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SOGGETTI AUTISTICI NELLO SVILUPPO EVOLUTIVO

Nel documento Educatore Professionale e Autismo (pagine 39-42)

I disturbi dello spettro autistico fanno la loro comparsa entro i primi cinque anni di vita del bambino, in molti casi sembra compaiano all’improvviso, perché ad oggi sono rare le situazioni in cui si è capito fin dalla nascita che il neonato avrebbe sviluppato disturbi che rientrano nello spettro. Questa sindrome viene ancora considerata la “malattia dei bambini”, ma grazie alla ricerca e alle nuove tecnologie questi ragazzi hanno una prospettiva di vita abbastanza lunga. Essa dipende da diversi fattori, come il quoziente intellettivo, la precocità nell’acquisizione del linguaggio e la tipologia degli interventi e il loro inizio precoce, anche se per questo ultimo aspetto si sta ancora studiando per capire quanto determini la qualità della vita. L’evoluzione migliore si è riscontrata nei soggetti con un linguaggio comunicativo comparso prima dei 5 anni, con un quoziente intellettivo superiore a 70 e che non soffrono di crisi epilettiche.

Nei primi anni di vita, i bambini autistici imparano a camminare e a muoversi autonomamente, se non è presente una doppia diagnosi con patologia con gravi malfunzionamenti motori. Al contempo però, il piccolo non sa esprimere semplici richieste e non cerca di coinvolgere gli altri nei suoi interessi, infatti è difficile avere

interazioni di gioco con lui. Per questo i genitori tendono ad adattare la routine quotidiana alle caratteristiche del figlio.

Nel periodo della scolarizzazione, i ritmi cambiano, le richieste e le persone con cui si entra in contatto sono diverse. Il bambino deve far fronte a nuove aspettative e nuove richieste che fanno leva sui punti deboli come l’abilità di socializzazione, comunicazione e flessibilità nel comportamento. Se messo a confronto con i compagni, il bambino autistico presenta un comportamento più deviante, pur sviluppando nuove abilità: questo perché l’ambiente scolastico fa emergere nuovi deficit che in quello domestico non ha avuto modo di presentarsi, come la difficoltà nel seguire le istruzioni verbali complesse e nel regolare il proprio comportamento in ambienti affollati e rumorosi. Tuttavia in questo periodo della vita del bambino avvengono cambiamenti nell’organizzazione neuronale che possono accompagnarsi a modificazioni delle abilità di auto-regolazione e di apprendimento.

Con l’ingresso nell’adolescenza di ragazzi affetti da autismo si sono riscontrati diversi problematiche; essendo un momento di cambiamenti a livello cognitivo, affettivo, fisico e ormonale, in 50% dei casi si è riscontrato un aggravamento dei sintomi, anche se molti dei quali possono essere recuperati, solo un 20% di questi si sono ritrovati in una situazione così grave da non poter più tornare indietro. Nello specifico in questa fase della vita, si potrebbe riscontrare nel soggetto la comparsa di comportamenti problematici mai avuti prima, una possibile consapevolezza delle proprie differenze (per quanto riguarda casi con un livello cognitivo elevato), disturbi dell’umore, un possibile comportamento sessuale inadeguato, ridotte capacità di comunicazione, maggiore dipendenza dalla famiglia con l’assenza di ribellione tipica della fase adolescenziale e la possibilità di insorgenza di crisi epilettiche. Se da un lato compaiono nuove difficoltà dall’altro in molti casi le criticità che si manifestano tra i 3 e i 5 anni, le stereotipie e i comportamenti ripetitivi, scompaiono.

Per i soggetti che raggiungono l’età adulta solo il 3% di loro riesce ad essere completamente indipendente. Con l’aumentare dell’età si presentano sintomi come l’autonomia limitata, diminuzione delle capacità di adattamento, la tendenza all’isolamento può aumentare o diminuire in base alle attese dell’ambiente esterno, potrebbero ritornare o aumentare rituali o ossessioni, comportamenti bizzarri, potrebbero

comparire o ampliarsi anomalie posturali. Quasi tutti i soggetti autistici adulti non saranno mai autonomi, per questo hanno bisogno di un contesto di vita protetto. Se il soggetto è riuscito ad acquisire sufficienti competenze sociali può usufruire di una rete di supporto non residenziali, con interventi territoriali, anche se questa eventualità è molto rara e si deve ricorrere a strutture residenziali o semi-residenziali, fino a quando la famiglia riesce a gestirlo.

Gli interventi educativi continuano anche nell’adolescenza e nell’età adulta, anche se con modalità differenti. Se nell’età scolare e preadolescenziale gli interventi a scuola e in situazione ambulatoriale erano sufficienti per apprendere una propria autonomia, nelle fasi successive questi presidi non sono più idonei. La famiglia e centri diurni vengono prediletti come luogo di intervento e nei casi degli adulti anche le strutture residenziali.

Quasi sempre l’uscita dalla scuola porta ad una regressione, soprattutto perché l’intervento non copre tutta la giornata, per questo è necessario coinvolgere molteplici contesti come lo sport o il lavoro e diverse figure di riferimento come i coetanei, oltre alla famiglia. Il supporto alle famiglie risulta essenziale affinché il progetto non sia fallimentare, quindi è necessario un sostegno personale, sociale ed emotivo, un supporto pratico e psicoeducativo, con informazioni e training ad hoc. Inoltre è fondamentale un supporto per il passaggio di servizi, soprattutto quando un adulto non può più stare in famiglia e questa deve accettare il passaggio verso una struttura residenziale. La riabilitazione del giovane adulto portatore di autismo potrebbe essere delineata in questo modo:

- Valutazione dei bisogni e Progettazione del progetto di vita;

- Interventi per le autonomie per nel proprio ambiente di vita;

- Integrazione sociale attraverso l’inserimento nel mondo del lavoro, laddove è possibile;

- Interventi di sostegno alla famiglia o sostitutivi degli spazi familiari.

Non esiste un autismo, ma ci sono tanti disturbi per questo non esiste un intervento adatto a tutte le età, non esiste un intervento che possa rispondere a tutte le molteplici esigenze.

Ogni persona è un mondo a sé e come tale va trattato.

Nel documento Educatore Professionale e Autismo (pagine 39-42)

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