• Non ci sono risultati.

LA SOLIDARIETÀ NELL’AMBITO DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE: il sistema di quantificazione del danno.

2.1. Premessa. 2.2. Solidarietà e ingiustizia del danno nell’illecito aquiliano. Il risarcimento “solidale”. 2.3. La struttura dell’illecito aquiliano. 2.4. La comparazione: La responsabilità civile in Francia. La responsabilità extracontrattuale. 2.5. La causalità e la regola del “più probabile che non”. L’infrazionabilità della responsabilità civile. 2.6. Le conseguenze dell’illecito aquiliano: il danno patrimoniale ed il danno non patrimoniale. Riflessioni critiche. 2.7. Il principio di integrale riparazione del danno. 2.8. La comparazione: il principio di integrale riparazione del danno nell’ordinamento francese e la sua quantificazione. Tendenza “espansiva” o “restrittiva”? Segue: le

56

possibili limitazioni del principio di responsabilità per un “motivo di interesse generale”. 2.9. Il risarcimento del danno patrimoniale. “Danno storico” e “danno giuridico” danni mediati e riflessi. Il c.d. “danno da rimbalzo”. 2.10. La comparazione: l’art. 1227 c.c. nell’ordinamento francese. 2.11. Il “filtro” della compensatio lucri cum

damni. 2.12. Il risarcimento del danno non patrimoniale: risarcimento per la vittima o

punizione per il danneggiante? Il denaro non può guarire.

2.1. Premessa.

In questa seconda parte, la ricerca vuole approfondire ed evidenziare gli effetti della clausola di solidarietà nel sistema della responsabilità civile, indagando il fenomeno nell’ambito aquiliano. Premessa l’evoluzione storica, quindi l’origine e la

ratio della clausola solidaristica, il progetto vuole evidenziare talune applicazioni

pratiche, al fine di comprendere l’operare dell’art. 2 della Cost. e far emergere la c.d. “tendenza inversa”.

Si evidenzierà come la clausola di solidarietà stia avendo un impatto dirompente sul sistema della responsabilità civile, in particolare sull’operatività del rimedio risarcitorio azionabile dalla vittima dell’illecito. Il principio solidaristico, operante sia in campo contrattuale che aquiliano, si sta rivelando uno strumento in grado di vagliare l’equilibrio sinallagmatico della prestazione tanto risarcitoria, conseguente ad un illecito extracontrattuale, quanto contrattuale.77 Essa opera riducendo il danno accordato alla vittima dell’illecito, in funzione della concorrente responsabilità di questa.

Analizzando gli effetti della solidarietà nel sistema della responsabilità civile si può scorgere, come poc’anzi accennato, una nuova “tendenza inversa” del principio di solidarietà, che prende timidamente le mosse dalle Sezioni Unite San Martino: se per un verso hanno portato ad una visione lata del risarcimento del danno non patrimoniale, ammettendolo per ogni lesione di un diritto costituzionalmente garantito, ancorché non individuato da un’espressa disposizione normativa, per altro verso hanno posto il c.d. “filtro bagatellare”. Se da un lato la tutela risarcitoria è ammessa purché la situazione giuridica soggettiva di cui si chiede tutela rientri nel catalogo aperto di cui all’art. 2 Cost., ad onta della stretta tipicità proclamata dall’art. 2059 c.c., per altro verso essa

77

P.G. MONATERI, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, diretto da R.SACCO, Le fonti delle

obbligazioni, 3, Torino, 1998, 2; G.ALPA, Diritto della responsabilità civile, Roma-Bari, 2003, 67- 68. La Responsabilità civile è infatti categoria generale e dovrebbe comprendere sia la responsabilità contrattuale sia extracontrattuale, anche se talvolta, secondo l’A. è invalsa la prassi di identificare la Responsabilità civile esclusivamente con la responsabilità extracontrattuale.

57

verrà risarcita solo ove la lesione superi la normale “tollerabilità”, sancendo così un primo freno alla proliferazione risarcitoria.

Ci si interroga però circa il fatto se, secondo i nuovi sviluppi pretori, vi sia davvero un’inversione di tendenza. Se cioè si stia progressivamente facendo largo l’idea che, proprio in virtù della clausola solidaristica, il danneggiato sia costretto a sopportare una parte del danno patito. Tale fenomeno si evidenzia in primo luogo nello stesso sistema di quantificazione del danno per la vittima dell’illecito ed è stato recentemente sottoposto al vaglio della Consulta, al fine di decretare o meno la legittimità costituzionale del sistema tabellare di quantificazione del danno che imporrebbe una limitazione solidaristica dello stesso.

Vagliando l’attuale panorama della responsabilità civile sono numerosi gli esempi di tale fenomeno non solo nelle attività lecite - ma dannose - in relazione alle quali è accordato appunto un rimedio indennitario, anziché risarcitorio, ma anche nell’esercizio di un’attività completamente lecita, come l’esecuzione di un’obbligazione dedotta all’interno di un vincolo contrattuale. In tale ipotesi la funzione della clausola di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. funge da limite interno all’esercizio del diritto sulla scorta della considerazione che non esiste nell’ordinamento l’esercizio di un diritto privo di limiti. Il limite intrinseco è l’esercizio dello stesso in modo solidale, che impone al suo titolare la buona fede ed il divieto di abusarne, i quali trovano fondamento proprio nel principio di solidarietà ed impongono al creditore un duty to

mitigate nei limiti di un sacrificio non eccessivo. Tuttavia, l’analisi in oggetto si

concentra nel vagliare le ipotesi del fenomeno sì descritto nell’ambito extracontrattuale, ancorché vi siano zone di confine tra responsabilità aquiliana e da inadempimento in cui lo stesso principio opera analogamente, è il caso della responsabilità precontrattuale e quella da contatto sociale qualificato, che vedono ormai da doversi anni concentrarsi l’attenzione di dottrina e giurisprudenza nel decretarne la natura di tali istituti.

Dalle brevi considerazioni esposte, si evidenzia dunque come la clausola solidaristica permei l’intero sistema di responsabilità civile e non solo a livello nazionale, ma anche sovranazionale. Il valore della solidarietà è ben presente anche nel Draft Common Frame of Reference (DCFR) tra i principi Unidroit.78 L’analisi

78

E.BATTELLI, Il nuovo Diritto europeo dei contratti nell’ambito della Strategia “Europa 2020” in I

Contratti, 2011, 1065, J.M.BONELL, I Principi Unidroit – Un approccio moderno al diritto dei contratti, in Riv. dir. civ., 1997, II, 231, E.FERRANTE, Diritto privato europeo e Common European Sales Law

(CESL). Aurora o crepuscolo del codice europeo dei contratti? in Contratto e impresa. Europa, 2012,

461; M.FRANZONI, Dal codice europeo dei contratti al regolamento sulla vendita, in Contratto e impresa

58

comparativa evidenzia come anche altri sistemi (quale quello francese e tedesco) stanno conoscendo un impatto sempre più innovativo del valore solidaristico. Si consideri che la stessa funge da vero e proprio controlimite per l’operare delle norme CEDU nel sistema interno ai singoli stati. Lo stesso divieto di abuso del diritto, nato in Francia, è oggi collegato non più al divieto di atti emulativi, bensì direttamente alla previsione di cui all’art. 2 Cost., a sottolineare come non vi sia più sottesa solo una visione in negativo, comportante il divieto di agire con dolo, bensì un’obbligazione positiva di esercitare il diritto in modo solidale. Quanto agli obblighi attivi imposti dalla solidarietà a causa della tenenza espansiva del fenomeno, ci si interroga circa la possibile sussistenza – negata sino ad oggi - di un obbligo di soccorso solidaristico anche per soggetti non gravati da una posizione di garanzia, e quindi per i soggetti privi di un obbligo di agire.

Dall’analisi dell’operare della clausola solidaristica, avuto riguardo non solo al sistema interno, ma anche a quello sovranazionale, emerge un utilizzo della stessa quale “valvola di sicurezza” per adattare un sistema pressoché rigido alle esigenze innovative di flessibilità che muovono dal basso.

2.2. Solidarietà e ingiustizia del danno nell’illecito aquiliano. Il risarcimento “solidale”.

Prima di addentrarsi nell’analisi della struttura dell’illecito aquiliano è necessario porre l’attenzione sul fatto che la nozione stessa di “danno ingiusto” è intrisa da un’accezione solidaristica in base alla quale può dirsi tale, solo il danno “solidaristicamente ingiusto”.79

Ed invero, la solidarietà incide non solo nell’an della responsabilità civile, nei termini che di qui a poco si approfondiranno, ma anche, una volta individuato il fatto illecito, ai fini del quantum risarcitorio.

Ciò posto, ed evidenziato il collegamento tra la solidarietà ed il fatto illecito, il secondo riferimento al concetto di solidarietà lo si ritrova nell’intima configurazione della nozione stessa di danno ingiusto, di cui all’art. 2043 c.c.

Anche se è possibile tracciare un filo conduttore dei diversi impieghi della solidarietà sia all’interno dei diversi istituti del Codice Civile, sia all’interno della Costituzione, in cui trova espresso riconoscimento all’art. 2, dato latamente dall’idea

79

G. AMORTH, L’obbligazione solidale, Milano, 1959, 11 e ss.; si veda anche G. CATTANEO, La cooperazione del creditore all’adempimento, Milano, 1964, 56.

59

stessa di dovere di cooperazione al di fuori di quanto il soggetto sarebbe obbligato a prestare, essa viene colorata di diverse sfaccettature a seconda dell’istituto in cui opera. Si consideri per l’appunto la nozione di fatto illecito, al fine di comprendere come essa possa incidere non solo sull’idea stessa di “ingiustizia” del danno bensì anche sull’ammontare del risarcimento che la vittima di esso dovrebbe poter conseguire proprio in ragione di questo obbligo di cooperare, solidalmente ed implicitamente posto, sotteso all’art. 1227 c.c.

Venendo all’illecito aquiliano, si suole dire che il nostro sistema giuridico è fondato su una clausola generale di responsabilità, dalla quale si può dedurre l’obbligo di risarcire tutti i danni arrecati ad altri, concorrendo determinati elementi costitutivi, e ciò a differenza di altri sistemi, dove tale obbligo sorge solo in ipotesi tipiche.

La clausola generale di cui all’art. 2043 c.c. postula infatti il principio del

neminem laedere, e si pone come fattispecie atipica, in grado di ricomprendere al suo

interno tutte le ipotesi di danno ingiusto.80 Con tale intendendosi il danno non iure (ovverosia non sorretto da alcuna causa di giustificazione) ed il danno contra ius (ovverosia che si pone in contrasto con l’ordinamento giuridico).

Si è osservato che il concetto di “danno ingiusto” rappresenta però una clausola generale che abbisogna di una corretta definizione di “ingiustizia”: come poc’anzi accennato, se in un primo momento storico, vigente il codice del 1865, la stessa era rappresentata dalla violazione di un precetto penale, che produceva parallelamente un illecito anche civile, colorando la responsabilità civile di un tenore sanzionatorio, successivamente la nozione stessa si è affrancata dall’ambito penalistico, caratterizzandosi per un’accezione riparatoria. Da una responsabilità tipica e sanzionatoria che concepiva “ingiusto” il solo fatto illecito penalmente rilevante, si è passati ad una atipica e riparatoria, che considera tale il danno posto in essere in diretta violazione del neminem laedere, con crescente attenzione anziché all’autore della violazione, alla vittima dell’illecito.81 Tale “danno ingiusto” trova specifico limite nel concetto stesso di solidarietà, che non esaurisce la propria operatività in un concetto giuridico già definito ma che investe interamente la posizione dei soggetti in quanto membri della medesima comunità.

80

C.SALVI, La responsabilità civile, Milano, 2005, 12 e ss.

81

A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, 4 e ss. Sul punto si veda anche S.PATTI, Danno

patrimoniale, in Digesto Priv. sez. civ. V, 95: “Il problema centrale della materia, universalmente sentito,

è anzi quello di fissare il limite entro cui le conseguenze dannose possono avere rilevanza ai fini del risarcimento”.

60

Il concetto di solidarietà permette di ridefinire quello di ingiustizia, lascia cioè sussistere un’atipicità dell’illecito civile ma ne definisce i limiti nei termini di un danno “solidalmente ingiusto”. Da tale assunto se ne è desunta, con innegabile rigore, la non necessità di far luogo ad una tipizzazione legislativa di ciascun comportamento dannoso.

Del resto, che il concetto di solidarietà sia sotteso a diverse disposizioni codicistiche è fuori dubbio: lo stesso art. 1175 c.c. impone non un generico dovere di condotta morale, ma è un dovere giuridico qualificato dall’osservanza dei principi di solidarietà.82

Questo dovere di solidarietà non è che il dovere di comportarsi in modo da non ledere l’interesse altrui fuori dai limiti della legittima tutela dell’interesse proprio, in modo tale che non soltanto l’atto di emulazione ne risulti vietato (art. 833 c.c.) ma ogni atto che non implica il rispetto equanime dell’interesse dei terzi, ogni atto di esercizio del diritto che nell’esclusivo ed incivile perseguimento dell’interesse pubblico urti contro l’interesse pubblico al coordinamento delle sfere individuali.83

Lo stesso art. 833 c.c. afferma al suo interno il principio di solidarietà tra privati, che caratterizza anche la materia delle trattative contrattuali ed i contratti per adesione. Tuttavia, sebbene vi siano specifiche disposizioni codicistiche che lo sanciscano, le quali farebbero pensare ad una sorta di “settorialità” dell’operare del principio, non si può escludere, ad oggi, grazie all’evoluzione giurisprudenziale avutasi, che esso non riguardi più in generale ogni relazione giuridica tra consociati. Si tenga infatti presente che nell’attuale codice del 1942 è stata omessa la parte generale contenente le disposizioni di principio, ragion per cu il legislatore ha finito con il ricorrere frequentemente agli strumenti tipici di una parte generale, pur sotto le apparenze di norme dettate in relazione ad istituti particolari. Le regole sulla solidarietà, sebbene contenuti in luoghi diversi del codice, ben possono essere assunte come indizi di un unico principio di valutazione etico – sociale dell’esercizio dei diritti.84

Taluni hanno sostenuto che la solidarietà possa operare solo laddove si sia già verificata una situazione di contatto giuridicamente rilevante (obbligazioni e trattative contrattuali) e dunque si tratti dell’esercizio di un diritto soggettivo (in particolare della tematica dell’abuso del diritto). Se però la si concepisse unicamente come limite

82

S.RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1967, 90 e ss.

83 Ibidem. 84

A. GHISALBERTI, Solidarietà e statuto della persona, in M.NAPOLI, La solidarietà, Milano, Vita e Pensiero, 2009, 19 e ss. Ma si veda anche C.MORTATI, Commento all’articolo 1, in Commentario della

Costituzione, a cura di G.BRANCA, art. 1-12, Principi fondamentali, Bologna e Roma, Zanichelli – Il Foro Italiano, 1975, 1 e ss.

61

generale ed interno del diritto soggettivo, si escluderebbe la possibilità di far riferimento ad essa quando non sia in questione l’esercizio di un diritto. Essa va invece concepita in termini autonomi rispetto a quest’ultimo. Come una parte della dottrina ha osservato “il diritto soggettivo arriva sino a dove comincia la sfera d’azione della solidarietà”.85

Ecco dunque che il principio di solidarietà è qualcosa di autonomo rispetto al diritto soggettivo, e da ciò può trarsi lo spunto per osservare che, se il limite della solidarietà si ritiene operante quando si esercita un diritto soggettivo, a maggior ragione a questa si può fare riferimento tutte le volte in cui esso non è esercitato, nel senso che la solidarietà protegge anche quel soggetto che potrebbe essere leso dall’esercizio di un diritto di cui è titolare un altro soggetto, che, appunto, esercitandolo, potrebbe ledere la sfera giuridica altrui. In altre parole, essa tutela anche chi non ha esercitato alcun diritto ma potrebbe essere pregiudicato dall’esercizio del diritto da parte di altri.

Non è più quindi in questione soltanto l’esercizio del diritto soggettivo, ma viene investito l’intero operare dei soggetti, giuridicamente rilevante. In questo senso, l’art. 1337 c.c. per il suo contenuto e la sua collocazione giuridica, appare il tramite attraverso il quale il criterio della solidarietà oltrepassa l’ambito circoscritto dell’obbligazione e del contratto, riferendosi così a qualsiasi relazione individuale, che eventualmente ne trascenda.

Il fatto che il principio solidaristico trovi le sue basi agli artt. 1337 e 833 c.c. non deve condurre ad accentuare il rilievo dell’elemento soggettivo in relazione alla solidarietà. È infatti improprio analizzare lo scopo sotteso all’833 c.c. in termini essenzialmente soggettivi, ossia dolosi, piuttosto sarebbe necessario vagliare il concreto risultato oggettivamente ottenuto da colui che ha abusato del proprio diritto. Se così è, nell’art. 833 c.c. dovrebbe parimenti rientrare l’esercizio malizioso del diritto che non provochi in concreto un danno. Similmente, la buona fede di cui all’art. 1337 c.c. non può essere considerata come un requisito del comportamento, ma è essa stessa una regola dell’agire.86

85 L’affermazione non è invero da tutti condivisa. Intransigente verso la figura dell’abuso del diritto è

invece m. Rotondi, L’abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1923, 105 ss. Secondo l’A. “è un fenomeno sociale, non un concetto giuridico, anzi uno di quei fenomeni che il diritto non potrà mai disciplinare in tutte le sue applicazioni che sono imprevedibili: è uno stato d’animo, è la valutazione etica di un periodo di transizione, è quel che si vuole, ma non una categoria giuridica, è ciò per la contraddizione che non consente”. Si veda per un confronto critico anche U.NATOLI, Note preliminari ad una teoria dell’abuso

del diritto nell’ordinamento giuridico italiano, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1958, 37 e ss. 86

62

Se infatti manca nella Costituzione italiana un’enunciazione definitiva in ordine alla solidarietà, è altrettanto vero che questo principio sta a fondamento del dovere previsto dall’art. 2 della stessa.

Per comprendere a pieno il sistema della responsabilità civile, però, si giunge solo quando si considera che la concreta operatività del principio di solidarietà è legata ad uno dei requisiti previsti all’art. 2043 c.c., ossia – come visto - l’ingiustizia del danno. A lungo la dottrina ha legato l’ingiustizia al danno piuttosto che alla condotta, mentre la giurisprudenza è rimasta invece salda ad una concezione “soggettiva” dell’ingiustizia. Per vero, l’aver posto in diretta relazione danno e ingiustizia fa passare in primo piano il fatto obiettivo della lesione, spostando l’attenzione dall’autore alla vittima dell’illecito, e di conseguenza passando da una concezione sanzionatoria ad una riparatoria della responsabilità civile. Questo permette di valutare “oggettivamente” l’ingiustizia del danno, anziché soggettivamente come si farebbe se tale connotato venisse legato alla modalità di condotta del soggetto danneggiante. È proprio l’ingiustizia a rendere il “contatto” dell’art. 2043 c.c. illecito e dunque risarcibile. Essa funziona da criterio selezionatore delle varie situazioni di contatto sociale che possono sfociare in un danno, solo quelli “ingiusti” possono infatti essere risarciti.

È fuori dubbio quindi che porre l’attenzione al soggetto danneggiato evochi un approccio solidaristico anziché solo schiettamente punitivo, inteso quale limite generale all’operare dei soggetti. Piuttosto è da vedere se il principio di solidarietà altro non sia se non quel dovere di contegno diligente di cui si suole parlare in dottrina. Tuttavia, si osserva che se si legasse il principio in parola a quello di diligenza, la quale non può che attenere alle modalità di condotta, si finirebbe con lo svilirne lo stesso concetto. Quest’ultima clausola generale si riferisce ai casi in cui si impone ad un soggetto determinato un certo comportamento, di talché il concetto di diligenza non può che servire a valutare se questo sia stato conforme a quello imposto. A ciò si aggiunga che, qualificare come diligente un comportamento, non evita di dovere risarcire il danno ove questo sia da esso prodotto.87 Ecco dunque che solidarietà e diligenza sono concetti diversi e che si integrano a vicenda. Sarebbe infatti erroneo riferire la solidarietà alla diligenza, perché per tal via si legherebbe l’ingiustizia alla condotta, non al danno.

La solidarietà, nel sistema di responsabilità civile così delineato, opera non solo quando tra i soggetti è già esistente una relazione giuridicamente qualificata, bensì anche quando essi si trovano in una situazione di contatto sociale, che non si può riferire

87

63

ad ogni generica relazione intersoggettiva, ma esclusivamente a quelle che possono dirsi “giuridicamente rilevanti”. In altre parole, si parla di contatto sociale ogni qualvolta i soggetti non siano già legati da un rapporto in tal modo violato ma sia sussistente una situazione giuridicamente rilevante, in ragione della quale l’ordinamento tutela tale tipo di “contatto” per effetto dell’affidamento che esso genera. È proprio tale giuridica rilevanza che affranca il “contatto” dal mondo dell’illecito extracontrattuale, il quale comporta il solo dovere negativo di astensione sotteso al neminem laedere, anziché un positivo dovere di agire al fine di tutelare la posizione giuridica del soggetto con cui si viene a “contatto”.

Tale giuridica rilevanza non è circoscritta ai soli diritti soggettivi ma ad ogni situazione giuridicamente rilevante che afferisce al soggetto danneggiato. In tal modo, non si tratterà di una serie aperta di casi di responsabilità civile, nel senso che l’organo giudicante non è totalmente libero di individuare tali situazioni sulla base del momento