitler, non aveva alcun senso di insicurezza derivante dalla propria origine etnica. Se non eravamo disposti a farci battezzare, certi posti nell’amministrazione pubblica e negli affari ci erano preclusi, ma ciò non ha mai pesato eccessivamente su di noi. Inoltre, durante la Repubblica di Weimar, molte di queste barriere erano state tolte»99.

Dinanzi al razzismo ebraico e al totalitarismo nazionalsocialista, gli intellettuali di Francoforte, abituati a un atteggiamento critico verso il mondo, iniziano ad analizzare la società moderna nella quale vivono, organizzata secondo i canoni della razionalità industriale, a partire dal concetto di «classe proletaria». La subordinazione della questione ebraica alla causa sociale del capitalismo monopolistico non è ascrivibile tanto alla loro completa assimilazione alla cultura tedesca, quanto piuttosto a un ambiente economico in fermento che spiega la loro miopia iniziale o la loro percezione della realtà «orientata» verso altri aspetti. In un’epoca contraddistinta dalle guerre commerciali tra gruppi monopolistici privati e da un crescente intervento statale nell’economia, la realtà della Germania, in cui l’avanzata della Zivilisation fa i conti con una Kultur resistente, rappresenta bene come lo sviluppo del capitalismo monopolistico, giunto alla sua fase imperialistica, sia disomogeneo e ineguale.

Così, il tanto decantato pluralismo delle democrazie liberali occidentali era degenerato in nient’altro che un’ideologia. «Il vero pluralismo, scriveva Horkheimer, appartiene al concetto di una società futura». L’autorità politica che dominava l’uomo moderno stava diventando sempre più irrazionale100.

Uno dei più notevoli mutamenti prodotti dalla prima guerra mondiale, almeno per quanto riguarda la sua ripercussione sugli intellettuali fu lo spostamento a oriente del centro gravitazionale del socialismo. L’inaspettato successo della rivoluzione bolscevica – contro il tragico fallimento delle sue imitazioni centro-europee – pose coloro che precedentemente erano stati al centro del marxismo europeo, cioè gli intellettuali tedeschi di sinistra, di fronte a un serio dilemma. In definitiva erano rimaste loro solo due scelte: potevano appoggiare i socialisti moderati e la loro recente creatura, la Repubblica di Weimar, evitando così la rivoluzione e disdegnando l’esperimento russo; oppure potevano accettare la leadership di Mosca, unirsi al partito comunista tedesco che si era da poco formato e mettersi al lavoro per minare il compromesso borghese di Weimar101.

Nello svolgimento complessivo di tutte queste condizioni, un ruolo importante viene giocato dall’«ambiguo successo dell’Unione Sovietica» e dalla nuova forza «rivoluzionaria» che compare nella società, cioè il proletariato, che diviene una struttura storica fondamentale, capace di far diventare realtà il pensiero dialettico negativo dell’Istituto102.

99 Ibidem, p. 44.

100 M. JAY, L’immaginazione dialettica, cit., p. 186. L’autore fa riferimento a M. HORKHEIMER, Vernunft und

Selbsterhaltung, in Walter Benjamin zum Gedächtnis, inedito, 1942 (Collezione Pollock).

101 M. JAY, L’immaginazione dialettica, cit., p. 3.

102 «A quell’epoca non pensavamo ancora che sarebbe stata necessaria una seconda guerra mondiale. Pensavamo che

nel nostro paese ci sarebbe stata una sollevazione; per questo il marxismo ha avuto un significato decisivo per il nostro pensiero. Dopo la nostra emigrazione in America, con il periodo intermedio di Ginevra l’interpretazione marxista degli avvenimenti sociali rimase senz’altro dominante; questo, tuttavia, non significa affatto che il fondamento decisivo della nostra posizione fosse diventato un materialismo dogmatico» (ibid.), p. VIII.

40 «Oggi l’atto storico è possibile solo come atto del proletariato perché (il proletariato) possiede il solo essere nel mondo (Dasein) con la cui esistenza l’atto è dato necessariamente». Solo per il suo ruolo fondamentale nel processo di produzione il proletariato possiede il potenziale necessario all’atto radicale. Solo con la rivoluzione si può cambiare il mondo storico, realizzando così la possibilità di estendere universalmente l’essere autentico oltre i limiti della classe lavoratrice103.

Questa attenzione continua verso soggetti storici reali fa del pensiero teorico degli intellettuali di Francoforte una critica «immanente» della società, che coglie, intorno al 1927, le contraddizioni dell’età moderna imperialistica104.

Chi ha occhi per l’assurda ingiustizia del mondo imperialista, impossibile da giustificare con l’insufficienza tecnica, considererà gli eventi russi come il perdurante, doloroso tentativo di superare questa orribile ingiustizia105.

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