Fenomenologia della solidarietà massonica tra ieri e oggi Le pagine di questo libro propongono fin qui uno spaccato decisa- mente singolare sull’impegno solidaristico della Libera Muratoria dal Medioevo fino agli anni bui del fascismo in Italia. Un excursus che delinea un quadro chiaro dell’impegno solidale legato al senso intrinseco della fratellanza la cui valenza, maturata tra le colonne del Tempio, veniva poi esercitata con naturalezza verso l’umanità intera a cui il massone si sentiva infine affratellato. Da qui presero il via le tante iniziative di solidarietà portate avanti da Associazioni a carattere filantropico o da singoli Liberi Muratori animati da una istintiva pulsione verso il “Fratello che soffre” mettendo in pratica con naturalezza quanto recitano da sempre gli “Antichi Doveri, e il
Regolamento dell’Ordine” ai quali il massone aderisce fin dalla sua
iniziazione. «La Massoneria, così com’è praticata sotto gli auspici del Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani, è un innato orientamento interiore che si manifesta con il continuo tendere allo sviluppo di tutte le qualità che possono elevare l’uomo e l’u- mana famiglia ad un superiore livello spirituale e morale (…)». Rifacendomi all’Identità del Grande Oriente d’Italia mi piace ricor- dare, peraltro, alcuni dei XII punti in essa elencati. In particolare il punto IV: «la Massoneria lavora con propri metodi, mediante l’uso di Rituali e di simboli con i quali esprime ed interpreta i principi, gli ideali, le aspirazioni, le idee, i propositi della propria essenza iniziatica»; il puntoV: «Essa stimola la tolleranza, pratica la giusti- zia, aiuta i bisognosi, promuove l’amore per il prossimo e ricerca tutto ciò che unisce fra loro gli uomini ed i popoli per meglio con- tribuire alla realizzazione della fratellanza universale»; il punto VI: «La Massoneria afferma l’alto valore della singola persona umana e riconosce ad ogni uomo il diritto di contribuire autonomamente alla ricerca della verità (…)».
Va tuttavia ricordato, come ben sottolineato nelle pagine prece- denti da Marco Novarino, che la Massoneria non è un’Associazione
filantropica, bensì una Società iniziatica. Il cammino massonico,
la prima protesa a lavorare su se stessi all’interno del Tempio, la seconda orientata ad individuare, evidenziare ed affrontare i temi centrali della società in cui il massone si muove e si esprime. Mi sembra ovvio che per i liberi muratori, la simbologia, la ritualità, i valori etici e morali svolgano un ruolo centrale. Sotto la volta stellata del Tempio, infatti, essi lavorano essenzialmente per elevare la loro conoscenza e risvegliare in sé la coscienza, la spiritualità, nella ricerca dei valori etici e morali archetipali all’insegna della duplice natura dell’uomo: quella materiale e quella spirituale. Sol- tanto dopo aver maturato questo percorso interiore e i valori che ne conseguono, elaborati tra le colonne del Tempio alla ricerca di una reale realizzazione spirituale e culturale, sarà possibile rivolge- re lo sguardo verso “l’altro”, inteso sia come il “fratello” massone che sta loro a fianco, sia come il “fratello” umano, e non solo di sangue, che si incontra nel mondo, a prescindere dalla sua identità massonica. Quest’ultimo aspetto è quello al quale si riferisce la ben nota frase: «lavorare per il bene e il progresso dell’umanità»; ma questa propensionevale solo per chi davvero sente sinceramente il bisogno di fare, per libera scelta, un percorso che converga nel completamento del proprio tempio interiore e che, per sua natura, implica l’autentica valenza della Solidarietà che non è per tutti…
Scellerati e da biasimare sono infatti, a mio avviso, tutti quei massoni che, pur non avendo completato il loro cammino prioritario, si dedi- cano alla Solidarietà per apparire, ed acquisire meriti, pennacchi e orpelli: questi sono, a tutti gli effetti, dei “contro iniziati” e la loro ope- ra è da ricusare. In quest’ultimi, peraltro, spesso regna una grossa
confusione tra il concetto di “beneficenza” e quello di “solidarietà” che invece appartiene al cammino iniziatico ed ha una matrice prettamente massonica, come la stessa etimologia della parola ci insegna. Emblematico, a proposito della Beneficenza, è un passo del Vangelo secondo Matteo 6,1-4 che al riguardo mi piace citare: «Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomi- ni per essere da loro ammirati (…) Quando dunque fai l’elemo- sina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. (…) Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta (…)».
Beneficenza e carità, infatti, devono essere fatte nel silenzio e anche nel rispetto della dignità dei beneficiati, e sotto questo pro-
filo il Grande Oriente è sempre stato attento a non ostentare. Per quanto concerne invece la Solidarietà, essa, seppure in linea con la Tradizione massonica, è sempre stata espressa da associazioni pa- ramassoniche che camminano parallelamente evitando accurata- mente di intersecarsi con la Massoneria al fine di non interferire, fuorviare, distogliere o distrarre l’iniziato dal suo percorso interio- re e spirituale. L’associazionismo – ci insegna la storia – nasce da alcuni massoni o da principi massonici, che sostanzialmente non si sono mai, o quasi mai, identificati in Logge o tantomeno nel Grande Oriente, che non è e non sarà mai un’associazione di ser- vizio. Il lavoro a noi consentito, per coloro che lo scelgono, deve essere la naturale conseguenza dei valori iniziatici acquisiti che inducono per loro natura a passare dalle parole ai fatti e a lavorare spontaneamente al bene e al progresso dell’umanità.
Solidarietà massonica ed esperienza personale
In queste pagine sono stato sollecitato a scrivere sull’argomento in prima persona poiché, come a molti è noto, mi occupo di So- lidarietà massonica concreta e di welfare da moltissimi anni. Che io, dunque, sia un massone non è un mistero. Entrai in Masso- neria nel 1968. Avevo 21 anni. C’era molto entusiasmo allora. E c’era il piacere di fare il percorso insieme ad altre persone che come me cercavano risposte sul piano spirituale. Lungo il cam- mino cominciai lentamente a capire. La forma e il rituale per- mettono una concentrazione e un ordine che in altri ambienti è impensabile. Persone che possono parlare senza interrompersi tra loro. Postura e comportamento, rispetto delle regole per ottimiz- zare l’apprendimento, ordine come disciplina… Eravamo tutti consapevoli, in tempio, di “lavorare per il bene dell’umanità”, ed era ben chiaro che l’essere e il “diventare migliore” si sarebbe ri- verberato nel sociale. L’idea mi piaceva moltissimo, la condivide- vo in pieno. Era una visione che mi apparteneva; ma, nel tempo, ho capito che non bastava condividerla idealmente. La Massone- ria doveva davvero aprirsi ai bisogni dell’Uomo, come, del resto, aveva fatto nella Storia. Guerra di Indipendenza, Rivoluzione francese… “Fare” qualcosa per l’Umanità significava sporcarsi le mani… Il cammino massonico è un cammino iniziatico dove
cultura, valori etici, tradizione, simbolismo convergono verso un unico fine. Un massone non può dimenticare la duplice natura dell’uomo, né il bisogno di conciliare, nel proprio percorso, mas- soneria speculativa in loggia ed operativa nel mondo profano con tutto ciò che essa comporta. Ed è così che dentro di me ha preso fortemente corpo il senso della “Solidarietà” inteso come aspetto imprescindibile della crescita spirituale condotta tra le colonne del Tempio. Ma il vero approccio alla “solidarietà” a tutto tondo che oggi mi appartiene, e riempie il mio quotidiano, si verificò con forza alcuni anni dopo, quando mi chiesero di occuparmi degli Asili Notturni di Torino.
La rinascita degli Asili Notturni Umberto I di Torino Nel gennaio del 1982 – ero allora un giovane imprenditore – fui interpellato con il compito di aggregare risorse umane per rilancia- re gli Asili Notturni dopo l’ordinanza di chiusura da parte dell’As- sessorato alla Sanità. Confesso, peraltro, che inizialmente, quando mi parlarono di riportare in vita gli Asili Notturni di Torino, pensai subito a quegli asili per le mamme lavoratrici costrette a lavorare di notte, ed anche in questa ottica, gli Asili mi sembrarono degnissi- mi di attenzione. Cene filantropiche e aste supportate anche dalle “Associazioni Antiquari e Orafi Torinesi” diedero risultati incorag- gianti. Bussammo a tutte le porte, e, di lì a poco, banche, enti e associazioni non fecero mancare il loro tangibile apporto. In tempi davvero brevissimi riuscimmo ad ottenere risultati straordinari. Il primo dicembre 1983 fu inaugurata la nuova sede ristrutturata e da allora non ho più smesso di occuparmi di quella che oggi è diventata una attivissima Onlus. Per indole, anche nel mio quoti- diano, ho sempre avvertito il bisogno di conciliare la teoria con le azioni, e così, in fondo, anche in ambito massonico ero sempre più deciso a dare risposte ai mille interrogativi di ordine interiore che in loggia mi venivano sollecitati senza sosta, e ho subito compreso che la Massoneria non si collocava al di fuori della storia. Senza nulla voler togliere a chi preferisce un cammino contemplativo, per me fu subito chiaro che il lavoro svolto sotto la volta del Tem- pio doveva in qualche modo trasparire anche al di fuori, nel mio quotidiano e nel contesto in cui mi muovevo. Da allora ad oggi
L’Ente Morale “Società per gli Asili Notturni Umberto I”, fondato nel 1886, è diventato un privilegiato Osservatorio dei tanti volti dell’indigenza; un osservatorio attraverso il quale abbiamo avuto modo di monitorare l’incalzare di una nuova povertà, tutta o quasi “italiana”, che ormai è balzata prepotentemente agli occhi di tutti, ma della quale noi avevamo già avuto chiaro sentore fin dai primi anni del Duemila. In questi decenni, nel prenderci concretamente “cura del fratello che soffre”, abbiamo soprattutto compreso che il concetto di “cura” era ben più vasto del piatto caldo e del tetto di cui ci stavamo occupando e, per quanto imprescindibili, que- sti due aspetti implicavano tuttavia uno sguardo più ampio del soggetto a cui avevamo scelto di porgere una mano. È così che gli Asili Notturni hanno dato vita, in questi ultimi anni, ad un inarre- stabile processo finalizzato alla “cura” a tutto tondo degli individui in difficoltà che trovano risposta alla loro richiesta di attenzione e di aiuto anche per ciò che concerne la loro salute. Il lavoro della pietra grezza, svolto sotto la volta stellata del Tempio, ci ha pertan- to indotto ad operare fattivamente agli Asili Notturni e al Piccolo Cosmo ricordandoci che la Massoneria, nel riproporre la centralità dell’uomo, ma soprattutto dei suoi diritti, non può ignorare, tra questi, il “diritto alla salute” e, pertanto, abbiamo scelto di mettere in pratica il concetto di Welfare no-profit di cui tanto si è parlato in questi anni.
Agli Asili Notturni e a Piccolo Cosmo lavoriamo da sempre al fine di ridare dignità e speranza a chi l’ha persa, proprio per- ché dove muore la speranza l’uomo non ha più la forza di reagire alle avversità della vita. Oggi questa esperienza si sta allargando a macchia d’olio nell’ambito della Federazione Italiana di Solidarietà
Massonica (FISM) della quale parleremo nelle prossime pagine. Ci
tengo qui a sottolineare che mi entusiasma sapere che, inconsape- volmente, molti anni fa ho cominciato a tracciare un percorso che avrebbe poi coinvolto tante vite. Con questa inevitabile certezza desidero citare un motto che mi appartiene e che dovrebbe appar- tenere a tutti i liberi muratori: “Proviamo ad aprire una porta a chi le trova tutte chiuse” perché in un mondo abitato da 7 miliardi di persone, 3,5 miliardi dispongono di meno di 3 euro al giorno e 2 miliardi di poco più di 1 euro. Senza risorse economiche la pover- tà diventa fame; la povertà ci priva dell’istruzione, dei diritti, del lavoro, della salute; la povertà priva l’uomo della dignità. Quanto
più osserviamo la vita che si svolge intorno a noi, tanto più ci ren- diamo conto che troppi uomini sono privati del diritto di gestire la propria esistenza. Agli Asili Notturni e nelle varie sedi in cui oggi opera la Federazione Italiana di Solidarietà Massonica molte, molte centinaia di volontari operano con spirito di solidarietà e fraternità, sorretti dal desiderio di lenire le sofferenze e i bisogni del prossimo per lavorare ad un principio massonico impresso nel nostro DNA che deve indurci a lavorare tutti per il bene e il pro- gresso dell’umanità. Per questa ragione ci battiamo per non lasciar spegnere la speranza in coloro che soffrono perché dove manca la speranza, viene meno anche la solidarietà e peggiora la qualità della vita alla quale ogni uomo legittimamente aspira.
“Solidarietà” ed etimologia. Riflessioni e considerazioni
Non sempre l’etimologia delle parole riveste un vero fascino; vi è qualche termine, tuttavia, che invece si presta a risvegliare una memoria antica e che, alla stregua del simbolo, sollecita profonde riflessioni ed una maggiore comprensione del suo utilizzo. È il caso, a mio avviso, del termine “solidarietà” il cui iter etimolo- gico chiarisce, meglio di qualunque altro discorso filosofico, sia il vero motivo per cui calza perfettamente nel percorso iniziatico che caratterizza i liberi muratori, e sia perché è stato adottato e caldeggiato dalla Massoneria di tutti i tempi.
Il concetto di “solidarietà” si è prestato, anche tra i fratelli, a molteplici elucubrazioni che hanno indotto alcuni a compren- derne a fatica il senso e, ancor di più, il nesso con il percorso iniziatico che caratterizza la scelta spirituale di noi Liberi Mu- ratori. A prescindere dalle precisazioni già fatte nell’introduzio- ne a queste pagine, penso sia opportuno, tuttavia, approfondire in questo contesto anche il suo significato etimologico che, alla stregua di un simbolo, lascia intravedere, per certi versi, il senso profondo che lo stesso termine cela alle sue radici. Partendo dal termine italiano solidarietà va detto che esso è un prestito lin- guistico dal francese solidarité. Usato in precedenza soprattutto nel senso giuridico di «responsabilità solidale (in solidum) in un credito o in un debito», il termine solidarietà assume, durante
il periodo dell’Illuminismo, dunque nel ’700, il senso moderno di condivisione della responsabilità sociale. In questo senso l’ag- gettivo solidaire (“solidale”) è infatti utilizzato per la prima volta ufficialmente nel 1778 dall’illuminista e massone Denis Diderot (1713-1784), il creatore dell’Encyclopédie. Il francese solidaire e l’italiano solidale derivano dal latino “solidus”, “compatto, consi- stente”, appartenente alla famiglia di salvus “intero, salvo” e, per analogia, anche duro, compatto, robusto, ma anche intero, pie- no; dallo stesso aggettivo deriva il latino tardo soldu(m), attributo di nummus “moneta”, quindi “moneta dal corso stabile (dell’età di Costantino)” da cui l’italiano soldo, plurale soldi. E, dunque, chi doveva pagare in solidum doveva pagare l’intera somma. Da qui l’espressione del diritto romano in solidum obligari («obbli- gazione in solido»), cioè un’obbligazione per cui diversi debitori si impegnano a pagare gli uni per gli altri e ognuno per tutti una somma presa in prestito o dovuta in altro modo. La locuzione tecnica «obbligazione in solido» resterà nel linguaggio giuridi- co con il suo significato originario. L’iter etimologico di questo termine, a una lettura superficiale, può non suscitare alcun fasci- no, eppure, se invece proviamo a soffermarci meglio sulla evo- luzione ed estensione del suo utilizzo, potremmo scoprire, con stupore, che questo termine, in quanto massoni, ci appartiene più di quanto avremmo immaginato. In questo breve excursus etimologico, infatti, è possibile ravvisare, sotto il profilo simbo- lico e anche storico, aspetti estremamente significativi per tutti noi. Se, ad esempio, ci soffermiamo sulla radice latina del ter- mine “solidus”, “solido”, essa ci riporta l’immagine evocativa di una figura geometrica, un solido per l’appunto, che è tale perché è sostenuto dalla compattezza delle sue facce che si sostengono vicendevolmente (solidi, ovvero figure geometriche formate da punti tutti compresi in uno spazio tridimensionale). Se nel cor- po solido si forma una crepa, l’intero corpo ne soffre e rischia di indebolirsi, le fenditure tendono ad allargarsi e a minarne la compattezza e la forza. La coesione tra le parti è il cemento che l’aggrega, e lo rende un corpo unico e massiccio, quindi stabile. Per estensione, dunque, la solidarietà è il sostegno reciproco, allo stesso modo in cui ogni parte di un solido è tenuta salda da tutte le altre. Ogni ricercatore dello spirito sa bene che l’umanità costi- tuisce un corpo unico, e che la fratellanza universale è la “calce”
che deve cementarlo: una società solidale è una società solida. Una riflessione particolare merita il fatto che il termine “solida- rietà” sembra assumere un significato “apparentemente” nuovo proprio durante la Rivoluzione Francese per indicare, sul piano ideologico e politico, il sentimento di fratellanza e uguaglianza che devono provare fra di loro i cittadini di una stessa nazione libera e democratica e, non certo casualmente, peraltro, libertà,
uguaglianza e fraternità sono le parole nelle quali ci identifichia-
mo in quanto Liberi Muratori. Intorno all’Ottocento il termine
solidarietà comincia ad essere usato nella sua accezione moderna
per esprimere l’idea di una fratellanza universale tra gli uomini e la convinzione che l’intero genere umano formi un’unica fami- glia. E fu ancora in Francia, verso il 1840, che Auguste Comte, uno dei padri fondatori della sociologia, introdusse il termine “solidarietà” col significato di «legame di ciascuno con tutti» e poi Émile Durkheim lo elaborò ulteriormente: il concetto di soli- darietà diventa sinonimo di coesione o integrazione sociale. Ma a prescindere dalle riflessioni storico/sociologiche che possono scaturire da questi aspetti, mi piace soffermarmi su un’ulterio- re riflessione: ogni Libero Muratore è chiamato, nel suo lavoro individuale, a erigere il proprio Tempio Interiore nella propria Coscienza, e un Tempio Universale nell’opera quotidiana a be- neficio dell’Umanità. La metafora ci induce a comprendere che tale Tempio non può essere costruito a secco, e che pertanto tra i singoli mattoni occorre un connettivo, una calce, che dia coesio- ne all’intera struttura e che sia in grado di cementare ogni singolo elemento che garantisca nel tempo solidità e durata. La malta che i Massoni Operativi del passato ottenevano mescolando acqua, sabbia e calce, per l’odierna Massoneria Speculativa è rappresen- tata dalla fratellanza spirituale che lega i massoni a tutti gli in- dividui della Terra, e che si estrinseca nella Solidarietà, essenza e lievito della Libera Muratoria, poiché è mediante la solidarietà – supportata dalla tolleranza e dall’attenzione verso il prossimo, verso quel fratello che soffre o che non ha gli strumenti per in- tegrarsi nella società – che i Liberi Muratori possono realizzare in Loggia il simulacro del Tempio per l’elevazione dell’Uomo e della sua natura spirituale.
Gli invisibili:
ancora un salto nel passato, tra le pagine della memoria La prima parte di questo libro ci ha permesso di rivisitare pagine di storia spesso dimenticate o scisse dall’unicum che le contiene e che investe una cospicua fetta della storia della Massoneria con un particolare sguardo sulle vicende italiane che l’hanno vista in primo piano. L’Italia è un angolo di mondo raccontato attraverso i principi che hanno animato la Libera Muratoria fino alla nascita dell’Unità d’Italia, e ancora un po’ dopo, alle soglie del fascismo che ha spento i fari sulla Massoneria e ne ha disperso gli archivi storici. È importante rivisitare pagine di “memoria” riscoprendo i volti e i nomi di tanti uomini che hanno contribuito davvero a fare l’Italia. Ma io desidero soffermarmi, ora, su quei tanti nomi e volti sconosciuti di donne e uomini che invece “subirono” l’Italia, e questo non per voler sembrare sovversivo, tutt’altro. In questo spazio, a costo di “cantare fuori dal coro” e di sembrare stonato, voglio dar voce alle mie considerazioni sugli “italiani non visti”! Prima di soffermarmi, infatti, ancora un po’ sulla nascita degli Asili Notturni di Torino, tornando indietro nel tempo, fino al 1886,