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Altri soggetti previsti dalla normativa antimafia La legge ha predisposto un vasto sistema di servizi specializzat

Nel documento Le indagini nel procedimento di prevenzione (pagine 130-136)

1.1 Le categorie di pericolosità

2.5 Altri soggetti previsti dalla normativa antimafia La legge ha predisposto un vasto sistema di servizi specializzat

al fine di rendere più funzionale il contrasto alla criminalità organizzata, target per eccellenza delle misure di prevenzione.

L’art. 12 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152 prevede l’instaurazione di un sistema basato su un continuo scambio di dati e conoscenze relativi alle indagini, onde evitare ripetizioni e sovrapposizioni inutili di informazioni preziose, da sfruttare invece come base investigativa per finalità repressive e preventive.

Tenendo in considerazione che le indagini riferite alla criminalità organizzata sono particolarmente complesse e delicate, e in più hanno bisogno di un’alta formazione specializzata da parte di coloro che le portano avanti, sono state create delle vere e proprie reti interforze, che vedono come protagonisti uomini e donne appartenenti alle forze dell’ordine, altamente specializzati nel settore.

Proprio in virtù di una tale specializzazione richiesta, vale il principio per cui il pubblico ministero, impegnato a dirigere e svolgere indagini nel settore della criminalità organizzata, debba avvalersi in via preferenziale dei servizi specializzati, in luogo di soggetti che invece hanno a che fare con questa materia solo di rado.

Come si accennava, onde evitare la dispersione inutile di materiale investigativo, e insieme al fine di rendere effettivo il coordinamento delle indagini, è compito del pubblico ministero assicurare una gestione congiunta – sia investigativa che operativa ˗ da parte di tutti gli appartenenti alla polizia. Correttezza e

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completezza delle indagini sono, quindi, gli obiettivi primari da raggiungere.

Per essere messo in tali condizioni, il pubblico ministero deve poter contare sulla disponibilità della polizia giudiziaria a trecentosessanta gradi, potendo, ove lo ritenga opportuno, avvalersi anche di altri organismi, che non appartengono ai servizi centrali o interprovinciali.

Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che, invece, ne fanno parte, «devono costantemente informare il personale investigativo della DIA, incaricato di effettuare indagini collegate, di tutti gli elementi informativi ed investigativi di cui siano venuti comunque in possesso e sono tenuti a svolgere congiuntamente con il predetto personale gli accertamenti e le attività investigative eventualmente richiesti»244.

A partire dal 1° gennaio 1993, inoltre, una parte del personale appartenente ai servizi centrali e interprovinciali di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza, è stata assegnata alla DIA. L’assetto che ne è derivato è il seguente: è stato costituito il Servizio Centrale Operativo (S.C.O.) per la Polizia di Stato; il Servizio centrale investigativo sulla criminalità organizzata (S.C.I.C.O.) a livello centrale e i Gruppi investigativi sulla criminalità organizzata (G.I.C.O) a livello interprovinciale per la Guardia di Finanza e il Raggruppamento operativo speciale (R.O.S.) per l’Arma dei Carabinieri.

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L’attività principale dello S.C.O. consta nel contrasto generale alla criminalità, in tutti i suoi aspetti e settori, anche quello economico e finanziario.

Il R.O.S. si occupa in particolare di eversioni, sequestri di persona, latitanti.

Lo S.C.I.C.O. esplica le sue attività soprattutto in tema di riciclaggio, compiendo indagini nei confronti degli intermediari finanziari.

Ciò che accomuna tutte queste articolazioni delle Forze dell’ordine è una serie di poteri che mirano a reprimere il fenomeno mafioso, insieme con il tutt’altro che agevole intento di intervenire, ove possibile, in via preventiva: essi sono ammessi ad intrattenere con i detenuti colloqui investigativi, al fine di acquisire informazioni utili circa il fenomeno della criminalità organizzata (art. 16 del D.L. 306/1992); possono effettuare intercettazioni preventive, qualora siano necessarie per la prevenzione dei gravi delitti annoverati negli artt. 51, commi 3-bis e 3-quater e 407, comma 2, lett. a), n. 4 c.p.p. Inoltre, ai fini di un maggior coordinamento, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo «dispone dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l’impiego a fini investigativi»245.

Quella dell’Alto Commissario per il coordinamento degli organi amministrativi e di polizia nella lotta alla delinquenza mafiosa era una figura istituita con D.L. 6 settembre 1982, n. 629, con il fondamentale compito di lotta, nonché prevenzione, al fenomeno

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mafioso. In particolare, egli poteva controllare l’eventuale presenza, all’interno di pubbliche amministrazioni, enti pubblici, istituti di credito ecc. di infiltrazioni mafiose, attraverso il compimento di accertamenti ad hoc presso tali enti. Egli poteva, inoltre, compiere intercettazioni telefoniche, anche a carattere preventivo, disciplinate dal vecchio codice all’art. 226-sexies. Ancora, era destinatario delle comunicazioni del SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica) e del SISMI (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare), ove connesse ad attività di carattere mafioso.

In generale, dunque, questo organo rappresentava un centro di coordinamento, impulso ed indirizzo delle forze dell’ordine nella lotta alla criminalità organizzata.

Tuttavia, l’Alto commissario è stato attivo fino al 1992: i suoi poteri vennero successivamente devoluti e “smistati” tra diversi organi: i Prefetti, il Capo della polizia Direttore generale della pubblica sicurezza, il Direttore della DIA. Per cui, ad oggi, l’Alto commissario non esiste più, e per ragioni di analogia dei compiti svolti, pare sia stato succeduto dal Direttore della DIA246.

Il Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata è stato istituito con D.L. 29 ottobre 1991, n. 345, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, il cui contenuto è stato trasposto invariato nell’art. 107 del Codice delle leggi antimafia. È presieduto dal Ministro dell’Interno, e di esso fanno parte il Capo della polizia, i Comandanti generali dell’Arma dei

246 NANULA, G., La lotta alla mafia – strumenti giuridici, strutture di coordinamento,

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carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, i Direttori dell’AISE e dell’AISI e il Direttore della DIA.

Il Consiglio generale elabora le strategie anticrimine e gli obiettivi da raggiungere da parte delle forze di polizia. Gode di poteri decisionali e di indirizzo, emana direttive nei confronti delle singole Forze di polizia e della DIA.

La DIA (Direzione Investigativa Antimafia) è una struttura dalla composizione interforze (Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Corpo della Guardia di Finanza, nonché personale della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato) caratterizzata dall’elevata specializzazione dei soggetti che ne fanno parte, istituita nell’ambito del Dipartimento della pubblica sicurezza. Disciplinata dall’art. 108 Codice delle leggi antimafia, si articola in tre reparti, ciascuno afferente ad un settore: investigazioni preventive, investigazioni giudiziarie e le relazioni internazionali.

I soggetti appartenenti alla DIA hanno la possibilità di intrattenere colloqui “esplorativi” con detenuti al fine di ottenere informazioni anche a titolo preventivo; possono poi compiere intercettazioni preventive (considerate alla stregua di atti d’indagine per le misure di prevenzione non tipizzati).

In generale, può affermarsi che l’attività caratteristica della DIA è quella di coordinare le investigazioni preventive compiute dai vari appartenenti sui delitti di criminalità organizzata.

Per quanto riguarda gli altri organi che normalmente svolgono attività concernenti la criminalità organizzata, quali il Procuratore

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nazionale antimafia e antiterrorismo, le Direzioni distrettuali antimafia, la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia, essi assumono rilevanza nell’ambito delle indagini afferenti alle misure di prevenzione nel momento in cui, proprio tramite la loro attività, si debbano applicare misure preventive basate, anche in parte, sugli elementi indiziari da loro raccolti. In tutte le altre evenienze, ciascun organo compie le funzioni assegnategli dal codice di procedura penale e dalle leggi in materia.

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CAP. 3: L’AVVIO DELLE INDAGINI DI

PREVENZIONE

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