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Il primo studioso che affrontò il problema dell'instabilità in forma matematica fu Eulero che analizzò il problema dell'instabilità di un asta soggetta a carico di punta, e quello delle lastre uniformemente compresse, la sua teoria è tutt'oggi assunta come punto di riferimento per gli studi sulla stabilità dell'equilibrio elastico. Per Eulero il carico che manderebbe in crisi per instabilità un asta caricata di punta sarebbe pari a:

(6.1)

Un altro importante contributo dal punto di vista dello studio sulla stabilità è stato apportato da Essenger, il quale si occupò dello studio dei fenomeni di stabilità nelle aste composte compresse. Il contributo apportato da Eulero è stata la base di partenza dello studio dei fenomeni di stabilità in vari strutture , fra le quali per l'appunto gli archi. Infatti la formula che definisce il valore del carico critico di instabilità nel piano della struttura è del tipo:

Dove:

- Hcr rappresenta la spinta critica orizzontale;

- C1 è un parametro adimensionale diagrammato in funzione del ribassamento dell'arco (f/L) e del tipo di vincolo alle imposte dello stesso. Tale parametro rende applicabile agli archi la formula elaborata da Eulero. Di seguito si riporta l'abaco per la valutazione del parametro C1:

Figura 47: Abaco del coefficiente cq1 in funzione del ribassamento dei vincoli.

Noto Hcr , è stato possibile calcolare qcr, che per le ipotesi di carico uniformemente distribuito e arco incastrato alle imposte si valuta attraverso la seguente relazione:

(6.3)

dove:

- qcr è il carico critico uniformemente distribuito per kN/m che se applicato manderebbe in crisi la nostra struttura ad arco.

Per il nostro arco abbiamo ricavato i seguenti valori:

L [m] f [m] f/L C1 Hcr [kN] qcr [kN/m]

161,5 34,16 0,211 61 41420 434,003

Tabella 236: Parameri di calcolo del carico critico per l'arco in esame.

elastiche il carico critico corrisponde ad punto di biforcazione o a un punto limite di stabilità. é possibile tracciare quindi delle curve carico/deformazione , nelle quali ciascun punto rappresenta una particolare situazione di equilibrio fra carico e spostamento, tali curve prendono il nome di curve di equilibrio.

Figura 48: Curve carico-deformazione per gli archi.

La curva (a) riportata in figura è rappresentativa di un arco caricato in maniera antisimmetrica, ed il punto che corrisponde la maggior valore del carico prende il nome di punto limite di stabilità. La curva (b) è rappresentativa di un arco simmetrico caricato simmetricamente. La curva primaria è intersecata da un secondo ramo discendente. Il primo ramo rappresenta la modalità di collasso avente deformata simmetrica, mentre il secondo tratto rappresenta la modalità di collasso con deformata antisimmetrica. L'intersezione fra le due curve è detto punto di biforcazione, e ci dice, in funzione del carico quale tipo di deformata risulta dominante fra quella simmetrica e quella antisimmetrica. Nel caso della figura (b) la deformata limite dominante è quella simmetrica, ma il carico di collasso diminuisce rispetto al caso precedente, al valore di biforcazione. Tutto questo vale dal punto d vista teorico, in quanto nella realtà subentrano anche le imperfezioni geometriche e le tensioni residue nel materiale. Le strutture ad arco riescono ad essere molto efficienti specialmente quando l'asse dell'arco coincide con la funicolare dei carichi applicati. Se viene rispettata tale condizione, l'arco risulterà sottoposto solo a compressione semplice in completa assenza di flessione. Ciò accade quando ci troviamo in presenza di un arco con asse parabolico soggetto ad una stesa di carico uniforme. In tale condizione si avranno spostamenti globali molto contenuti prima dell'instabilizzazione, e la struttura si instabilizzerà per biforcazione. Ciò ci consente di poter considerare sistemi come estremamente rigidi, e quindi di poter linearizzare il problema attraverso l'utilizzo di un legame sforzo-deformazione di tipo rappresentato assimilabile ad una bilatera (figura (d)). Tale ipotesi di linearizzazione è basata sull'assunzione che gli spostamenti siano molto contenuti, , quindi la curva di equilibrio corrispondente può essere assimilabile ad una retta orizzontale. Nella realtà però la funicolare dei carichi non coincide con l'asse dell'arco, pertanto l'instabilità avverrà a causa di notevoli spostamenti e in presenza di elevati momenti flettenti, e quindi non sarà possibile la linearizzazione del

problema, che rimarrà di tipo non lineare. Focalizzandoci sui sistemi ad arco a spinta eliminata , l'instabilità può presentarsi in due forme:

- instabilità nel piano della travatura; - instabilità fuori dal piano della travatura.

Nel primo caso, la stabilità elastica è affidata alla rigidezza flessionale della trave di impalcato, per cui nella determinazione del carico critico dell'arco sottile, al momento di inerzia dell'arco può sostituirsi il momento di inerzia dell'impalcato, incrementato dalla presenza dello sforzo assiale di trazione H (sistemi work- stiffening). Considerando quindi valida l'ipotesi di collegamento a cortina indeformabile fra arco e impalcato, (cosi facendo avremo che la funzione dello spostamento verticale (x) sia la stessa per i due sistemi strutturali), abbiamo che il carico critico dell'arco sollecitato nel suo piano di flessione risulta infinito. Questo però non vale per i ponti ad arco a via superiore, nei quali l'arco sottile è stabilizzato dall'impalcato. Nel calcoli però il contributo offerto dalla spinta H non compare (sistemi work-softening). Per quanto riguarda la valutazione dell'instabilità fuori dal piano dell'arco , un metodo approssimato per la valutazione del fenomeno, è quello di assimilare la struttura ad un arco di tipo parabolico, soggetto ad un carico uniformemente distribuito sull'orizzontale. Proseguendo in tal senso, il valore critico della spinta coincide con il carico critico di un asta incernierata agli estremi e avente una sezione trasversale con un raggio di inerzia uguale a quello della sezione dell'arco, e avente lunghezza pari a:

(6.4)

dove β è un coefficiente che dipende dal ribassamento dell'arco f/L e dalla legge di variazione del momento di inerzia trasversale della sezione dell'arco. Per i casi più semplici Jy=costante e Jycosφ= costante, i valori

di β sono riportati nella seguente tabella:

Figura 49: Effetto del secondo ordine per i ponti ad arco.

instabilizzante degli stessi, mentre per i ponti con impalcato sospeso all'arco, tale effetto risulta stabilizzante. A tal fine si consiglia di moltiplicare β per un coefficiente correttivo pari a:

- 1+0,45p'/p per ponti via superiore; - 1-0,35p'/p per ponti a via inferiore.

Dove p' è la quota di carico trasmessa dall'impalcato, rapportata al carico totale p. Tale rapporto esprime in un certo senso il rapporto di collaborazione arco-impalcato.

Nel caso di instabilità laterale fuori dal piano dell'arco, , la sicurezza è garantita dalla rigidezza trasversale del complesso archi-traversi. tale sistema è assimilabile a quello di due briglie curve collegate da un traliccio. Un aspetto fondamentale per la definizione del carico critico è il grado di apertura delle maglie di estremità dell'arco. Solitamente si tende a realizzare una maglia a nodi rigidi in modo da assicurare un sufficiente grado di sicurezza nei confronti di questa forma di instabilità.

6.1 Instabilità laterale delle strutture ad arco

Quando un insieme di carichi agenti su di un elemento curvilineo raggiungono una certa intensità, la combinazione di varie sollecitazioni presenti nell'elemento quali momenti flettenti e torcenti ne possono causare lo sbandamento al di fuori del piano di sollecitazione. In tal caso si parlerà di collasso per instabilità laterale. Il valore critico dei carichi dipende da diversi fattori, quali per esempio:

- la variazione delle caratteristiche inerziali lungo lo sviluppo dell'arco; - la natura e la distribuzione dei carichi stessi;

- la geometria dell'arco e quindi dalla sua curvatura.

Anche le tensioni residue dovute ai trattamenti di laminazione e di saldatura giocano un ruolo importante nella determinazione di questo genere di fenomeno. Come possiamo notare i fattori che entrano in gioco sono molteplici, perciò è doveroso e necessario effettuare delle ipotesi semplificative e delle approssimazioni, per poter determinare in forma matematica il problema. Molti archi in acciaio e utilizzati nei ponti sono controventati da un sistema di aste trasversali (traversi) posti ad intervalli regolari lungo lo sviluppo dello stesso, tali elementi agiscono limitandogli spostamenti laterali. I fenomeni di instabilità di due archi collegati fra di loro attraverso dei traversi disposti con il loro asse in senso ortogonale al piano della travatura, sono stati analizzati da vari studiosi durante il corso della storia, tali studi hanno portato ad affermare che al fine di aumentare la sicurezza nei confronti di tali fenomeni, gli elementi che maggiormente che giocano un ruolo principale sono fondamentalmente:

- Il posizionamento delle aste di controvento; - la distanza fra gli archi;

- la rigidezza flessionale delle aste di controvento.

Posizionare le aste di controventamento in maniera uniforme lungo lo sviluppo dell'arco riduce notevolmente il pericolo di instabilità locale di un tratto di esso. La distanza fra le due arcate è strettamente legato anche all'aspetto della rigidezza flessionale dei traversi, in quanto la rigidezza del controventamento dipende anche dalla lunghezza dei traversi stessi oltre che dalla loro sezione trasversale. La disposizione delle arcate in modo che esse risultino ravvicinate , rende la struttura molto più stabile rispetto ad esempio alla soluzione degli archi disposti parallelamente

Un altro aspetto molto fondamentale è anche l'efficienza del vincolo fra in traverso sottoposto a flessione e l'arco sottoposto a torsione. Sono perciò da evitare archi aventi profili a sezione aperta, infatti quando abbiamo un sistema composto di due archi a sezione chiusa controventati, si ha che il carico critico rispetto ad un sistema costituito da un solo arco isolato può aumentare anche del 250%.

Il controvento realizzato da soli traversi è esteticamente la soluzione più accattivante, ma non riesce a raggiungere le prestazioni statiche che offrirebbe quello realizzato da una struttura di tipo reticolare, infatti inserendo al posto del sistema di traversi un sistema di aste reticolari, il problema dell'instabilità fuori dal piano dell'arco non rappresenterà più un pericolo. Wästlund ha suggerito un metodo approssimato per determinare il moltiplicatore critico per un sistema di due archi controventati che consiste nel considerare la struttura curvilinea in un piano orizzontale, e di assimilarla ad una colonna calastrellata o tralicciata (a seconda dei casi), e i risultati che si ottengono sono molto vicini a quelli del sistema reale, specialmente se gli archi presentano sezione trasversali chiuse. Essendo l'arco un elemento strutturale prettamente compresso, le tensioni residue causate dai processi di saldatura e dalle varie imperfezioni geometriche svolgono un ruolo fondamentale nei confronti dell'instabilità laterale. Trascurare questi aspetti comporterebbe errori sui risultati anche del 20-35%, quindi risulterebbero inaccettabili dato la pericolosità è l'imprevedibilità del fenomeno che stiamo trattando.

Figura 50: Effetto della direzione del carico.

Il grafico sopra fa emergere che oltre alle tensioni residue gioca un ruolo fondamentale anche la direzione di applicazione del carico, infatti sono riportate nel grafico sopra le due curve ottenute per carichi agenti verticalmente e lateralmente, che vengono confrontate con le curve ottenute dall'analisi elastica.

Secondo l'analogia di Wästlund si può definire la snellezza della colonna equivalente come :

(6.5)

Dove:

- y è la tensione di snervamento del materiale dell'arco; - l è lo sviluppo dell'arco;

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