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Stardust memories (1980) 164 : due saggi di taglio storico-filologico sulle sceneggiature nei primi anni del cinema

“ I pionieri del “linguaggio cinematografico” – un Méliès, un Porter, un Griffith – non badavamo a ricerche formali portate avanti di per se stesse; cosa ancora più importante, essi si preoccupavano ben poco (se non dietro impulsi ingenui e

confusi) del “messaggio” simbolico, filosofico o umano dei loro film. Uomini

della denotazione, più che della connotazione, volevano innanzi tutto raccontare una storia; non si diedero pace fino a quando non ebbero piegato

alle articolazioni – anche rudimentali- di un discorso narrativo il materiale

analogico e continuo della duplicazione fotografica“ 165

.

Abbiamo detto che dei pionieri della sceneggiatura ci restano pochi racconti e pochi ricordi. Per molto tempo, almeno fino alla fine degli anni trenta, è

sopravvissuta l‟idea che nel cinema delle origini prevalesse

l‟improvvisazione166

; che fosse appannaggio esclusivo degli operatori la ripresa e, di conseguenza, il film; che sostanzialmente non esistessero né sceneggiature, né proto-sceneggiature. Tuttavia Isabelle Raynauld, sulla scia degli studi condotti da Jacobs, Abel, Gunning e Gaudreault, ed altri studiosi, insieme a lei, hanno aperto all‟interesse della comunità scientifica un nuovo orizzonte di ricerca, inaugurando una diversa prospettiva. L‟indagine storiografica degli ultimi vent‟anni ha smentito la credenza che la sceneggiatura fosse un‟intenzionalità ed una tecnica puramente marginale all‟alba del cinema.

164

( Trad. italiana id.) regia di Woody Allen, soggetto e sceneggiatura di Woody Allen

165 Christian Metz, Semiologia del cinema, Garzanti, Milano, 1989, p.136. 166

When the cinema began, no such danger existed – because no scenarios existed. Those primitive one

and two-reelers were shot in a couple of days by directors who had a rough idea of the story and who improvised as they went along in Kevin Brownlow, The Parade’s Gone By, New York, Knopf, 1968, p.308

La Raynauld, lavorando a lungo e approfonditamente sui materiali di archivio, ha scoperto dai cataloghi delle compagnie Lumière (1901) e Lubin ( 1903), che i testi, a lungo considerati come dei semplici sommari, sono in realtà delle proto- sceneggiature, fatte stampare per intero dalle compagnie, usate a scopo pubblicitario o al fine di consentire agli esercenti di spiegare la storia al pubblico. Come abbiamo già osservato, gli esercenti, almeno nei primi dieci anni del cinema, impiegavano un imbonitore/ lettore, che proprio sulla base di questi testi, aiutava il pubblico a comprendere ciò che stava vedendo e, indirettamente, gli consentiva di assimilare il nuovo modo di rappresentazione. Praticamente una ulteriore conferma che il cinema non è mai stato muto, come del resto già sosteneva Ejsenstejn. Méliès biasima se stesso per aver presentato storie fin troppo elaborate, in un momento storico in cui non si era ancora compiuta la graduale educazione del pubblico neofita, eppure il suo stile nell‟arte del racconto fu talmente popolare, da influenzare profondamente il mercato americano e specificamente Edwin Porter, che ne dà prova in film

narrativi come Jack and the Beanstalk (1902)167. Divergendo dall‟idea

predominante di una naturale filiazione delle tecniche di scrittura dalla pratica del montaggio, che, divenendo più complesso, interviene sulla narrazione, rendendola via via più articolata, si può ipotizzare, utilizzando i risultati dello studioso, uno svolgersi parallelo, su molteplici piani di complessità e di approfondimento, dell‟una e dell‟altra tecnica, entrambe volte a conquistare “chiarezza narrativa e fluidità cinematografica nel modo di raccontare una

storia”168. Abbiamo già accennato all‟ipotesi di co- esistenza di diverse spinte

167

Jack e il fagiolo magico, regia di Edwin Porter. Come ha dimostrato Charles Musser nella sua minuziosa analisi, si tratta di uno dei film più complessi mai realizzati da una casa di produzione americana. Utilizza, con piena e lucida consapevolezza, gli aspetti teatrali della tradizione della pantomima. L'inquadratura riproduce l'arco di un proscenio e gli attori, quando sono in piedi, occupano meno della metà dell'altezza del fotogramma; le scene sono riprese frontalmente, e la cinepresa è piazzata direttamente di fronte al set, ad angolo retto; le zone fuori campo svolgono raramente una funzione importante, se non per l'entrata e l'uscita dei personaggi. I set utilizzano il sistema di quinte dipinte poste a distanze differenti, che il teatro ottocentesco aveva ideato per creare il senso della profondità e della distanza, grazie a semplici elementi bidimensionali facili da spostare. Charles Musser,

The emergence of cinema: the American screen to 1907, Los Angeles, 1990, p.325

168Cfr. Isabelle Raynauld, History of Screenwriting Practices , in Richard Abel ( a cura di), Encyclopedia of

Early Cinema, Routledge, Londra/New York, 2005, pp.576-579 e ID., Written Scenarios of Early Cinema: Screenwriting Practices in the First Twenty Years, in Film History, vol.9, Indiana University Press 1997,

simultanee, si tratta ora di focalizzarle dentro un‟idea di cinema, che non è ascrivibile ad una linea di evoluzione, ma ad un orizzonte di complessità. Gli

storici, oggi, sono d‟accordo nel ritenere che la nascita ed il perfezionamento

delle tecniche di scrittura siano contemporanee all‟affermarsi del cinema e al

suo progressivo orientamento verso una struttura pluripuntuale, a prevalente vocazione narrativa, in tal senso è più che plausibile immaginare che i progressi nel montaggio abbiano donato maggiore libertà nello scrivere storie, consentendo di introdurre nella scrittura simultaneità di azioni, parallelismi, ellissi, flashbacks, come nel caso di Pauvres Gosses ( Poor Children, 1906) o La Policière ( La Police, 1907). Da parte degli sceneggiatori, secondo la Raynauld, c‟è “la consapevolezza che gli spettatori partecipano alla costruzione della storia”, e da questa consapevolezza, deriva la necessità di mostrare gli

eventi in modo drammatico, piuttosto che consequenziale169. La Raynauld,

dopo dieci anni di studio negli archivi della Biblioteca Nazionale di Parigi ed un instancabile lavoro di recupero di ben 10.000 sceneggiature, registrate come tali tra il 1907 e il 1923, oggi trasferite alla Biblioteca dell‟Arsenal, ha stabilito lo status reale di questi testi, da sempre considerati semplice materiale pubblicitario (advertisements), svolgendo su di essi un‟ampia ricognizione

storica e narratologica170. L‟analisi, offre una nutrita teoria dei tipi di

sceneggiatura che abbondavano nei primi anni del cinema. Alcuni sono dei sommari scritti post operam, ma molti sono, senza alcun dubbio, dei veri e propri testi progettuali ante operam, a testimonianza del fatto che, ieri come oggi, si scrivevano molte più sceneggiature di quanti film si facessero. Attraverso il numero di registrazione del copyright, assegnato a ciascun titolo, la studiosa ha potuto individuare diverse versioni della sceneggiatura, dalla prima all‟ultima stesura e quindi rilevare le differenze più significative tra i testi prima e dopo la realizzazione del film. E‟ la diversità tra i testi, suddivisi in varie categorie e analizzati a diversi gradi di stesura del copione, a darci non solo la

169 Ad esempio Porter si dedica a strutture narrative più complesse, quando acquista maggiore

consapevolezza e capacità di controllo sul montaggio come nel caso di The Life of an American Fireman ( 1902-1903) e The Great Train Robbery ( 1903) Ibidem, p. 577

170 I. Raynauld, Les scénarios des débuts du cinéma en France : statut des scénarios conservés à la

Bibliothèque Nationale (1907-1923) , in Jean A. Gili, Michèle Lagny, Michel Marie, Vincent Pinel, Les vingt premières années du cinéma français, Presses de la Sorbonne Nouvelle/AFRHC, Paris, 1995, pp.

misura di come questa forma di scrittura sia stata inizialmente concepita, si sia trasformata, abbia operato sulla forma film e si sia rapidamente stabilizzata, ma, dall‟indagine emerge anche come i testi propongano, in fase di scrittura, la

tecnica del montaggio, la continuità del racconto e l‟invenzione narrativa. La

Raynauld li suddivide per diverse categorie.

Prima categoria - versioni A: si tratta di testi presentati in versione unica, privi di

filmina, che accompagni il manoscritto 171. Datati per la maggior parte intorno al

1907. Esempio Le bonhomme Noël, Gaumont, 1907, 4 pagine di lunghezza, presentato come scenario de scene cinematographique. Si tratta di uno script composto di scene per film. E‟ una delle prime registrazioni della Gaumont, sebbene non presenti alcun numero di copyright. Ogni sceneggiatura di questo tipo consta di 1 o 4 pagine, è divisa in tableaux o scene. Ogni scena è numerata e presenta indicazioni sull‟ambiente, in cui l‟azione si svolge, seguita da una descrizione dell‟azione, scritta al tempo presente. Le storie presentano usualmente un inizio, un centro ed una fine. Le date di registrazione non corrispondono al momento in cui i testi venivano scritti, perché di solito i testi erano registrati in blocco.

Seconda categoria – versioni B: si tratta di testi senza filmina e presentati in

differenti versioni. La categoria include una versione A, con una data di deposito più antica, e una versione B, con l‟indicazione “deposito conforme al film”. Esempio: Le Nöel du misereux, Pathé, 1907, 1 pagina, al numero #3767, con la registrazione del copyright ed una versione B, Pathè, 1908, al numero #4208, registrazione del copyright, che porta l‟indicazione deposito conforme al film. Questa nota, propria della versione B, sta ad indicare la presenza di alcuni elementi, così come appariranno nel film compiuto, ad esempio gli intertitoli, le indicazioni inerenti la messa in scena e il decor. La versione A rappresenta approssimativamente il soggetto, la versione B, più precisa e dettagliata, rappresenta lo shooting script. Nel caso del testo in esame, la Raynauld raffronta la prima scena della versione A con la versione B. A) “ In una soffitta, tre bambini siedono su un giaciglio” . B) “In una soffitta, tre bambini siedono

171

Filmstrip viene tradotto filmina o pellicola diascopica, si tratta di uno spezzone di pellicola cinematografica, i cui singoli fotogrammi vengono proiettati come diapositive.

attorno a un tavolo, che con un letto e due sedie rappresenta il semplice mobilio di questa povera gente”

Terza categoria – versioni C : si tratta di testi accompagnati da filmina. In

questo caso le sceneggiature sono accompagnate da fotogrammi del film allegati, segno inequivocabile che il film è stato realizzato. Questa categoria di testi, in realtà, è ascrivibile a dei sommari, delle specie di riassunti, scritti in prosa a film compiuto, in modo da poter essere stampati nei cataloghi delle case di produzione come la Pathè. Sono etichettati con la nota per il copista, che sta ad indicare lo scopo dei testi ovvero il fatto di essere destinati alla pubblicazione. Si tratta, senza alcun dubbio, di testi scritti dopo il completamento dei film, in un certo senso rappresentano gli incunaboli delle odierne sceneggiature desunte, anche se la loro funzione allora era leggermente diversa. Esempio: La photographie accusatrice , 1912, consta di 1 pagina, con copyright registrato al numero # 2841, porta l‟etichetta “ per il copista”; la versione B con lo stesso titolo, 1912, consta di 3 pagine, con copyright registrato al numero #4221 e l‟etichetta “deposito conforme al film”. Il testo si presenta dettagliato, diviso in quadri e contiene tutti gli elementi più importanti per la direzione del film e gli intertitoli. Infine versione C, 3 paragrafi di sommario, accompagnati dalla filmina ovvero una striscia di fotogrammi, destinati al catalogo.

Quarta categoria – la catena completa: si tratta di testi che completano il

quadro delle differenti versioni fin qui esposte e rappresentano l‟ultimo anello dell‟indagine. “ Una versione A, depositata prima della versione B; una versione B, che porta l‟indicazione deposito conforme al film; e infine una versione C, che è il riassunto del film e appare nei cataloghi delle compagnie,

accompagnata da uno spezzone di pellicola”172

. Esempio: una sceneggiatura scritta da Mr Camille de Morlhon, dal titolo La broyeuse de coeurs, 1912, Pathé. La versione A, è una prima versione, un manoscritto composto di due parti, una di 14, l‟altra di 15 pagine, suddivisa in scene, contenente intertitoli e indicazioni di messa in scena. La versione B, presa alla Biblioteca de l‟Arsenal, è una

172

I. Raynauld, Written Scenarios of Early Cinema: Screenwriting Practices in the First Twenty Years, cit., p. 263

sceneggiatura, senza filmina, che porta l‟indicazione conforme al film, consta di 7 pagine, è divisa in 52 scene con gli intertitoli; infine c‟è il sommario ovvero la versione C, corrispondente ad una pagina di catalogo, con il numero di registrazione e l‟etichetta per il copista. E‟ ovvio che i testi, scritti in prosa, in forma di riassunto e registrati con degli spezzoni di pellicola allegati, sono stati consegnati dopo il film. Tuttavia, tra questi, ve ne sono alcuni registrati, ma privi degli spezzoni allegati e della dicitura depôt conforme a la vue, simili alle versioni A, molto dettagliati e particolarmente familiari. Secondo la Raynauld questi testi sono sceneggiature, o meglio, tutto lascia pensare che non siano riassunti scritti a film ultimato, ma testi scritti in funzione del film da realizzare. Le prime sceneggiature sono quindi testi, riconducibili alla categoria A, divisi per scene (quadri o inquadrature), contenenti la descrizione dell‟azione e scritti prima di iniziare le riprese; mostrano una precisa sensibilità e conoscenza “ del

potenziale del linguaggio filmico e dei suoi sviluppi” 173

, cioè una specifica capacità di visualizzare le immagini e suggerire una linea estetica (stile). Le versioni B, con la dicitura deposito conforme al film sono invece degli shooting script ovvero la versione della sceneggiatura pronta per essere girata. Ciò che preme alla studiosa è sottolineare in che modo “la sceneggiatura influenzi e determini la strategia del montaggio, come strutturi lo spazio e il tempo ( in caso di linearità o non linearità), come costruisca un punto di vista narrativo; come influenzi il modo di raccontare, lo stile della narrazione. Invero , un buon numero di pratiche cinematiche basiche, che noi ora indichiamo come

linguaggio filmico, è già presente in questi primi testi del cinema”174.

Interessante osservare che questi testi non raccontano mai la storia o i pensieri del personaggio, così come avviene in un romanzo o un racconto, ma descrivono sempre gesti, azioni, movimenti, tesi ad esprimere ciò che deve essere visto, sentito e provato dallo spettatore. Esempio: Le perroquet de Mme Ducordon , Pathè, 1907. “ E all‟improvviso portò la mano sulla fronte: ebbe un‟idea”. Ipotizzano la messa in scena di una fonte sonora: “ Un cane entra, abbaia a più non posso, l‟uomo lo afferra, apre la finestra e lo getta fuori” in Le

173

Ibidem, p.264

174

petit bequillard. Le storie sono spiegate per accumulazione di azioni e situazioni, mostrano ciò che deve essere visto, inseriscono dei flashbacks (come avviene, ad esempio, in Partie de cartes interrompue, Pathè, 1907), descrivono sulla carta momenti simultanei, attraverso l‟alternanza di scene, propongono strutture narrative circolari, prediligono la continuità, impostano una sorta di decoupage. E la Raynauld, si domanda se, proprio a partire da questo dato, non possa essere messa in discussione l‟assolutezza di quel carattere di non-continuità del cinema precedente il 1914, brillantemente teorizzato da

Gunning175 e Gaudreault ovvero se non possa entrare in crisi il sistema della

mostrazione, alla luce dell‟analisi di questi copioni. E‟ probabile che nei primi anni del cinema si configuri un doppio binario tra continuità del contenuto e non- continuità del discorso filmico, è altrettanto probabile che le sceneggiature partecipino, proponendo decoupàge e tagli di montaggio, a far sì che i film arrivino alla continuità narrativa. Personalmente non credo che la sceneggiatura costringa la “libertà mostrativa” dei film dei primi anni, sono piuttosto tentata di intravedere la coesistenza di differenti elementi e altrettanto differenti dinamiche

espressive entro un unicum monstrum multimediale176, a cui partecipano diversi

regimi e molteplici materie dell‟espressione. Sicuramente affascina e conquista la varietà del materiale individuato dalla Raynauld, indicativo, oltre che di una sicura metodologia di studio, anche di come si intenda ricollocare la sceneggiatura e le sue modalità di intervento sul discorso filmico in un ambito più articolato e meno restrittivo di quello che vede il cinema, piegato dalla

narratività e dal testo scritto al modo di rappresentazione istituzionale177.

175

Tom Gunning, e con lui altri studiosi, tra cui André Gaudreault, di cui la Raynauld è stata allieva, riconduce la pratica di scrittura del cinema alla dicotomia narrazione e attrazione, che indicano due forme diverse di cinema, quello volgarmente detto “primitivo” e quello comunemente chiamato “narrativo”. Sfatata l’erronea convinzione di un cinema imperfetto alle origini, che vada gradualmente evolvendosi, il cinema primitivo non è una forma imperfetta, ma una forma altra, diversa, con un impulso esibitorio ed un desiderio intrinseco nella sua natura riproduttiva di colpire, scioccare, sorprendere ovvero produrre un’esperienza percettivo-sensoriale forte sullo spettatore.

176 E’ Genette che, ne l’Ouvre d’art, ascrive il cinema alla categoria delle “mostruosità multimediali”,

poiché lavora sul doppio registro di meraviglioso e terrifico.

177

Chiarisce in modo efficace Giulia Carluccio: “Burch combatte una nozione evolutiva del progressivo formarsi di un linguaggio istituzionale, così come non concepisce il modo di rappresentazione istituzionale come un “cattivo oggetto”, cui contrapporre il paradiso perduto del modo di rappresentazione primitivo, sconfitto dalla narratività di cui Porter e Griffith sarebbero stati portatori…l’analisi di Burch può essere parallela e complementare a quella di Bordwell, Staiger e

Il secondo saggio è di Edward Azlant178, membro della Writers Guild of America, il quale parte dalle affermazioni di Kevin Brownlow, che attribuisce il farsi del cinema solo ed esclusivamente all‟invenzione del regista, e da quelle altrettanto ferme di David Robinson, che riconduce la pratica della sceneggiatura a non prima del 1910, sotto la supervisione di Thomas Ince, smussandone la perentorietà. Lo studioso, anche avvalendosi della pubblicistica del tempo, analizza i primi esempi di scrittura per il cinema ed il ruolo dei pionieri di questa tecnica, alla quale consegna il termine non privo di appeal di narrative design. Secondo Azlant, la pratica di scrivere per il cinema è molto antica, proprio perché esprime una istanza di design, corrispondente ad una fase concettuale e progettuale, in cui vengono scelti i materiali narrativo- drammaturgici, viene tracciato un profilo (outline) degli elementi più significativi

da comporre e vine organizzato uno schema, che informi lo sviluppo del film179.

All‟origine, come abbiamo già evidenziato, deve molto al teatro, la parola scenario viene infatti dall‟ambito teatrale e probabilmente si riferisce al canovaccio della commedia dell‟arte, ma è in debito anche con la letteratura, le arti grafiche, il vaudeville e il giornalismo. Charles Musser, in un suo testo sulle pratiche cinematografiche, ne fa risalire l‟origine a forme diverse di rappresentazione: dalla lanterna magica, alle strisce comiche, ai cartelli elettorali, alle favole, alle riviste illustrate, alle canzoni popolari, e, solo

all‟ultimo, al teatro180. L‟excursus storico di Azlant insiste sul nesso tra pre-

production design e pratica di scrittura nei primi film della storia del cinema e in qualche modo rinvia al grande tema delle idee destinate al cinema. Cita un Thompson (…) Il passaggio da un modello all’altro avviene intorno alla stessa cesura cronologica , e concordando in fondo su alcune concause, come per esempio l’incidenza di determinate influenze culturali ( che per Burch si identificano con l’aspirazione della cultura borghese al rilievo e all’illusione di realtà, e per il gruppo dello stile classico con l’eredità delle narrative tardo –ottocentesche, assunta dal cinema in una sintesi nuova e specifica) . Questo assunto definisce anche le ricerche dei due studiosi che più hanno approfondito, con analisi sistematiche, il problema, cioè Gunning e Gaudreault”. Giulia Carluccio ,Questioni di stile, in P. Bertetto ( a cura di),Metodologie di analisi del film, cit, pp. 129-130

178

Edward Azlant, Screenwriting for the early silent film: forgotten pioneers, 1897-1911, in Film History, Vol. 9, John Libbey & Company, Australia, 1997, pp.228 – 256.

179

The scenario is a term probably derived from the name of the skeletal plot outline used in the

commedia dell’arte. The first scenarios were probably not actula screen plays but rather skeletal outlines used in pre-production design. Ibidem, p. 229

180

Charles Musser, The Emergence of Cinema. The American Screen to 1907, Scribner’s Macmillan, New York, 1990, pp. 16-17. Più specificamente è stato qui considerato il primo capitolo, che si occupa del pre- cinema, partendo da Kircher e Robertson.

ricordo di Louis Lumière a proposito de L’arroseur arrosé (1895) : “ Penso di poter dire che l‟idea della sceneggiatura mi fu suggerita da una farsa di mio

fratello Edouard”181

. Riferisce la notizia di cronaca, a cui si è ispirato Sigmund Lubin, nel 1897, ingaggiando due pugili per interpretare l‟incontro di boxe tra i

pesi massimi Corbett-Fitzsimmons182, disputatosi a Philadelphia l‟anno prima. Il

regista istruì i due combattenti round dopo round, utilizzando un articolo di giornale. L‟articolo venne quindi utilizzato da Lubin come proto-scenario intenzionale. Nel 1897, W.B. Hurd decide di acquistare i diritti di una