Non sempre l'avvincente trama del romanzo-enigma si ritrova anche nella soluzione, anzi, non di rado accade che lo scioglimento sia deludente. In alcuni casi l'affascinante mistero che tiene il lettore incollato alle pagine può risolversi o attraverso una semplice spiegazione mediante qualche piccolo trucco o, al contrario sarà estremamente complessa e sottile. Come scrive Yves Reuter «la sola cosa veramente importante è il successo cognitivo: la scoperta del colpevole e della verità riconosciuta nel cerchio dei protagonisti che accoglie la rivelazione».51
La soluzione del romanzo di suspense si configura invece come speranza nel futuro. La punizione del colpevole assume un ruolo del tutto secondario, mentre la ricompensa data ai vari protagonisti del racconto si risolve in una nuova apertura verso l'avvenire in cui i problemi iniziali sono stati risolti definitivamente.
Contrariamente alla chiarezza finale del romanzo-enigma, la soluzione del romanzo noir suggerisce soluzioni ambigue nonostante la complessità delle vicende. È una soluzione che non può essere positiva in quanto «il ritorno a un ordine è una vana speranza. In modo complementare la ricompensa, se arriva, lascia l'amaro in bocca».52
51 Ivi, p. 33. 52 Ivi, p. 50.
CAPITOLO SECONDO
IL PERCORSO DI MASSIMO CARLOTTO
Massimo Carlotto, padovano, classe 1956, è noto in Italia principalmente per le sue vicende giudiziarie.
Tutto ha inizio nel gennaio 1976, quando nel tentativo di soccorrere un'amica, trovata agonizzante nel suo appartamento, viene accusato di omicidio. Da questo momento passeranno diciassette anni prima che la vicenda si concluda con la grazia concessa nel 1993 dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, dopo un'attenta revisione degli atti processuali realizzata dal suo predecessore Francesco Cossiga.
Nel corso di questi difficili anni, Carlotto affronterà un periodo di latitanza trascorsa prima in Francia e poi in Messico, undici processi e otto anni di galera, dal 1985 al 1993. Il 'caso Carlotto', come spesso è stato definito, rappresenta uno dei tanti colpevoli pressapochismi giudiziari della magistratura italiana.
Ho voluto soffermarmi sulle traversie personali dell'autore, perché rappresentano il punto di partenza della sua attività letteraria che non sarebbe comprensibile senza questa premessa.
Da qui nasce la necessità di denuncia del sistema giudiziario e politico italiano, un sistema corrotto di cui Carlotto ha fatto le spese in prima persona. Da questa tragica esperienza, vede la luce nel 1995 Il fuggiasco, in cui viene raccontato in forma autobiografica, il periodo della latitanza. Successivamente scrive Arrivederci amore,
ciao (2001), il ciclo de L'Alligatore, che comprende cinque romanzi scritti tra il 1995 e
il 2002: La verità dell'Alligatore (1995), Il mistero di Mangiabarche (1997), Nessuna
questi si aggiungeranno Dimmi che non vuoi morire e L'amore del bandito. Il successo prosegue nel 2004, con Niente, più niente al mondo e L'oscura immensità della morte e l'anno successivo con Nordest (in collaborazione con Marco Videtta); in tempi recenti è uscito il ciclo de Le Vendicatrici (2013).
Oltre all'attività di romanziere, Carlotto è anche autore teatrale, sceneggiatore e autore di alcuni racconti.
I romanzi di Carlotto, più che appartenere al genere giallo, si inseriscono nella tradizione statunitense dell'hard-boiled, in cui emerge una rappresentazione realistica del crimine e della violenza; elemento onnipresente è il tema della corruzione.
Il noir rappresenta, fin dagli esordi dell'autore, il principale strumento per indagare gli aspetti più oscuri della realtà; da questo punto di vista, la creazione di romanzi d'azione non nasce per caso, ma dall'impegno di raccontare una verità che prevale su quella ufficiale. Le opere dell'autore si situano in una zona compresa tra il 'vecchio' e 'nuovo', tra la continuità e la rottura del genere noir.
Uno dei principali meriti di Carlotto è quello di aver compreso le potenzialità del genere apportandogli dei rinnovamenti e riuscendo a sfruttare il proprio talento per raccontare il degrado della nostra società e raggiungere un nuovo target di lettori. I suoi romanzi hanno conosciuto un esponenziale successo nell'ultimo decennio, specie tra i giovani, per la perfetta fusione della componente letteraria e quella polico-sociale. Scrive Sandro Ferri in proposito:
La fortuna che ha conosciuto negli ultimi dieci anni in Italia il romanzo giallo dipende in gran parte da questa doppia circostanza: l’arrivo di nuovi lettori stanchi di una letteratura troppo intimista ed estetizzante, e la possibilità per il genere noir di raccontare storie veramente interessanti, più vicine alla realtà, con una valenza politica più alta e soprattutto più ricche di notizie e informazioni su realtà decisive per la vita sociale e
civile del paese.1
L'ambientazione dei suoi romanzi, insieme alla struttura perfettamente congegnata della trama, in cui la componente criminale si unisce a quella politica ed economica, fanno di Carlotto uno dei principali esponenti del noir italiano.
Il motivo di tanto successo è rappresentato dal fatto che la ricerca della verità si configura come un'indagine graduale, intervallata da continui colpi di scena e contraddizioni, «quasi che le ipotesi investigative fossero smentite da una realtà proteiforme, che si modifica proprio quando pare vicina una soluzione».2
Oltre a differenziarsi in maniera netta dal giallo classico, il romanzo nero italiano presenta anche alcune differenze rispetto al suo antecedente, rendendolo del tutto peculiare e differente da quello americano. Scrive Alberto Casadei:
Il noir statunitense ci ha abituato, almeno sin dagli anni ottanta, a una messa in discussione delle differenze tra bene e male, tra detective e colpevole, fino a portare alla loro completa identificazione. Il noir mediterraneo, e in specie quello italiano, produce implicazioni diverse, che possono essere semplificate in Carlo Lucarelli, autore interessato soprattutto al funzionamento della macchina narrativa e all'esibizione degli aspetti psicotici dei suoi personaggi; e in Massimo Carlotto, che usa il romanzo come sostituto della ricerca giudiziaria, addirittura svolgendo indagini in proprio, sempre sulla base degli atti processuali dei casi già passati in giudicato.3
In questi romanzi non si assiste al trionfo del bene sul male, dal momento che la ricerca della verità si conclude solo attraverso un compromesso tra i due poli. Con il romanzo
1 S. FERRI, Massimo Carlotto: professione scrittore, in «L'Unità» marzo 2005. Consultabile anche in
www.edizionieo.it (consultato il giorno 4 dicembre 2013).
2 A. CASADEI, Dal paradigma indiziario alla giustizia impossibile: mutamenti di un genere, «L'indice», settembre 1999. Consultabile anche in www.massimocarlotto.it (consultato il giorno 4 dicembre 2013).
noir il lettore prende coscienza che i confini tra bene e male, così netti nel giallo classico, risultano sfocati per la mancanza di «una ragione forte che stabilisca i parametri assoluti necessari per discriminare».4 Si tratta di una novità del genere, spiegata da Alberto
Casadei nei seguenti termini:
Il passo avanti del noir, almeno dagli anni ottanta, mi sembra definibile in questo modo: la realtà in cui il detective è immerso si fonda non su cause ed effetti ma su continui compromessi, su congiunzioni degli opposti, su una rete di relazioni che sanciscono la positività o la negatività di un'azione non sulla base di una Legge divina o umana razionale, ma su quella di un'etica personale, che può accettare di non essere perfetta (e quindi di dover usare strumenti anche non "legali") ma non di cedere alla violenza sopraffattoria.5
La produzione di Massimo Carlotto rientra quindi perfettamente nella definizione di noir e più precisamente in quella di 'noir mediterraneo', termine che evidenzia la componente geografica di appartenenza.
In un'intervista l'autore definisce il 'noir mediterraneo' nei termini seguenti:
Il noir mediterraneo individua all’interno dell’area mediterranea la zona di maggiore conflitto nel mondo della criminalità ma anche un’importanza strategica come area politica, e parte da analisi che documentano come oggi il reddito annuale delle organizzazioni criminali transnazionali sia pari a diecimila miliardi di dollari, cifra che, guarda caso, è identica al prodotto interno lordo dei paesi in via di sviluppo. Questo testimonia una correlazione diretta tra criminalità e malessere da sottosviluppo, il tutto legato a quel discorso sulla globalizzazione dell’economia che ha permesso un salto di qualità epocale, una vera e propria rivoluzione nel mondo della criminalità. Ecco dunque che il noir mediterraneo ha deciso di raccontare grandi storie di malavita, storie di criminalità per fotografare insieme le trasformazioni sociali, altrettanto profonde. Ma questa è solo
4 Idem.
una definizione possibile di noir mediterraneo. Il cammino è ancora lungo.6
Come affermato all'inizio del primo capitolo, la nascita del genere poliziesco è connessa alla rivoluzione culturale apportata dal metodo positivista che, nel corso di un secolo e mezzo, ha conosciuto una tale straordinaria evoluzione da generare addirittura nuovi sottogeneri, dotato ciascuno di proprie specificità.
Massimo Carlotto, il cui talento di scrittore noir è stato riconosciuto non solo a livello nazionale ma anche europeo, può essere considerato un innovatore del genere e uno dei suoi massimi rappresentanti.
Se il poliziesco è stato influenzato dal clima culturale degli anni quaranta dell'Ottocento, la scrittura dell'autore preso in esame, ha risentito dei significativi mutamenti storico-politici degli anni novanta, che hanno provocato un cambiamento nella percezione del rapporto tra letteratura e società.
Illuminante, da questo punto di vista, è il testo New Italian Epic scritto da diversi autori autodesignatisi col nome Wu Ming. L'opera raccoglie le opere di molteplici scrittori italiani che «non formano una generazione in senso anagrafico, perché hanno età diverse, ma sono una generazione letteraria».7 Tra questi vanno menzionati Giuseppe
Genna, Giancarlo De Cataldo, Valerio Evangelisti, Roberto Saviano, Carlo Lucarelli, Andrea Camilleri e, appunto, Massimo Carlotto. Ciascuno di questi autori ha contribuito alla creazione di una «nuova narrazione epica italiana»8 attraverso opere di differente
spessore: Camilleri e Carlotto dedicandosi alla scrittura di romanzi polizieschi, Genna e
6 A. MELIS, E. CORONA, Intervista a Massimo Carlotto, in www.massimocarlotto.it (consultato il giorno
20 novembre 2013).
7 W. MING, New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro, Torino, Einaudi, 2009, p. 11.
De Cataldo «hanno masticato il crime novel con in testa l'epica antica e cavalleresca»9,
Evangelisti innestando «i generi 'acquisiti' della paraletteratura, al contempo producendo un ciclo epico che non distingue tra fiaba soprannaturale, romanzo storico e analisi delle origini del capitalismo».10
'Epico', dunque, nell'accezione della complessità e della dimensione delle tematiche affrontate: «queste narrazioni sono epiche perché grandi, ambiziose, “a lunga gittata”, “di ampio respiro”», scrivono i Wu Ming.11
Questo discorso non si pone altro scopo se non quello di creare un collegamento tra il noir, così come è stato definito in precedenza, da un lato, e dall'altro quello di comunicare al lettore che i romanzi di Massimo Carlotto nascono dalla combinazione di molteplici elementi: la vicenda giudiziaria, il genere noir come tipologia più affine alla scrittura dell'autore e l'intuizione di un cambiamento sociale portatore di un nuovo modo di concepire la letteratura, che in questo caso assume i connotati ambivalenti, dove il giornalismo può diventare denuncia.
9 Ivi, p. 12. 10 Idem. 11 Ivi, p. 15.