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si specifica che, al termine dei lavori, il Reti aveva ricevuto un compenso di quattrocento

scudi, a cui se ne sommavano altri quaranta, “stante le pretensioni grandi del suddetto sig.r Leonardo Retti d’haver fatti altri lavori non compresi in detto concordato e per evitare maggiori spese di stime e liti tanto per le sue pretensioni del presente triennio, quanto per ogni altra ne potesse havere per il passato”. Tuttavia, nel documento non viene specificato se il compenso stabilito riguardasse soltanto la realizzazione delle statue in stucco e “di altri lavori non compresi”, oppure se, come sembra più probabile, includesse anche le prestazioni svolte per la direzione del cantiere.

237 Tutte le operazioni del Giacobbi vengono elencate di suo pugno in: ASR, Cistercensi in S. Pudenziana,

25/III n. 36, “Giustificazioni”, b. 124, a. 1700, “Conto dei lavori fatti nella venerabile Chiesa di Santa Potentiana per Girolamo Giacobbi” = Appendice 2.1.2-c. Per i pagamenti, invece, vd.: ASR, Cistercensi in S.

Pudenziana, 25/III n. 36, “Inventari e stato economico”, b. 32, “Stato del Monastero di S. Pudenziana”, 1702

maggio 8, in cui si annota la spesa di trentasette scudi, che comprendeva anche tutti gli altri intonaci a finto marmo delle navate.

238 Cfr. il disegno di: G

IAMPAOLI 1872,tav. 2. I lavori effettuati sulla facciata delle basilica durante il restauro Gabrielli sono stati per lo più ignorati dalla letteratura scientifica, poiché non menzionati dalle fonti d’archivio. Tuttavia, di recente, C. Angelelli ha potuto intuire l’entità e la tipologia di questa trasformazione, sulla base di una serie di confronti tra un disegno della Biblioteca Albertina di Vienna e le riproduzioni posteriori del Vasi (VASI 1756,tav. 127) e dello stesso Giampaoli: ANGELELLI 2010,pp. 163 e 317-318.

239 Come specificato in ‘ASR, Cistercensi in S. Pudenziana, 25/III n. 36, “Inventari e stato economico”, b.

32, “Stato del Monastero di S. Pudenziana”, 1702 maggio 8’ = Appendice 2.1.2-d, infatti, in questa data si svolse la cerimonia del trasporto delle reliquie del corpo della Santa, dalla cassa di piombo in cui erano state deposte dopo l’intervento Caetani, all’interno di una nuova urna di rame, a sua volta inglobata in una teca marmorea di giallo antico, sistemata sotto il nuovo altare settecentesco che, stando alle descrizioni fornite, in quel momento, doveva essere già terminato. È importante sottolineare, inoltre, come alla cerimonia presenziasse, oltre al cardinal Gabrielli, anche Marcantonio Boldetti, che a quel tempo rivestiva il ruolo, conferitogli da papa Clemente XI, di Sacrarum Reliquiarum et Sacrorum Coemeteriorum Custos. Su questa figura, sulla sua attività e, più in generale, sui risvolti scientifici legati alla presenza a Roma della carica di Custode delle Reliquie, vd.: PARISE 1969,pp. 247-249; BRANDENBURG 1983,cc. 321-322; BISCONTI 2011, pp. 5-9 e ivi bibliografia precedente.

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estesa fino al tamburo della cupola240. La decorazione a stucco dell’organo e dei cori laterali, invece, venne affidata a Giovanni Battista Maini241.

Ancora a Girolamo Giacobbi si assegnò il compito di affrescare “tutto l’altare maggiore di pietre finte”, ossia di una finta decorazione marmorea che rivestiva “di gallo tutte le cornice e fascie da capo a piede delli pilastri grandi e menbretti […]; di verde antico tutti li recassi di detti pilastroni e menbretti […], delle grosezze delle nichie e recassi delle vedute del rilevo di mezzo […]; di diaspero di Sicilia le dui colonne del sudetto altare […], l’altare cornice e base delli detti piedistalli eschie e filetti […]; d’alabastro di monte tutte e tutti li sopradetti lavori”242. La decorazione a “pietre finte” dell’altare si alternava e conviveva con un prezioso rivestimento in marmi policromi, realizzato da Luca Bonatti, impiegando il bardiglio per lo zoccolo, il diaspro di Sicilia e “mischio” per il corpo centrale e il giallo antico per il contenitore delle reliquie di S. Pudenziana243, mentre dai documenti d’archivio si apprende che ulteriori lavori di minore entità furono eseguiti dal maestro Giovanni Domenico Pellegrino, che vi inserì delle fodere di peperino, provenienti dalle vicine cave di Marino244. Il rivestimento marmoreo, insomma, interessava in maniera massiccia gli elementi pertinenti all’area presbiteriale e, cosa ancora più importante, doveva dispiegarsi “per tutta l’estensione della facciata dell’altar maggiore sin al mosaico”245

.

Questa rapida informazione, se ricollegata con l’assetto del catino absidale dopo il restauro Caetani, che in basso prevedeva, come si è visto, la presenza di due parapetti

240

Cfr. supra nt. 236. La decorazione venne rimossa nel 1803, in seno al rifacimento dell’altare maggiore promosso dal cardinal Lorenzo Litta, fatta eccezione per alcuni resti di statue in stucco ancora presenti sul retro della tribuna. Su questo punto vd.: ANGELELLI 2010,p. 184.

241 L’opera viene segnalata da: T

ITI 1721, p. 286. L’intera decorazione è stata smantellata durante il rifacimento ottocentesco del cardinal Litta, cfr. ancora: ANGELELLI 2010,p. 184.

242 Cfr. supra nt. 237.

243 È fondamentale, per conoscere la tipologia dei marmi impiegati e per le zone oggetto dell’intervento

eseguito dal Bonatti, soprattutto il documento: ASR, Cistercensi in S. Pudenziana, 25/III n. 36, “Giustificazioni”, b. 124, a. 1700, “Misura e stima de lavori de scarpellino fatti per laltare maggiore de Santa Podentiana hordinatame dal Re.do Padre Aate e dal Re.do Padre don hipolito Celerario de Santa Podentiana per hordine del Sig.re Leonardo Retti scultore e architeto de detto altar Magiore da me Luca Bonatti scarpellino a sola fatura” = Appendice 2.1.2-b. Ulteriori dettagli si ricavano nelle altre quietanze di pagamento contenute in: Ibidem 1700 settembre 19 – 1701 giugno 28, dalle quali si può stimare un compenso complessivo per il maestro scalpellino di 364, 69 scudi. Occorre specificare, infine, che il Bonatti, insieme a Leonardo Reti, lavorò a S. Pudenziana già tra il 1694 e il 1695, come testimonia una nutrita documentazione d’archivio, esaustivamente segnalata da C. Angelelli, alla quale si rimanda: ANGELELLI 2010, p. 136 e relativa bibliografia.

244 ASR, Cistercensi in S. Pudenziana, 25/III n. 36, “Giustificazioni”, b. 124, 1700 settembre 8: “Nonota

delle fodere di peperino venute da Marino per servitio del alltare magore di Santa Potentiana di Roma”.

245 ASR, Cistercensi in S. Pudenziana, 25/III n. 36, “Inventari e stato economico”, b. 32, “Stato del

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campiti dall’iscrizione commemorativa degli interventi promossi dal sermonetano246

(Tav. 2), ci autorizza a pensare che proprio l’inserimento del nuovo altare maggiore abbia comportato l’eliminazione delle due cornici aggettanti e, contestualmente, la definitiva obliterazione di tutta la fascia inferiore del mosaico, della quale i restauri tardo- cinquecenteschi avevano risparmiato, come si è detto, soltanto l’asse figurativo centrale, costituito dalla colomba e dall’agnus Dei, nonché parte degli arti inferiori e dei suppedanei di Pietro e Paolo247.

La trasformazione del Gabrielli, a mio avviso, intendeva, in prima istanza, dar vita ad una certa uniformità strutturale e decorativa tra il nuovo allestimento dell’area presbiteriale e l’antico tessuto musivo del catino absidale che, a questo punto, rimaneva incastonato all’interno delle strutture pertinenti alla risistemazione settecentesca (fig. 24; Tav. 4). A tal proposito, infatti, escludendo che l’iniziativa di rimuovere dall’abside l’iscrizione del cardinal Caetani volesse esprimere un latente intento di obliterazione ideologica248, è inevitabile constatare, invece, come il rivestimento di marmi policromi, raggiungendo e coprendo la porzione inferiore del mosaico tardoantico in sostituzione del parapetto cinquecentesco, consentisse di raccordare efficacemente l’antica decorazione musiva con la nuova facciata dell’altare maggiore. Del resto, la volontà da parte del Gabrielli e del suo progettista Lorenzo Reti di isolare, inglobare ed enfatizzare la raffigurazione dell’antico catino absidale ben si concilia con la soluzione architettonica adottata per “l’arco maggiore di mezzo” che incorniciava la parte superiore della conca.

Anche in questo caso, infatti, emerge come l’intento fosse quello di valorizzare il mosaico paleocristiano, per poi farlo “dialogare” con le risistemazioni e, soprattutto, con le decorazioni settecentesche, tanto che ai lati dell’arco vennero sistemate “due colonne di stucco, sopra le quali, frammezzatovi il cornicione dell’opera, rispondono due angeli di stucco genuflessi verso il Salvatore di mosaico nel mezzo della tribuna”249. A ben vedere, l’attento processo con cui il nuovo allestimento presbiteriale riusciva ad enfatizzare

246

Cfr. supra Capp. 1.2 e 1.3.

247 Sono concordi nell’attribuire all’intervento promosso dal cardinal Gabrielli la rimozione dell’iscrizione

absidale di Enrico Caetani e l’obliterazione del cumulo simbolico con l’agnello e la colomba: DE ROSSI 1899, commento alla Tav. X; MATTHIAE 1967,pp. 55 e 407; ANDALORO 2006A,p. 122. A riprova di ciò, inoltre, si deve tener presente che il Bruzio, nel suo Romanae Theatrum Urbis (BAV, Vat. lat. 11886, f. 414r =