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5.2 Strumenti di misura nel laboratorio a radiofrequenza

5.2.3 Sonde per campi elettrici e magnetici

Nel corso del lavoro di laboratorio si ha generalmente bisogno di un certo numero di sonde semplici ma fondamentali, che generalmente vengono realizzate nel laboratorio stesso, per misurare i campi elettrici e magnetici. Tra queste:

• Bobine di pick up. • Dipoli elettrici.

• Bobine di pick up non sensibili al campo elettrico. • Bobine di Rogowski.

Nel seguito è presentata una breve descrizione di ciascuna di queste.

Bobine di pick up: Sono semplici spire ottenute da un cavo coassiale semirigido in cui parte del conduttore esterno è stato rimosso e il conduttore interno è saldato a formare una spira. Naturalmente questa è una sonda per il campo magnetico, che può essere uti- lizzata per stimolare un circuito risonante in modo induttivo, misurando il coefficiente

1Il dBm è il valore della potenza, espressa in decibel, rispetto al valore di riferimento di 1 mW. Ovvero,

di riflessione. Di queste semplici bobine ne occorrono diverse, con varie forme e dimen- sioni. Non si richiede una particolare precisione in questo tipo di strumento, ma è buona norma che, soprattutto ad alte frequenze, il cavo sia il più corto possibile per diminuire l’accoppiamento con il campo elettrico. Una regola fondamentale è che l’autorisonanza della spira pick up debba essere maggiore della frequenza del campo da misurare. Infatti, a frequenze maggiori, domina il comportamento autocapacitivo della sonda che agisce quindi come un condensatore anzichè un induttore, divenendo sensibile principalmente al campo elettrico invece che a quello magnetico.

Dipoli elettrici: Analogamente alla bobina di pick up, in cui misuriamo o generiamo il campo magnetico, in alcuni casi si ha necessità di misurare o generare un campo elettrico. Questo può essere fatto semplicemente con un cavo coassiale a cui viene rimossa parte del conduttore esterno (ma in questo caso non si salda il conduttore interno a formare la spira, ma lo si lascia “a circuito aperto”). Si può utilizzare un dipolo elettrico per mappare ad esempio il rumore ambientale con l’analizzatore di spettro, o per valutare il campo elettrico vicino ai condensatori.

Bobine di Rogowski: Questa sonda è utilizzata comunemente per la misura del cam- po magnetico generato da un cavo. È sostanzialmente un toroide dielettrico, attorno a cui viene avvolto un solenoide. In questo modo si cancellano sostanzialmente tutte le interazioni con campi magnetici ambientali ma si ha grande sensibilità al campo di un cavo interno alla bobina, le cui linee di campo sono appunto circolari attorno al filo. È complicato costruire una bobina di Rogowski per alte frequenze in quanto i numerosi av- volgimenti necessari per avere buona sensibilità generano un’autorisonanza a frequenze basse. Occorre quindi ridurre al minimo il raggio delle spire e il raggio del toroide, e aumentare più possibile il passo dell’avvolgimento (compatibilmente con la sensibilità necessaria).

Bobine di pick up non sensibili al campo elettrico: In alcuni casi occorre mappare il campo magnetico in maniera più precisa di quanto non sia possibile ottenere con l’u- tilizzo di una bobina di pick up semplice. Ad esempio, volendo valutare in laboratorio (ovvero, senza utilizzare lo scannerMRI) l’omogeneità del campo magnetico di una bobi- na di volume utilizzando una semplice bobina di pick up, il contributo al segnale dovuto al campo elettrico introdurrebbe una componente di errore nella misura. Per questo mo- tivo è stata costruita una bobina di pick up sensibile al campo magnetico ma schermata

dal campo elettrico: è costituita da due solenoidi (con pochi avvolgimenti per evitare au- torisonanze a bassa frequenza) e correnti che scorrono in verso opposto. In questo modo la componente di segnale dovuta al campo elettrico ha lo stesso segno nei due canali, mentre quella dovuta al campo magnetico ha segno opposto. Visualizzando quindi il se- gnale differenza tra i due canali nell’oscilloscopio o nelVNAil campo magnetico appare amplificato mentre il campo elettrico appare ridotto.

Il cavo con cui questa sonda si connette all’oscilloscopio (oVNA) non deve generare campi elettromagnetici al suo esterno. Infatti, generalmente sulla superficie esterna dello scudo di un cavo coassiale scorre una corrente che genera un campo magnetico. Que- sto campo interagisce con il carico rappresentato da chi lo afferra, modificando la lettura sullo strumento (ad esempio l’S11). Per ovviare a questo problema, noto come “common mode”, si possono utilizzare le ferriti o i balun. Una ferrite è un anello di materiale fer- romagnetico che agisce come una forte impedenza per le alte frequenze. Un balun è un circuito risonante alla frequenza che si vuole eliminare, da mettere in serie al conduttore esterno del coassiale. Poichè l’applicazione nel nostro caso era solo nel laboratorio, sono state utilizzate le ferriti che risultano più semplici da installare sul cavo. La soppressione del common mode è stata quindi valutata utilizzando l’analizzatore di spettro e una bobina di Rogowsky, stimando così che il cavo schermato con le ferriti generasse un campo di circa 15 dB inferiore al campo generato dallo stesso cavo senza ferriti. La lunghezza del cavo infine è stata fissata a due lunghezze d’onda (nel cavo) per 300 MHz, circa 130 cm.

Figura 5.5. Alcuni dei vari strumenti costruiti durante questo lavoro. (A) la bobina di Ro- gowski, (B, C) due pick up semplici, (D,E) due dipoli elettrici e (F) la pick up non sensibile al campo elettrico con il suo cavo schermato dalle ferriti (G).

CAPITOLO 6

Simulazioni e misure di bobine a 1.5 T

Nella progettazione di bobine a radiofrequenza spesso si ha la necessità di informa- zioni difficilmente ottenibili tramite la teoria o l’esperimento. Ad esempio, supponiamo di voler costruire due prototipi di bobina innovativi o con un disegno abbastanza com- plesso: per ottimizzare i parametri del modello in funzione delle prestazioni e per valu- tarne la realizzabilità, un calcolo diretto dei campi, del valore dei condensatori necessari e del fattore di qualità potrebbe essere estremamente complicato se non impossibile. Co- struire i prototipi e valutarne a posteriori le prestazioni è in genere una scelta costosa e senza garanzia di successo. Inoltre, alcune informazioni come ilSARe la distribuzione del campo elettrico all’interno del corpo umano non sono ottenibili sperimentalmente. Per questo motivo, molti laboratori di radiofrequenza utilizzano software di simulazione numerica, che consentono di risolvere problemi con geometrie anche molto complesse e ottenere quindi la matrice S al variare della frequenza, le distribuzioni dei campi e del

SAR. Questi metodi consentono di ottimizzare i parametri della bobina (geometria e con- densatori), rendendo possibile quindi la scelta del miglior disegno per l’applicazione in questione.

Esistono due categorie principali di metodi numerici per la soluzione di problemi elettromagnetici, quelli basati sulla soluzione di un equazione integrale e quelli basati sulla soluzione di un equazione differenziale. Della prima categoria fa parte il metodo dei momenti (Method of Moments,MoM) mentre della seconda fanno parte il metodo delle differenze finite (Finite Differences,FD), il metodo degli elementi finiti (Finite Elements Me- thod,FEM) e il metodo dell’integrazione finita (Finite Integration Tecnique,FIT). Tutti questi metodi sono descritti brevemente in appendice B.

Sono presenti in letteratura diversi lavori in cui metodi tipoFEM,FDoFITsono stati

utilizzati nella progettazione delle bobine o ad altri problemi di risonanza magnetica, con buoni risultati di accuratezza e capacità predittive [29, 30]. Sono più rare invece in lette- ratura le applicazioni del metodo MoMa questo tipo di problemi. In questa tesi è stato utilizzato il software commercialeFEKOdellaEMSS-SA, basato sulMoM, mentre il Diparti- mento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa ha collaborato eseguendo alcune simulazioni con il metodo degli elementi finiti utilizzando il software commer- ciale CST. Nei casi in cui entrambi i metodi sono stati applicati allo stesso problema, i

Figura 6.1. Schema del circuito per la bobina a doppia frequenza a 1.5 T

risultatiMoMeFEMsono stati messi a confronto. In alcuni casi le predizoni delle simula- zioni sono state confrontate con le misure (in laboratorio o nello scanner) o con il risultato di un calcolo analitico.

In questo capitolo saranno presentati i primi lavori di simulazione svolti: i modelli presentati sono stati tutti realizzati nella pratica e i risultati simulati sono stati confron- tati con quelli sperimentali. In particolare, la bobina a doppia frequenza a 1.5 T è stata sviluppata a scopo di ricerca da Laura Biagi, Michela Tosetti e Jim Tropp nei laboratori della General Electrics Medical Research, mentre la bobina F08 è stata sviluppata rispet- tivamente da Maria Alfonsetti del gruppo di Marcello Alecci presso l’Università dell’ Aquila.

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