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La sorveglianza epidemiologica delle malattie asbesto-correlate in Italia

Nel documento I NUMERIDEL CANCROIN ITALIA2015 (pagine 184-187)

Un ruolo importante per caratterizzare i vari aspetti epidemiologici delle ma-lattie amianto-correlate è svolto, in Italia, dal Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM), istituito nel 1991 e definitivamente regolato nel 2002 presso l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) – oggi INAIL3. Attraverso la segnalazione obbligatoria di tutti i casi di MM, al ReNaM è affida-to il compiaffida-to di produrre la stima dell’incidenza del MM in Italia, la definizione delle modalità di esposizione, l’analisi della diffusione territoriale della patologia e l’identificazione di sorgenti ancora ignote di contaminazione ambientale da amianto.

L’archivio del ReNaM comprende 15.845 casi di MM diagnosticati in Italia tra il 1993 e il 2008: l’età media alla diagnosi è di 69 anni, con il 72% dei casi registrati tra gli uomini. Il 93% dei casi di mesotelioma è localizzato alla pleura, il 6% sono casi peritoneali in aggiunta a pochi casi di mesotelioma del pericardio (n=41) e della tunica vaginale del testicolo (n=51)3.

Il ruolo dell’asbesto nella cancerogenesi del MM è noto da oltre 50 anni, e la quota di MM attribuibili alla esposizione a questo cancerogeno è nell’ordine del 90%, con una variabilità geografica sostanzialmente determinata dalla modalità di esposizione2. L’incidenza del MM dipende dalla dose e dalla durata dell’esposi-zione all’asbesto nelle sue diverse forme occupazionale, residenziale e domestica. L’esposizione precoce nel corso della vita conferisce un maggiore livello di rischio Esposizione professionale (certa, probabile, possibile) Esposizione familiare Esposizione ambientale Esposizione extra-lavorativa Esposizione improbabile o ignota Maschi Totale Femmine 69,3% 82,3% 33,1 14,3 9,4 3,4 39,9 20,4% 13,5% 4,4% 0,9% 4,3% 2,4% 1,6% 0,9%

e, come accennato in precedenza, il tempo di latenza tra esposizione e diagnosi del MM può superare i 40 anni. Inoltre, la persistenza delle fibre di asbesto nei mesoteli è influenzata dal tipo di fibre e dai meccanismi biologici di eliminazione. La figura 28 illustra la distribuzione di 12.065 casi di MM diagnosticati tra il 1993 e il 2008 in Italia per i quali era possibile accedere a informazioni sulla modalità di esposizione.

Nell’insieme di questi casi, il 69% presentava un’esposizione professionale (certa, probabile o possibile), il 4% era costituito da familiari di lavoratori esposti all’amianto (viene definita “familiare” l’esposizione in ambiente domestico per convivenza con almeno un lavoratore con esposizione professionale), il 4% era costituito da persone per le quali era stato possibile determinare una esposizione ambientale, mentre per il 2% l’esposizione all’amianto era dovuta ad un’attività extra-lavorativa di svago o hobby. Le quote di attribuzione dell’esposizione all’a-mianto nei casi sopra descritti risultavano decisamente diverse nei due sessi. La percentuale di persone esposte professionalmente era notevolmente superiore negli uomini (82%) rispetto alle donne (33%), mentre le proporzioni si invertivano riguardo all’esposizione ignota (14% negli uomini, 40% nelle donne), familiare (1% negli uomini, 14% nelle donne) e ambientale (2% negli uomini, 9% nelle donne) (Figura 28).

Tra i casi di MM diagnosticati in Italia, in persone esposte per cause occu-pazionali o in loro familiari si evidenzia una diminuzione del peso dei settori occupazionali tradizionali – cantieri navali, riparazione e manutenzione delle carrozze ferroviarie, e industria del cemento amianto – e un aumento del peso dei casi di MM in settori in cui l’amianto non risultava fra le materie prime d’uso, e dove la sua presenza può essere misconosciuta. Si tratta, per esempio, di casi di MM insorti nel settore della produzione e manutenzione dei mezzi di trasporto, nell’industria alimentare, nell’industria del legno, nell’industria manifatturiera, nell’agricoltura e allevamento, nella ristorazione, nel settore dell’istruzione e in quello dei servizi. Questi risultati, insieme ai dati di letteratura disponibili, sono suggestivi di un rischio di esposizione all’amianto che potrebbe essere ancora in atto in settori finora poco studiati. Un numero rilevante di casi di MM è stato diagnosticato tra i meccanici e i riparatori di automobili, per i quali l’esposizio-ne ad amianto è stata associata alle attività di pulizia o riparaziol’esposizio-ne dei freni, i quali generano un’elevata aerodispersione di amianto4. Una stima quantitativa del rischio di patologie asbesto-correlate è stata prodotta da un’indagine su più di 200.000 meccanici di automobili in Francia, le cui esposizioni derivavano da operazioni di manutenzione di parti contenenti amianto prodotte prima del 1997 (anno del bando dell’amianto in Francia). Ipotizzando un’esposizione ad amianto per tutti i meccanici di automobili compresa tra 0,06 e 0,25 fibre/litro a settimana prima del 1997, e tra 0,01 e 0,06 fibre/litro a settimana dal 1997 fino al 2010, il numero di decessi per tumore del polmone e della pleura è stato stimato in 602 casi «inevitabili» a causa dell’esposizione ad amianto prima del 2003, mentre sono stati previsti altri 43 casi qualora non sia avvenuta la rimozione dell’amianto dalle automobili esistenti5.

Studi di igiene industriale hanno valutato le concentrazioni di amianto volatile per i meccanici, in particolare nelle attività di rimozione, riparazione

o installazione di componenti delle frizioni, che determinavano contatto con materiale che, almeno fino agli anni Ottanta, conteneva amianto crisotilo. Negli Stati Uniti, d’altro canto, alcuni studi hanno ricostruito le esposizioni cumulative sui meccanici addetti alla manutenzione dei freni e sui meccanici impiegati nella riparazione di veicoli contenenti elementi in amianto non riscontrando aumenti significativi del rischio neoplastico6-9.

La discussione sull’esposizione pregressa ad amianto (lavorativa e non) deve però tener conto di alcune accortezze. Si tratta infatti di indagare anamnesi lavorative, familiari e residenziali molto lontane nel tempo riferite a soggetti spesso in condizioni di salute compromesse, in cui la capacità non solo tecnica ma anche relazionale dell’intervistatore è cruciale. Inoltre, per la storia indu-striale del nostro Paese, per il costo contenuto e l’ampia disponibilità, l’utilizzo dell’amianto è avvenuto in numerosissime applicazioni industriali (sfruttandone le proprietà di resistenza al fuoco e di insonorizzazione) e talora la sua presenza può risultare inattesa. È verosimile pertanto che l’identificazione delle esposizioni sia incompleta, ma anche che la sua attribuzione difetti talora di specificità, in particolare quando l’esposizione è valutata soltanto come possibile, invece di certa o probabile.

Asbestos fibers + macrophages Frustrated phagocytosis Inflammasome activation IL-1β oxidants Impaired clearance Tobacco smoke Bronchial epithelium Mesothelium

Release of ROS, RNS, cytokines, chemokines, growth factors DNA damage, apoptosis, persistent inflammation

Activation of intracellular signaling pathways Resistance to apoptosis

Cell proliferation Insufficient DNA repair

Chromosomal and epigenetic alteration Activation of oncogenes; inactivation of tumor

Inflammatory cell recruitment and activation TRANSLOCATION

Nel documento I NUMERIDEL CANCROIN ITALIA2015 (pagine 184-187)

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