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- Di solito dove lavori prevalentemente?

SESSO

In realtà in molti casi quella di lavorare nella sede è una necessità, si pensi ad esempio alla possibilità di utilizzare strumenti e attrezzature di cui altrimenti non si dispone, o ai lavori in team che richiedono evidentemente un comune luogo d’incontro.

Per quanto riguarda il reddito abbiamo cercato di capire se i pagamenti avvengono regolarmente oppure in modo saltuario: l’85% dei giovani riscuote con cadenza regolare mentre il 14% lamenta una discontinuità nei pagamenti.

La domanda relativa al reddito, come è facile immaginare, ha una quota elevata di non risposte, il 24% circa; tra coloro che accettano di rispondere, il reddito mensile medio è di 830 euro e il valore mediano raggiunge i 900 euro, quindi possiamo dire che la metà della popolazione ha un reddito basso. D’altra parte nel 25% dei casi il reddito supera i 1000 euro, fino ad un massimo di 3000 euro. È interessante notare che il reddito maschile supera di 100 euro in media quello femminile; a questo proposito nella già citata indagine IRPET si legge: “Le donne, secondo un noto fenomeno di discriminazione di genere, a tutti i livelli ricevono salari medi più bassi”.

Nonostante questo gli uomini si dichiarano meno soddisfatti delle donne in termini di retribuzione: alla domanda “Quanto sei soddisfatto del livello di retribuzione?”

solo il 6,1% degli uomini risponde molto, contro l’11% delle donne, valori peraltro non elevati per entrambi i gruppi. Visto il (sia pur lieve) maggior livello di soddisfazione possiamo porci una domanda: le donne sono più ottimiste oppure le loro aspettative, rispetto a quelle maschili, sono minori? In sub-ordine, anche a livello inconscio, è probabile che la frequente presenza di un partner con un lavoro sicuro conferisca alle intervistate una generale maggiore soddisfazione. D’altra parte, l’indagine qualitativa da noi svolta ha evidenziato una situazione un po’ diversa: tra le donne l’aspetto che è emerso come problematico, relativamente al reddito, è soprattutto la mancanza di regolarità nei pagamenti. Questo, infatti, crea problemi non solo nel momento in cui una persona vuole fare dei progetti di vita (uscire dalla famiglia d’origine e impegnarsi, ad esempio, nell’affitto di un’abitazione) ma anche nella normale amministrazione delle proprie risorse:

“Una mia collega ora ha comprato un motorino, ha avuto problemi ad avere il finanziamento per il motorino…appunto, è questo…sai la casa…ma un motorino! Ah no no se non hai la garanzia di un terzo, di un quarto, non hai nessun tipo di diritto e questa secondo me è la cosa peggiore che si possa avere, che non sono libera di costruire la mia vita…perché è così, perché ho la fortuna di avere babbo e mamma”.

[donna, 39 anni, nubile, diplomata]

“Se io devo considerare me stessa e non in generale sono solo vantaggi, però se devo considerare che è un anno che lavoro e mi hanno dato soltanto 5000 euro e ancora me ne devono dare 10000 soltanto l’Università… cioè posso stare un anno a Firenze perché c’è mio padre che mi dà la sua carta di credito altrimenti…alla sera finivo la

collaborazione andavo a fare la cameriera in un ristorante così a fine serata mi avrebbero dato centomila lire per vivere, non lo so”.

[donna, 28 anni, nubile, laureata]

Più che un’insoddisfazione vera e propria riguardo al reddito si avverte quindi la necessità di poter contare su entrate a scadenze determinate, per poter far fronte alle proprie necessità senza continuare a fare affidamento sui genitori. Ascoltando le argomentazioni al femminile su questo punto si coglie, ancora una volta, la possibilità di appoggiarsi al partner che ha un lavoro stabile, uno stipendio sicuro e, perché no, consistente; lo svantaggio primario del lavoro atipico per le donne non sta nel guadagno, come già ricordato anche nei colloqui dei focus group da noi svolti:

“Per quello che mi riguarda, decisamente più vantaggi (del lavoro atipico) però posso dire questo perché mio marito ha una situazione lavorativa assolutamente stabile e sicura il che mi permette di poter essere assolutamente tranquilla sul mio futuro, che non è poco. […] certamente non ragionerei in questo modo se anche mio marito fosse un co.co.co., questo è poco ma è sicuro”

[donna, 28 anni, coniugata, laureata]

“Arrivando a un punto in cui uno ha un’età tale da poter andare a vivere da sola, fare una famiglia eccetera, mi sono posta la domanda della difficoltà di prendere, ad esempio, il mutuo in banca che non te lo danno perché questo lavoro qui non te lo permette quindi ecco, da quel punto di vista lì, è un grosso problema. Poi anch’io ho una persona che comunque ha un lavoro stabile, per cui uno si appoggia…”

[donna, 26 anni, nubile, laureata]

L’idea dell’impossibilità di ottenere credito da una banca per sopperire alla mancanza di liquidità, è percepita in maniera abbastanza marcata (oltre il 70% dei giovani ritiene che il tipo di contratto condizioni la possibilità di acquistare una casa e di pianificare il proprio futuro), anche se poi nelle risposte si riscontra – forse proprio per questa convinzione – che nella stragrande maggioranza dei casi non è stata fatta richiesta di credito: solo l’8,2% dichiara di aver chiesto un mutuo, e di essi ben il 77,8%

ha ricevuto il finanziamento, anche se per oltre la metà sulla base della garanzia offerta da una persona diversa dal partner. Anche nel caso dei lavoratori intervistati a Modena, il 35% degli intervistati non ha la possibilità di ottenere credito e, in parte per la discontinuità del reddito, il 31% ritiene di essere limitato nei propri piani di spesa, il 15% per i beni durevoli e il 27% per l’acquisto di un immobile. Una proporzione ancora più alta (oltre il 50%), dichiara che il tipo di lavoro costituisce un limite per il soddisfacimento dei piani familiari, e se le donne lo vedono come un vincolo per programmare un’eventuale maternità futura (tema che approfondiremo in seguito), gli uomini lo riscontrano nella quasi impossibilità di comprare casa (Addabbo e Borghi,

2001, pag. 52). Dalle conversazioni relative all’indagine qualitativa – come per i lavoratori fiorentini dei nostri focus group – le preoccupazioni espresse su questo tema dai modenesi sono frequenti (Addabbo e Borghi, 2001, pagg. 106-107): “E invece con le banche? Hai mai chiesto prestiti? No, non ne ho mai chiesti, nei momenti di difficoltà ci avevo pensato, ma poi mi ha aiutato la mia famiglia. Con le istituzioni hai avuto problemi? Sì, con la banca senz’altro, per fare il mutuo tutte le volte che ho fatto un mutuo, o acquistato a rate ad esempio il frigorifero, quando devo dichiarare le mie entrate il contratto lascia sempre tutti perplessi, quindi per il mutuo ho dovuto avere la firma dei miei genitori”.

Ma anche nella ricerca di una casa in affitto si pongono problemi; citiamo a tale proposito un’altra persona intervistata nell’indagine di Addabbo e Borghi: “Ho avuto però qualche difficoltà quando ho cercato casa un anno fa e nella definizione del contratto mi ha creato problemi il fatto di essere una libera professionista. Ho spesso avuto a che fare con padroni di casa piuttosto anziani che non vedendo la busta paga si ‘spaventavano’…”.

Ritornando ai nostri risultati, l’uomo in generale tende invece a fare affidamento sulle proprie entrate e forse è anche per questo che è più esigente economicamente:

“Bisogna vedere quante chance ci sono per l’Università…e nel frattempo faccio tutti lavori esterni, […] perché insomma secondo me anche l’Università paga un po’ troppo poco per cui cerco di fare tutti i lavori possibili, di conseguenza esterni”

[uomo, 33 anni, convivente, laureato]

5.2 La componente soggettiva: il grado di soddisfazione del lavoro svolto

Esaminiamo in dettaglio la soddisfazione dei giovani lavoratori atipici toscani in merito al lavoro svolto; abbiamo già fatto cenno al grado di soddisfazione dei giovani relativamente al livello di retribuzione, ma analizziamo ora tutti gli altri aspetti del lavoro che concorrono a renderlo più o meno “gratificante”.

Valutiamo per prima cosa se i giovani sono soddisfatti in generale del proprio lavoro attuale; dai valori riportati nella tavola 15 vediamo che la quota di giovani che si dichiarano soddisfatti è intorno al 78% sia per gli uomini che per le donne; tale valore indica che, in generale, le persone trovano realizzazione nel proprio lavoro, complessivamente considerato, a conferma di quanto emerso anche nei focus group:

se troppo spesso un contratto a termine è la conseguenza di una precisa scelta economica da parte del committente, è pur vero che costituisce un’opportunità per

“…entrare in contatto con un ambiente lavorativo che altrimenti avrei potuto difficilmente frequentare visto che appunto sono previste delle lunghissime procedure di concorsi”

e soprattutto

“la flessibilità è importantissima e quindi io mi posso permettere con questa soluzione lavorativa …tenermi aperte più porte, che non è poco per me, che… ho bisogno sempre di stimoli nuovi”

[donna, 28 anni, laureata, coniugata]